URALO-ALTAICHE, LINGUE
. Il grande gruppo linguistico uralo-altaico deve essere considerato in modo diverso da quelle famiglie linguistiche per le quali, come per l'indoeuropeo, la parentela genealogica fra i singoli componenti e la discendenza quindi da un'unica lingua primitiva è stata scientificamente provata. L'uralo-altaico si compone di due grandi famiglie:1. uralica; 2. altaica; ma la parentela reciproca fra queste due famiglie, e anzi la costituzione medesima della famiglia altaica, non è stata ancora completamente dimostrata e non è accettata da tutti gli studiosi. La famiglia linguistica uralica si compone di due unità linguistiche; da una parte la grande famiglia ugrofinnica (v. ugrofinniche, lingue) e dall'altra la famiglia samoieda (v. Samoiedi: Lingue; XXX, p. 610). Nella voce ugrofinniche, lingue si è già veduta la composizione di questo gruppo, mentre nella voce Samoiedi: Lingue, si è dato un breve cenno sulla ricostruzione dell'uralico comune sulla base delle comparazioni fra ugrofinnico e samoiedo; non è quindi più necessario parlare qui né della composizione né delle caratteristiche della famiglia uralica. Basti dire che la composizione di questa è accettata da tutti gli studiosi.
Non altrettanto si può dire per la famiglia altaica: essa si compone di tre gruppi di lingue abbastanza differenziati l'uno dall'altro, e cioè: le lingue turche (v. turchi), le lingue mongoliche (v. mongoliche, lingue, XXIII, p. 675) e le lingue manciu-tunguse (v. tungusi: Lingue). Secondo alcuni linguisti anche il giapponese entrerebbe a far parte di questa famiglia (v. giappone. XVII, p. 45) e secondo altri anche il Coreano (v. corea, XI, pp. 386-387). Mentre la grammatica comparata delle lingue uraliche è già a un punto molto avanzato di elaborazione e quella del ramo ugrofinnico è ormai progredita al pari della linguistica indoeuropea, non possediamo ancora per le lingue altaiche una grammatica comparata che meriti questo nome; tuttavia, specialmente per merito di Z. Gombocz, di G. Németh, di G.J. Ramstedt e di A. Sauvageot, sia la comparazione fra le singole lingue uraliche, sia la comparazione di queste con le altaiche, è considerevolmente progredita.
Ma l'ipotesi uralo-altaica non è di questi ultimi anni; essa è considerevolmente antica; il primo che l'ha formulata è stato W. Schott (v.), che nel suo Versuch über die tatarischen Sprachen, Berlino 1836, cercò di dimostrare la parentela delle lingue turco-tatare, mongoliche e tunguse con le lingue "finniche" (cioè ugrofinniche). M.A. Castrén (v.) nel suo lavoro De affixis pronominalibus linguarum altaicarum (Helsingfors 1850), ammise che l'ugrofinnico e il samoiedo fossero strettamente affini al turco; il mongolico e il tunguso sarebbero stati, secondo lui, relativamente più distanti. Anche il Böhtlingk era, per principio, favorevole alla parentela uralo-altaica. Ma il presupposto di questi linguisti, e di quasi tutti i glottologi del secolo XIX come H. Steinthal, F. Müller fino a H. Winkler (1848-1930) che ha dedicato una gran parte della sua attività alla dimostrazione dell'unità uralo-altaica, si basava principalmente sull'evidenza e cioè su una somiglianza generale nella struttura, nella tipologia di tutte queste lingue, senza portare delle corrispondenze nette e sicure in favore di una parentela genealogica.
A ciò contribuivano anche ragioni varie che rendevano difficile una dimostrazione scientifica. In primo luogo, se noi possediamo ormai nozioni sicure sulla grammatica comparata delle lingue ugrofinniche, e anzi in generale uraliche, assai poco è stato fatto sin qui per le lingue altaiche; anche i numerosi lavori di linguistica turca non bastano, o per lo meno non bastavano fino a pochi anni fa, a farci ricostruire neppure il turco comune; e molto meno è stato fatto per il mongolico e per il manciu-tunguso. Non solo, ma queste lingue non hanno monumenti antichi come le lingue indoeuropee per le quali possiamo risalire di qualche millennio avanti l'era volgare; tanto il turco delle iscrizioni dell'Orkhon, quanto le prime parole ungheresi in documenti bizantini non risalgono rispettivamente che al sec. VIII e X d. C. Infine la struttura di queste lingue è estremamente regolare; il che ci impedisce di usufruire per le comparazioni di quelle forme aberranti o metaplastiche i cui accordi tanto giovano alla dimostrazione di una parentela genealogica (v. lingue, XXI, p. 204). Vuoi che questo stato di cose sia primitivo, vuoi invece che, come pare più probabile, sia dovuto a un'azione di livellamento avvenuta in un'epoca così antica da sfuggire alla nostra indagine ricostruttiva, è certo ch'esso nuoce alla costruzione di una grammatica comparata uralo-altaica. Inoltre la parentela delle lingue altaiche fra loro è abbastanza remota, in ogni modo molto più di quella dell'ugrofinnico col samoiedo, o di quella che passa fra due gruppi di lingue indoeuropee, anche distanti, fra loro; per es., i numerali, i nomi indicanti la parentela, ecc., sono considerevolmente diversi nelle lingue turche e in quelle mongoliche.
In tal modo le concordanze fra uralico e altaico, a parte alcune di ordine lessicale per cui, fino a che le corrispondenze fonetiche non siano fissate con esattezza, c'è sempre il dubbio che si tratti di prestiti, sia pure antichissimi, si limitano a pochi punti.
Nella fonetica ci si presenta prima di tutto il fenomeno dell'armonia vocalica (v. armonia, IV, p. 527). Böthlingk, Castrén, Wiedemann e Budenz attribuivano grande importanza all'armonia vocalica; al contrario, parecchi linguisti moderni, come Gombocz, Szinnyei e Setälä, basandosi specialmente sul fatto che non tutte le lingue ugrofinniche presentano l'armonia vocalica e neppure tutte le altaiche (il ciuvasso la ignora, mentre lo jakuto, che pur sotto tanti punti di vista è vicino al ciuvasso, la possiede sotto una forma che è tra le più perfette), sono arrivati alla conclusione che l'armonia vocalica non era probabilmente neppure dell'ugrofinnico comune. Ma molte ragioni inducono a ritornare alla vecchia ipotesi e ad ammettere l'armonia vocalica, per lo meno come tendenza, nel protouralico. Essa sarà anzi quasi sicuramente da ammettersi per il proto-uralo-altaico e bisognerà considerare che le lingue le quali non la posseggono o l'abbiano perduta o non abbiano mai sviluppata questa tendenza latente. In sé e per sé l'armonia vocalica sarebbe certo assai poca cosa per potervi basare sopra la costruzione di un'unità linguistica, ma aggiunta agli altri dati che militano in favore di un'unità uralo-altaica e aggiunta alla considerazione che manifestazioni di tipo dell'armonia vocalica uralo-altaica non si trovano nelle altre lingue del globo e qui invece appaiono in idiomi che sono anche geograficamente contigui l'un l'altro sì da formare una catena dalla Finlandia alla Siberia Orientale e alla Manciuria, assume anch'essa considerevole valore. Quanto al vocalismo, poco si può dire oltre alla constatazione della generalità dell'armonia vocalica; l'ugrofinnico aveva un'alternanza vocalica (tipo ungh. kéz/kezem, ház haza) che però non ha mai assunto un valore morfologico come l'apofonia indoeuropea. Certi fatti sembrano provare che anche nelle lingue turche e mongoliche si trovi un'apofonia vocalica; ma mancano ancora ricerche su questo argomento. Quanto alle corrispondenze vocaliche, il Németh (in Nyelvt. Közlemények, XLII, p. 1913) ne ha segnalate alcune, di cui la più probabile è la presenza di due a; da un alt. *a1 si avrebbe prototurco a, ciuvasso ï (y), mongolico a: per es., prototurco *jak "vicino" (turco delle iscrizioni jaγuk "vicino, presso", uigurico jak "avvicinarsi"), ciuv. śïvêχ "vicino", mongolico daγan "presso". Invece da un proto-altaico *a2 si avrebbe nel prototurco a, nel ciuvasso a (e poi > ÿ) e nel mongolico i, ü, e: per es., prototurco bar "tutto", ciuv. pÿr (in mən pÿr "tutto insieme"), mongol. büri "tutto, l'intero".
Passando al consonantismo, le comparazioni procedono meno incerte; è noto che nell'uralico esiste un'apofonia consonantica che ha grande importanza (v. ugrofinniche, lingue). Sarebbe molto interessante poter provare l'esistenza di un'apofonia consonantica parallela anche all'altaico. Il Ramstedt e il Setälä hanno portato molti contributi in favore della presenza di un'apofonia consonantica altaica che sarebbe in tutto parallela a quella uralica; per es., per ciò che si riferisce alla nasale velare η (cfr. Ramstedt, Azηhang a mongolban és a törökben, in Nyelvt. Közl., XLII, 19I3, p. 229 segg.) abbiamo sia in turco sia in mongolico delle alternanze di tipo: ηg > η; ηg > g > zero, ecc.; per es., mong. οηγan "sacro, dio", iug., ciagh. oγan "Dio", mong. moηγul "mongolo", ciagh. moγul. Parimenti pare accertata nell'altaico l'alternanza g/γ/zero e l'alternanza b (p)/β/zero: per es., mong. žöge, calm. zö "caricare, trasportare" mongolo daga, calm. dā- "trasportare". Tutte queste alternanze hanno delle corrispondenze nell'uralico.
Parecchie corrispondenze fonetiche sono state fissate in questi ultimi anni, anche se non tutti gli studiosi sono d'accordo nel riconoscerle. Fra le corrispondenze altaiche ricorderemo prima di tutto quelle che si riferiscono al rotacismo e al lambdaismo (v. turchi: Le lingue turche). Z. Gombocz, in Nyelvt. Közl., XXXV (1905), p. 241 segg., e più tardi in Keleti Szemle, XIII (1912-13), p. 1 segg., ha cercato di dimostrare che a un *-z- prototurco in posizione intervocalica (> ciuvasso r) corrisponde in mongolico r (s solo in elementi più recenti) e che a un prototurco *-š- (> ciuv. l) corrisponde quasi sempre in mongolico l; per es., osm. öküz "bue", cum. ogus, ciuv. vêgêr (ant. ciuvasso *ökür > ungn. ökör "bue"), mong. ükür, üker "bête à cornes"; turco tüš "mezzogiorno", ant. ciuv. *dül (> ungh. dél "mezzogiorno, sud"), mong. düli "milieu, midi, minuit" Il Gombocz ha poi veduto come a un d- iniziale del mongolico corrisponda da una parte un t del turco, e, dall'altra, in gran parte delle lingue turche un j, in koib. kar. soi. t′, ć, in ciuv. š, in iak. s; per es., osm. dalak "milza", mong. deliγun, ma orkh. uig. jaγi "nemico", mong. dain. D'altra parte G. Németh, Nyelvt. Kozl., XLI (1911-12), p. 401 segg., ha cercato di stabilire delle corrispondenze per le quali a un prototurco t- > osm. t- corrisponderebbe in mongolico č-, mentre a un prototurco t-> osm. d corrisponderebbe in mongolico e manciu s. Alla base delle prime corrispondenze starebbe un proto-altaico *t′, delle seconde un proto-altaico *δ; per es., turco osmanli ter, ciagh., ecc., tär "sudore", mong. čer "umore" ma turco dün "notte, ieri", uig. tün, mong. süni "notte".
Delle corrispondenze fonetiche fra altaico e uralico stabilite da A. Sauvageot, Recherches sur le zocabulaire des langues ouralo-altaïques, Budapest 1929, ricordiamo: uralo-alt. *p- > uralico p- (generalmente conservato; solo in ungh. > f, come in parte del samoiedo; in parte del lappone B), tung. p-, manciu f-, mongolico p-> χ > h> zero, turco p- > χ > h > zero; per es., manciu fara "slitta", tung. para, mong. aral "timone, isola", jak. arï "isola", osm. aral "arcipelago"; sam. jur. pāri "arnese di legno", finn. parvi "granaio", ecc.
La labiale sonora *b- dell'uralo-altaico sarebbe rimasta sonora nelle lingue altaiche, e sarebbe diventata sorda nelle uraliche, per es., manciu buraki "polvere", mong. bor "argilla", buriato bur "fango", sam. phürä "sabbia", ungh. por "polvere", finn. poro "cenere". Per p e b intervocalici sembrano ricorrere i casi di alternanza consonantica perfettamente corrispondenti a quelli dell'uralico. A t- iniziale dell'uralico corrisponde in molti casi t- iniziale nell'altaico, così da ammettere per questi una derivazione da un *t uralo-altaico; e così pure per la velare sorda *k.
Passando alla morfologia, si può notare l'assenza di prefissi e la presenza di suffissi. Questa argomentazione ha però scarso valore, perché una simile struttura morfologica si trova anche nella maggior parte delle lingue americane. Una caratteristica generale, ma anch'essa di dubbio valore, è anche il processo dell'agglutinazione (v. agglutinazione, I, p. 864; lingue, XXI, pp. 202-203). Più interessante è osservare che ogni suffisso ha un suo valore ben preciso e unico, nelle lingue uralo-altaiche non accde mai che un suffisso semplice (non si parla qui della fusione di due suffissi) indichi due valori diversi; i suffissi casuali sono completamente indipendenti da quelli che indicano il numero, per es., ungh. ház "casa", házban "nella casa", házakban "nelle case" (házak "case"); turco ev "casa", evde "nella casa", evelerde "nelle case" (evler "case"); manciu: wang "re", wangbe "al re", wangsabe "ai re" (wangsa "i re"). In tutte le lingue uralo-altaiche è sconosciuta la categoria del genere. Quanto al numero, le lingue altaiche hanno solo singolare e plurale; alcune lingue uraliche posseggono anche il duale (dial. samoiedi, ostiaco, vogulo). Ma anche il plurale è più raro nelle lingue altaiche che nelle uraliche; per es., in manciu non è in genere indicato e nelle lingue turche antiche si trova spesso il singolare per indicare una pluralità.
Quanto ai casi, in tutte le lingue uralo-altaiche il nominativo è sempre sprovvisto di suffisso; nel mongolico il nominativo come soggetto, specialmente operante, può essere rafforzato da una posposizione. Nello stesso ugrofinnico (v. ugrofinniche, lingue) le posposizioni indicanti i varî casi sono generalmente formate da avverbî posposti e sono relativamente recenti. I suffissi primarî sono scarsi e scarsissimi quelli comuni a tutto l'ugrofinnico e a tutto l'uralico; la stessa cosa si è osservata per le lingue turche (v. turchi: Le lingue turche). È quindi difficile trovare dei suffissi primarî che possano risalire all'epoca uralo-altaica; pure, con maggiore o minore verisimiglianza, se ne possono indicare alcuni. Il Németh, Nyelvt. Közl., XLVII (1928-30), p. 66 segg., ritiene proto-uralo-altaici tre suffissi casuali e precisamente il suffisso dell'ablativo *-t/*δ > turco -da, -dä, -ta, -tä (locativo e ablativo); per es., turco delle iscrizioni kaγanda "da parte del khan", osm. evden "da casa"; samoiedo -d, -da, iur. ηyld "dal basso", ugrof. *t/*δ, per esempio, finn. luota "da", mordv. tolgada "da una penna", ung. alul "sotto", ecc. Poi due suffissi per il lativo, uno *k/γ > turco -ka, -kä (dativo, lativo), per es., turco delle iscrizioni kaγanka "al khan", osm. eve (*evγe) "a casa, verso casa e, finn. alak "verso il basso", vog. sisïy "di dietro) (sis "dorso"). L'altro suffisso per il lativo sarebbe *-s/*-z (+ vocale palatale) > turco -r ("direttivo"), osm. berü "presso di me e", cfr. ben "io", mordv. -s, tolgas "in una penna", ungh. haza "verso casa".
Anche fra i suffissi di derivazione il Németh ne segnala taluni che sarebbero comuni all'uralico e all'altaico. Il genitivo è caratterizzato in parecchie lingue altaiche da una nasale: così in tutte le lingue turche (iscr. dell'Orkhon yñ, uigur. -nyng, osm. -nyñ, -yñ, manciu -n, -ni, tung. -ñi, mongol. -in, -on); questo suffisso si ritrova nelle lingue ugrofinniche (eccetto che nelle ugriche), per es., finn. -n (maan "terra"), mordv. -ñ: kudoñ "della casa" ecc., e nel samoiedo loga-n "della volpe". Il genitivo (possessore) precede sempre il nominativo (cosa posseduta); sovente il nominativo viene rafforzato da un possessivo, per es., turco čoban-yñ ev-i "del pastore la sua casa", cfr. ungh. a pásztornak a háza: talvolta il genitivo non viene neppure indicato, bastando il rapporto espresso dal possessivo, per es., iakuto attar bastarin "(dei) cavalli le loro teste", cfr. in ungh. a pásztor háza "il pastore la sua casa - la casa del pastore", forma molto più frequente di a pásztornak a háza.
L'aggettivo attributivo precede sempre il sostantivo cui si riferisce e rimane sempre invariato tanto nel numero che nel caso in quasi tutte le lingue uralo-altaiche (fanno eccezione le lingue balto-finniche e in parte il lappone dove l'attributo viene accordato); per es., osm. güzel at "bel cavallo" güzel atlar "bei cavalli"; cfr. ungh. szép ló, pl. szép lovak. Quando è predicativo è posposto e spesso invariabile e la copula è generalmente omessa, per es., at güzcl "il cavallo (è) bello", atlar güzel, (ma ungh. a ló szép, a lovak szépek).
Nei pronomi personali si nota una grande somiglianza fra le lingue inaliche e quelle altaiche, somiglianza che in buona parte si trova però mche con le lingue indoeuropee.
I possessivi s'indicano con suffissi; cfr. ungh. kezem "la mia mano", házam "le mie casa", turco osm. evim "la mia casa", pl. háza-i-m, turco i.t.-ler-im "la mia casa", dat. pl. háza-i-m-nak "alle mie case", ev-ler-im-è. Nel mongolico e nel manciu i suffissi possessivi sono i genitivi dei pronomi personali corrispondenti; per es., ügä manu "la nostra parola".
Quanto alla coniugazione verbale, poco si può ricostruire; già nelle stesse lingue altaiche le differenze che intercorrono, per es., fra il sistema prbale turco e quello mongolico sono considerevolissime; molti accordi fra turco e mongolico ha segnalato il Ramstedt. I numerali seguono in tutte le lingue uralo-altaiche il sistema decimale.
Un punto di contatto nella struttura sintattica è invece quello di ignorare quasi completamente il processo della subordinazione, tanto frequente nell'indoeuropeo. Nelle lingue uralo-altaiche abbiamo solo una giustapposizione di frasi. Un principio di subordinazione troviamo, sotto l'influsso indoeuropeo, nell'ungherese e nel finnico fra le lingue uraliche e, sotto l'influsso arabo e persiano, nel turco osmanli, fra le lingue altaiche. Le proposizioni subordinate vengono generalmente sostituite con proposizioni participiali o gerundive; per es., ant. ungh. Az tenmagadnak választottad városodban "nella città che ti sei scelta", letteralmente "nella da te stesso scelta città"; turco osm. para verdijiñiz fuqarā "il povero al quale voi avete dato del denaro", lett. "del denaro avete dato al povero", jüzü qara orlan bir adam "un uomo il cui viso è nero", lett. "il suo viso nero essente uomo". Un'altra regola principale della sintassi delle lingue altaiche (e in parte anche delle uraliche) è che ciò che è accessorio deve precedere quanto è principale; alcuni esempî sono stati dati alla fine della voce turchi: Le lingue turche.
Venendo infine al lessico, possiamo constatare che fra le lingue uraliche e le lingue altaiche sono state segnalate numerose corrispondenze; ma non tutte sono ugualmente sicure. Sarebbero, per es., comuni alcune voci significanti "uomo", per es., ungh. hím "maschio", vog. χum "uomo", sir. komi "Sirieno (quindi uomo)", samoi. kum(e) "uomo", turco delle iscrizioni e uig. kün "popolo"; i nomi indicanti alcune parti del corpo, per es., "bocca"; ungh. aj-ak "labbro", ajtó "porta", finn. ove "porta", sam. ñañ "bocca", uig. aγuz "bocca"; il "fegato"; ungh. máj, finnico maksa, samoi. mued, turco osm. baγyr; e anche, ciò che è più notevole, parecchie voci designanti concetti astratti, per es., "essere", ungherese val- vol- (in vala, volt); turco osm. bol, jak. buol, ecc.
D'altra parte, in questi ultimi anni sono stati ripetutamente messi in rilievo alcuni paralleli lessicali, e in parte anche morfologici, fra le lingue uraliche e le lingue indoeuropee e vi sono degli studiosi più propensi ad ammettere una primitiva unità indo-uralica (il nome è stato coniato da Björn Collider per designare indoeuropeo + uralico) piuttosto che un'unità uralo-altaica. Ma bisogna convenire che le comparazioni fra uralico e indoeuropeo sono minori e di minore importanza di quelle che esistono fra uralico e altaico, e ciò è tanto più notevole in quanto, mentre nulla comparazione fra uralico e altaico abbiamo da una parte delle lingue scientificamente bene elaborate e dall'altra delle lingue poco studiate e per cui mancano i principali lavori necessarî (fonetica comparata, dizionario comparato), nel raffronto fra uralico e indoeuropeo si agisce con due gruppi ugualmente ben conosciuti e per cui abbiamo dovizia di materiali. D'altra parte occorre aggiungere che una parentela uralo-altaica non esclude necessariamente una possibile parentela indo-uralica. Studî ulteriori ci dimostreranno in qual modo le due ipotesi possano accordarsi e se non sia il caso di ammettere una parentela, sia essa remota fin che si vuole, fra l'indouropeo da una parte e l'uralo-altaico dall'altra come il Trombetti dava per dimostrato, ma come per ora è solo intravvisto da qualche studioso più audace.
Bibl.: Oltre agli studi citati nel testo, O. Böthlingk, Über das altaische oder finnisch-tatarische Sprachengeschlecht, Berlino 1849; H. Karlgren, Die Grundzüge der finnischen Sprachen mit Rücksicht auf den ural-altaischen Sprachstamm, ivi 1847; J. A. Lindström, Samling of med finskan beslägtade ord från de uralska, altaiska och kaukasiska språken, in Suomi, XII; A. Boller, Die Wurzelsuffixe in den uralaltaischen Sprachen, in Sitz. d. k. Ak. Wien, XXII (1856); Die Übereinstimmung der Tempus- und Modus-Charaktere in den uralaltaischen Sprachen, ibid.; id., Die Pronominalsuffixe des ural-altaischen Verbums, in Sitz. d. Akad. d. Wiss. Wien, XXV (1857); P. Hunfalvy, A török, magyar és finn szók egybebasonlitása (Il confronto delle parole turche, ungheresi e finniche), Budapest 1855 (Akad. Értesitö); A. Vámbéry, Magyar és török-tatár szóegyezések (Accordi lessicali ungheresi e turco-tatari), in Nyevltudományj Közlemények, VIII (1870), p. 109 segg. (ma si tenga presente la critica del Budenz, Nyelvt. Közl., X, p. 68 segg.); A magyarok eredete (L'origine degli Ungheresi), Budapest 1882; H. Winkler, Uralaltaische Völker und Sprachen, Berlino 1884; Das Uralaltaische u. seine Gruppen, ivi 1885; Die ural-altaischen Sprachen, in Keleti Szemle, I (1900), p. 132 segg., 195 segg.; Der uralaltaische Sprachstamm, das Finnische und das Japanische, Berlino 1909; Die Zugehörigkeit der fininschen Sprachen zum ural-altaischen Sprachstamm, in Keleti Szemle, XII (1911), p. 1 segg.; Samojedisch und Finnisch, in Finnisch-ugrische Forschungen, XII (1912) e XIII (1913); Tangusisch und Finnisch-ugrisch, in Journal de la Société Finno-Ougrienne, XXX e XXXIX; Die altaische Völker- und Sprachenwelt, Lipsia e Berlino 1921; W. Bang, Uralaltaische Forschungen, Lipsia 1890; J. Grunzel, Entwurf einer vgl. Gramm. d. alt. Sprachen, Lipsia 1895; P. Schmidt, Der Lautwandel im Mandschu und Mongolischen, nel Journal of the Peking Oriental Society, IV; J. Ramstedt, Zur Verbalstammbildungslehre der mongolisch-türkischen Sprachen, Helsingfors 1912 (Journ. Soc. Finno-Ougrt., XXVIII); Egy állitólagos török-mongol hantörvény (Una presunta legge fonetica turco-mongolica), in Nyelvt. Közl, XLII (1913), p. 69 segg.; G. Németh, Die türkisch-mongolische Hypothèse, nella Zeitschrift d. deutschen morgenl. Gesellschaft, LXVI (1912); A török-mongol nyelveviszonyhoz (Sulla relazione linguistica turco-mongolica), in Nyelvt. Közl., XLIII (1914), p. 126 segg.; O. Donner, Die uralaltaischen Sprachen, in Finnisch-ugr. Forschungen, I (1900), p. 128 segg.; W. Pröhle, Studien zur Vergleichung des Japanischen mit den uralischen und altaischen Sprachen, in keleti Szemle, XVII (1917), p. 117 segg. Ulteriore bibl. s. v. mongoliche, lingue; tungusi; Lingue; turchi: Le lingue turche; samoiedi; ugrofinniche, lingue.