PAGLIUGHI, Lina
PAGLIUGHI, Lina. – Nacque a New York il 27 maggio 1907 da Giovanni, nativo di Montevideo ma di origini genovesi, e Maria Stefanè, da Montegroppo (Albareto) in provincia di Parma.
Presto la famiglia si trasferì a San Francisco. Pagliughi, che aveva imparato a cantare sui dischi di artisti famosi, si esibiva come bambina prodigio, con la sorella Flora al piano: sfoggiava una magnifica voce di lirico leggero, che le valse il soprannome di ‘piccola Tetrazzini’, col beneplacito di Luisa Tetrazzini in persona e l’incoraggiamento di Beniamino Gigli. Dopo gli studi privati con Silvia Puerari Maracci e poi nel conservatorio di San Francisco, scoraggiata da Giulio Gatti Casazza, il potentissimo impresario del Metropolitan di New York, nel 1926 venne in Italia. Si perfezionò col maestro Manlio Bavagnoli, che nel 1927 la fece debuttare al teatro Nazionale di Milano in Rigoletto: vi ottenne un successo clamoroso, e la casa discografica ‘La voce del padrone’ le fece immediatamente incidere l’opera (direttore Carlo Sabajno). Lo splendore della voce e la tecnica perfetta la candidavano a una carriera internazionale. Per altro verso, il fisico corpulento, poco adatto a incarnare fanciulle angelicate, condizionò la sua parabola artistica. Ebbe una carriera intensissima fino al 1960, che però svolse soprattutto nei teatri di tradizione, sulle ribalte della buona provincia e sulle scene minori delle grandi città. Non mancarono le eccezioni: debuttò alla Scala, con Rigoletto, nel dicembre 1930, ma ci tornò solo nel 1937 in una storica ripresa del Mosè di Rossini, direttore Gino Marinuzzi (il quale peraltro in una lettera, inviata a Giuseppe Mulè da Sanremo il 21 ottobre 1930, ebbe a ironizzare sul suo trionfo nel Rigoletto in un teatro minore come il Verdi di Trieste, dove la cantante avrebbe fatto una figura da serva per via del fisico infelice).
In seguito ebbe ancora ingaggi scaligeri, ma di gran lunga inferiori ai meriti. La stessa situazione si registrò per il San Carlo, per il Comunale di Firenze e per le maggiori ribalte straniere: il trionfale Rigoletto del 1938 al Covent Garden di Londra rimase un’eccezione, nonostante il successo della tournée di concerti nel Regno Unito nell’anno seguente. Nel 1940 i felici recitals al Carnegie Hall di New York, al War Memorial Opera House di Chicago, allo Opera House di San Francisco, forse anche per la congiuntura storica non propizia alla collaborazione tra Italia e Stati Uniti, non sfociarono in un ingaggio al Metropolitan, dove Pagliughi non cantò mai. Le tournées all’estero, come quella in Sud America nel 1928 o in Australia nel 1932, rientravano nei normali impegni delle compagnie di giro di artisti lirici italiani.
Nei teatri Pagliughi veniva scritturata per opere di repertorio, pur con qualche eccezione, come quando al Maggio musicale fiorentino del 1940 fu la regina Astrifiammante nel Flauto magico di Mozart (cantato in italiano, come usava allora), sotto la direzione di Vittorio Gui. In compenso la radio le offrì uno strumento per imporsi, superando i limiti della scena, e la possibilità di affrontare titoli rari e diversi. Il debutto avvenne nel giugno 1934 all’EIAR di Torino nella Linda di Chamounix di Donizetti, cui seguì senza soste un’attività che proseguì anche nella RAI (costituita nel 1944). In più di un caso, le trasmissioni del dopoguerra divennero incisioni pubblicate dalla Cetra. Per i microfoni Pagliughi affrontò titoli poco correnti nei teatri, se non addirittura rari, come il Ratto dal serraglio di Mozart (Costanza; Torino 1934, Roma 1940), Il re di Giordano (Rosalina; Roma 1934), la Gazza ladra di Rossini (Ninetta; Torino 1934), L’impresario di Mozart (Madame Herz, versione italiana dello Schauspieldirektor; Roma 1935), Mosè di Rossini (Sinaide; Roma 1935), Così fan tutte di Mozart (Fiordiligi; Roma 1935), La campana sommersa di Respighi (Rautendelein, Milano 1951), Elisabetta regina d’Inghilterra di Rossini (Matilde; Milano 1953), Arianna a Nasso di Strauss (Zerbinetta; Torino 1953), Un giorno di regno di Verdi (Marchesa del Poggio; Milano 1951). In concerto – per es. per i famosi Martini & Rossi – cantò spesso anche pagine di forte intensità lirica da opere mai interpretate in scena, come la romanza di Matilde nel Guglielmo Tell di Rossini, Un bel dì vedremo nella Madama Butterfly e Sì, mi chiamano Mimì nella Bohème di Puccini. Partecipò anche a trasmissioni particolari come la Serata Donizettiana e quella Rossiniana del 1936, quando cantò il second’atto di Lucrezia Borgia e il primo dell’Italiana in Algeri. Tali attività accrebbero la sua popolarità.
Il suo repertorio si imperniava su Lucia di Lammermoor, Rigoletto, La traviata, Il barbiere di Siviglia, cui vanno aggiunti, pur con minor frequenza, La sonnambula, L’elisir d’amore e I puritani. Nel 1937 al Carlo Felice di Genova cantò L’usignolo, versione ritmica italiana del Rossignol di Stravinskij, nel ruolo eponimo. Si accostò con frequenza anche alla sala d’incisione. Oltre al citato Rigoletto, la discografia annovera incisioni per Parlophon (Torino, 1932-34), RCA Victor (tre registrazioni effettuate a Camden, 1940, in occasione del suo rapido passaggio negli USA), Cetra (1934-43, comprensivi di un’edizione completa della Lucia di Lammermoor). Nel dopoguerra vanno segnalati i 78 giri del luglio 1947, incisi a Torino per la Cetra, che comprendono i duetti del primo e del second’atto nel Rigoletto col baritono Alessandro De Sved (Sándor Svéd). Alla fine degli anni Cinquanta risale il disco della Dysneyland Records, dove Pagliughi prestò la voce alla protagonista nella colonna sonora del celebre cartoon Biancaneve e i sette nani.
Negli anni del debutto aveva sposato Primo Montanari, un tenore di chiara fama, originario di Gatteo, località della riviera romagnola, dove i coniugi (che a Milano abitavano in via Scarlatti) trascorrevano le vacanze; qui, ritiratasi dalle scene, Lina Pagliughi visse circondata dal rispetto e dalla generale ammirazione.
Morì il 2 ottobre 1980 a Savignano sul Rubicone.
A Gatteo in suo onore è stato istituito il Premio ‘La siola d’oro’ (nel dialetto locale siola sta per rondinella di mare), attribuito ogni due anni da una giuria internazionale a un soprano lirico leggero promettente.
Lina Pagliughi è uno degli esempi più significativi di lirico leggero, quel tipo di soprano che dalla fine dell’Ottocento si era annesso molti personaggi romantici destinati in origine a voci più vigorose. Nel solco della tradizione maturò un canto omogeneo nei registri, di flautata dolcezza, con un legato di strumentale purezza, un virtuosismo impeccabile e trascendentale, che non andò disgiunto da corrette intenzioni di interprete. Può essere considerata l’erede ideale della Tetrazzini e la rivale di Toti dal Monte, che superò per perfezione ma non per pathos e verità del gioco scenico. A partire dagli anni Cinquanta-Sessanta, l’avvento di Maria Callas e il recupero del belcanto del primo Ottocento su basi stilisticamente accertate hanno infine appannato la fama di Pagliughi, come dei soprani d’agilità in genere: il loro stile, improvvisamente ‘datato’, è venuto in sospetto alla critica più severa e in uggia al pubblico più esigente. Tuttavia non si può misconoscere il magistero del canto di Pagliughi, che in molti dischi, specie nel Rigoletto inciso per la Voce del Padrone, si sposa a un’interpretazione vibrante, per certi versi ancor oggi insuperata.
Fonti e Bibl.: R. Celletti, P., L., in Enc. dello spettacolo, Roma 1960, VI, coll. 1485 s.; R. Celletti, P., L., in Le Grandi voci, Roma 1964, p. 595; C. Marinelli, Opere in disco da Monteverdi a Berg, Firenze 1982, pp. 114, 118 s., 136 s., 222, 230; R. Celletti, Il Teatro d’opera in disco: 1950-1987, Milano 1988, pp. 65, 70, 73, 219, 226 s., 233, 720, 896, 992, 996, 1007; L. Di Cave, L. P.: biografia, discografia ragionata, cronologia, Roma 1989; G. Marinuzzi, Tema con variazioni. Epistolario artistico di un grande direttore d’orchestra, a cura di L. Pierotti Cei Marinuzzi - G. Gualerzi - V. Gualerzi, Milano 1995, pp. 560, 564, 638, 679, 684, 709, 724, 774; R. Celletti, Storia dell’Opera italiana, II, Milano 2000, p. 664; E. Giudici, L’opera in CD e video. Guida all’ascolto di tutte le opere liriche, Milano 2007, pp. 149, 315, 351, 1461, 1466, 1685; K.J. Kutsch - L. Riemens, Grosses Sängerlexikon, IV, München 1997, p. 2633; The New Grove dictionary of music and musicians (ed. 2001), XVIII, pp. 898 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XII (2004), col. 1558; J. Kesting, Die grossen Sänger, Kassel 2010, pp. 842 s.