Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nell’Ottocento gli spettacoli "minori" – quali la pantomima, il circo, il varietà e le "attrazioni" per la vista –, nati nel corso del secolo per reagire alle restrizioni imposte in alcuni Stati alle rappresentazioni di drammi "parlati", si combinano agli impulsi vitali della tradizione popolare e ai progressi tecnologici dando vita a un sistema di esibizioni artistiche particolarmente articolato.
Gli spettacoli circensi, il varietà e il cabaret
Stretto tra l’incombente presenza del teatro per musica da un lato e l’incontenibile dilagare di una spettacolarità diffusa dall’altro, nel corso dell’Ottocento il teatro di prosa si trova a dover combattere una dura battaglia per ritagliarsi un proprio specifico spazio vitale. Se infatti il paradigma dell’opera lirica obbliga il teatro di prosa a riformulare il proprio statuto, adeguandosi ai canoni percettivi, esecutivi e organizzativi imposti dal melodramma, non minor influenza sulla scena ottocentesca ha la vertiginosa proliferazione delle performance parateatrali.
Mentre in Inghilterra la pantomima, erede delle harlequinades settecentesche, perde vitalità e si trasforma lentamente negli spettacoli natalizi dell’età vittoriana – "sceneggiati" sulle trame delle favole di Jakob e Wilhelm Grimm, magari filtrate attraverso i canovacci di Carlo Gozzi – in Francia gli spettacoli "muti", fondati sull’abilità mimica dell’attore, vanno incontro a una nuova stagione di successi. In un primo momento le esibizioni di pantomima sono utilizzate a Parigi come semplici intermezzi ai numeri di acrobati e funamboli del Théâtre des Funambules; ma nei primi decenni del secolo esse si dilatano fino a diventare spettacoli autonomi, nei quali trionfa il Pierrot interpretato da Jean Gaspard Deburau. Intorno all’asse portante della pantomima si costruisce un sistema di generi affini che spazia dai coreodrammi di Salvatore Viganò, trionfatore alla Scala con Prometeo (1813), Psammi re d’Egitto (1817) e La Vestale (1818), al balletto romantico, codificato dalla Sylphide di Maria Taglioni (1832) su coreografie del padre, Filippo Taglioni. L’adesione romantica al fascino della pantomima è immediata: in Francia Gautier, Nodier e Champfleury scoprono nelle buffonerie del Pierrot dei Funambules la manifestazione di un "genio collettivo" paragonabile a quello di Shakespeare e sul finire degli anni Venti si impegnano personalmente nella sceneggiatura delle pantomime per il loro idolo Deburau. In Italia il coreodramma di Viganò è per Ermes Visconti una componente organica del sistema drammaturgico da lui delineato nel Dialogo sulle unità drammatiche di luogo e di tempo (1819).
La storia della pantomima è strettamente intrecciata a quella del circo. Sin dal 1770 nel maneggio londinese di Philip Astley, padre del circo moderno, alle esibizioni di cavallerizzi e acrobati sono intercalati numeri di clown. Il Royal Circus, costruito da Hughes nel 1780, affianca alla pista circolare per le evoluzioni equestri un palcoscenico per le pantomime.
La stessa combinazione di pista e palcoscenico presenta il circo parigino dei Franconi, subentrati ad Astley durante la Rivoluzione francese nella gestione dell’anfiteatro che egli aveva aperto sul Faubourg du Temple nel 1782. La moda del circo dilaga rapidamente in tutta Europa: nel 1808 Cristophe de Bach inaugura il Circus Gymnasticus sul Prater di Vienna; Brillof e Wollschlaeger creano il circo tedesco; gli spettacoli equestri di Alessandro Guerra trionfano in Italia. Mentre la pantomima tende a sparire dai circhi inglesi e francesi, rimanendo solidamente attestata solo in quelli italiani, per tradizione comici più che equestri, i grandiosi spettacoli organizzati a Londra da Andrew Ducrow e William Batty e le rievocazioni delle battaglie napoleoniche orchestrate da Déjan nelle Gloires militaires parigine rivivono all’Hippodrome, creato nel 1845 sulla Place de l’Étoile da Laurent e Victor Franconi, arena ovale di oltre sessanta metri di lunghezza, contornata da una pista e dotata al centro di un’area circolare per gli equilibristi.
Nel corso del secolo ai circhi stabili in pietra e semistabili in legno si affiancano i circhi itineranti che danno i loro spettacoli sotto il tradizionale tendone. Intorno alla metà dell’Ottocento il circo itinerante diventa particolarmente popolare in Inghilterra e negli Stati Uniti, dove gli spettacoli circensi erano stati introdotti sin dal 1785 da Bill Ricketts, allievo di Hughes.
Il circo statunitense tocca l’apogeo del proprio splendore con l’hippodrome sotto il tendone di Barnum: la vasta arena del Greatest Show on Earth può arrivare a ospitare sino a cinque numeri, distribuiti contemporaneamente su tre piste. L’influenza del circo sul teatro del XIX secolo è enorme: in fondo la farsa, l’azione spettacolosa e il dramma sentimentale ottocenteschi non sono altro che una riscrittura e una contaminazione dei modelli classici della tragedia e della commedia, secondo le regole dello spettacolo circense. D’altra parte un rapporto ambiguo lega il circo anche al melodramma: se confrontati alle esibizioni di acrobati e cavallerizzi, arie e duetti possono infatti essere visti come numeri di abilità, montati per semplice giustapposizione.
La struttura discontinua degli spettacoli circensi è analoga a quella degli spettacoli di varietà che dominano tutta la seconda metà del secolo. Il varietà nasce nei cafés-chantants francesi e nei music-halls, nei taverns concerts e nei pleasure gardens inglesi, in tutti quei locali cioè in cui, all’inizio del secolo, la consumazione di alcolici o di veri e propri pasti è accompagnata dalle esibizioni di attori e cantanti. Nella seconda metà dell’Ottocento, mentre la consumazione di cibo e bevande perde di importanza, il varietà si costituisce come genere autonomo nel quale performances comiche e canore si alternano a prove di forza o abilità senza alcun filo conduttore. Il successo di questi spettacoli è tale che anche i maggiori attori del teatro di prosa calcano le scene del varietà: Sarah Bernhardt si esibisce con il clown Grock, Sir Herbert Beerbohm Tree con la cantante Marie Lloyd. Attorno al varietà si organizza un’intera costellazione di generi spettacolari che spazia dalle forme più commerciali a quelle più colte.
In America, fin dagli anni Trenta, fiorisce il Negro Minstrel Show in cui attori bianchi si tingono il volto di nero per parodiare gli schiavi di colore; Gipsy Rose Lee inaugura gli spettacoli di strip-tease mentre nei Paesi di lingua tedesca si diffonde il cabaret. Grazie a direttori geniali come il viennese Max Goldmann – in arte Reinhardt – fondatore a Monaco dello Schall und Rauch (1890), il cabaret si avvia a diventare un punto di riferimento per l’avanguardia espressionista.
Accanto a tali forme spettacolari – e a volte inserite al loro interno come "numero" a sé stante – crescono e si sviluppano una miriade di esibizioni di varia natura. I caffè, i club, i salotti, i teatri, le fiere, le piazze, le strade e i mercati di città e paesi nell’Ottocento sono invasi dalle performance più disparate: concerti, spettacoli di marionette e di ombre cinesi, esibizioni di nani o di mostri anatomici e ancora numeri di contorsionisti, di animali ammaestrati, di giocolieri, di improvvisatori, di illusionisti e di fantasisti; la stessa scienza è "spettacolarizzata" con pubblici esperimenti-performance di mesmerismo e magnetismo. Anche le regioni apparentemente più isolate sono interessate da quest’ondata di spettacolarità diffusa: a cavallo fra i due secoli si affermano in Sicilia le "vastasate", opere buffe recitate in lingua siciliana da soli uomini, con caratteristiche simili alle commedie degli zanni.
Sempre in Sicilia nei primi decenni del secolo, dall’incontro tra il melodramma e il teatro dei fantocci inanimati nasce l’Opera dei pupi.
La manifestazione più inquietante della spettacolarizzazione ottocentesca è forse rappresentata dai balli carnevaleschi diretti da Musard al Théâtre des Variétés: trascinati dal ritmo indemoniato del can-can, gli stessi spettatori si fanno attori di un rito collettivo che esorcizza le paure e le insicurezze della vita quotidiana. Strategie politiche e nascente industria dello spettacolo sono ormai pronti a celebrare il proprio matrimonio: in occasione della seconda Esposizione universale del 1855 Napoleone III trasforma Parigi in un gigantesco parco di divertimenti.
Le attrazioni per la vista
Nella storia dello spettacolo ottocentesco una trattazione a parte meritano le "attrazioni" per la vista. Sin dal principio del secolo l’illusionismo ottico è il terreno privilegiato per una quantità di sperimentazioni alla cui riuscita concorrono in ugual misura abilità artigianale e sapere tecnico-scientifico. Anche in questo settore il mercato dello spettacolo offre al pubblico ottocentesco la più vasta gamma di scelte: si va dal caleidoscopio, brevettato nel 1817 da Sir David Brewster, al fantascopio, una lanterna magica perfezionata che il belga Étienne-Gaspard Robert utilizza sin dal 1798 per realizzare le proprie fantasmagorie.
Una notevole fortuna ha nell’Ottocento il panorama: grande dipinto circolare che raffigura con estremo realismo paesaggi naturali, città o eventi storici, sviluppato sulla superficie di una "stanza" rotonda per dare allo spettatore – che lo contempli da una posizione centrale – la sensazione di essere immerso in un orizzonte reale.
Realizzato per la prima volta a Edimburgo nel 1785, il panorama è introdotto in Francia nel 1799 dall’americano Robert Fulton. Nel corso dell’Ottocento a Parigi si moltiplicano le rotonde per panorami: a quelle del Passage des panoramas di Montmartre si aggiunge nel 1808 la rotonda del Boulevard de Capucines e nel 1838 la rotonda degli Champs-Elysées. Di una sala per panorami è dotato anche il Colosseum di Regent’s Park, costruito a Londra tra il 1824 e il 1827. Sul modello di Parigi e Londra tutte le maggiori città europee – da Berlino ad Amsterdam, da Monaco a Bruxelles e a Milano – si dotano delle caratteristiche rotonde.
Una versione ridotta del panorama è il diorama, frutto degli esperimenti di Louis-Mandé Daguerre: attraverso particolari tecniche d’illuminazione e visualizzazione in trasparenza, il diorama – l’attrazione di un locale che Daguerre inaugura a Parigi in rue Samson nel 1822 – consente di riprodurre il passaggio di un ambiente a diversi stati di luminosità, dalla luce piena del giorno alle tenebre o viceversa dalla notte al sorgere del sole. Alla stessa tipologia di attrazioni per la vista appartiene il nocturnorama che, nel 1837 al Jardin Turc di Parigi, accompagna l’esecuzione diretta da Jullien del pezzo musicale il Banchetto di Baltasar : sette quadri colorati brillano nell’oscurità per deliziare lo sguardo degli spettatori.
Il successo che questi spettacoli riscuotono presso il pubblico impone a scenografi come Cicéri, Capon o lo stesso Daguerre di utilizzare tali artifici illusionistici nel momento in cui progettano le loro ambientazioni per spettacoli lirici o di prosa. Un progresso decisivo in tal senso si compie con l’introduzione nei teatri delle nuove tecniche di illuminazione: il Drury Lane e il Lyceum reclamizzano come attrazione per la stagione autunnale del 1817 l’adozione di un impianto di illuminazione a gas e nel 1822 si sperimenta per la prima volta sul palcoscenico dell’Opéra l’illuminazione a gas che alla Comédie Française arriverà solo nel 1843. Intorno agli anni Ottanta la luce elettrica sostituisce in molti teatri gli impianti a gas. Nella seconda metà del secolo gli spettacoli di Henry Irving in Inghilterra e di David Belasco negli Stati Uniti trionfano presso il grosso pubblico proprio in virtù dei loro illusionismi scenotecnici.
Al termine di una lunga serie di esperimenti avviati nei primi decenni del secolo con la "ruota di Faraday", il taumatropio di Fitton e Paris e lo zootropio di Horner, sul finire dell’Ottocento il progresso tecnico in campo ottico produce una vera svolta nella civiltà spettacolare con la comparsa delle proiezioni cinematografiche. Nel 1891 Edison e Dickson brevettano il cinetografo, macchina da presa i cui filmati sono fruibili attraverso un visore individuale detto cinetoscopio. Dal 1894 i cinetoscopi a gettoni sono regolarmente messi in vendita e diventano immediatamente attrazioni di successo per le gallerie di divertimenti e le fiere. Nel 1894 Skladanowsky mette a punto il bioscopio e le scenette da lui riprese sono per la prima volta proiettate in pubblico il 1° novembre 1895 al teatro di varietà Wintergarten di Berlino. Il 28 dicembre 1895, alla presenza di 33 spettatori presso il Salon Indien del Gran Café di Parigi, ha luogo la prima proiezione pubblica a pagamento realizzata dai fratelli Lumière col cinematografo. Negli ultimi anni del secolo vengono girati i primi film, quali Une partie de cartes (Méliès, 1896), Danse macabre (Pathé, 1897), Jeanne d’Arc (Hatot, 1898), Le diable au couvent, Le Christ marchant sur les eaux e L’affaire Dreyfus (Méliès, 1899).
Inizialmente il cinematografo è inserito in contenitori spettacolari più ampi come i caffè e i varietà, presto sarà però appannaggio di locali specializzati nella proiezione di soli film; il cinematografo innoverà radicalmente da allora la vita teatrale, incidendo sulla recitazione, sulla concezione della messa in scena e sull’elaborazione delle strutture narrative.