GELLI, Lelio
Figlio di Egidio e di Emma Vettori, nacque a Firenze il 23 dic. 1902. Da adolescente iniziò a lavorare nell'impresa del padre che era decoratore e realizzava lavori in stucco per palazzi e interni. Allo scoppio della prima guerra mondiale il padre fu richiamato alle armi lasciando la famiglia senza sostentamento economico. Quindi il G., primo di tre fratelli, si impiegò presso la tipografia Salani a Firenze.
Alla fine del conflitto si iscrisse all'istituto d'arte del capoluogo toscano (1919) dove frequentò il corso operaio. L'anno seguente divenne allievo della sezione di scultura decorativa ed ebbe come maestro L. Andreotti.
L'istituto d'arte fiorentino era negli anni Venti al centro della vita culturale della città, punto di incontro di artisti, critici, appassionati d'arte. In questo ambiente culturalmente prolifico il G. mosse i primi passi. Fu allievo meritevole e nel 1924 ricevette un premio in denaro.
La prima scultura nota del G. risale a quell'anno. Si tratta del ritratto di Adelina (distrutto), ossia Adelina Anderlini, che l'artista sposò nel 1936. Dal loro matrimonio l'anno seguente nacque Alessandro e, nel 1939, Francesco.
Nel 1925 lo scenografo G. Salvini commissionò all'istituto fiorentino la realizzazione di una statua per l'allestimento teatrale della commedia di L. Pirandello, Diana e la Tuda; la scultura fu opera di collaborazione tra Andreotti e i suoi allievi, il G. e B. Biondi. Nel 1927 venne indetto un concorso interno all'istituto d'arte fiorentino per l'esecuzione di una Coppa del mare per le gare dell'idroaviazione civile. Risultò vincitrice la coppa di Biondi, ritoccata e cesellata dal G. (l'opera fu esposta nel 1930 alla Mostra delle arti decorative di Monza e alla V Triennale di Milano del 1933). Sempre nel 1927 il G. divenne assistente di Andreotti, ruolo che ricoprì sino alla morte del maestro (1933); fino al 1938 fu insegnante incaricato presso il medesimo istituto d'arte.
Nel 1928 la copertina del numero di novembre di Domus fu dedicata a un bassorilievo con Le tre arti che il G. aveva eseguito per lo studio dell'architetto M. Piacentini a Roma: l'opera, concepita secondo gli stilemi del movimento novecentista, è caratterizzata da un plasticismo arcaicizzante con forme compatte e salde. Nel 1929 il G. prese parte a Milano alla II Mostra del Novecento italiano con il gesso Testa di ragazzo (Pescia, Gipsoteca Libero Andreotti). Nello stesso anno vinse il premio Rotary Club di Firenze con Ritratto di fanciullo (Sant'Agata, Firenze: collezione P. Barucci Graziani).
Nel 1930 un gruppo di ex allievi dell'istituto d'arte fiorentino - A. Berti, R. Romiti, B. Innocenti e il G. - esposero alla galleria Pesaro di Milano presentati da Andreotti che, per ciascuno di essi, tratteggiò un profilo critico nel catalogo della mostra. Il 1930 fu un anno intenso per il G., che vinse il concorso Stibbert per la scultura con Nudo di donna (distrutto) e partecipò per la prima volta alla Biennale di Venezia - rassegna cui prese parte costantemente fino al 1942 - dove espose un Ritratto di ragazzo in terracotta (sala 24). Nello stesso anno partecipò alla IV Triennale di Monza dove, oltre alla Coppa del mare (catal., tav. 13), furono esposte quattro sculture in pietra di Vicenza - L'Architettura, La Danza, La Scultura e La Pittura (ibid., p. 282) - che erano state richieste all'istituto d'arte di Firenze per ornare i giardini della villa reale, dove ebbe luogo la mostra.
Il direttorio della V Triennale di Milano (1933) commissionò allo stesso istituto una statua in gesso raffigurante La Fortezza che venne realizzata dal G. e da Berti sotto la guida di Andreotti (Milano, Galleria d'arte moderna). Alla Biennale di Venezia del 1934 venne dedicata una retrospettiva ad Andreotti, scomparso l'anno prima. Su iniziativa di U. Ojetti l'antologica fu affiancata da una mostra degli allievi del maestro. In questa occasione il G. espose La fanciulla dormiente del 1932 in marmo di candoglia (Napoli, eredi Gelli). L'influenza andreottiana nelle opere del G. è evidente nella volontà di recuperare quella sintesi plastica che affonda le radici nella tradizione quattrocentesca toscana.
L'attività artistica dello scultore superò i confini nazionali e nel 1935 all'Esposizione universale di Bruxelles fu presente con la terracotta Rute (Napoli, collezione N. Cimino). Nello stesso anno con il Busto del generale Adolfo Leoncini (Roma, Museo del Risorgimento) si aggiudicò il concorso indetto a Roma dalla regina Elena per un'opera d'arte avente per soggetto una figura o un episodio della guerra. Al concorso Duprè del 1936 vinse il premio per la scultura con Nuotatrice, bronzo (catal., sala VI, n. 23, pp. n.n.).
Il G. raggiunse uno stile autonomo con la scultura in pietra serena Anita (Firenze, Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti). L'opera si discosta dalla monumentalità che aveva fino ad allora caratterizzato la produzione del G. per un'impostazione classica non più influenzata dal magistero andreottiano. Anita riscosse consensi all'VIII Sindacale toscana del 1935 e, l'anno seguente, alla XX Biennale di Venezia.
All'Esposizione universale di Parigi del 1937 l'artista fu premiato con la medaglia d'argento grazie al bassorilievo in litoceramica Lotta di uomini e animali (ubicazione ignota) realizzato per la fontana del giardino d'onore del padiglione italiano. In questa stessa esposizione presentò Milena (Firenze, Galleria d'arte moderna), in marmo di candoglia, una delle opere più significative per impianto volumetrico.
Il 1939 fu un anno di eventi e riconoscimenti per l'artista: fu nominato titolare della cattedra di scultura all'istituto d'arte di Napoli, incarico che mantenne fino al 1973, ed ebbe una sala personale alla III Quadriennale di Roma dove espose, tra l'altro, Massaia rurale, scultura in pietra serena che fu acquistata dal Governatorato per la Galleria comunale d'arte moderna di Roma (inv. AM 1267).
Durante gli anni della guerra tornò a Firenze e riprese a insegnare all'istituto d'arte; ma nel 1944 si trasferì definitivamente a Napoli. Negli anni Cinquanta realizzò diverse opere in ceramica, materiale che fino ad allora aveva raramente impiegato. Nel 1953 alla I Rassegna delle arti figurative nel Mezzogiorno vinse il premio-acquisto dell'Unione industriali di Napoli per la terracotta Ragazzo.
Soprattutto nel dopoguerra il G. si dedicò anche alla scultura sacra dimostrando un particolare interesse per la figura di s. Francesco. Già nel 1938 aveva esposto nelle capitale alla Galleria di Roma con B. Sanminiatelli e A. Peyrot il bassorilievo in terracotta con S. Francesco condotto dagli angeli alla Porziuncola (Firenze, convento di S. Francesco). Un altro bassorilievo degno di nota è il S. Francesco e il lupo (Assisi, Galleria d'arte francescana) che fu presentato alla mostra L'arte nella vita del Mezzogiorno d'Italia (Roma 1953). Nello stesso anno eseguì un bassorilievo raffigurante la Deposizione per la chiesa di S. Chiara a Napoli.
Nel corso degli anni Sessanta fu vicedirettore dell'istituto d'arte di Napoli e venne nominato membro dell'Accademia delle arti del disegno a Firenze. Partecipò al premio del Fiorino a Firenze (1962 e 1965). Nel 1970 ricevette l'onorificenza di cavaliere della Repubblica.
Morì a Napoli il 27 genn. 1975, e fu sepolto nel cimitero di Trespiano, presso Firenze.
Fonti e Bibl.: Latina, Archivio A. Gelli; A. Riccoboni, Roma nell'arte…, Roma 1942, pp. 570 s.; F. Sapori, La scultura italiana moderna, Roma 1949, pp. 58, 453; U. Schioppa, Arte napoletana contemporanea, Napoli 1956, pp. 67-70; L. Bernardini, Le sculture di maestri e allievi dell'Istituto d'arte di Firenze (1880-1933), in Il mondo antico nei calchi della gipsoteca, a cura di M. Becattini - L. Bernardini - M. Mastromattei - M. Mastrorocco, Firenze 1991, pp. XLIX, LX, LXXVIII; M. Pratesi - G. Uzzani, L'arte italiana del Novecento: la Toscana, Venezia 1991, ad indicem; Scultura italiana del primo Novecento (catal.), a cura di V. Sgarbi, Casalecchio di Reno 1993, p. 112; L. Bernardini, Le opere degli allievi della sezione di scultura nell'Istituto d'arte di Firenze (1934-1945), in Il Medioevo nei calchi della gipsoteca, a cura di L. Bernardini - M. Mastrorocco - F. Monaci Scaramucci, Firenze 1993, pp. LXIII, CXVI; Storia dell'Istituto d'arte di Firenze (1869-1989) (catal.), a cura di V. Cappelli - S. Soldani, Firenze 1994, pp. 85, 87, 90, 92, 95, 163-165, 167 s.; Le arti decorative a Firenze. Il patrimonio stor. dell'Istituto d'arte 1869-1940 (catal.), a cura di M. Branca - A. Caputo, Livorno 1994, pp. 24 s., 34 n. 56, 35 n. 63, 72 scheda 66, 91; O. Casazza, in L'accento interiore. Continuità della figura nella scultura toscana 1900-1940 (catal.), a cura di M. Bertozzi, Massa 1996, pp. 82-84; M. D'Amato, in Galleria d'arte moderna e contemporanea (catal.), Latina 1997, pp. 71, 73 (con bibl.); H. Vollmer, Künstlerlexikon des XX. Jahrhunderts, II, p. 222.