CAROLINI, LIBRI
. Nome convenzionale dato a un'opera latina in quattro libri, pubblicata per la prima volta, come Opus illustrissimi Caroli Magni... contra synodum quae in partibus Graeciae pro adorandis imaginibus stolide sive arroganter gesta est, a Parigi nel 1549 da Eli. Phili. ossia Jean du Tillet. Lo scritto fu creduto d'un protestante, ma la sua autenticità fu sempre più riconosciuta, già dal Sirmond e dall'Alexandre; esso è citato da Incmaro di Reims (Patrol. lat., CXXVI, col. 360); un tratto fu pubblicato da Agostino Steuco (De falsa donat. Constant., Lipsia 1545) in base a un codice diverso da quello del Du Tillet; un manoscritto fu trovato dal Reifferscheid nella Biblioteca Vaticana; il ms. 663 della Bibliothèque de l'Arsenal è certo del sec. X.
I Libri carolini sono una polemica, assai aspra, contro il secondo concilio di Nicea (VII ecumenico; 787) che riconobbe il culto delle immagini. Ma la polemica è fondata sopra l'imperfetta traduzione latina degli Atti del Concilio (fu poi rifatta da Anastasio bibliotecario), che rendeva molto infelicemente προσκύνησις con l'ambiguo termine adoratio, e su altri equivoci. L'opera tuttavia ha importanza storica perché testimonia il risentimento di Carlomagno contro il papa e i Bizantini, dopo gli avvenimenti che seguirono il fallimento del progettato matrimonio fra Rotruda, figlia del re franco, e l'imperatore Costantino VI. Sappiamo che Carlomagno, letti gli atti del Concilio di Nicea, inviò ad Adriano I le sue critiche, in certi capitula, che furono portati a Roma, probabilmente nel 794, da Angilberto. Secondo ogni probabilità, questi non erano i nostri Libri carolini, ma estratti di essi, fatti nel sinodo di Francoforte (794) che, convocato contro l'adozionismo spagnuolo, in realtà combatté il culto delle immagini e gl'imperatori bizantini, Costantino VI e la madre Irene. Nei Libri carolini, Carlo Magno si esprime in prima persona; tuttavia egli non ne è l'autore. Si è pensato generalmente ad Alcuino; le citazioni dei Salmi, più vicine al Salterio mozarabico che a quelle di Alcuino, hanno fatto pensare o a un mutamento di testo da parte di quest'ultimo o a un altro autore, forse Teodulfo vescovo di Orléans.
Bibl.: L'edizione più recente è quella di H. Bastgen, in Mon. Germ. Historica, Legum sectio III, Conc. 3, Suppl., Hannover 1924. Sulla questione, v. Hefele-Leclercq, Histoire des conciles, III, ii, Parigi 1910, pp. 1061 segg., 1240 segg.; H. Bastgen, in Neues Archiv, XLI (1917-19), pag. 682; A. Allgeyer, in Histor. Jahrbuch, XLVI (1926), p. 333; e v. iconoclastia.