LIBRI LITURGICI
Libri utilizzati dai ministri della gerarchia ecclesiastica nell'esercizio del culto (messa, ufficio, sacramenti).Prima del periodo in cui si costituirono i l. liturgici (secc. 5°-6°) l'oralità dominava nella pratica liturgica, anche se fin dalle origini del cristianesimo veniva utilizzata la Bibbia (v.) per la lettura durante la messa e l'ufficio.Il passaggio dalla pratica orale all'utilizzo di libri segna un mutamento considerevole nella storia della liturgia e della sua spiritualità. Questo passaggio si spiega in primo luogo con il livello spirituale dei sacerdoti e dei vescovi, la cui maggiore o minore attitudine a creare canti o preghiere, o piuttosto a costruirli intorno a uno schema testuale predeterminato, costituiva un problema. Già nel sec. 5° s. Agostino lamentava il modesto livello spirituale delle preghiere che si ascoltavano durante la messa; in seguito le autorità ecclesiastiche posero grande attenzione a che i testi liturgici esprimessero l'ortodossia e precisassero la fede dei devoti. La selezione dei testi (preghiere, canti), rapidamente raccolti in collezioni, che sono alla base dei primi l. liturgici, si effettuò essenzialmente secondo questi criteri. Occorre aggiungere che i l. liturgici nacquero nel corso di un periodo (secc. 5°-6°) particolarmente fecondo in materia di codificazione, non solo nel campo della liturgia, ma anche in molti altri settori, come per es. il diritto.I l. liturgici altomedievali si caratterizzavano per la varietà; nel Medioevo essi erano anche il simbolo tangibile della carica ecclesiastica: Amalario di Metz scrisse nel sec. 9° a proposito del cantatorium - contenente il responsorio-graduale, l'Alleluia e il suo versetto - che il cantore "sine aliqua necessitate legendi tenet tabulas in manibus [...] Tabulae quas cantor in manu tenet, solent fieri de osse" (De ecclesiasticis officiis, III, 16; PL, CV, col. 1123). Nel Medioevo comunque i l. liturgici non arrivarono mai a soppiantare completamente la pratica orale, soprattutto nell'ambito del canto o per alcune preghiere, come il canone della messa, che i sacerdoti conoscevano a memoria.La maggior parte dei l. liturgici si andò costituendo progressivamente a partire dai libelli contenenti i testi di una sola azione liturgica; il raggruppamento di tali libelli secondo una struttura organizzata permise la formazione dei libri. Nel corso del Medioevo si verificò, in una prima fase, un processo di netta specializzazione dei l. liturgici: a ciascuna azione corrispondeva un libro utilizzato da un officiante. In un secondo tempo vi fu lo sviluppo di un fenomeno di raggruppamento di cui il messale (v. Sacramentario), per la messa, e il breviario (v. Ore), per l'ufficio, segnano i due esiti finali. Si ebbe anche un uso politico del l. liturgico: in epoca carolingia Carlo Magno riuscì infatti nell'unificazione liturgica dell'impero in larga misura grazie al sacramentario gregoriano. Oltre un secolo dopo i sovrani ottoniani tentarono la stessa operazione a partire dal pontificale (v.), il libro del vescovo.Accanto ai l. liturgici propriamente detti, esistono anche guide alla liturgia, delle quali i ministri del culto avevano bisogno per il corretto svolgimento delle celebrazioni, ma che non venivano direttamente utilizzate nelle cerimonie. Si tratta soprattutto dei consuetudinari e degli ordinari. Questi ultimi si separarono progressivamente dai primi a partire dal sec. 12°, giungendo a contenere solo le indicazioni d'ordine liturgico e lasciando così da parte tutte le prescrizioni relative alla vita quotidiana dei monaci.Nello svolgimento della messa, dell'ufficio e nell'amministrazione dei sacramenti, i ministri del culto avevano bisogno di libri corrispondenti alle diverse azioni rituali delle cerimonie. Per la preghiera il libro principale fu il sacramentario, progressivamente sostituito dal messale a partire dal sec. 11°; per la liturgia della parola di Dio - le letture - si utilizzarono essenzialmente i libri dei vangeli (v.), gli evangelistari e, nella seconda metà del Medioevo, i lezionari. I cantori e le scholae cantorum, da essi dirette, si servivano principalmente degli antifonari (v.), in cui erano trascritti i testi cantati sia per la messa sia per le diverse ore del giorno. Infine, per permettere l'amministrazione dei sacramenti e lo svolgimento di altri atti liturgici, a disposizione degli officianti erano i libri descrittivi, quali gli ordines Romani e i pontificali.Nel corso dell'Alto Medioevo il libro principale per la celebrazione della messa fu il sacramentario. Esso contiene l'insieme delle orazioni (preghiere) di cui aveva bisogno il celebrante (papa, vescovo, sacerdote) per ciascun giorno dell'anno liturgico. Oltre al canone della messa, o preghiera eucaristica, generalmente riportato all'inizio del manoscritto, il sacramentario raggruppa i formulari - in media tre orazioni e una prefazione adatta - del temporale e del santorale. Spesso vi si trovano anche calendario, ordines rituali (per es. battesimo, funerali, penitenza), messe votive per circostanze diverse e benedizioni: questo soprattutto in ambiente monastico.Esiste una grande varietà di sacramentari in funzione del tipo di celebrazione e dell'utilizzatore. Notevoli differenze di contenuto e di forma possono comparire tra il sacramentario di cui si serve il sacerdote nella parrocchia - completo nei contenuti e relativamente poco accurato sul piano materiale -, quello utilizzato dal vescovo nella cattedrale in occasione delle grandi feste dell'anno - il sacramentario festivo, in genere sontuosamente scritto ed eventualmente anche decorato - e i libri utilizzati dai monaci nei monasteri. Per il sacramentario, come per altri libri della liturgia latina, la funzione determina la forma e il contenuto, corrispondente alla tipologia della celebrazione.Il sacramentario fa parte dei primi l. liturgici costituiti in quanto tali nel 5° e 6° secolo. Il tipo più antico di sacramentario - c.d. leoniano dal nome di Leone Magno (440-461), al quale nel Medioevo veniva attribuito - risalente al sec. 6°, deriva da un raggruppamento non meditato di libelli conservati negli archivi papali del Laterano ed è conservato da un manoscritto del sec. 7° (Verona, Bibl. Capitolare, LXXXV, già LXXX). Due altre famiglie di sacramentari videro la luce a Roma tra i secc. 6° e 8°: i gelasiani, tipo presbiteriale in uso nelle parrocchie romane, e i gregoriani, tipo papale riservato alle celebrazioni del pontefice nell'Urbe. Queste due famiglie derivano il proprio nome dai papi Gelasio I (492-496) e Gregorio Magno (590-604), ai quali si attribuiva la composizione. Il prestigio di tali autori ebbe grande importanza agli occhi dei sovrani che tentarono la riunificazione del regno o dell'impero a partire da un l. liturgico che si riteneva composto da autorità spirituali incontestate.All'inizio del sec. 9°, grazie all'azione condotta da Carlo Magno, assecondato dai liturgisti, il sacramentario gregoriano di tipo Hadrianum si impose in gran parte dell'Occidente e occupò, fino alla fine del Medioevo, un posto di rilievo nell'ambito dei l. liturgici della messa. A partire dal sec. 12° il messale - in cui furono raggruppati canti, letture, precedentemente suddivise nel sacramentario, nell'antifonario e nell'evangelistario, e orazioni - ebbe come base il sacramentario gregoriano imposto da Carlo Magno a tutto il clero.Oltre al suo apporto alla storia della liturgia e alla storia politica, il sacramentario si rivela una fonte di prima mano per lo studioso di storia della teologia. In effetti in esso si conserva la quasi totalità delle preghiere della Chiesa cristiana. Ugualmente rilevante è il suo interesse per la storia dell'arte, giacché esso fa parte dei l. liturgici più illustrati dell'Alto Medioevo. Lo studio dell'iconografia delle miniature e delle placche d'avorio che ornano le rilegature di alcuni sacramentari (per es. il Sacramentario di Drogone, metà sec. 9°; Parigi, BN, lat. 9428) è particolarmente rivelatore della complessità del rapporto testo-immagine nell'illustrazione dei manoscritti medievali.La lettura fa parte delle tre azioni essenziali della liturgia, insieme alla preghiera e al canto, e compare già in epoca molto antica nelle pratiche liturgiche dei primi cristiani. Fin dagli inizi del cristianesimo la Bibbia veniva letta in occasione delle diverse assemblee di fedeli e, al fine di meditare le Scritture nella loro interezza, la lettura si svolgeva lungo tutto il corso dell'anno, secondo il principio della lectio continua. Già intorno al sec. 2°, la ricorrenza annuale dei principali avvenimenti della storia cristiana condusse a compiere una scelta in cui i temi corrispondevano al senso delle feste o dei tempi liturgici (per es. letture in occasione di Pasqua, Ascensione, Pentecoste, Natale). Presto si diffuse anche l'abitudine di leggere una determinata pericope (passo della Bibbia) in un giorno particolare, ma una regola precisa in questo campo non venne stabilita prima del 5°-6° secolo. Nei primi secoli del cristianesimo, lasciando un grande spazio all'improvvisazione, si consentiva al vescovo o a un altro capo della comunità di scegliere le letture della messa. Ancora nel Medioevo, il numero di letture nel corso della messa variava a seconda che si adottasse il rito romano - che proponeva un sistema a due letture (epistole, vangeli) - o altri riti latini dell'Occidente, nei quali era uso comune effettuare tre letture (Antico Testamento, epistole, vangeli), con pericopi variabili da un rito all'altro.Prima di divenire un l. liturgico in senso proprio, l'evangelistario fu in principio una lista di pericopi evangeliche suddivise secondo l'anno liturgico, il cui progressivo definirsi nel corso dei primi secoli del cristianesimo, con l'acquisizione di una grande stabilità nel sec. 7°, permise lo sviluppo, soprattutto a Roma, di sistemi di letture per la messa - vangeli, ma anche epistole - che si fissarono nello stesso periodo attraverso le liste di pericopi. Le Homiliae in Evangelia di Gregorio Magno, pronunciate nel 590-592, costituiscono le prime testimonianze scritte di una lista di letture organizzate secondo un sistema. Ogni omelia è preceduta dalla pericope commentata e la lista riguarda il ciclo delle letture allora in uso nella Chiesa di Roma.Nel sec. 7° la liturgia romana si riorganizzò e vennero predisposte liste di pericopi evangeliche (capitularia evangeliorum). Si può affermare che in questa fase l'evangelistario non esistesse ancora come libro vero e proprio, ma piuttosto in forma di lista liturgica con l'indicazione dei passi da ricercare nei manoscritti della Bibbia o in quelli dei quattro vangeli. Il capitulare evangeliorum attribuisce a una gran parte dell'anno liturgico una pericope per la messa, tratta da uno dei vangeli. L'esemplare più antico è costituito dal tipo Π realizzato intorno al 645. Ogni pericope evangelica è indicata dal numero che essa porta nella numerazione eusebiana, oltre che dall'incipit e dall'explicit, ed è preceduta dal giorno dell'anno. Nel quadro temporale, costituito dal calendario giuliano, questo 'evangelistario' propone una classificazione delle feste e delle loro pericopi a partire dall'anno liturgico, ove temporale e santorale sono mescolati. Il tipo Π del 645 ebbe un grande successo e si diffuse in una parte considerevole dell'Occidente nel corso della romanizzazione della liturgia in Gallia e altrove a partire dall'8° secolo. Da esso nacque il capitolare romano-franco del 750 ca., che si impose per buona parte del Medioevo a tutte le regioni dell'Occidente, se non si tiene conto dei molteplici adattamenti locali, in particolare per le feste dei santi.Come entità codicologiche i primi evangelistari fecero la loro comparsa alla fine del sec. 8°, ma si dovette attendere la fine del 10° perché si imponessero tra i libri destinati alla messa, a scapito dei vangeli corredati di capitolare, il cui uso era prevalente tra l'8° e il 10° secolo. Sul piano codicologico l'evangelistario non è che la riorganizzazione in una tipologia libraria autonoma delle liste di pericopi. Motivi di praticità e il posto preminente che esso occupò progressivamente nella gerarchia dei l. liturgici della messa fecero sì che l'evangelistario si imponesse facilmente prima di essere soppiantato nel corso del sec. 11°, in un primo tempo dal lezionario della messa - che raggruppava l'epistolario (raccolta di epistole) e l'evangelistario - e in seguito dal messale, in cui il lezionario è inserito insieme all'antifonario e al sacramentario.La decorazione interna ed esterna degli evangelistari, e in un senso più generale dei libri dei vangeli con capitulare evangeliorum, costituisce uno dei massimi raggiungimenti della storia dell'arte medievale (miniatura, oreficeria, lavorazione dell'avorio). In quest'ambito vanno citati in particolare l'Evangelistario di Godescalco (Parigi, BN, nouv. acq. lat. 1203), realizzato tra il 781 e il 783 per Carlo Magno e sontuosamente miniato dallo scriba-artista che diede il suo nome al manoscritto, e la serie di evangelistari decorati nello scriptorium della Reichenau nei secc. 10°-11° per soddisfare le committenze degli imperatori ottoniani e dei dignitari dell'impero.La parola antifonario, o antifonale, deriva da antifona, il testo cantato; dal sec. 8° questo termine indica l'antifonario della messa - detto anche graduale dal nome del canto che introduce l'Alleluia -, l'antifonario dell'ufficio e manoscritti che contengano entrambi i repertori. L'antifonario della messa presenta l'incipit dei testi cantati, spesso notati, che la schola cantorum doveva eseguire, sotto la direzione del maestro del coro, nel corso della messa (canti del proprium missae: antifone dell'introito, dell'offertorio, della comunione; melodie dei canti dell'ordinarium missae: Kyrie, Gloria, Sanctus, Agnus Dei). L'antifonario dell'ufficio contiene l'incipit dei canti riservati alle diverse ore della liturgia dell'ufficio, alternando testi di origine biblica a creazioni originali. L'unificazione del canto liturgico in Occidente a partire dall'epoca carolingia poté essere realizzata grazie alla diffusione dell'antifonario gregoriano. Per quanto riguarda l'ufficio, al contrario, esso non soppresse mai le tradizioni locali; nella seconda metà del Medioevo i due libri vennero gradualmente integrati al messale e al breviario.Principale l. liturgico della celebrazione della messa, il messale sostituì progressivamente, a partire dal sec. 11°, il sacramentario, che fino ad allora era stato il libro fondamentale per l'eucaristia. Oggi è evidente che l'apparizione del messale non si spiega unicamente con ragioni di ordine pratico, come rendere accessibile l'insieme dei testi (per es. preghiere, canti, letture) in un solo l. liturgico. Dopo l'epoca carolingia, l'evoluzione dell'ecclesiologia della liturgia ebbe come particolare conseguenza la concentrazione teorica dell'azione liturgica nelle mani del celebrante, sacerdote o vescovo, senza peraltro eliminare gli altri partecipanti alla cerimonia. A partire dal sec. 11°, il celebrante era tenuto a recitare, forse a bassa voce, le parti cantate della messa, anche se esse venivano eseguite dal coro, come anche le diverse letture allora pronunciate dal diacono e dal suddiacono.Come è spesso regola per i l. liturgici del Medioevo, la storia del messale non è costituita da un processo evolutivo lineare che avrebbe condotto da una forma 'rudimentale' a un libro elaborato. Ciò detto, il sec. 11° segna comunque una svolta decisiva nella storia del messale: fu in effetti in questo momento che i sacramentari e i libelli missarum lasciarono il posto a manoscritti completi, definiti messali plenari. Nella prima metà del sec. 12° i sacramentari risultano minoritari rispetto ai messali e il loro numero diminuì ancora nel 13° e 14° secolo. Nel sec. 9° comparvero le note marginali (incipit di parti cantate, letture), le prime forme di messale a parti giustapposte e i libelli missarum. Alcuni sacramentari carolingi presentano a margine di ciascun formulario della messa l'incipit dei testi cantati del graduale. Le forme primitive del messale a parti giustapposte, in cui le parti si susseguono le une alle altre, ebbero un certo successo nel corso dell'Alto Medioevo e anche più tardi, nei secc. 11°-12°, epoca di pieno sviluppo dei messali, nei quali i diversi elementi risultano fusi. In un primo tempo solo il sacramentario e l'antifonario della messa furono giustapposti. Nei secc. 11°-12° al sacramentario-antifonario andò ad aggiungersi la parte della messa relativa alla liturgia della parola, formando così un vero messale a parti giustapposte, tipologia che non sopravvisse a lungo alla comparsa dei messali fusi. In questi ultimi ogni pezzo si trova al punto giusto nell'ordine della celebrazione; i tre libri all'origine del messale (sacramentario, antifonario della messa, lezionario) andavano a formare un nuovo libro, unificato, per servire alla celebrazione della messa.Prima di giungere a una forma completa e definitiva, il messale passò ugualmente per esperienze preliminari che possono essere considerate come forme embrionali, i libelli missarum. Composti spesso da quattro o cinque fascicoli, essi contengono l'insieme dei testi per una sola o per più feste. La struttura dei formulari comprende di volta in volta le orazioni (tratte dal sacramentario), le letture (normalmente integrate al lezionario o all'evangelistario) e l'incipit dei testi cantati, in qualche caso notati (contenuti nell'antifonario della messa). Con tutto il materiale necessario allo svolgimento della celebrazione eucaristica così riunito, il sacerdote era ormai posto in condizione di celebrare da solo, se lo desiderava. Questo genere di libelli serviva principalmente per particolari azioni liturgiche, come le messe private, spesso a carattere penitenziale, e poteva anche diffondere i testi di una nuova messa; per es. nei monasteri il monaco-sacerdote diceva la propria messa, da solo, per la sua salvezza o per quella dei peccatori, viventi o morti, o per i poveri, con l'aiuto di un libellus missae generalmente di modesta fattura.I punti fondamentali della storia del messale possono essere rintracciati anche in quella del breviario, che occupa il medesimo posto nell'ambito della celebrazione dell'ufficio.Un ordo (direttorio) riguarda un'azione liturgica precisa, a proposito della quale esso riunisce i testi sacri da pronunciare (incipit delle orazioni, delle letture, dei canti) e, sotto forma di rubriche, le prescrizioni che regolano, a volte in maniera dettagliata, il concreto svilupparsi di un'azione. Tali testi liturgici forniscono le descrizioni dei riti sacri e in questo senso costituiscono una sorta di guida, a uso dei ministri del culto, per celebrare la messa, i sacramenti, l'ufficio od ogni altra azione liturgica (per es. dedicazione di una chiesa, consacrazione di un altare, benedizione di ambienti monastici).Fin dalla prima epoca cristiana, la descrizione dei riti svolse un ruolo di primo piano nella trasmissione della fede attraverso la pratica liturgica. I secc. 5° e 6° videro nascere i primi direttorî concepiti per regolare le celebrazioni essenziali nella vita del cristiano, come il battesimo, l'eucaristia, le ordinazioni clericali, la liturgia delle Ore. Nel Medioevo questi libretti, che contenevano generalmente il testo di un solo ordo, diedero vita a raccolte più importanti dal contenuto più o meno organizzato: raccolte di ordines, rituali, pontificali, consuetudinari, ordinari, cerimoniali.I riti liturgici creati a Roma tra i secc. 4° e 8° sono detti ordines Romani in virtù della loro origine. Di lunghezza variabile, da poche pagine a più di sessanta, gli ordines Romani riguardano i molteplici riti corrispondenti a diversi tipi di celebrazione (papale, pontificale, presbiteriale, monastica). Alcuni descrivono la messa papale, l'anno liturgico, il rituale dei funerali, la traslazione delle reliquie o anche l'ufficio monastico nel corso della settimana santa.Nel periodo della loro diffusione al di fuori di Roma, a partire dal sec. 7° e soprattutto nell'8°, gli ordines Romani vennero raggruppati in raccolte più o meno omogenee per contenuto, senza sopprimere la circolazione isolata di un singolo ordo Romanus. Il passo verso libri realmente strutturati, dal contenuto pensato in funzione di un tipo d'azione e soprattutto di un utilizzatore, venne compiuto solo con i primi pontificali del 9°-10° secolo.Nel sec. 8° la Gallia, in un primo movimento di adattamento liturgico alle pratiche romane, adottò largamente gli ordines Romani. Questo fenomeno, benché rapido, non arrivò peraltro a sopprimere gli usi gallicani riportati negli ordines non romani, anche se alcuni ordines Romani, troppo segnati dalla loro origine, furono progressivamente fatti oggetto di un processo d'adattamento: si parla in questo caso di ordines Romani gallicanizzati. Il clero franco, largamente incoraggiato dal potere politico, voleva seguire gli usi romani, ma non voleva soprassedere su elementi rituali propri alle tradizioni gallicane.Due furono le principali raccolte romane che circolarono in Gallia a partire dall'8° secolo. La raccolta A, che venne costituita tra il 700 e il 750, permetteva di celebrare secondo il rito romano; essa raggruppa gli ordines della messa papale, dell'iniziazione cristiana, delle letture dell'ufficio notturno, della settimana santa, della deposizione delle reliquie, dell'ordinazione di ordini maggiori e minori. La raccolta B, o raccolta gallicanizzata, risale invece alla seconda metà del sec. 8° ed è costituita da alcuni ordines Romani dal contenuto già in larga misura adattato alla liturgia della Gallia carolingia; essa include la maggior parte degli ordines della raccolta A, ma in forma modificata, accanto ad altri, come la dedicazione di una chiesa. Oltre alle raccolte A e B degli ordines Romani, ne esistono altre, che sono peraltro meno importanti per la storia della liturgia, di origine puramente gallicana.La storia degli ordines Romani finisce nella seconda metà del sec. 10° con la costituzione del pontificale romano-germanico, destinato all'uso dei vescovi e primo libro realmente organizzato a partire dagli ordines. L'interesse storico degli ordines Romani è considerevole, dato che essi mutarono l'aspetto dei riti della liturgia latina in Occidente, soprattutto nel momento della loro introduzione nell'impero franco in epoca carolingia. Questi testi costituiscono anche una fonte inesauribile di informazioni sugli oggetti, le vesti liturgiche e altri elementi dell'arredo della chiesa.Il pontificale, l. liturgico del vescovo, contiene solo i testi di cui questi ha bisogno per la celebrazione dei riti che gli sono riservati (per es. cresima, ordinazione del clero), oltre a quelli necessari per le messe delle principali feste dell'anno, in occasione delle quali il vescovo officia nella sua cattedrale.I primi pontificali fecero la loro comparsa alla fine del sec. 9° e agli inizi del successivo e derivano dal raggruppamento, più o meno consapevole, di libretti separati (libelli), ciascuno dei quali con le preghiere e le descrizioni relative a un solo rito. Nella seconda metà del sec. 10° il pontificale romano-germanico, preparato a Magonza su pressione degli imperatori ottoniani, aprì la via a una serie di pontificali - quello della curia nel sec. 12° e quello di Guglielmo Durando nel 13° - che segnarono la liturgia tardomedievale.
Bibl.: C. Vogel, Introduction aux sources de l'histoire du culte chrétien au Moyen Age (Biblioteca degli Studi medievali, 1), Spoleto 1965 (trad. ingl. Medieval Liturgy. An Introduction to the Sources, a cura di W.G. Storey, N. Krogh Rasmussen, Washington 1986); P.M. Gy, La liturgie dans l'histoire, Paris 1990, pp. 75-90; E. Palazzo, Histoire des livres liturgiques. Le Moyen Age, des origines au XIII siècle, Paris 1993.E. Palazzo