CAVALIERI, Lina (Natalina)
Nata a Viterbo, il 25 dic. 1874 da Florindo, marchigiano di umili origini (assistente architetto secondo quanto riferito dalla stessa C. nel suo libro di memorie) e da Teonilla Peconi, viterbese, fu condotta a Roma ancora in fasce e trascorse i primi anni di vita nelle viuzze del vecchio Trastevere, ove ben presto le condizioni familiari men che modeste contribuirono a fortificarne il carattere naturalmente ribelle e protervo. Costretta a guadagnarsi da vivere, cominciò dapprima a vendere violette, poi a soli tredici anni lavorò come piegatrice di giornali alla Tribuna di Roma. Trasferitasi con la famiglia in una modesta casa del rione Esquilino, cominciò a frequentare il luna park di piazza Guglielmo Pepe, ove quasi per gioco fece le sue prime esperienze canore esibendosi tra i numeri del "baraccone delle meraviglie"; la naturale disposizione musicale indusse un maestro di canto, vicino di casa, a impartirle qualche lezione di musica e ad avviarla alla carriera di canzonettista che ebbe inizio in uno dei tanti caffè concerto della città, "La Torre di Belisario",ove "la signorina Lina Cavalieri, cantante italiana",senza contratto e costretta a passare tra il pubblico con il piattino, fece il suo debutto.
Nel 1887, favorita dalla straordinaria bellezza più che da effettive qualità interpretative, fu notata da Nino Cruciani mentre si esibiva nei capannoni di porta Salaria e immediatamente scritturata per il caffè concerto di piazza Esedra. Fu questa la sua prima vera affermazione e l'inizio d'una carriera imprevedibile, che la portò dapprima sulle scene del Grande Orfeo, ove si esibivano artisti già affermati e di fama internazionale e quindi al Diocleziano, in cui, con una paga di quindici lire giornaliere, conobbe i primi successi contribuendo con la naturale grazia e la prorompente femminilità all'affermazione delle più belle canzoni di Mario Costa, come La Ciociara, Funiculi-Funiculà e La Francesa. Divenuta in breve uno dei personaggi più popolari della Roma umbertina, non poteva non approdare a quello che veniva considerato il tempio del café-chantant, cioè al già celebre Salone Margherita, dove per vari anni si esibirono i più grandi esponenti del cosiddetto teatro minore italiano. Passò poi a Napoli e, ormai definitivamente affermata, decise di affrontare il pubblico parigino; scritturata infatti dalle Folies-Bergères riportò un successo entusiastico.
Divenuta rapidamente una diva di prima grandezza, la C. cominciò a essere contesa da molti altri teatri di varietà europei; venne infatti scritturata dall'Empire di Londra, sulle cui scene si rinnovarono unanimi consensi del pubblico e della critica, che contribuirono ad alimentare la rivalità con altre celebri dive del momento, non esclusa la bella Otero, cui veniva contrapposta per l'eccezionale avvenenza e la prepotente personalità. Recatasi a Berlino, l'eco dei suoi trionfi giunse in Russia; spintasi fino a Pietroburgo, riscosse nuovi successi; tuttavia il suo ingresso nel mondo elegante dell'aristocrazia russa e il desiderio di entrare a far parte di un ambiente diverso da quello del café-chantant la indussero a porre fine alla sua carriera di canzonettista e ad abbandonare il mondo del varietà per dedicarsi all'arte lirica. Il suo desiderio fu momentaneamente rinviato per il matrimonio con il principe Alessandro Bariatinskij, che aveva sposato al termine di una serie di trionfali esibizioni al teatro Kristowskij Ostrow. Abbandonata quindi temporaneamente ogni attività artistica, la C. intraprese con il marito una serie di viaggi attraverso l'Europa, meditando ancora il momento del suo rientro sulle scene come cantante lirica. Costretta a divorziare dopo pochi anni di matrimonio per volere dello zar, che mal tollerava i suoi trascorsi teatrali e soprattutto i frequenti rapporti con gli artisti italiani, che periodicamente si avvicendavano sulle scene di Pietroburgo, abbandonò la Russia e si recò a Parigi, dove, per esortazione del tenore Francesco Marconi, si dedicò seriamente allo studio del canto, divenendo allieva di Maddalena Mariani Masi.
Il suo esordio nel teatro lirico ebbe luogo nell'aprile del 1900 quale protagonista della Bohème di Puccini al teatro S. Carlo di Napoli e il successo riportato le schiuse le porte dei maggiori teatri del mondo. Passò infatti subito dopo al teatro S. Carlo di Lisbona, ove fu Nedda ne I Pagliacci di R. Leoncavallo, rivelando così fin dagli esordi una decisa preferenza per il repertorio verista e per tutti quei ruoli che meglio le consentivano di mettere in evidenza le sue qualità drammatiche, piuttosto che quelle vocali, invero mai eccezionali seppur gradevoli e utilizzate sempre con estrema intelligenza e intuito interpretativo. La notorietà raggiunta come cantante le procurò numerose scritture. Nella stagione 1900-1901 si esibì sulle scene del teatro Imperiale di Varsavia, all'Aquarium di Pietroburgo, al teatro Massimo di Palermo e nella stagione successiva al Dal Verme e al teatro Lirico di Milano; fu poi al Carlo Felice di Genova (1903-04), al Casino di Montecarlo (1904), ove tornò poi negli anni successivi fino al 1906, allorché decise di tentare l'avventura americana debuttando al Metropolitan Opera House di New York in Fedora di U. Giordano, avendo quale partner Enrico Caruso (5 dicembre). L'opera, "che veniva data in prima esecuzione per l'America, scatenò un vero putiferio nel pubblico e nella critica per l'interpretazione della C., giudicata troppo realistica.
Spinta infatti dall'audace e incontrollato fervore del suo temperamento, l'artista italiana, giunta al termine del duetto d'amore del secondo atto, depose un bacio appassionato sulle labbra di Caruso, suscitando accese polemiche nel puritano pubblico americano, che tuttavia, conquistato dal suo fascino, le decretò un successo strepitoso. Conosciuta da quel momento negli Stati Uniti come "the kissing primadonna",all'indomani della rappresentazione l'Evening World così commentò l'accaduto: "Cavalieri and Caruso, in a fervent embrace arouse a Metropolitan Opera House audience" (Celletti, in Enc. d. Spett.).
Nonostante lo scandalo, non sappiamo fino a qual punto calcolato, il successo fu strepitoso e le fece ottenere il ruolo di protagonista nella Manon Lescaut di G. Puccini, ruolo che in un primo momento era stato promesso al celebre soprano Geraldine Farrar, togliendo ogni dubbio sulla riuscita dello spettacolo alla direzione, dapprima titubante, del Metropolitan. L'opera, in prima esecuzione assoluta per gli Stati Uniti, fu rappresentata il 18 genn. 1907, avendo quali interpreti principali, oltre alla C., Caruso nel ruolo di Des Grieux e lo Scotti in quello di Lescaut; il successo straordinario fu descritto in una lettera di G. Puccini a Tito Ricordi (19 genn. 1907), in cui l'autore senza riserve riconosceva alla C. uno straordinario temperamento d'artista e inaspettate doti vocali (cit. in Carteggi pucciniani, a cura di E. Gara, p. 339). Scritturata dal Metropolitan per più stagioni fino al 1910,il 7 nov. 1907,sempre accanto a Caruso, interpretò Adriana Lecouvreur di F. Cilea e nella stagione 1908-09 si esibì anche al Manhattan Opera House quale protagonista di Bohème, con Caruso nella parte di Rodolfo. Frattanto nel 1908 aveva sposato in seconde nozze il miliardario americano R. E. Chandler, da cui, quasi per scommessa e, forse perché ormai troppo presa dalla vita di palcoscenico, divorziò dopo appena otto giorni di matrimonio.
Non riuscendo a sottrarsi al richiamo della vita artistica e probabilmente stanca dell'esperienza americana, tornò in Europa e nei ruoli di Margherita ed Elena fu acclamata interprete del Mefistole di Boito nel teatro romano di Orange, accanto a Fiodor Šaljapin; l'opera fu poi con uguale successo replicata a Montecarlo. Venne poi scritturata dall'Opéra di Parigi, ove dopo una rappresentazione di Fedora al teatro Sarah Bernhardt nel maggio 1905 con E. Caruso e T. Ruffo, direttore Cleofonte Campanini, cantò dal 1907 al 1909, interpretando con straordinario successo il ruolo di Salomè nell'Hérodiade di Massenet, che la volle protagonista della sua Thaïs, che la C. presentò poi in tutti i teatri del mondo facendone uno dei suoi cavalli di battaglia e ripropose quindi in una seconda tournée in Russia nel 1914 insieme a Mattia Battistini, con cui apparve sulle scene di Kiev, Pietroburgo e Charkov, dove tra l'altro fu interprete della Traviata di Verdi. Cantò ripetutamente al Covent Garden Opera House di Londra negli anni 1908, 1911 e 1912 e tornò quindi a Parigi, ove sposò in terze nozze il tenore francese Luciano Pietro Muratore, con cui creò il ruolo di Stephania in Siberia di Umberto Giordano (Opéra, 1911). Con il marito apparve fino al 1916 in vari teatri europei e successivamente, scritturata dalla Chicago Opera Company, tornò negli Stati Uniti durante il primo conflitto mondiale per una serie di concerti di propaganda; e contemporaneamente, a Parigi, entrò a far parte del "Comité pour l'assistance aux poilus". Frattanto fin dal 1914 aveva intrapreso la carriera cinematografica alla Cines di Roma, girando vari film pur senza grande successo fino al 1921. Come cantante lirica apparve per l'ultima volta in Traviata al teatro Carcano di Milano (1916), con cui concluse la sua carriera in Italia.
Divorziata anche dal terzo marito, sposò successivamente Giovanni Campari e, abbandonate per sempre le scene nel 1926, aprì a Parigi un istituto di bellezza intitolato al suo nome, che diresse con buon successo commerciale fino al 1936. Tornata in Italia, si stabilì a Roma, città in cui per il terrore ispiratole sempre dal pubblico romano non volle mai cantare, nonostante le insistenti richieste rivoltele anche da personaggi autorevoli del mondo artistico della città. Stabilitasi in una lussuosa villa sulla Nomentana, dedicò gran parte del suo tempo all'amministrazione di una sua tenuta presso Rieti. Trasferitasi successivamente a Firenze, morì in una sua villa presso Fiesole il 7 febbr. 1944 durante un bombardamento aereo.
Iniziata la carriera di cantante lirica in ruoli adatti alla sua voce, naturalmente limpida e gradevole, ma piuttosto limitata nell'estensione e nel volume (fu infatti una delicata Mimì in Bohème diPuccini e sostenne con credibilità le parti di Nedda nei Pagliacci di Leoncavallo e di Margherita nel Faust di Gounod), il passionale temperamento sorretto dalla caparbia volontà di riuscire e da una incontestabile presenza scenica la spinsero a passare dal repertorio di soprano lirico e leggero, cui le qualità vocali l'avevano inizialmente indirizzata, a ruoli più complessi in cui meglio poteva manifestare il suo forte temperamento drammatico, sorretta in questo dalla sottile astuzia di mestiere maturata negli anni trascorsi quale diva del caffè concerto; affrontò infatti con successo parti più impegnative anche vocalmente, come Manon nelle opere di Puccini e Massenet, che tra l'altro la volle interprete di Thaïs e Hérodiade e la prescelse inoltre per la prima esecuzione del Cherubino aMontecarlo nel febbraio 1905. Peraltro dopo aver affrontato ruoli particolarmente ardui, come Violetta nella Traviata, Giulietta nei Racconti di Hoffmann, siavvicinò al repertorio verista, in cui, riuscendo a superare certi limiti vocali, seppe sempre essere all'altezza della situazione, favorita inevitabilmente dal phisique du rôle, dal portamento regale e soprattutto da un sicuro dominio della scena, tanto da rivaleggiare con altre celebri dive del momento, vocalmente ben più dotate di lei, come Carmen Melis, E. Cervi-Caroli, Fausta e Maria Labia, oltre a Mary Garden e alla già citata Geraldine Farrar.
Fu così un'ottima Tosca e un'indimenticabile Fedara, ruolo in cui riversò tutta la passionalità del suo temperamento drammatico, rivelatosi poi anche nell'Adriana Lecouvreur, che fu uno dei suoi cavalli di battaglia. Indubbiamente le fu di grande aiuto la bellezza superba, per cui venne definita da Gabriele D'Annunzio "la massima testimonianza di Venere in terra"; tuttavia depone a favore delle sue doti vocali, limitate ma comunque affascinanti, la stima che per lei ebbero musicisti come Massenet, Giordano, Leoncavallo, Cilea e soprattutto Puccini, che per le sue qualità interpretative nutrì sempre una profonda e sincera ammirazione.
Delle sue esperienze d'artista lasciò una testimonianza in un libro di memorie, Le mie verità, pubblicato a Roma nel 1936, a cura di P. D'Arvanni, e nel 1910 incise inoltre vari brani del suo repertorio per la Columbia. Come attrice cinematografica partecipò ai film: Manon Lescaut (1914), La Sposa della morte (1915), La Rosa di Granata (1916), The Eternal Temptress (1917), Love's Conquest (1918), A Woman of impulse (1918), The Two Brides (1919), Amore che ritorna (1921).
Fonti e Bibl.: Necrol., in IlGiornale d'Italia, 5 marzo 1944; D. Calcagno, Quando Lina faceva la pioggia e il bel tempo, in Il Messaggero, 16 dic. 1936; recens. in Il Popolo di Brescia, 5 genn. 1937; L. D'Ambra, L. C. rievoca, in Il Corriere della Sera, 27 genn. 1937; Jarro [G. Piccini], Viaggio umoristico nei teatri, Firenze 1908, pp. 1-19, 251-54; J. Massenet, Mes Souvenirs, Paris 1912, p. 198; Carteggi pucciniani, a cura di E. Gara, Milano 1958, pp. 339, 614, 617, 625, 679, 680, 684; A. Carelli, E. Carelli. Trent'anni di vita del teatro lirico, Roma 1932, p. 116; U. Tegani, Cantanti d'una volta, Milano 1945, pp. 315-18; E. Gara, E. Caruso, Milano 1947, pp. 121, 149 s., 152, 270; J. Kolodin, The story of the Metrop. Opera, New York 1953, pp. 209, 214, 218, 241 s., 250, 2553 311, 370; Cinquanta anni di opera e balletto in Italia, Roma 1954, p. 39; C. Beaton, Lo specchio della moda, Milano 1955, pp. 79-83, 86; C. Sartori, Puccini, Milano 1958, p. 282; G. Puccini, a cura di C. Sartori, Milano 1959, pp. 27, 230; T. D'Amico, F. Cilea, Milano 1960, p. 104; W. Brockway-H. Weinstock, The World of Opera, New York 1962, pp. 420, 491, 540, 593, 599, 617; D. Cellamare, U. Giordano, Roma 1967, pp. 106 s.; H. Pleasants, The Great Singers, London 1967, p. 284; W. Ashbrook, The Operas of Puccini, London 1968, pp. 37, 46, 133; R. Celletti, L. C., in Enc. dello Spettacolo, III, Firenze-Roma 1956, coll. 259 ss.; La Musica, Diz., I, p. 373.