LETARGO (dal gr. ληϑαργος; fr. lethargie; sp. letargo; ted. Winterschlaf; ingl. lethargy)
Forma di vita latente, in cui vengono a trovarsi vertebrati poichilotermi (a sangue freddo) e omeotermi (a sangue caldo) e invertebrati, e che è determinata da influenze intrinseche ed estrinseche. Va erroneamente sotto il nome di ibernazione, perché le prime osservazioni su tale fenomeno furono eseguite su mammiferi (marmotte), che cadono in letargo nel periodo invernale. I fenomeni presentati dagli esseri viventi soggetti a vita latente, possono essere così classificati e raggruppati: 1. per segregazione dall'ambiente esterno sia attraverso essiccamento sia per modificazioni di tegumenti (Protozoi, Rotiferi, Nematodi, Tardigradi); 2. per morte apparente (immobilità temporanea): sotto l'azione di uno stimolo insolito o noto come avverso (istinto di difesa comune a molti organismi); 3. per le condizioni fisiologiche dell'immobilità e della monotonia della sensazione: a) determinate da un'azione nervosa ereditaria in relazione con la vita in nascondigli (letargo nei poichilotermi e nei mammiferi), b) determinate da un'azione nervosa cosciente (sonno letargico dei fachiri), c) determinata da influenze intrinseche ed estrinseche (Eschimesi).
Negli animali gli esempî di vita latente non sono rari. Si osservano negl'Infusorî i quali possono incistarsi, divenendo così immobili e, allo stato di cisti, conservarsi fino a che, inumiditi dall'acqua, ritornano in vita. Le anguillule del grano offrono le stesse particolatità e lo Spallanzani poté disseccarle e farle rivivere perfino 16 volte. I Rotiferi, così come i Tardigradi, quando manca loro l'umidità, si disseccano e rimangono immobili fino a che l'acqua non li restituisca a vita attiva. Condizione essenziale dello stabilirsi e del mantenersi della vita latente è un relativo disseccamento dell'organismo il quale, spesso, viene ad essere difeso da un tegumento protettore dalle influenze più o meno deleterie dell'ambiente esterno. Questo tipo di ritorno alla vita si designa con il nome di anabiosi (v.). La vita latente può prodursi negli animali senza alcun ritmo fisso di tempo, ovvero periodicamente a seconda delle stagioni, non appena avvengono quelle determinate variazioni di ordine chimico-fisico. I colloidi, i liquidi del protoplasma animale cambiano facilmente di stato per le cause le più svariate (temperatura, pressione, elettroliti, enzimi, sottrazione di acqua, ecc.). Tale materiale si presta perciò a una serie svariata e continua di cambiamenti e differenti orientazioni molecolari.
Immobilità temporanea. - Questo fenomeno, indicato anche come "morte apparente" è comune a molti gruppi di varî animali (Insetti, Crostacei, Anellidi tubicoli, Antozoi), come anche a frammenti di alcuni organismi (pezzi del plasma di Rizopodi, globuli bianchi del sangue, blastomerî dell'uovo in segmentazione). Innanzitutto un fattore chimico-fisico (specialmente sottrazione di acqua) può determinare tale immobilità: quando tale fattore agisce unitamente a determinate temperature (alte, da produrre un disseccamento, o basse) può dar luogo al fenomeno della letargia. In tutti spiega grande influenza l'atavismo e il fattore della sensibilità differenziale. Nei Crostacei Brachiuri questa immobilità temporanea è specialmente determinata dal cambiamento periodico (muta) del carapace (in stato d'immobilità e a digiuno). Molti casi di autotomia, fra i Crostacei e gl'Insetti, avvengono perché, non potendo adattarsi alla variazione ambientale, o sfuggirla, passano allo stato di vita latente, amputando parte del proprio corpo (autotomia economica). Un crostaceo (Maja squinado Latr.) e un'oloturia (Cucumaria Planci Br.), dopo il periodo della riproduzione, si autotomizzano e cadono in vita latente.
Letargo. - È caratteristico di tutti i poichilotermi terrestri e di qualche mammifero (più specialmente Rosicanti e Insettivori). Fenomeni di letargo negli animali marini si ritrovano specialmente nei Crostacei Brachiuri litoranei: allontanatisi dall'acqua, per una causa qualunque, si rannicchiano in buche o fessure di una roccia e restano in uno stato di letargo, determinato, o dalla stagione fredda (letargo invernale) o dalla stagione calda (letargo estivo: causato specialmente dal disseccamento). L' immobilità cessa non appena ritornano a contatto dell'acqua.
Fatti simili si avverano anche in crostacei di acqua dolce, specialmente nei paesi tropicali. Nei Crostacei questo letargo può essere di tipo periodico, perché le cause che lo determinano (caldo, freddo, mancanza di umidità) si succedono periodicamente. Gli Uccelli non vanno soggetti al letargo e, con le migrazioni periodiche (primaverile e autunnale), si sottraggono alle variazioni del mezzo ambiente. Lo stesso avviene anche nei pesci, animali migratori, specialmente per variazioni della temperatura ambiente, ma che possono cadere in stato di vita latente (letargo estivo) quando non possono compiere migrazioni orizzontali, o batimetriche, come avviene nei laghi interni. La maggior parte di tali pesci appartiene ai Dipnoi: così si comportano il Pesce polmonato africano (Protopterus), i Lepidosiren dell'America Meridionale. Nelle Indie troviamo altre specie di pesci che presentano la stessa proprietà: Anabas, Osphromenidae, Ophiocephahdae (Siluridae), Clarias, Heierobranchus, ecc.
Molti Anfibî anuri, specialmente nei paesi caldi, cadono nel letargo estivo (Cheireoleptes platycephalus, Notadon benneti, Limnodynastes ornatus).
Da questo punto di vista biologico la stagione secca dei paesi caldi, tropicali, corrisponde all'inverno dei paesi freddi e temperati. Le lumache, nei nostri climi temperati, cadono in letargo nella stagione invernale, per il freddo, e nella stagione primaverile-estiva per mancanza di umidità.
Il comune lombrico si comporta, a questo proposito, come le lumache. Fra i Mammiferi, durante la stagione invernale, cadono in letargo la Marmotta (Arctomys marmota Schreb.), tipico animale letargico, il Ghiro (Myoxus glis Schreb.), il Moscardino (Muscardinus avellanarius Wagn.), il Riccio (Frinaceus europaeus L.), il Nitelo (EliomVs nitela Wagn.), i Pipistrelli, il Criceto (Cricetus frumentarius Pall.), lo Spermofilo (Spermophilus citillus Wagn.), i Monotremi e alcuni Marsupiali: fra i primi l'Echidna e l'Ornitorinco.
Molti autori parlano anche di un letargo estivo, ossia ritengono che quegli animali che cadono in letargo durante l'inverno siano capaci di cadervi anche nell'estate: fra questi il ghiro, lo spermofilo. È possibile anche un letargo estivo in una specie di riccio del Madagascar, il Tanreck (Erinaceus ecaudatus). Durante il periodo di grande siccità che attraversano quelle regioni, quest'animale si ritira nel suo nascondiglio, e cade in letargo, sotto l'influenza di una temperatura esterna che varia dai 15° ai 24°. Alcuni naturalisti considerano l'istrice, l'orso bruno, lo skunk, il tasso, il Nyctereutes procyonides e l'orso polare come animali letargici tipici, ma queste specie non hanno la costituzione tipica dei veri Mammiferi letargici, perché, ad esempio, mancano della caratteristica ghiandola del letargo. Si tratta piuttosto di periodi d'immobilità temporanea.
Si può forse attribuire l'origine del vero letargo, divenuto poi ereditario, ai periodi glaciali dell'Europa settentrionale e centrale i quali produssero profondi mutamenti nell'organizzazione di molti animali, che, nel periodo anteriore (pliocenico, p. es.), estremamente caldo, si trovavano in continua attività e furono poi condotti al letargo periodico. Il mammifero letargico si può rassomigliare a una pianta che ha il ciclo diurno e contemporaneamente ad esso ha anche un altro ciclo, l'annuale, determinato dalle stagioni. Ambedue sussistono nella pianta, ma l'uno è assolutamente indipendente dall'altro. E così nell'animale letargico il fenomeno del sonno è assolutamente indipendente da quello del letargo (tutti i Mammiferi letargici in condizioni normali hanno periodi di sonno brevissimo superficiale: tutti i letargici dei nostri climi, quando cadono in letargo, sono estremamente grassi, avendo accumulato una riserva di adipe che viene consumato durante il letargo).
Conviene qui accennare al fachirismo e ai fachiri indiani (v. fachiro), i quali sono capaci di rimanere sepolti anche per più settimane. L'immobilità contemplativa imposta da varie religioni orientali è certo uno dei principali coefficienti per il conseguimento del letargo fachirico: ma ad essa, che è fattore indispensabile alla letargia dei mammiferi, occorre aggiungere gli speciali allenamenti psicofisiologici cui i fachiri e gli yōgī si sottopongono: estrema temperanza nel mangiare e nel bere, assuefazione ai digiuni, controllo del respiro, pratiche di fissazione dello sguardo e di concentrazione mentale (monoideismo passivo), speciali accorgimenti come l'incisione del frenulo linguale per poter rovesciare la lingua e addossare l'epiglottide alla glottide: tutti mezzi i quali concorrono a permettere al fachiro di vivere per un certo tempo una vita latente, al buio, senza cibarsi, nel silenzio completo, in ambiente chiuso a temperatura mite come usano i mammiferi letargici. Naturalmente un esatto parallelo non si può stabilire, tanto più essendoci scarsamente noto per quali vie, in tali casi, lo psichico agisca sul piano fisico e fisiologico.
Dobbiamo ancora accennare ai fenomeni di vita latente determinata da influenze intrinseche ed estrinseche: ad es. in prossimità delle regioni polari le popolazioni vivono nelle loro capanne, nelle loro case, durante la stagione fredda, in uno stato di quasi immobilità, determinata in parte dalle tenebre della notte polare, in parte dalla bassa temperatura, in parte da deficiente nutrizione.
Sono indubbiamente molto interessanti questi casi di vita latente che si osservano nell'uomo. Popoli nordici e popoli dell'Estremo Oriente, sottoposti a grandi freddi e a grandi calori, mostrano fenomeni di vita latente, interpretabili fisiologicamente come un letargo vero e proprio. Ciò ha un confronto con quanto si avvera negli animali i quali presentano questi stessi fatti nelle regioni delle nevi perpetue (Marmotte) e nelle regioni tropicali (Tanreck).
Nella letteratura fisiologica e medica si parla di morte apparente (v. morte): questi casi debbono ritenersi come vera e propria manifestazione di vita latente. Innumerevoli sono i casi ricordati dalla letteratura medica sopra i cosiddetti "morti risuscitati". Casi di morte apparente (Pacini) sono frequenti, ad es., durante le epidemie coleriche. Ciò dipende dalla enorme deacquificazione dei tessuti determinata dalle continue scariche diarroiche. La causa della vita latente dei colerosi è basata sulla sottrazione di acqua più o meno completa dall'organismo e trova un'analogia nella vita latente dei Rotiferi e dei Nematodi, ai quali basta una gocciolina d'acqua per ritornare in vita.
Fisiologia del letargo. - Per quanto riguarda la fisiologia del letargo, si deve notare che le funzioni di tutti gli organi, durante questo periodo, sono estremamente rallentate. E queste funzioni negli animali letargici (numero delle pulsazioni cardiache e delle respirazioni, il complessivo ricambio materiale, eccitabilità del sistema neuro-muscolare, l'influenza di varî veleni nell'organismo animale, ecc.), sono sottoposte alla legge di van't Hoff, secondo la quale tutte le reazioni chimiche aumentano del doppio o del triplo con l'aumentare di 10° della temperatura. Questa legge sta ad indicarci che, durante il periodo di letargo, tutte le funzioni dell'organismo sono ridotte della metà o di un terzo di quello che si verifica quando gli animali letargici si trovano nello stato di veglia. Infatti la temperatura dei Mammiferi letargici (marmotta, riccio, moscardino, pipistrello, ecc.), nello stato di veglia varia fra i 30-38°, mentre invece nello stato di letargo si aggira sui 13-15°. Durante il risveglio, sia esso determinato da agenti esterni o interni (emissione di urina e feci, ecc.) nel periodo di poche ore la temperatura si può innalzare da 10 a 38°, ciò dipendendo dalla rapida scissione del glicogene contenuto nel fegato.
Le pulsazioni cardiache, allo stato di veglia, nella marmotta sono in media 90 al minuto, nel riccio 75, nel moscardino 105, nel pipistrello 30. Allo stato di letargo se ne hanno rispettivamente 20, 15, 35, 10 e talvolta anche di meno. Così anche gli atti respiratorî, nello stato di veglia, nella marmotta sono in media di 30 al minuto, nel riccio 16, nel moscardino 45, nel pipistrello 70, nello stato di letargo se ne contano da 5 a 9.
Per tutti i veleni, di origine animale, vegetale, o minerale, occorre una dose tossica doppia o tripla, per ottenere lo stesso effetto negli animali allo stato di letargo, che non quando sono svegli. Un animale letargico può essere sottoposto a stimoli di natura chimica e fisica (dolorifici, temperatura ecc.) senza che si risvegli. Se le eccitazioni sono forti l'animale può presentare dei movimenti riflessi di natura spinale, a cui il cervello non prende parte alcuna. Però, se gli stimoli sono molto forti, l'animale si può svegliare. Per quanto riguarda il complessivo ricambio materiale, durante il letargo, il consumo dell'ossigeno (O2) è ridotto al minimo da parte degli organi e dei tessuti e il quoziente respiratorio
è ridotto alla metà, e anche a un terzo, rispetto allo stato di veglia, appunto perché nel letargo l'ossigeno assorbito è minimo e di conseguenza minima è la quantità d'acido carbonico eliminato.
Durante il letargo, sospesa ogni presa di alimento, le funzioni del sistema digerente si trovano allo stato latente: tutti i fermenti sono però presenti e nell'intestino si ritrovano batterî intestinali, quantunque diminuiti di numero. La secrezione del succo gastrico, della bile e del succo enterico è minima. Perciò, il ricambio, sia delle sostanze organiche come anche delle sostanze inorganiche, è ridotto (minima è l'eliminazione dell'urea, come anche del cloruro di sodio). Si ha produzione di feci e di urine durante tutto il periodo di letargo, ma naturalmente in poca quantità. I letargici vanno diminuendo continuamente di peso, tuttavia questa condizione si verifica regolammente e seguendo una curva iperbolica speciale (determinata dal Polimanti nella marmotta). Nella marmotta letargica si verifica talvolta un aumento di peso e ciò dipende dall'igroscopicità dei peli e dal fatto che i tessuti trattengono una maggiore quantità di ossigeno rispetto all'acido carbonico emesso.
Letargia patologica. - La vera letargia patologica, cioè quello stato di sonno prolungato simile al letargo delle dette specie animali, si trova soltanto nell'isterismo. Può essere provocata con l'ipnosi (J.-M. Charcot la considerava anzi come primo stadio del "grande ipnotismo," nella sua classificazione ormai sorpassata; (v. ipnotismo) e autoprovocata nel fachirismo. Consiste in un sonno molto profondo che non lascia tracce nella coscienza, con respiro superficiale, battiti cardiaci di ritmo normale, ma appena percettibili, rilasciamento muscolare completo, spesso con abolizione dei riflessi. Tutte le funzioni della vita vegetativa e le funzioni del ricambio subiscono un rallentamento, cosicché l'individuo può rimanere in letargo anche parecchio tempo senza che si notino segni di deperimento organico o di sofferente funzione degli organi.
Si distingue dal coma perché in questo esistono perturbazioni del ritmo cardiaco e respiratorio e modificazioni più o meno accentuate della temperatura, e, se anche si riesce nel coma con stimoli energici a ottenere il risveglio, si osservano sempre alterazioni della coscienza che appare invece subito vigile e lucida dopo il risveglio dal letargo. Si distingue dalla narcolessia perché in questa il sonno è meno profondo, lascia sempre qualche traccia nella coscienza, non s'accompagna al rallentamento se non minimo delle funzioni vegetative e sopravvive a crisi di breve durata.
Alcuni medici per letargia patologica intendono anche, molto impropriamente, quello stato intermedio fra la narcolessia e il coma che si ritrova in alcune malattie infettive (malattia del sonno, encefalite epidemica), talvolta nei tumori cerebrali, specie della regione mesencefalo-infundibulo-ipofisaria, in alcuni avvelenamenti (oppio e suoi derivati, cloralio, derivati dell'acido barbiturico).
Bibl.: O. Polimanti, Il letargo, Roma 1913.