Le invenzioni
Inventare significa risolvere un problema teorico o pratico attraverso la costruzione di strumenti e di oggetti o lo sviluppo di nuovi metodi in grado di migliorare le conoscenze e la vita degli esseri umani. A volte si tratta solo di riuscire a ottenere più rapidamente e con meno fatica qualcosa che era già possibile in precedenza; altre volte le invenzioni aprono strade completamente nuove
Da molti punti di vista l'uomo è svantaggiato rispetto agli altri animali: non ha una pelliccia per proteggersi dal freddo, né corazze, pungiglioni velenosi, artigli o zanne per attaccare e difendersi. non è veloce come una gazzella o forte come un leone. non ha la vista dell'aquila o l'olfatto del cane o l'udito del gufo. Ma ha tre qualità fondamentali in più: una mente in grado d'immaginare cose che ancora non esistono, il linguaggio per comunicare le sue idee e l'abilità nel maneggiare oggetti.
Così l'uomo ha sviluppato la capacità di trasformare oggetti esistenti per ricavarne altri che non esistevano. Battendo un sasso contro un altro ottenne un'arma appuntita e tagliente, fissando una punta affilata a un bastone ottenne una lancia, piantando per terra una serie di pali si fece una capanna in cui ripararsi, sfregando due bastoncini imparò a produrre il fuoco, fondendo certi minerali poté dar loro la forma di asce, spade, vomeri.
Ogni oggetto che usiamo è frutto dell'ingegnosità degli esseri umani che ci hanno preceduto o che vivono accanto a noi. Archimede, Leonardo e Edison sono famosi geni inventori. Ma quasi tutte le invenzioni sono frutto di un susseguirsi di geniali intuizioni, opera di personaggi sconosciuti o quasi, ciascuno dei quali ha innescato la creatività di molti altri, in quella che si può definire la catena del progresso.
Provate ad accendere una candela, ponetela al centro di una stanza buia e potrete constatare la modesta luce che sprigiona la fiammella. Bene, per centinaia e centinaia di anni questa è stata la migliore fonte di luce artificiale a disposizione dell'umanità.
In seguito alla scoperta dell'elettricità, lo statunitense Thomas Alva Edison inventò nel 1877 la lampadina a incandescenza. Oggi possiamo premere un interruttore e avere tutta la luce che vogliamo. Come funziona una lampadina?
La lampadina è un recipiente di vetro sottile al cui interno c'è un gas incombustibile rarefatto (in genere argo). Al centro del recipiente si trovano i due capi che conducono l'energia elettrica, collegati tra loro da un sottilissimo filamento metallico, fittamente arricciato (di solito tungsteno, che ha la proprietà di non fondere anche ad alta temperatura). Quando premiamo l'interruttore, la corrente arriva al sottile filamento: più il filamento è arricciato più la corrente fatica a circolare. Questa 'fatica', che si chiama resistenza, produce calore e arroventa il filamento che, portato all'incandescenza, inizia a irraggiare luce.
Questa comune lampadina, che si trova oggi a pochi euro in un grande magazzino, per essere inventata ha avuto bisogno di una grande scoperta (quella della elettricità), di capacità tecniche avanzate (per fare il vuoto dentro il bulbo), di conoscenze scientifiche approfondite (il rapporto tra resistenza, calore e luce).
Il naturalista romano Plinio, vissuto nel 1° secolo d.C., racconta che un giorno alcuni mercanti fenici si apprestavano a preparare il pasto su una spiaggia. acceso il fuoco con l'ausilio di alcuni pani di salnitro, si accorsero che questa sostanza mista alla sabbia ricca di silicio fondeva e formava una pasta malleabile trasparente che solidificava raffreddandosi: il vetro. Il racconto di Plinio in realtà non è che una leggenda, perché il calore di un falò è insufficiente a innescare un tale processo, ma rispecchia comunque una verità, e cioè che l'invenzione del vetro avvenne quasi sicuramente per caso. In seguito, l'uomo imparò anche, soffiandoci dentro con una canna di ferro, a modellare quella pasta fino a farle assumere le forme più stupefacenti che, solidificandosi, restano trasparenti e ... un po' fragili!
Il desiderio di spostarsi più velocemente di quanto lo consentano le proprie gambe ha spinto l'uomo a cercare soluzioni sempre migliori, dall'addomesticamento del cavallo all'invenzione del motore a vapore e di quello a scoppio.
L'origine di questa straordinaria avventura è stata probabilmente l'invidia! I grossi animali che l'uomo vedeva intorno a sé erano, per la maggior parte, molto più veloci di lui. Sicuramente da qui nacque l'idea di addomesticarne qualcuno e usarlo per spostarsi, lasciando fare all'animale tutta la fatica! Non si sa esattamente quando l'uomo riuscì in questa impresa. Si sa, però, che almeno 4.000 anni fa esistevano già interi eserciti che sfruttavano la forza, la pazienza e la velocità dei cavalli. Da allora, e per secoli, l'uomo ha cavalcato per viaggiare, commerciare, combattere. ma anche il cavallo ha i suoi limiti, e per superarli occorreva sfruttare altre forze.
Chissà quante volte avrete visto sobbalzare il coperchio di una pentola d'acqua che bolle, per la forza del vapore. Alla fine del 17° secolo Denis Papin, medico francese con la passione per la fisica, pensò che imbrigliando la forza del vapore si potevano ottenere applicazioni interessanti, e inventò il prototipo dell'autoclave e della pentola a pressione. In base a questa scoperta, lo scozzese James Watt inventò la macchina a vapore, in cui la forza del vapore che si dilata dentro un cilindro serve a mettere in movimento uno stantuffo. La grande innovazione era quella di aver ottenuto dal movimento dei pistoni, che è rettilineo alternato (vanno su e giù), un movimento rotatorio, necessario per far girare una ruota. Ciò si realizza con l'uso della biella, un braccio rigido fissato a una estremità allo stantuffo e all'altra a un perno, detto albero, che ruota. Così, mentre lo stantuffo va su e giù, la biella è costretta a muoversi circolarmente, riuscendo in tal modo ad azionare le ruote di un veicolo.
La nascita del motore a scoppio cambiò ulteriormente le cose. Come spesso capita, questa invenzione non ha un solo padre, ma è il frutto di una lunga serie di tentativi, più o meno riusciti, da parte di tecnici e ingegneri europei e americani. Nel 1861 venne descritto per la prima volta il processo che fa funzionare ancora oggi il motore delle automobili. Il ciclo si svolge in quattro fasi: (1) aspirazione della miscela di aria e benzina; (2) compressione della miscela da parte di un pistone; (3) accensione e scoppio della miscela con conseguente dilatazione del gas; (4) scarico dei gas bruciati. È qui che inizia la storia dell'automobile, che ha cambiato la nostra vita più di qualsiasi invenzione precedente; basti pensare ai milioni di autoveicoli che hanno modificato l'aspetto delle nostre città. Il motore a scoppio, però, ha due notevoli inconvenienti: è relativamente poco efficiente, perché disperde sotto forma di calore una notevole parte dell'energia impiegata, e i suoi gas di scarico sono molto inquinanti (v. inquinamento). Nonostante questi problemi, le aziende di tutto il mondo hanno investito su questo mezzo un'incredibile quantità di creatività, risorse e denaro, e il petrolio, utilizzato in precedenza per alimentare deboli lampade, è diventato l'oro nero, la principale fonte di combustibile, e quindi uno dei cardini dell'economia moderna.
Nel 1814, George Stephenson ideò la prima locomotiva a vapore, in grado di correre non solo in un breve tratto di pianura ma anche in salita e in discesa, e inventò pure le rotaie su cui far muovere le locomotive e i vagoni per trasportare cose o persone. L'intero mondo occidentale cominciò a coprirsi di strade ferrate, di stazioni, ponti, e dove riusciva difficile superare montagne troppo ripide, si scavavano gallerie sempre più lunghe. Le vecchie diligenze a cavalli pian piano andarono in pensione!
Volare è il modo più veloce di viaggiare ed è stato a lungo il più grande sogno dell'uomo. Un sogno diventato realtà a partire dall'inizio del 20° secolo: enormi progressi sono stati compiuti dai primi e pionieristici tentativi dei fratelli Wright.
Il sogno di volare come un uccello, scavalcare montagne, sfiorare le onde del mare, tuffarsi tra le nuvole è antico quanto l'uomo, come mostra il mito di Icaro. Leonardo da Vinci, tra il 15° e il 16° secolo, progettò mezzi che consentivano di volare usando la forza delle braccia e delle gambe, ma non si sa se sia mai riuscito a costruirne uno effettivamente funzionante.
Nel 18° secolo arrivò il primo mezzo in grado di realizzare il sogno del volo: la mongolfiera. Si tratta di un abitacolo appeso a un grosso involucro di tela cerata che contiene aria riscaldata da un bruciatore: poiché l'aria calda è meno densa di quella fredda e tende a salire, la mongolfiera si alza in volo! In questo modo era possibile raggiungere anche altezze notevoli, ma con molti rischi perché il mezzo era difficile da manovrare e veniva trascinato dal vento. Per volare davvero occorreva la spinta giusta, cioè un propulsore leggero e potente. Quando fu inventato il motore a scoppio l'avventura del volo poté cominciare.
Il primo aeromobile che riuscì nell'impresa non aveva ali: era il dirigibile. Immaginate un'enorme salsiccia riempita di un gas più leggero dell'aria sotto la quale erano collocati motori dotati di elica e una cabina per i passeggeri. Il dirigibile costruito alla fine del 19° secolo dal conte Zeppelin poteva trasportare molte decine di persone e attraversare l'Atlantico. ma era anche un mezzo piuttosto insicuro, perché il pallone era gonfiato con idrogeno, un gas altamente infiammabile. Infatti, dopo un terribile incidente capitato nel 1937 al dirigibile Hindenburg, questo mezzo non fu più usato per il trasporto passeggeri. Il primo vero aereo a staccarsi da terra ‒ anche se solo per poche centinaia di metri ‒ fu il velivolo che nel 1903, per merito di due americani, i fratelli Wright, rimase in aria per ben 12 secondi!
L'aereo è un mezzo facilmente manovrabile, veloce e stabile. Ha però un grave difetto: ha bisogno di molto spazio per decollare e atterrare.
Agli inizi del secolo scorso fu inventato un altro modo per volare, che non aveva questo problema: anziché di ali ed elica, il nuovo mezzo era dotato di pale, simili a quelle di un grosso ventilatore, e di un motore che le faceva girare ad alta velocità. Girando, le pale spingevano verso il basso l'aria, creando una forza che portava il mezzo verso l'alto. Questo velivolo si chiamava giroplano ed era l'antenato dell'elicottero. L'elicottero è meno sicuro e meno veloce dell'aereo ma può decollare in verticale, senza la necessità di prendere la 'rincorsa' come fa l'aereo, e può atterrare in un punto preciso.
L'ultimo arrivato della famiglia delle macchine volanti è il più veloce e più potente di tutti: il missile. Al contrario degli altri velivoli, 'ancorati' alla terra dalla forza di gravità, i missili sono in grado di viaggiare nello spazio. Per vincere la forza di gravità, il missile sfrutta l'enorme energia creata dal propulsore, che funziona secondo il principio di azione e reazione. Dal propulsore escono a grande velocità i gas prodotti dalla combustione, ottenuti bruciando al suo interno il combustibile. Questa rapida fuoriuscita di gas provoca una grande spinta di verso contrario alla fuoriuscita del gas, che permette al missile di innalzarsi nello spazio. Semplice a dirsi, ma meno a farsi, perché è necessario un getto assai potente per spingere verso l'alto un velivolo che pesa molte tonnellate!
I missili, chiamati un tempo razzi, furono inventati tra la prima e la seconda guerra mondiale dal tedesco Werner Von Braun per essere usati come armi a lunga gittata, ma dopo la fine del conflitto si capì che potevano servire anche per pacifiche esplorazioni nello spazio! Fu così che nel 1969 l'uomo mise per la prima volta piede sulla Luna: il posto più lontano dove sinora sia mai arrivato.
Questo sentenziavano, non senza ragione, gli antichi Romani. Attraverso la scrittura gli esseri umani ricordano le proprie origini e le proprie tradizioni. L'invenzione della scrittura coincide con l'inizio della storia dell'umanità da noi conosciuta.
I più antichi sistemi di scrittura furono il pittogramma, cioè un disegno che rappresenta un oggetto, e l'ideogramma, cioè un disegno che rappresenta un concetto (per esempio un occhio per il concetto di vedere). Un sistema più evoluto è quello della scrittura fonetica, in cui una serie di segni (gli alfabeti) corrisponde ai suoni della nostra voce quando pronunciamo le parole.
Per molto tempo l'uomo scrisse solo a mano, su pietra, terracotta, pergamena o carta. Occorreva il lavoro di molti copisti e di diversi mesi per produrre pochi esemplari di un solo libro. Verso la metà del 15° secolo, Johann Gutenberg, un artigiano di Magonza, in Germania, ebbe l'idea di fondere nel piombo ogni singolo carattere dell'alfabeto, sotto forma di un piccolo timbro metallico che poteva essere accostato con grande precisione ad altri, in modo da comporre tutte le parole del testo desiderato. Un blocco di caratteri legati tra loro formava l'insieme di un'intera pagina. Con un rullo di cuoio s'inchiostrava la superficie superiore dei caratteri che poi veniva premuta sulla carta con l'impiego di un torchio. In tal modo si potevano stampare un grande numero di copie di un medesimo scritto. nasceva la stampa e con essa la moderna produzione di libri.
Per molti secoli il sistema di Gutenberg fu impiegato senza grandi variazioni. Solo alla fine del 19° secolo fu inventata una macchina, la linotype, dotata di una tastiera simile a quella di una macchina per scrivere, che componeva rapidamente una intera riga da stampa mettendo in fila piastrine in lega di rame, una per ogni carattere utilizzato. Una volta composto il testo, su di esso veniva colato il piombo fuso che, appena consolidato, veniva inchiostrato e usato secondo il sistema di Gutenberg. Se con la composizione a mano, per preparare la pagina di un quotidiano, occorreva il lavoro di una decina di compositori per un'intera nottata, usando la linotype un solo compositore era in grado di fare lo stesso lavoro in poche ore.
Ma ormai anche questa macchina è andata in pensione negli anni Ottanta del 20° secolo. A sostituirla sono stati altri metodi di stampa, diversi a seconda del tipo di carta utilizzato. Anziché comporre meccanicamente lo stampo, si usano materiali fotosensibili (fotocomposizione), cioè in grado di cambiare quando sono esposti alla luce. La pagina viene quindi stampata su una pellicola dalla quale si ottiene una matrice di materiale plastico che serve a preparare lo stampo. Oggi, poi, la maggior parte del lavoro si fa in modo informatizzato, con software particolari che controllano tutte le fasi del processo, fino all'incisione dei cilindri di stampa.
Il libro e il giornale hanno permesso di portare le parole da un luogo all'altro, ma qualcuno deve pur sempre farli arrivare fisicamente al lettore. Oggi abbiamo a disposizione anche mezzi per fare arrivare istantaneamente parole scritte a grande distanza, raggiungendo davvero ogni angolo del pianeta in tempo reale. Fino alla metà del secolo scorso, per ottenere questo obiettivo c'era soltanto il telegrafo. Poi è arrivato il sistema telex, una sorta di rete telefonica costituita da telescriventi collegate tra loro in modo che fosse possibile digitare un testo e farlo arrivare a distanza. Ora possiamo usare i collegamenti della rete internet tramite computer per scambiarci messaggi di posta elettronica o interi documenti. o anche, se il messaggio da inviare non è lungo, spedire sms con quel piccolo oggetto che ci siamo abituati a tenere in tasca: il telefono cellulare.
C'è voluto più tempo che con le parole scritte, ma poi si è trovato il modo di conservare e inviare a distanza anche immagini e suoni. A rendere possibile questo fatto straordinario sono state le tecnologie di registrazione e quelle di trasmissione nello spazio.
La fotografia, inventata nella prima metà del 19° secolo, ha molti 'padri' e nasce dalla possibilità di fissare chimicamente un'immagine su una sostanza sensibile alla luce (emulsione), applicata su un supporto trasparente di vetro. L'immagine si ottiene aprendo l'obiettivo della fotocamera in modo da permettere alla luce di incidere sul supporto e di reagire con la sostanza fotosensibile. Questa immagine, per essere resa visibile, deve essere trattata chimicamente (sviluppo). Essa costituisce il negativo, nel quale le parti più colpite dalla luce sono più scure e viceversa. Poi, sempre attraverso la luce, l'immagine viene stampata sulla carta (positivo) e può essere riprodotta in un numero illimitato di copie. Un'operazione complessa che ha richiesto moltissimi tentativi prima di raggiungere i risultati attuali.
Un passo decisivo fu compiuto sostituendo il vetro con una pellicola di celluloide, che poteva essere arrotolata con grande risparmio di spazio.
La pellicola di celluloide ha permesso di realizzare la macchina da presa, una sorta di fotocamera in grado di scattare fotografie molto rapidamente; queste foto (fotogrammi) dopo lo sviluppo possono essere proiettate sullo schermo. Per fare questo viene impiegato un proiettore che fa scorrere le immagini davanti a una lampada. Poiché la retina dell'occhio trattiene l'immagine per una frazione di secondo, la successione rapida delle immagini dà l'illusione del movimento. Così è nato il cinema. La sera del 28 dicembre 1895, a Parigi, i fratelli Lumière fecero la prima proiezione pubblica. I primi film erano muti e in bianco e nero, e le battute dei personaggi venivano scritte su cartelli inseriti tra una scena e l'altra. Nel buio della sala c'era spesso un pianista che suonava la musica di sottofondo. Poi negli anni Venti del secolo scorso fu inventato un modo per registrare anche il suono su una parte della pellicola, chiamata per questo colonna sonora.
Con la fotografia era possibile fissare le immagini, ma per i suoni si dovette aspettare il 1877, quando Thomas Alva Edison inventò il fonografo, un mezzo per incidere il suono su un cilindro di cera o di carta stagnola. Il suono si propaga tramite le oscillazioni sonore, formate da successive compressioni e rarefazioni dell'aria. Edison sfruttò questo principio trasformando le oscillazioni in una serie d'incisioni sulla carta stagnola. L'invenzione di Edison fu modificata dal tedesco Emile Berliner che inventò il grammofono, quello che in seguito sarebbe diventato il giradischi.
Più tardi si è scoperto un altro modo per registrare il suono: l'incisione magnetica. In questo caso il supporto è un nastro contenente ferro magnetizzabile. Il suono è trasformato in impulsi elettrici in grado di orientare le particelle di ferro presenti sul nastro in dipendenza dal suono pervenuto. Fu negli anni Sessanta, con l'invenzione dell'audiocassetta, che questa tecnologia arrivò in tutte le case.
Ormai anche i nastri magnetici sono al tramonto, sostituiti dai segnali digitali, basati sul codice binario e memorizzati su compact disc o su altri supporti.
All'inizio del secolo scorso, grazie al genio di Guglielmo Marconi, nasceva la trasmissione radio: un modo per far viaggiare i suoni attraverso l'aria tramite le onde elettromagnetiche. Questa tecnologia, che portava nelle case notizie e musica, ebbe una diffusione straordinariamente rapida.
Pochi decenni dopo, la televisione aggiunse al suono l'immagine. La difficoltà di trasmettere a distanza le immagini fu superata quando si riuscì a scomporle 'a fettine', inviandole in successione tramite le onde elettromagnetiche. Una volta catturate dall'antenna, le immagini sono poi restituite sullo schermo tramite il tubo catodico che trasforma i segnali elettromagnetici ricevuti in immagini. ma l'innovazione tecnologica non conosce soste: l'ingombrante tubo catodico sta cedendo il passo a schermi piatti, al plasma o a cristalli liquidi.
Quando ci alziamo, ci laviamo, ci vestiamo, facciamo colazione e andiamo a scuola, ci serviamo, senza rendercene conto, di un numero incredibile di ingegnose scoperte e invenzioni. Invenzioni spesso antiche, di cui si parla poco e di cui spesso non si conosce l'inventore, ma che hanno davvero cambiato il mondo!
Immaginate di dover spostare una grossa pietra che non potete sollevare o spingere. Prendete allora una piccola pietra (il fulcro) e posatela accanto a quella grande. Poi prendete un bastone robusto, appoggiatelo in obliquo sulla pietra piccola e incastratelo sotto quella grande. Il fulcro divide il bastone in due bracci: più è lungo quello su cui si esercita la forza, meno fatica farete per spostare la grossa pietra. Avrete così applicato il principio della leva, che ha reso meno faticoso il lavoro dell'uomo e ha dato origine a una quantità di oggetti utilissimi. Le forbici, per esempio, sono uno strumento molto antico. Esse sono formate da due lame collegate tra loro da un piccolo perno che costituisce il fulcro. Questa volta si hanno due coppie di bracci, ognuna formata dalla lama e dalla impugnatura ad anello. Più lunghi sono i bracci dove sta l'impugnatura, maggiore è la forza di taglio. Nelle forbici fabbricate per tagliare materiali molto duri, come le lamine metalliche, questi bracci sono molto più lunghi di quelli formati dalle lame.
Sollevare pesi è sempre stato un grande problema. Per risolverlo è stata inventata, nei tempi antichi, la carrucola. La carrucola è una robusta rotella scanalata, fissata a un sostegno posto più in alto del punto in cui si vuol fare arrivare il carico. La fune scorre nella scanalatura fino al carico. Tirando la fune dall'altro lato il carico si solleva. La forza impiegata è pari al peso sollevato: il grande vantaggio è che si fatica molto meno applicando una forza verso il basso, dalla stessa parte della forza di gravità, piuttosto che verso l'alto, cioè contro di essa.
La carrucola ha consentito di costruire grandi edifici e di trasportare il carbone fuori dalle miniere. Lo stesso principio è usato ancora oggi per gli ascensori, anche se in questo caso c'è un motore elettrico che tira il cavo al posto di un essere umano!
L'acqua corrente nelle case è una bella comodità. ma se non ci fossero i rubinetti in bagno e in cucina la casa diventerebbe una piscina. Il rubinetto è la saracinesca che regola la fuoriuscita di acqua.
Il rubinetto è composto di due camere separate e collegate tra loro da un foro conico. L'acqua che arriva dal tubo entra nella prima camera, la riempie e sale nella seconda attraverso il foro conico: da qui esce a piacere dal beccuccio del rubinetto. All'interno della camera superiore c'è un tappo conico di gomma (la guarnizione), fissato su una vite verticale comandata dalla leva o dalla rotella di apertura (la manopola).
Girando la manopola il tappo si sposta verticalmente e regola il flusso di acqua, fino a bloccarlo completamente.
Il giocatore deve entrare in campo rapidamente, per sostituire il compagno infortunato. Si apre la giacca della tuta con un solo gesto: non avrebbe tempo per complicati bottoni. Deve la sua rapidità al genio di Whitcomb Judson che, nel 1891, inventò la cerniera lampo o zip.
La zip è costituita da due robuste fettucce di tela poste ai bordi di un indumento. Sulla fettuccia è fissata una serie di gancetti a forma di becco. Tutta la 'magia' del meccanismo è racchiusa all'interno del cursore a cui è attaccato il 'pendolo' che si tira per chiudere o aprire l'indumento. Al suo interno il cursore ha due elementi: uno in grado di sganciare e l'altro di agganciare le coppie di gancetti, una a una.
Lungo tutta la sua storia, l'uomo ha rivolto una notevole parte della sua ingegnosità all'invenzione di strumenti per cacciare. Lance, archi e frecce sono stati le prime armi usate per uccidere gli animali. Tuttavia le armi, sin dal loro primo apparire, sono servite all'uomo, anche e soprattutto, per uccidere i suoi simili.
Per poter sopravvivere, l'uomo fin dall'inizio dei tempi ha avuto l'esigenza di difendersi. Molto probabilmente ha cominciato tirando pietre o legando un sasso su un bastone per farne una mazza. Poi, dopo la scoperta dei metalli, ha fabbricato pugnali, asce, spade.
Ma un problema stuzzicava particolarmente la sua creatività: colpire da lontano con precisione ed efficacia. Così ha costruito il giavellotto e l'arco per scagliare le frecce.
Poi qualcuno, forse in Cina, molti secoli fa scoprì che mescolando carbone, salnitro e zolfo si otteneva una particolare polvere, la polvere da sparo, che il fuoco o anche una piccola scintilla facevano esplodere. Iniziava così l'era delle armi da fuoco, che purtroppo non è ancora finita.
La polvere da sparo era stata inventata per scopi pacifici, anzi giocosi: serviva per i fuochi d'artificio. Ma presto ci si accorse che poteva essere utilizzata anche per qualcosa di assai meno dilettevole: per esempio, per far arrivare molto velocemente una grossa palla di ferro sul bersaglio. Furono così studiati esplosivi sempre più sofisticati e potenti. Gli esplosivi, come la polvere da sparo, sono miscele di composti che, innescate tramite fiamma o urto, reagiscono all'istante e producono una grande quantità di gas che si espande molto rapidamente (esplosione) provocando una terribile onda d'urto. I più famosi esplosivi, impiegati ancora oggi, sono la dinamite e il tritolo. La dinamite fu inventata dal chimico svedese Alfred Nobel. Doveva servire a scavare le miniere risparmiando fatica ai minatori, ma ben presto fu chiaro che poteva essere utilizzata come arma. Profondamente colpito da questo fatto, Nobel stabilì nel suo testamento che le sue immense fortune, frutto di quella invenzione, dovessero essere interamente utilizzate per dare vita a una fondazione e a un premio annuale, che prese il suo nome, a favore del progresso delle scienze e della pace tra i popoli.
Nei secoli scorsi, quando i nativi americani videro in azione il fucile degli europei, lo battezzarono 'bastone di fuoco'. I primi fucili erano ad avancarica: occorreva cioè mettere una certa quantità di polvere da sparo dall'apertura spingendola fino nel fondo del tubo, poi si doveva introdurre una pallottola di piombo (il proiettile). Accendendo la carica, la polvere esplodeva: non potendo uscire dalla parte chiusa della canna, i gas prodotti si espandevano dall'altra, con grande rapidità, proiettando fuori la pallottola di piombo.
Molto più tardi fu adottata la cartuccia metallica, che conteneva il detonatore, una piccola quantità di polvere che esplode per percussione. Inoltre i fucili potevano essere direttamente caricati dalla parte dell'imbracciatura (retrocarica), con grande risparmio di tempo. Con questa tecnica furono costruite le prime pistole moderne che, come la celebre colt, potevano sparare a ripetizione.
La più terribile arma dei nostri tempi, la bomba atomica, nasce dagli studi sulla scissione dell'atomo. L'energia prodotta in questo modo è incredibilmente grande. La prima bomba atomica fu sganciata durante la seconda guerra mondiale sulla città giapponese di Hiroshima, causando centinaia di migliaia di morti e provocando devastazioni che durarono decine di anni. L'effetto distruttivo delle armi atomiche è dovuto non solo alla grande energia d'urto dell'esplosione, ma anche al fatto che durante l'esplosione si irraggiano enormi quantità di calore, luce e radiazioni di ogni tipo. Queste radiazioni sono in grado di fondere i metalli più resistenti e di distruggere e danneggiare ogni forma di vita nel raggio di centinaia di chilometri e per tempi lunghissimi.
L'uomo ha inventato migliaia di macchine meravigliose, in grado di compiere lavori d'incredibile difficoltà, ma nessuna ha la dote fondamentale del computer: la memoria. Una memoria in pratica senza limiti
Fin dalla notte dei tempi l'uomo ha dovuto eseguire calcoli: un compito difficile e noioso. Per questo ha inventato diversi strumenti che lo aiutassero a 'fare di conto', per esempio l'abaco. Ma solo nel secolo scorso è riuscito a inventare un mezzo che facesse realmente i calcoli al suo posto: il computer. Il moderno computer discende dai primi calcolatori analogici inventati da Vannevar Bush negli Stati Uniti attorno al 1930. Gli antenati del computer erano scatole di legno, contenenti alcune valvole e parti elettromeccaniche, che avevano bisogno di diversi giorni per essere programmate. Poi, dopo la seconda guerra mondiale, grazie a fisici, ingegneri e matematici come l'inglese Alan Turing, il padre dell'informatica moderna, nacquero computer sempre più potenti… ma anche sempre più grandi. I calcolatori degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, infatti, occupavano intere stanze ed erano formati da migliaia di valvole e da chilometri di fili elettrici. Solo a partire dagli anni Settanta, grazie ai progressi della microelettronica, le componenti dei computer hanno iniziato a ridursi, tanto che è stato possibile pensare a computer così piccoli da essere tenuti in casa. Iniziava l'era del personal computer.
Il computer è costituito da cinque funzioni, o elementi fondamentali. Il primo è l'unità d'ingresso, attraverso cui noi informiamo il computer su cosa vogliamo che faccia (input). Nella maggioranza degli attuali computer le unità di ingresso sono due: la tastiera con lettere e numeri, eredità delle macchine per scrivere e delle calcolatrici, e il mouse ("topo" in inglese), un piccolo dispositivo da spostare con la mano che ci permette di manovrare icone e finestre sullo schermo.
L'elemento che elabora i dati è il processore. Il cuore delle informazioni del computer è contenuto nella sua memoria. Il computer ha due tipi di memoria: la memoria permanente, nella quale sono immagazzinati i programmi, cioè le specifiche capacità elaborative del computer, e i documenti che vogliamo conservare; la memoria temporanea, detta RAM, utilizzata dal computer per svolgere le operazioni richieste in ogni momento. Su un computer si possono installare molti altri programmi per ottenere ulteriori funzioni particolari. Infine c'è l'unità d'uscita, costituita da video e stampante, attraverso cui il computer rilascia i risultati delle operazioni che gli abbiamo chiesto di compiere (output).
Un'altra grande invenzione che ha cambiato completamente la storia del computer è stata quella del sistema a icone e finestre, inventato dagli americani Steve Jobs e Steve Wozniak, che crearono il primo computer Apple®. Grazie a questa invenzione, non dobbiamo più scrivere ogni istruzione che vogliamo fare eseguire al computer, ma possiamo semplicemente puntare con il mouse verso piccole immagini sullo schermo le quali mettono in moto documenti e programmi che comunicano al computer che cosa deve fare.
Oggi il mouse potrebbe essere in via di estinzione. Infatti ci sono molti altri mezzi ancora più facili da usare per dare istruzioni al computer. Per esempio, i comandi vocali: collegando un microfono al computer, tramite un apposito programma in grado di trasformare parole e frasi in programmi di istruzioni, possiamo 'dirgli' quale file deve aprire o che operazione deve eseguire, mantenendo le mani completamente libere!
"Vedi davanti a te il lavoro di una vita. Della mia vita. La Macchina dei Sogni. Decisi di fabbricarla molti anni fa, e da allora non ho pensato ad altro. Ecco perché ci siamo visti così poco. Ho sognato, lavorato, progettato e sgobbato. Giorno e notte, mentre gli altri dormivano o si divertivano, io lavoravo. Pensa, Chegwith… costruire una macchina capace di realizzare qualunque sogno! E ci sono riuscito!".
Il papà di Chegwith è uno dei più grandi inventori che si siano mai visti. Ha inventato una mongolfiera autogonfiante, abili robot giardinieri e vivaci farfalle metalliche. Ma per tutta la vita ha avuto un solo desiderio: creare la Macchina dei Sogni, una incredibile invenzione capace di trasformare in realtà qualsiasi sogno, nessuno escluso.
In alcuni casi, anche le più geniali tra le invenzioni possono fare paura e persino diventare pericolose. Nel gigantesco pollaio della signora Tweedy, le galline hanno una fifa matta per una complicata macchina nascosta in un capannone. Si dice che sia grande come una locomotiva, tutta di ferro. Dal cortile le galline sentono ogni giorno spaventosi rumori meccanici provenire proprio da lì dentro. Quando la sera torna il silenzio, si accorgono con sgomento che all'appello manca qualcuna di loro. Nel capannone, la signora Tweedy butta le galline più grasse dentro la macchina infernale. Di quelle poverette nessuno vede più nemmeno una penna, ma in compenso dallo strabiliante congegno escono scatole già confezionate di gustosi pasticci di pollo…
Sono in molti gli uomini che hanno realizzato invenzioni per cucinare cibi prelibati. Nessuno è però mai riuscito a superare le invenzioni del signor Willy Wonka. Willy Wonka è il proprietario della più grande fabbrica di cioccolato del mondo. Lì dentro si producono tutti i tipi di dolci, e alcuni di questi sono assolutamente stupefacenti: in certe stanze ci sono cascate e fiumi di cioccolata fondente, erbetta zuccherata e cespugli glassati. Chi ha avuto la fortuna di entrare nella Stanza delle Invenzioni è rimasto a bocca aperta. Ci sono confetti che si possono succhiare all'infinito e non rimpiccioliscono mai, gomme da masticare che contengono un intero pranzo di tre portate, con zuppa di pomodoro, vitello arrosto e torta di mirtilli.
Chi ha inventato la fabbrica di cioccolato deve essere un vero genio. Se le invenzioni migliori sono quelle che servono per vivere meglio, senza dubbio Willy Wonka è un grandissimo scienziato. Sono sicuro che la gente sarebbe disposta a qualsiasi sacrificio pur di provare una delle sue strepitose trovate:
"Stecche di cioccolato invisibili da mangiare in classe. Matite allo zucchero da succhiare. Piscine alla limonata gassata. Crema magica manuale al cioccolato fondente. La tieni in mano e senti il sapore in bocca. Pastiglie arcobaleno. Succhiandole si può sputare in sei colori diversi".
Una cosa è certa: per diventare inventori c'è bisogno di una sconfinata fantasia. Bisogna farsi venire in mente un'idea così ingegnosa che nessuno ci ha mai pensato prima! Un inventore pazzoide ha pensato addirittura a un sistema per spedire i ragazzini tramite posta. Solo un genio poteva pensarci. Appena sa che la signora Berta Bartolotti desidera tanto avere un bambino, le spedisce un pacco postale. La signora Berta, scartato il pacco, ci trova un barattolo. Infilato nel barattolo c'è qualcosa che assomiglia a un nano, tutto grinzoso e compresso come una spugna. In realtà non si tratta di un nano, ma di un bambino sottovuoto: le istruzioni indicano di dargli la soluzione nutriente contenuta nel tappo… e, come per magia, salta fuori un ragazzino di sette anni pieno di vita, educato e composto come un vero gentleman. Figurarsi la sorpresa della signora Berta, che non immaginava nemmeno l'esistenza di simili invenzioni!
Grazie a un altro inventore, anche Topolino e Pippo sono rimasti a bocca spalancata davanti a una macchina prodigiosa, una vera meraviglia della tecnica. Il professor Zapotek, illustre scienziato, lavorando giorno e notte in uno scantinato ben nascosto, è riuscito a inventare nientemeno che la macchina del tempo. Quando Topolino e Pippo lo vanno a trovare, lui è sempre pronto a proporre un viaggio nel tempo. Il professor Zapotek li fa entrare in una specie di grande automobile senza ruote, piena di luci colorate e pulsanti. Quando la macchina parte, sembra di essere su una giostra, tutto gira all'impazzata e all'improvviso ci si ritrova nell'epoca scelta. Certo, è difficile scegliere: meglio andare nel lontano passato oppure verso il futuro?
Ma non solo Zapotek si è cimentato con la macchina del tempo. Grazie all'altra splendida macchina dello squinternato scienziato Doc, Marty giunge nel passato. Quando sale sulla macchina di Doc, una vera auto da corsa, quella parte a tutto gas, così rapida che lascia dietro di sé una scia di fiamme. Dopo un viaggio superveloce, Marty si ritrova in un posto strano. Si guarda intorno e vede una bella ragazza. Guardandola bene gli sembra quasi di conoscerla: è la sua mamma da giovane!
Incredibile quello che può fare la macchina di Doc! Marty avrebbe voglia di andare ad abbracciarla con affetto, ma c'è un problema: cosa succederebbe se sua madre si innamorasse di lui e non volesse più sposare suo padre? E poi, se mamma e papà non si sposano, come fa Marty a nascere? È proprio vero che le invenzioni cambiano la vita!
Le invenzioni più geniali sono quelle che superano le fantasie più straordinarie e fanno vivere meglio tutti. Quando sentite gridare: "Eureka!" potete stare sicuri che il fenomenale inventore Archimede Pitagorico ne ha fatta una delle sue. Un giorno ha messo a punto la Cabina Benefonica: a guardarla sembra una normalissima cabina del telefono, ma se si entra e si digita un numero ci si sente all'improvviso benissimo. Se una persona triste o troppo nervosa solleva la cornetta, il suo umore cambia immediatamente. C'è chi ha visto entrare nella cabina due automobilisti inferociti dopo un incidente, e uscirne gentili e cordiali come vecchi amici. Se state per litigare con qualcuno vi consiglio di provarla: questa sì che è un'invenzione che migliora la vita! (Nicola Galli Laforest)
Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato, Salani, Firenze 1990 [Ill.]
Andrew Gibson, Il giro del mondo di Chegwith Skillett, Mondadori, Milano 2001 [Ill.]
Peter Lord, Nick Park, Galline in fuga, Gran Bretagna 2000 [Ill.]
Caterina Mognato, Danilo Barozzi, Archimede e…una frana di nipote, Walt Disney Company, Milano 1995 [Ill.]
Christine Nöstlinger, Il bambino sottovuoto, Salani, Milano 1996 [Ill.]
Carlo Panaro, Sergio Asteriti, Topolino e la canzone di Nerone, in Paper Festival, Disney Libri, Milano 2001
Giorgio Pezzin, Giorgio Cavezzano, Zio Paperone e il seme della discordia, in I grandi classici n.202, Disney, Milano 2003
Giorgio Pezzin, Massimo De Vita, Topolino e gli enigmi del tempo, Mondadori, Milano 1986 [Ill.]
Robert Zemeckis, Ritorno al futuro, USA 1985 [Ill.]