Valbona, Lizio da
Discendente da un Nicola da V., appartenne a una famiglia di signori dell'alta valle del Bidente che si affermò alle dipendenze delle vicine abbazie di Sant'Ellero di Galeata e di Santa Maria dell'Isola. Non a caso i nobili di V., e Lizio in particolare, militarono costantemente nelle file del guelfismo romagnolo, a partire dalla metà del Duecento - allorché la Romagna, per effetto della legazione del cardinal Ottaviano degli Ubaldini, ritornò sotto il controllo della Santa Sede - fino almeno al 1280, quando si perdono definitivamente le tracce di Lizio.
Con altri signorotti dell'Appennino (fra i quali si distinse in più di un'occasione il dantesco Rinieri de' Calboli) e, pure, in stretto collegamento coi Geremei bolognesi, Lizio fu tenacemente avverso alla Forlì ghibellina di Guido da Montefeltro. La sua milizia antiforlivese culminò drammaticamente nel fallito assalto alla città, concertato nel 1277 fra i guelfi fiorentini, bolognesi ed emiliano-romagnoli. A tale insuccesso seguì una dura repressione da parte di Guido da Montefeltro che saccheggiò e distrusse vari castelli appenninici tenuti dalle forze guelfe, segnando così il declino della fortuna di Lizio e dei signori di Valbona.
Lizio rientra - ma non se ne conoscono tuttora bene le ragioni - nella schiera dei nobili romagnoli del ‛ buon tempo antico ' rievocata con pungente nostalgia da D. nella seconda cantica della Commedia; ma a differenza di alcuni di questi, come il bertinorese Arrigo Mainardi e il ravennate Pietro Traversari, appartiene alla generazione che segue la più splendida età cavalleresca e cortese e precede immediatamente i tempi di D., caratterizzati in Romagna, come altrove, da un'inarrestabile decadenza d'individui e famiglie. È proprio nella consapevolezza di tale tralignamento che D., per voce di Guido del Duca, ricorda, fra le anime penitenti degl'invidiosi sulla seconda cornice del Purgatorio, i bei nomi di una tradizione romagnola aristocratica e curiale divenuta ormai per sempre inattingibile: Ov'è 'l buon Lizio e Arrigo Mainardi? / Pier Traversaro e Guido di Carpigna? (Pg XIV 97).
Bibl. - P. Cantinelli, Chronicon, a c. di F. Torraca, in Rer. Ital. Script.² XXVIII 2, Città di Castello 1902, 25; T. Casini, D. e la Romagna, in " Giorn. d. " I (1894) 304 ss.; F. Torraca, Studi danteschi, Napoli 1912, 90, 149-150; G. Zaccagnini, Personaggi danteschi, in " Giorn. d. " XXVI (1923) 11-14; F.L. Ravaglia, I signori di V., Forlì 1952; J. Larner, Signorie di Romagna, Bologna 1972, 90-91.