Le Terre
La Terra è come una casa costruita con mattoni speciali: le rocce. Sappiamo che al suo interno somiglia a una cipolla, tutta fatta a strati. Non si può arrivare fino al centro della Terra, quindi si cercano indizi sulla sua composizione studiando le rocce eruttate dai vulcani e i meteoriti che ci cadono sopra.
Si può immaginare la Terra come una casa fatta di mattoni speciali: le rocce. Queste non sono quasi mai uniformi: per esempio, il granito, una roccia che sembra un panforte e che viene usata per i tavoli o per costruire le scale, è fatto di zone più chiare vetrose, di quarzo luccicante, e di zone più scure. I componenti delle rocce si chiamano minerali. Molti minerali sono fatti di cristalli, corpi che hanno forme geometriche regolari: facce lisce, lati taglienti e spigoli appuntiti, tutti perfettamente ordinati. Se sono liberi di crescere, i cristalli possono diventare anche più alti di un bambino; generalmente, però, stanno nel palmo di una mano, come quelli del sale grosso usato in cucina, oppure sono piccolissimi, addirittura microscopici.
Quando la lava che viene eruttata da un vulcano si raffredda, gli elementi che la compongono si uniscono e formano i minerali, che a loro volta si aggregano per formare le rocce vulcaniche. Le rocce si formano anche nelle acque profonde dei mari, che sono ricche di elementi minerali sciolti al loro interno. Questi elementi precipitano sul fondo e lì formano i calcari, le sabbie o le argille. Succede come quando mettiamo il sale in un bicchiere d'acqua e lo giriamo col cucchiaino: il sale si scioglie, ma se ne mettiamo troppo, o se l'acqua evapora, si raccoglie sul fondo del bicchiere. Anche i fiumi trasportano sabbia e ciottoli che quando vengono scaricati in mare o in un lago diventano col passare del tempo vere e proprie rocce.
La Terra non è omogenea come una patata, ma è fatta a strati come una cipolla. Lo strato più superficiale è la crosta, che arriva al massimo a 100 km; poi c'è il mantello, che arriva fino a 2.900 km, e infine c'è il nucleo, che comprende anche il centro della terra.
Non possiamo conoscere direttamente come il nostro pianeta è fatto dentro: basti pensare che il pozzo più profondo che l'uomo ha mai perforato è di 15 km e per raggiungere il centro della Terra bisognerebbe arrivare fino a 6.371 km, un po' come andare da Roma a New York scavando in verticale! Per cercare di capire cosa c'è sotto la crosta terrestre, si studiano le rocce eruttate dai vulcani. Queste provengono da strati della Terra profondi decine di chilometri, a volte addirittura da oltre 100 km, e ci possono quindi dire molto, almeno sul mantello terrestre. Si studiano anche i meteoriti che ogni tanto cadono sulla Terra e si scopre che alcuni sono fatti di rocce e di ferro: poiché si suppone che questi ultimi abbiano avuto una storia simile a quella del nostro pianeta, si pensa che il centro della Terra abbia la stessa composizione. Si pensa dunque che al suo interno ci sia un materiale molto caldo e pesante e che il nucleo sia fatto di rocce via via più compatte e di ferro fuso con altri metalli.
In tutta la Terra esistono cavità sotterranee. Infatti l'acqua piovana non rimane tutta in superficie o nei fiumi e nei mari: una gran parte s'infila nel sottosuolo dove riesce a scavare cunicoli, gallerie e caverne per chilometri e chilometri. Il paesaggio che si può vedere in queste grotte è straordinario: antri, colonne che pendono dal soffitto e altre che si alzano da terra, cristalli e minerali bianchissimi o trasparenti, piccoli laghi e fiumi sotterranei.
La Terra è un immenso puzzle fatto di blocchi rocciosi enormi e profondi, detti placche, che affondano sotto la crosta terrestre e si muovono in continuazione scontrandosi, separandosi o scorrendo gli uni accanto agli altri. I terremoti, le eruzioni vulcaniche e la formazione delle montagne dipendono dai movimenti delle placche
Si è così abituati a pensare a un mondo diviso in continenti e nazioni, che queste ci sembrano divisioni naturali del territorio. In realtà i confini che gli uomini hanno dato al mondo non corrispondono quasi mai alle vere divisioni della Terra. Tutti i continenti fanno parte di blocchi enormi, chiamati placche: c'è la placca dell'America Settentrionale, la placca che corrisponde all'Australia e all'India e la placca africana. Ce ne sono poi di più piccole, come quella adriatica, che comprende gran parte dell'Italia. Anche gli oceani fanno parte di placche, come quella che comprende l'Oceano Pacifico. Vista con gli occhi di un geologo, la superficie terrestre è quindi come un puzzle fatto di complicati incastri.
Duecentocinquanta milioni di anni fa sulla Terra esisteva un solo grande continente che comprendeva alcuni pezzi dei continenti attuali. C'erano pezzi di Africa ed Europa, di America, di Asia e Australia, di India e Madagascar. Questo supercontinente, detto Pangea, era circondato da un grande oceano, detto Pantàlassa. La Pangea si è poi spaccata in frammenti, in più placche che hanno cominciato a spostarsi fino a raggiungere la posizione che hanno oggi.
Le placche possono essere alte come le montagne più alte. Ogni placca ha 'radici' che affondano sotto la crosta terrestre, a decine di chilometri di profondità, dove si trova uno strato minerale molto caldo e semiliquido sul quale le placche galleggiano. Per capire meglio come sono fatte le placche prendiamo alcuni cubi di legno di dimensioni tra loro diverse e immergiamoli in un catino pieno d'acqua. Vedremo che spuntano fuori di più quelli più grandi che, nello stesso tempo, sono anche quelli che affondano di più. Dunque, dove ci sono le montagne più alte, le radici delle placche arrivano più in profondità.
Le placche sono rigide, cioè non si piegano, ma si rompono, dando luogo ai terremoti. In realtà solo nelle regioni che si trovano ai margini di una placca le rocce si rompono, in quanto i movimenti delle placche creano forti attriti. L'interno, invece, dove sono le regioni più antiche della Terra, solitamente rimane integro e tranquillo. Dove due placche si scontrano, una delle due scorre sotto l'altra e ritorna in profondità nella crosta terrestre. Da questo scontro si formano le catene montuose, un po' come si formano le pieghe in un tappeto se lo spingiamo contemporaneamente da un parte e dall'altra. Dove due placche si allontanano, invece, si aprono fratture da cui fuoriesce continuamente lava bollente, come accade lungo il fondo degli oceani di tutto il mondo nei luoghi chiamati dorsali oceaniche.
L'Italia si trova proprio sopra il punto d'incontro tra la placca europea e quella africana: per questo ci sono terremoti, vulcani e catene montuose. Le placche si spostano continuamente a una velocità che a noi sembra molto bassa, ma che è elevatissima per la Terra: fino a qualche centimetro all'anno! Lo sanno bene gli abitanti dell'Islanda, un'isola che è nata proprio lungo il limite fra la placca europea e quella nordamericana. Tra queste due placche c'è una profonda spaccatura da cui esce lava; ogni anno la lava dilata un po' di più l'isola, così che oggi gli abitanti del lato destro dell'Islanda sono separati da quelli del lato sinistro di qualche metro in più rispetto a qualche secolo fa!
Le montagne della Terra sono varie per dimensioni e per la composizione delle loro rocce, che ne raccontano la storia. Si formano dalle placche che si scontrano tra loro. Molte montagne sono quanto resta di antichi oceani oggi scomparsi: per questo possiamo trovare conchiglie fossili durante una passeggiata in montagna.
Si chiama catena montuosa ogni gruppo di montagne che si allinea in fasce lunghe, strette e ondulate. Il sistema montuoso alpino-himalayano è il più lungo e imponente della Terra: dalla Cina arriva fino all'Italia e comprende le Alpi. Molte delle sue cime superano gli 8.000 metri di quota e l'Everest (v. Himalaya), che è quella più alta, è addirittura la montagna più alta del mondo (8.848 m). Gli Appennini, invece, sono una catena montuosa molto più corta, lunga quasi come l'Italia. La massima cima, che è il Gran Sasso d'Italia in Abruzzo, arriva a sfiorare i 3.000 metri, e c'è un solo ghiacciaio che resiste tutto l'anno sulle sue vette. Eppure, Himalaya e Appennini non sono poi così diversi, soprattutto se visti 'da sotto'.
Un tempo si pensava che le montagne nascessero come le grinze superficiali di un corpo, la Terra, in fase di progressivo raffreddamento. Oggi si sa che la crosta terrestre non è immobile e che le montagne nascono perché ci sono le placche che si scontrano tra loro. Questo insieme di processi che nel corso di milioni di anni porta alla formazione delle montagne si chiama orogenesi.
Tutte le montagne sono fatte di rocce che sono state spinte le une contro le altre, compresse, piegate e trasformate in altre rocce, ma il loro 'cuore' rimane sempre lo stesso e permette di distinguerle le une dalle altre anche dopo milioni di anni. L'altezza e le dimensioni delle montagne della Terra cambiano nel tempo. Infatti, appena una montagna nasce, l'acqua e il vento cominciano a spianarla millimetro per millimetro e lentamente la trasformano in una pianura. Quindi una montagna sarà più alta in gioventù, mentre invecchiando la sua altezza diminuirà.
Passeggiando in collina o in montagna, a volte si possono trovare conchiglie come se si camminasse in riva al mare. Com'è possibile questo fatto straordinario? Si potrebbe pensare che un tempo quei luoghi si trovassero sotto il pelo dell'acqua, e che poi il mare si sia ritirato lasciandoli all'asciutto, come avviene quando c'è la bassa marea; ma non è così. In realtà, una volta quelle montagne erano il fondo di antichi oceani, popolato da ogni tipo di animali marini. Poi quei fondali sono rimasti coinvolti negli scontri delle placche e sono emersi dalle acque sotto forma di montagne, conservando i resti degli animali che ci vivevano.
Ci sono tuttavia montagne che non si sono formate dallo scontro tra le placche: sono i vulcani, attivi o ormai spenti. Per esempio, la montagna sacra dei Giapponesi, il Fujiyama, è un vulcano attivo e pericoloso, così come l'Etna, anch'esso attivo, ma molto meno pericoloso per gli uomini.
Anche su altri pianeti del Sistema Solare esistono le montagne. Su Marte ci sono quelle più alte in assoluto, come il Monte Olimpo che è alto quasi 27.000 m, cioè almeno otto volte l'Etna e tre volte l'Everest. Sulla Luna ci sono montagne chiamate Appennini che corrispondono al bordo di crateri originati dall'impatto di grandi meteoriti.
Un deserto è quello che rimane di una regione quando comincia a fare troppo caldo e non piove mai: tutta la vegetazione scompare e rimangono solo rocce e sabbia, che si accumula in grandi dune a mezzaluna. I deserti non sono così da sempre e per sempre: laddove oggi ci sono boschi e foreste domani potrebbero esserci sabbia e rocce e quasi sempre i deserti di oggi sono le foreste di ieri.
Una distesa di sabbia chiara oppure rossa, il regno del vento e del silenzio, i dromedari o i cammelli e gli uomini vestiti di blu in carovana: è così che ci immaginiamo il deserto. Ma un deserto è molto di più. È un luogo dove piove veramente molto poco, meno che in qualsiasi altra regione del mondo, e dove fa talmente caldo che quando piove l'acqua evapora immediatamente. I deserti della Terra si trovano quasi tutti nelle regioni subtropicali, compreso quello più grande di tutti, il Sahara. Nei deserti non c'è molta vita, ma alcuni insetti, ragni, piccoli rettili, uccelli e roditori riescono a sopravvivere anche in quelle condizioni estreme.
Quasi sempre i deserti di oggi sono le foreste di ieri, e dove oggi ci sono piante e vegetazione, domani potrebbero esserci sabbia e dune. Il Sahara, per esempio, 10.000 anni fa era una vera e propria foresta, con alberi di alto fusto, erba, acqua e animali come gli ippopotami, che hanno bisogno di fiumi e laghi per vivere. Basta che cambi il clima, che faccia più caldo e piova molto poco ed ecco che lentamente gli alberi si ritirano fino a scomparire, i fiumi evaporano, il suolo diventa secco. Mentre il vento comincia a trasportare granelli di polvere e sabbia, quasi tutti gli animali emigrano da un'altra parte. Ecco che si è creato un deserto.
I deserti più famosi sono quelli in cui sono presenti le dune, cioè quelle onde di sabbia fatte di granelli piccolissimi in perenne movimento. Le dune si formano da un piccolo ostacolo iniziale: un cespuglio o un sasso che bloccano i granelli di sabbia, così altri granelli cominciano ad accumularsi gli uni sugli altri e in tal modo cresce la caratteristica collinetta di sabbia a forma di mezzaluna. Ma i deserti non sono fatti solo di sabbia; quelli sabbiosi con le dune, anzi, sono una piccola parte dei deserti del mondo. Molti sono fatti per lo più di rocce o di ciottoli e assomigliano ad altre regioni della Terra, con la differenza che qui non c'è quasi per nulla vegetazione e non c'è acqua.
Improvvisamente, nel mezzo del deserto possiamo incontrare una macchia verde, dove crescono alberi e affiorano sorgenti di acqua fresca: l'oasi. Questo accade perché sotto al deserto ci può essere acqua, che è piovuta centinaia e centinaia di chilometri lontano, sulle montagne circostanti, e che ha 'camminato' lentamente nel sottosuolo fino a emergere da piccole sorgenti. In questi luoghi può crescere spontaneamente qualche pianta, come le tipiche palme. Il lavoro degli uomini ha trasformato alcune oasi in veri e propri giardini, con alberi da frutta e coltivazioni di ogni tipo.
Ci sono molte regioni della Terra in cui da qualche tempo fa più caldo che in passato e piove sempre meno. Alcune sono vicine ai grandi deserti come il Sahara, altre sono più lontane, come alcuni luoghi dell'Italia, tra cui la Sardegna e la Sicilia. In queste regioni alcune zone corrono il rischio di trasformarsi in deserti, nel senso che la grande siccità rende una parte di terreno inutilizzabile per l'agricoltura o per il pascolo. La terra che viene così perduta è detta desertificata e la desertificazione è uno dei problemi più preoccupanti per il futuro del mondo.
Quando le rocce della Terra si spaccano in profondità si crea una rottura della crosta terrestre. Il movimento genera un terremoto, cioè una serie di onde che scuotono il terreno e possono far crollare gli edifici. Nel mondo ci sono terremoti ogni minuto, ma ancora non si hanno le conoscenze necessarie per poterli prevedere.
Un terremoto (o sisma) è una vibrazione improvvisa della Terra durante la quale tremano i lampadari, le librerie e le finestre. Nei terremoti più violenti possono crollare i muri e le case. Le onde che si sprigionano durante un terremoto somigliano molto a quelle prodotte da un sasso gettato nell'acqua: tutto attorno al punto dov'è caduto il sasso si formano onde circolari. La differenza è che le onde di un terremoto si propagano in tutte le direzioni, spostano le rocce e le spaccano, creando quelle grandi fratture che i geologi chiamano faglie. I terremoti nascono dove le rocce si rompono in profondità nella Terra, in una zona che viene chiamata ipocentro, e poi trasmettono le loro onde in superficie; questa zona della superficie terrestre raggiunta per prima dalle onde sismiche viene chiamata epicentro.
Ancora oggi nessuno riesce a prevedere quando ci sarà un terremoto, eppure ogni minuto sulla Terra ne avviene uno. Per la maggior parte sono terremoti tanto deboli che non riusciamo ad avvertirli, ma circa una ventina ogni anno sono forti e disastrosi. Solo una volta, in Cina, si riuscì a capire in anticipo che si stava per scatenare un terremoto e furono sgomberati paesi e città. Quella volta, in effetti, piccole scosse si ripetevano da settimane, il terreno si era rigonfiato, le sorgenti d'acqua si erano interrotte: tutto lasciava pensare, quindi, a un terremoto imminente. L'anno dopo, però, in una regione cinese vicina, si scatenò il più distruttivo terremoto che la storia ricordi: ci furono circa 500.000 vittime, e nessuno fu in grado di prevederlo.
Prendiamo un bastone di legno leggero e cominciamo a piegarlo: il bastone si incurverà, ma se smettiamo di piegarlo riprenderà la sua forma iniziale. Se invece lo stringiamo con forza sempre maggiore, il bastone si piegherà al massimo fino a che si romperà di schianto. Una cosa simile succede nelle profondità della Terra. Quando si scontrano due placche, si hanno fenomeni di stiramento e compressione che non producono rotture fino a che l'elasticità delle rocce lo permette. Ma a un certo punto, come nel caso del bastoncino di legno, il limite di elasticità viene superato: le rocce si spaccano e originano un terremoto. I terremoti non si verificano in ogni parte della Terra: per esempio, sono frequenti in Giappone, Grecia, Turchia e Italia, ma rarissimi in Australia e in Africa perché queste terre non sono situate ai margini di una placca.
Gli strumenti che registrano le onde dei terremoti si chiamano sismografi. Dai sismografi si ottengono i sismogrammi, quelle strisce di carta piene di picchi che sono la registrazione delle scosse dei terremoti. Un terremoto, anche se è fortissimo, può fare pochi danni, se avviene in zone disabitate, mentre un terremoto anche molto debole può fare danni gravissimi se avviene in zone popolose dove le case sono mal costruite. La capacità distruttiva di un terremoto, quindi, non è solo legata alla sua forza. Per questo motivo esistono scale diverse per misurare i terremoti: la scala Richter per misurarne l'energia, la scala Mercalli per misurarne la capacità di fare danni a persone e a cose.
Di solito le faglie si trovano a molti chilometri di profondità. In qualche raro caso, però, sono visibili in superficie, come la faglia di Sant'Andrea in California, che è lunga più di mille chilometri e attraversa tutto lo stato da nord a sud. Le città di San Francisco e Los Angeles sono costruite lungo la faglia: la prima ha già subito un tremendo terremoto nel 1906, la seconda non ancora. Per questa ragione è proprio qui che ci si aspetta il prossimo terremoto americano, il cosiddetto Big One.
I vulcani si formano da spaccature della crosta terrestre da cui escono calore e lava che arrivano dal profondo della Terra. Ci sono due tipi di vulcani: quelli che eruttano tranquilli la lava e danno il tempo di mettersi in salvo e quelli che esplodono e non lasciano scampo, perché le loro nubi ardenti corrono più veloci di un treno e sono più calde delle fiamme vive.
Un vulcano appare come una montagna a forma di cono da cui escono fumo, ceneri e lava. Ma non è esattamente così: la cosa più importante di un vulcano è quello che avviene sotto, nelle viscere della Terra. Il camino vulcanico è un lunghissimo cunicolo, stretto come un comignolo, che va dalla bocca del vulcano, il cratere, fino alla camera magmatica, il 'cuore' del vulcano. Questa camera magmatica è una specie di serbatoio profondo che assomiglia a un enorme uovo lungo qualche chilometro. Dentro la camera magmatica si trova il magma, un materiale che ha la stessa composizione di una roccia, ma è in parte solido e in parte liquido a causa dell'enorme calore: una specie di polenta bollente, ricca di gas.
Se prendiamo una bottiglia di una bibita gassata ben chiusa, la agitiamo e poi la apriamo di colpo conosciamo bene il risultato: si formerà moltissima schiuma che schizzerà in alto e traboccherà da ogni parte insieme alla bibita. Un vulcano funziona allo stesso modo. Il magma se ne sta sottoterra ribollendo quietamente, ma quando si apre una spaccatura profonda che lo mette in comunicazione con l'esterno diventa improvvisamente più fluido. Allora i gas cominciano a uscire violentemente, come una schiuma di roccia, e, trascinati dai gas, escono dal cratere frammenti solidi (cenere e lapilli) e, infine, la lava: il vulcano è entrato in eruzione. Il cono di un vulcano è formato dal materiale scagliato in aria durante le eruzioni, il quale ricade nelle vicinanze del cratere. Durante le eruzioni un vulcano può crescere anche di centinaia di metri, come accadde in una zona del Messico dove un vulcano nacque improvvisamente arrivando in pochissimo tempo a essere alto più di 400 metri.
I vulcani possono dare luogo a due tipi di eruzione: quella effusiva e quella esplosiva. Dai vulcani effusivi la lava esce tranquillamente dal cratere e forma lunghi fiumi incandescenti, come accade per esempio per l'Etna o per i grandi vulcani delle Hawaii. Dai vulcani esplosivi, invece, la lava, ostruita, fatica a uscire e lo fa soltanto quando la spinta dei gas diventa enorme: allora il vulcano esplode liberando grandi nuvole di fuoco e cenere che scendono velocissime lungo i suoi fianchi distruggendo ogni cosa. I vulcani effusivi non sono pericolosi per gli uomini, perché anche la lava più veloce è più lenta di un'automobile e si fa in tempo a fuggire. Invece, quando eruttano i vulcani esplosivi non c'è scampo, perché le nubi ardenti sono più veloci di un treno e più bollenti del fuoco più intenso.
Il Vesuvio è uno dei vulcani più famosi del mondo ma, quando quasi duemila anni fa sommerse con le sue ceneri le città di Ercolano e Pompei, per gli antichi Romani era solo una montagna ricoperta di boschi e foreste. Improvvisamente si svegliò con forti terremoti e rigonfiamenti del terreno, poi scagliò nell'aria una colonna nera di polveri e ceneri e, infine, eruttò grandi nubi bollenti di ceneri e lapilli che rotolarono a valle distruggendo ogni cosa. In seguito a temporali, tutta quella cenere colò a valle e sommerse rapidamente case e interi paesi.
La pietra pomice è schiuma dei vulcani solidificata. Quando esce dal vulcano è fatta di brandelli di lava leggerissimi sparati in aria dall'eruzione e poi finiti a terra, anche a grande distanza dal cratere. In genere la pomice è di colore grigio chiaro e piena di pori e vuoti più o meno grandi, spesso collegati fra loro, dovuti ai gas che accompagnavano la lava. Viene usata come pietra abrasiva, per rendere lisce le superfici. Se gettiamo una pomice in acqua, vedremo subito che è talmente poco densa da restare a galla.
La Terra ha ben quattro miliardi e mezzo di anni. In tutto questo tempo, sul nostro pianeta si sono succeduti miliardi di organismi diversi. Oggi li ritroviamo come fossili nelle rocce e ci fanno immaginare un mondo stupefacente che non potremo mai conoscere.
La Terra è più antica di qualsiasi essere vivente. È nata insieme agli altri pianeti del sistema solare, quando il Sole si era formato da pochissimo tempo, e da quel momento è cambiata molto lentamente. Attraverso strumenti speciali, è possibile contare gli anni della Terra. Infatti, in alcune rocce si trovano ancora minerali antichissimi che si trasformano e lasciano una traccia che può essere riconosciuta. Possiamo così conoscere l'età della Terra dal tempo che ci mette un certo elemento chimico radioattivo, per esempio l'uranio, per trasformarsi in un altro. Non tutte le rocce hanno la stessa età: quelle degli oceani sono più giovani di quelle dei continenti e non hanno mai più di 200 milioni di anni. Le rocce dei continenti possono avere le età più diverse: in Italia non sono mai antichissime, ma in certi luoghi del Canada o dell'Australia si possono trovare addirittura rocce vecchie oltre quattro miliardi di anni.
Le rocce della Terra ci raccontano storie antichissime attraverso i piccoli granuli che le costituiscono, ma soprattutto attraverso le tracce di animali e piante che sono rimasti imprigionati al loro interno e che chiamiamo fossili: conchiglie, soprattutto, ma anche impronte di zampe e scheletri di animali enormi come i dinosauri. Possiamo così immaginare animali che non abbiamo avuto occasione di conoscere direttamente. Spesso i fossili sono talmente ben conservati che ci permettono di capire anche i più piccoli particolari di un mondo stupefacente ormai scomparso. Il fossile di un cucciolo di dinosauro ritrovato in Campania ha ben evidenti gli occhi, i denti, le unghie ad artiglio, e anche il fegato e l'intestino, al cui interno sono stati riconosciuti addirittura i resti dell'ultimo pasto.
Per milioni di anni sulla Terra non c'è stata vita, prima perché il Pianeta era una sfera bollente, poi perché non c'erano né aria respirabile né acqua. Le forme di vita più antiche sono testimoniate da fossili che hanno oltre tre miliardi e mezzo di anni. Sono fossili di batteri, simili a quelli che oggi sono causa di malattie, e che un tempo erano i veri dominatori del Pianeta. Molto tempo dopo nacquero altre forme di vita, come alcune alghe che vivevano in mare e formavano colonie sulla riva. Poi la vita è esplosa e i mari si sono popolati di tante specie di molluschi e poi di pesci: specie che perlopiù si sono estinte e che solo in qualche caso assomigliano a quelle attuali. Infine alcuni animali marini si sono adattati a vivere fuori dall'acqua, dando origine a molte specie di animali quali gli anfibi, i rettili, gli uccelli e i mammiferi.
Da quando esiste la vita sulla Terra gli esseri viventi nascono, crescono, si riproducono e muoiono. Alcune specie, come
i dinosauri, sopravvivono per decine di milioni di anni, altre per molto meno. L'estinzione di una specie può dipendere da sconvolgimenti particolari, come eruzioni vulcaniche o terremoti ripetuti, oppure da cambiamenti del clima.
Lo stesso può accadere a causa di catastrofi, come la caduta di un meteorite sulla Terra, fenomeni rarissimi ma che possono capitare e avere effetti devastanti.
Gli studiosi della Terra si chiamano geologi e se ne vanno in giro a rompere le rocce con un martello per leggere come sono fatte dentro: dalla composizione delle rocce e dai fossili cercano di ricostruire la storia della Terra.
Un geologo è come uno storico, solo che non racconta la storia di Roma antica o dei faraoni, ma la storia della Terra, molto più lunga di quella degli uomini, perché comincia quattro miliardi e mezzo di anni fa. Per raccontare quella storia i geologi se ne vanno in giro a cercare rocce e fossili, come un archeologo ricerca antiche città e uno storico antichi manoscritti. Nessun geologo, però, conoscerà mai tutta la storia della Terra, perché delle rocce più antiche non c'è quasi più traccia e solo di pochissimi animali si sono conservati i fossili. Le rocce e i fossili sono duri da strappare alla Terra, perciò i geologi usano un martello con il quale prelevano i campioni che poi studiano.
Ma un martello non basta, occorrono anche altri strumenti, come particolari registratori, detti geofoni. Questi registrano le onde che si sprigionano e attraversano gli strati di terreno durante innocui 'terremoti artificiali' provocati dall'uomo facendo esplodere piccole cariche di dinamite. I dati vengono poi elaborati con i computer e si ottiene un 'disegno' delle profondità della Terra che permette anche di scoprire giacimenti di minerali importanti, carbone, petrolio oppure semplicemente acqua.
Se ci facciamo regalare un piccolo martello dai nostri genitori e ce ne andiamo in giro per la campagna, potremo rompere con il nostro martello le rocce che incontriamo e provare a studiare come sono fatte dentro. Ci aspetta un mondo fatto di minerali, cristalli e fossili. Potremo riconoscerli e, se siamo fortunati, trovarne anche di grandi e bellissimi. Per studiarli però occorre una lente: avviciniamola all'occhio e poi spostiamo il campione di roccia appena rotto con il martello fino a metterlo a fuoco. Oltre al martello, quando si va in giro a esplorare la campagna è importante munirsi di mappe e non perdere l'orientamento: ricordiamoci, perciò, di portare con noi anche una bussola che ci consente di sapere in ogni momento in che direzione ci stiamo muovendo.
Come si fa a sapere se un vulcano sta per eruttare? Da sempre i geologi tentano di dare una risposta a questa domanda. Ci sono geologi che se ne vanno in giro sui vulcani avvolti in particolari tute argentate e con opportune maschere per evitare di respirare veleni: hanno con sé strumenti per misurare le fumarole, emanazioni di vapore e gas che vengono fuori da fenditure nei pressi del cratere o lungo i fianchi del vulcano. Il gas più abbondante è il vapore acqueo, che è bianco e non fa male (se non è troppo caldo…); ma ci possono essere gas pericolosi come l'anidride solforosa, che puzza di uova marce, o l'anidride carbonica, che non ha odore e non ha colore ma può sostituire l'ossigeno nel nostro corpo e farci soffocare.
Abbiamo detto che nessun uomo è mai riuscito a fare un buco nella Terra più profondo di 15 km; ma perché è così difficile scavare pozzi più profondi? Prima di tutto perché le rocce sono molto dure e più si va in profondità più diventano compatte per via del peso di quelle soprastanti. Così il grande scalpello usato per perforare i pozzi si usura facilmente e va cambiato spesso, nonostante abbia la punta fatta di diamanti sintetici durissimi. In secondo luogo perché man mano che si scende dentro la Terra fa un po' più caldo (a ogni chilometro la temperatura aumenta di oltre 30 °C) e quindi lo scalpello e le aste cui è avvitato si surriscaldano e possono incepparsi.
"Erano tutte parole che mi riempivano di paura, ma che anche mi incantavano: catena di montagne, erra, gole remote, sublime, incontaminati, nevi eterne e picchi lontani. E soprattutto quella parola meravigliosa: Himalaya".
Vedere il mondo dall'alto. Dominare il paesaggio con lo sguardo.
Spiare l'orizzonte lontano, quasi all'infinito. È la bellezza di salire fino in vetta alle montagne.
È come montare sulle spalle di enormi giganti per toccare il cielo con un dito. E in effetti tutto nella montagna è grandioso: le distese accecanti dei ghiacciai, il mondo selvaggio dei boschi, l'abisso vertiginoso dei dirupi e dei burroni, le masse imponenti delle rocce.
Di fronte a una tale forza della natura ci sentiamo minuscoli come formiche. Figurarsi poi se a tentare la sfida di salire in cima non è uno scalatore o un esploratore, non è un esperto avventuriero, ma è Paperino, che si trova a suo agio solo con l'altezza della sua amaca in giardino. Eppure proprio a lui tocca avventurarsi, insieme ai suoi fidi nipotini, sulle Ande del Perù per scoprire l'origine di misteriose uova quadre. Il viaggio sarà lungo e faticoso, per stretti sentieri e nebbie impenetrabili. Fino alla scoperta di un popolo sconosciuto in cui ogni cosa è quadrata, galline comprese, e niente può essere tondo, pena l'impiccagione. Peccato che Qui, Quo e Qua abbiano il brutto vizio di fare le bolle con il chewing-gum…
Salire sulla montagna non è l'unico modo per sfidarla o imparare a conoscerla. C'è chi, invece di seguirne i fianchi e andare all'insù, ha preferito entrarci dentro. Attraverso crepe e fenditure nella roccia, tortuosi corridoi, grandi grotte, si può cercare la pancia delle montagne. Si entra allora in un mondo buio e segreto che è davvero difficile scoprire, e proprio per questo chi ha un tesoro preferisce nasconderlo lì per tenerlo al sicuro. Ma si sa che l'uomo è curioso, e lo è ancor di più se sente odore di monete e gioielli. File e file di esploratori, archeologi come Indiana Jones, furfanti e avventurieri setacciano le pareti delle montagne per trovare un buco ed entrare dentro. Molti pronunciano le formule magiche più strane, sperando che una porta si apra nella roccia.
Il primo a fare questa scoperta è Alì Babà. Sta tagliando la legna quando vede arrivare quaranta ladroni e si nasconde sopra un albero. Il loro capo si avvicina al fianco della montagna e grida forte "Apriti, sesamo!". La montagna si sposta e rivela una camera segreta con un grande tesoro.
Quando i ladroni se ne vanno, Alì Babà ripete la formula e carica il suo asino di oro e gioielli. La fortuna, però, non dura: è poco saggio toccare il tesoro degli altri. Sfidare la pancia delle montagne è sempre pericoloso. Si entra in un mondo sconosciuto, un labirinto di roccia dove ci si perde facilmente, senza contare i pipistrelli, il pericolo delle frane, il buio fitto, l'impossibilità di chiedere aiuto.
Tom Sawyer e la sua amata Becky conoscono bene la paura che si prova a perdersi nelle grotte:
"Un profondo silenzio, così profondo infatti, che il loro respiro sembrava rumoroso. Tom lanciò un urlo. Il suono si diffuse ed echeggiò per i corridoi vuoti e poi morì in lontananza producendo un debole suono, che pareva uno scroscio di sardoniche risate".
I due si sono avventurati per esplorare le meraviglie nascoste della grotta di McDougal. Ben presto, però, capiscono di aver commesso un grave errore. A peggiorare la situazione è la scoperta che in quegli stessi bui corridoi si aggira il terribile indiano Joe, ladro e assassino, che ha dei conti in sospeso proprio con il povero Tom. L'incontro tra i due sarà fatale e solo uno riuscirà a tornare alla luce del sole.
Andar sottoterra è un pericolo e una grande attrazione. Non c'è niente di così affascinante come esplorare mondi sconosciuti, trovare pietre preziose, scoprire sentieri su cui nessun uomo ha mai camminato prima. Ma scendere in basso è sempre una cosa un po' strana: scompare il cielo e ci si sente imprigionati come in una tomba. Figurarsi poi se si decide di andare al centro della Terra. Sussi e Biribissi decidono di compiere questa impresa: hanno appena letto un famoso libro di Verne, che si chiama proprio Viaggio al centro della Terra, e sono rimasti così affascinati da voler imitare i loro eroi. Sognano di diventare famosi, di essere fatti cavalieri e di girare per il mondo come professori di geografia sotterranea. Una notte, escono di nascosto, aprono un tombino e cominciano a percorrere le fogne, convinti che sia la via più breve per arrivare dove vogliono. A fermarli non sono mostri o criminali, ma avversari più appetitosi come grandi forme di pecorino, enormi salami, botti piene di vino. I due sono finiti nella cantina dei frati, che conservano lì un vero tesoro per golosi. La gloria sarà così rimandata, ma la pancia sarà subito piena.
Ladroni, coccodrilli giganti, assassini, pipistrelli, ma anche dinosauri, cani dagli occhi grandi come tazze da tè, gnomi dispettosi, talponi in cerca di moglie: questo è il popolo del sottosuolo. Tutti sono una ben piccola minaccia, però, rispetto al signore sotterraneo per eccellenza e al suo regno: il paese dei morti. Con i mostri infatti si può combattere se si hanno armi e coraggio a sufficienza.
Ma contro la morte non c'è difesa. Pochissimi possono vantarsi di averla incontrata e di essere sopravvissuti. Tra questi è Orfeo, l'uomo dal canto divino, così dolce che tutti si fermano ad ascoltarlo, persino gli animali e l'acqua dei fiumi. La sua musica s'interrompe all'improvviso: Euridice, la sua amata, è morta.
Orfeo tenta l'impossibile: decide di scendere all'inferno. "Scese i mille scalini neri che portavano al palazzo di Ade. I demoni si scostavano stupiti al passaggio di quell'uomo vivo, e lo seguivano curiosi, con fischi e sussurri". Anche Proserpina, signora dell'oltretomba, è commossa dal suo canto. Concede a Orfeo di riavere Euridice a patto
che non si volti mai a guardarla fino all'uscita dal regno dei morti. Il viaggio di risalita è lungo, la voce dell'amata è una grande tentazione, e Orfeo si volta. La vede, "bella e pallida, nell'ultima ombra della caverna", ma sarà l'ultima volta; subito la donna scompare per sempre. E nessun canto riuscirà più a farla tornare. (Emilio Varrà)
Alì Babà e i quaranta ladroni, Edizioni Elle, Trieste 1993 [Ill.]
Orfeo e Euridice, in Roberto Piumini, Il circo di Zeus, Edizioni EL, Trieste 1992
Carl Barks, Paperino e il mistero degli Incas, in Walt Disney, Paperincas, Mondadori, Milano 2001 [Ill.]
Collodi Nipote, Sussi e Biribissi, Salani, Firenze 1987
Collodi Nipote, Sussi e Biribissi, Salani, Milano 2004 [Ill.]
Mino Milani, La storia di Orfeo ed Euridice, Einaudi Ragazzi, Trieste 1994 [Ill.]
Amos Oz, Soumchi, Mondadori, Milano 1997 [Ill.]
Steven Spielberg, I predatori dell'arca perduta, USA 1981 [Ill.]
Mark Twain, Le avventure di Tom Sawyer, Fabbri, Milano 2002
Mark Twain, Tom Sawyer, Bompiani, Milano 1996 [Ill.]