Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Le cosiddette “guerre d’Italia”, o meglio le guerre per la sua conquista, rendono la nostra penisola per più di mezzo secolo (1494-1559) il centro delle relazioni internazionali. L’Italia diviene infatti l’elemento determinante di un gioco politico-diplomatico che ha come obiettivo l’egemonia sull’Europa. Nel periodo compreso tra la discesa di Carlo VIII (1494) e la pace di Cateau-Cambrésis (1559) gli Stati italiani, con l’eccezione di Venezia, perdono la propria autonomia politica ed entrano nella sfera d’influenza spagnola.
L’impresa di Carlo VIII in Italia
La discesa dell’allora re di Francia Carlo VIII in Italia nel 1494 palesa in maniera definitiva la crisi politica e militare degli Stati italiani e rappresenta la fine di quella politica dell’equilibrio che aveva avuto inizio con la pace di Lodi (1454), con la quale si era conclusa la guerra di successione per il Ducato di Milano.
Da un punto di vista politico l’impresa è favorita dagli stessi Stati italiani, favorevoli per diverse ragioni a un intervento francese nella penisola. A Milano Ludovico Sforza, detto il Moro, auspica l’arrivo di Carlo VIII vedendo nella sua figura uno strumento per colpire il re di Napoli Ferdinando I d’Aragona, sostenitore del genero Gian Galeazzo Visconti, spodestato e fatto assassinare dallo stesso Moro. Anche Venezia desidera la rovina del re aragonese che favorisce la Puglia e i suoi porti, diretti concorrenti della Repubblica veneta. A Firenze, invece, sono gli avversari dei Medici a sostenere un’iniziativa francese, con la speranza che possa portare a un cambiamento del regime politico. Infine, nello Stato pontificio i cardinali avversi allo spagnolo Alessandro VI sperano che con la discesa di Carlo VIII si possa deporre il papa ed eleggere al pontificato Giuliano della Rovere, che effettivamente salirà poi al soglio pontificio con il nome di Giulio II.
La spedizione di Carlo VIII in Italia è preceduta da un’accurata preparazione diplomatica che segna il primo formarsi di un sistema degli Stati europei in cui ogni cambiamento nell’assetto geopolitico e nell’equilibrio delle forze vigente in ciascuna area che ne fa parte non può restare senza conseguenze sulle altre. Carlo VIII si dimostra già consapevole del cambiamento che si va producendo, e, prima di avviare l’impresa, assicura la neutralità delle maggiori potenze europee con una serie di concessioni territoriali e finanziarie: con il trattato di Senlis (1493) lascia le regioni dell’Artois e della Franca Contea a Massimiliano I d’Asburgo; con il trattato di Barcellona (1493) cede alla Spagna di Ferdinando il Cattolico la Cerdagna e il Rossiglione lungo il versante francese dei Pirenei, mentre a Enrico VIII promette ingenti elargizioni finanziarie in cambio di un non-intervento inglese. Da un punto di vista militare le forze dispiegate da Carlo VIII mostrano tutta la potenza francese: 20 mila uomini armati, con un corpo d’artiglieria efficiente e innovativo, destinato a rendere ancora più evidente la debolezza intrinseca degli apparati militari degli Stati italiani, difesi da eserciti mercenari.
Il casus belli è rappresentato dalla rivendicazione degli antichi diritti che la casa d’Angiò – di cui Carlo VIII è erede – vanta sul Regno di Napoli. Le ambizioni del re francese sono però maggiori: dalla conquista del Regno di Napoli il re di Francia intende muovere al dominio di tutta l’Italia e, in un secondo momento, organizzare una crociata contro i Turchi per la riconquista dei luoghi santi.
In cinque mesi, dal settembre del 1494 al febbraio del 1495, Carlo VIII attraversa l’Italia, senza incontrare resistenze, lungo l’antica via Francigena, la più battuta delle vie romee medievali che collega Roma alla Francia, e raggiunge il Regno di Napoli. La sua rapida avanzata si ripercuote sulla fragile politica italiana del tempo: a Milano Ludovico il Moro eredita il ducato dal nipote Gian Galeazzo, vincendo le pretese dinastiche avanzate dagli Aragonesi; a Firenze i Medici sono effettivamente cacciati dalla città, dove viene proclamata la repubblica; a Napoli il ceto baronale, per tradizione filo-francese e ostile alla monarchia, accoglie trionfalmente il sovrano, mentre Venezia si impadronisce di alcuni porti pugliesi. Ma ben presto il trionfo stesso di Carlo VIII spaventa le diverse forze che ne hanno favorito la discesa: lo Stato pontificio, Milano e Venezia si coalizzano, formando una Lega antifrancese che ottiene l’appoggio dell’imperatore Massimiliano e della Spagna. Carlo VIII si vede costretto a risalire la penisola per evitare di restare isolato nell’Italia del sud. L’esercito della lega e quello del re francese si scontrano a Fornovo sul Taro, presso la città di Parma, nel luglio del 1495. Carlo VIII, seppure non sconfitto, è costretto a riparare in Francia, dove muore il 7 luglio 1498, mentre medita una seconda spedizione in Italia.
Le conseguenze dell’effimera impresa del sovrano francese sono significative dal momento che viene definitivamente dimostrata la crisi politica e la debolezza militare degli Stati italiani: Carlo VIII si è inserito tra le crepe della cosiddetta “politica dell’equilibrio”, sfruttando a suo favore conflitti dinastici, politici ed economici che da sempre dividono i diversi Stati. Anche la repentina ricomposizione rappresentata dall’organizzazione della Lega antifrancese si dimostra presto illusoria: un ritorno alle condizioni politiche precedenti la discesa di Carlo VIII non è più possibile. Al contrario quell’alleanza, per il suo carattere internazionale e il diverso peso politico-militare dei contraenti, rappresenta una definitiva apertura della penisola italiana alle mire espansionistiche e fra loro conflittuali della Francia, dell’Impero e della Spagna, come sarà subito dimostrato nei secoli successivi.
La discesa di Luigi XII in Italia
A Carlo VIII succede nel 1498 il cugino Luigi XII che rinnova i progetti espansionistici del predecessore avanzando, questa volta, pretese sul Ducato di Milano in quanto discendente dei Visconti. Ancora una volta l’impresa è preceduta da un’attenta azione diplomatica: con il trattato di Blois del 1499 il sovrano francese si assicura l’appoggio di Venezia che mira a estendere i propri domini di terraferma; agli Svizzeri, le cui truppe costituiscono il nerbo dell’esercito francese, promette la Contea di Bellinzona e al papa offre l’impegno di appoggiare il figlio Cesare Borgia nel suo progetto di conquista della Romagna.
Milano è espugnata il 2 settembre 1499 e Ludovico il Moro ripara in Germania presso il genero Massimiliano I. Insieme alle forze asburgiche Ludovico riesce a riprendere Milano per un breve periodo, ma nel 1500 viene fatto prigioniero e trasferito in Francia, dove muore nel 1508. Per ciò che concerne il fronte meridionale della penisola, dopo il fallimento militare dell’impresa di Carlo VIII, il nuovo re di Francia il 2 novembre 1500 stipula a Granada un trattato di spartizione dell’Italia del Sud con Ferdinando il Cattolico. Il re di Spagna mira a eliminare la dinastia cadetta aragonese di Napoli e a riunire al possesso della Sicilia quello della Calabria e della Puglia, mentre ai Francesi vengono riservate Campania e Abruzzo.
Napoli è occupata dai Francesi nel 1501, ma al momento della divisione nasce un conflitto tra i due occupanti e alla fine gli Spagnoli, guidati dal generale Gonzalo de Córdoba, hanno la meglio nelle due battaglie decisive di Cerignola e del Garigliano, nelle quali si manifesta la superiorità dell’esercito spagnolo, basato non più sulla cavalleria, come era tradizione, ma sulla fanteria. Con il trattato di Lione del 1504 la Francia è costretta a rinunciare al Regno di Napoli che, a partire da allora, rimarrà per due secoli sotto la sfera di influenza spagnola.
L’avventura di Cesare Borgia, il caso Venezia e il papa-soldato Giulio II
Con la sconfitta di Luigi XII le mire espansionistiche francesi in territorio italiano subiscono una battuta d’arresto. In questi anni di guerra tra la decadenza e i rivolgimenti dei vari Stati regionali, solo la Repubblica di Venezia con accorte alleanze riesce a rafforzare i propri domini territoriali interni e marini. Ma la potenza di Venezia in questi anni si fonda più sulla debolezza e la rovina altrui e sui contrasti fra le maggiori potenze che non sulla propria forza. Dal crollo aragonese, infatti, ricava alcuni porti della Puglia che le permettono di controllare e chiudere il mare Adriatico; grazie alla sconfitta sforzesca estende il suo dominio nell’entroterra lombardo e dalla rovina di Cesare Borgia–figlio di Alessandro VI che tra il 1499 e il 1501 costituisce e organizza un proprio ducato in Romagna – conquista le città di Cervia, Rimini e Faenza.
All’interno del desolante panorama offerto dai differenti Stati regionali italiani, Venezia rappresenta quindi un’anomalia: è l’unico Stato forte, indipendente, solido nelle antichissime strutture istituzionali, e addirittura in grado di resistere e reagire all’invadenza delle potenze straniere. Persino in un conflitto con l’imperatore asburgico Massimiliano I riesce a sconfiggerlo, ottenendo Fiume e Trieste.
Il sovrano asburgico, insieme a Luigi XII e alla Spagna, partecipa alla Lega di Cambrai, promossa dal nuovo papa Giulio II (eletto nel 1503) per contrastare i successi della Repubblica veneziana: la Spagna, così, può rivendicare la Puglia, la Francia, la città di Cremona e il papa le terre romagnole, contrastando l’espansionismo difensivo veneziano. La Lega di Cambrai dichiara guerra a Venezia e la sconfigge duramente ad Agnadello il 14 maggio 1509: Venezia deve rinunciare a tutte le conquiste territoriali successive al 1494, ma attraverso una serie di abili accordi separati con la Spagna, la Francia e lo Stato pontificio riesce a conservare la propria integrità politica e a riconquistare gran parte dei suoi domini in terraferma.
Con la sconfitta di Venezia il papa assurge a nuovo protagonista della politica europea che si dispiega in territorio italiano. Infatti Giulio II – che per indole e progetti politici, è più adatto a fare la parte del sovrano militare che quella del capo spirituale della cristianità – si rende conto che l’iniziativa della Lega di Cambrai ha rotto l’equilibrio italiano in modo eccessivamente favorevole alla causa francese e per questo si fa promotore di una Lega Santa cui aderiscono l’Inghilterra, Venezia, gli Svizzeri e la Spagna. A sua volta, per attenuare il crescente potere di Giulio II, Luigi XII promuove allora uno scisma, convocando a Pisa un concilio con l’obiettivo di deporre il papa. Gli eserciti si scontrano a Ravenna nell’aprile del 1512; l’esito della battaglia è favorevole ai Francesi, ma la morte del valoroso generale Gastone di Foix non consente loro di approfittare del successo. La Francia, infatti, è costretta a rinunciare a Milano; il ducato viene occupato dagli Svizzeri che attribuiscono il governo a Massimiliano Sforza, figlio di Ludovico il Moro. Anche Firenze, nel 1513, è occupata dalle truppe spagnole che ristabiliscono i Medici al potere. Con questi avvenimenti papa Giulio II riesce ad ampliare i domini ecclesiastici, annettendo Parma, Piacenza, Modena e Reggio, e riesce a escludere i Francesi dalla penisola. Ma nel 1513, con la morte del papa, il suo disegno viene interrotto. Il successore di Giulio II è Giovanni de’ Medici, eletto al soglio pontificio con il nome di Leone X: di indole e programmi meno bellicosi del precedente pontefice, il nuovo papa conduce una politica di conciliazione tra i vari Stati regionali con l’effimero obiettivo di ristabilire un ordine e un equilibrio nel territorio italiano. Tuttavia tale programma non tarda a mostrare la sua debolezza, perché prescinde da un’obiettiva valutazione del contesto internazionale.
Francia e Spagna in lotta per la conquista e il dominio della penisola italiana
La situazione italiana rimane tranquilla solo per un paio di anni. Il tempo necessario a che Luigi XII riorganizzi le sue truppe per tentare di riconquistare i possessi italiani recentemente perduti. Nel 1515 – anno della morte del sovrano, cui succede il ventenne Francesco I di Valois –l’esercito francese, dopo essersi alleato con Venezia, che non ha dimenticato l’umiliante sconfitta di Agnadello, valica le Alpi e vince le truppe svizzere nella battaglia di Marignano. I Francesi in seguito a questo successo ritornano in possesso del Ducato di Milano e con la pace di Noyon del 1516 stipulano una serie di trattati che, nell’intenzione dei contraenti, avrebbero dovuto porre fine alle guerre tra le potenze europee in territorio italiano, assicurando un periodo di stabilità. Alla Spagna vengono riconosciuti il Regno di Napoli, la Sicilia e la Sardegna, mentre la Francia ottiene nuovamente il Ducato di Milano e facoltà di intervento sui territori delle repubbliche di Genova e Firenze, nonché nei ducati di Savoia e di Ferrara.
Ma questo progetto entra rapidamente in crisi dopo che nel 1519 il giovane Carlo V d’Asburgo, già succeduto nel regno di Spagna al nonno materno Ferdinando il Cattolico, viene eletto imperatore in seguito alla morte del nonno paterno Massimiliano I d’Asburgo. Il nuovo sovrano si trova quindi a dominare su un vastissimo territorio che include le Fiandre, i Paesi Bassi, la Germania, l’Italia e la Spagna con tutti i suoi possedimenti extraeuropei. Una tale concentrazione di forza nelle mani di un solo sovrano, prodotto, oltre che del caso, di un’accurata politica matrimoniale e dinastica, è la principale ragione che porta alla rottura dell’equilibrio imposto dalla pace di Noyon.
Tra i Valois di Francia e gli Asburgo di Spagna persistono infatti motivi di conflitto che la travolgente ascesa di Carlo V non ha fatto altro che accrescere. Francesco I, dopo aver vanamente conteso la corona imperiale a Carlo V, è preoccupato dall’eccessiva potenza raggiunta dal rivale spagnolo che con la sua elezione è riuscito a saldare i domini nordici con quelli mediterranei in funzione antifrancese. Il sovrano spagnolo avanza inoltre pretese dinastiche sulla Borgogna che i Francesi avevano sottratto agli Asburgo, ma che restava loro feudo. Ma, ancora una volta, è l’Italia a rappresentare la maggior causa di conflitto; infatti la Lombardia, in mano francese, impedisce la realizzazione di una continuità territoriale dei domini asburgici a livello europeo che va dal Meridione italiano alle pianure delle Fiandre.
Tra il 1521 e il 1559 una serie di guerre vedono contrapporsi Francia e Spagna, con l’obiettivo di realizzare un’egemonia politico-militare sull’intera Europa attraverso la conquista dell’Italia. La prima fase del conflitto dura fino al 1529 ed è favorevole alla Spagna. Carlo V infatti, dopo aver sconfitto e fatto prigioniero Francesco I a Pavia, nel 1525 conquista la Lombardia. Il re francese per ottenere la propria liberazione è costretto a firmare una pace molto onerosa – la pace di Madrid del 1526 – che implica la rinuncia a tutti i possedimenti francesi in Italia e in Borgogna. Gli Stati italiani, nel timore di un’eccessiva egemonia asburgica in seguito alla sconfitta dei Francesi, si alleano con Francesco I che, ottenuta la libertà dopo la cattività di Pavia, ha dichiarato nulla la pace stipulata con Carlo V. Insieme a Venezia e al papa Clemente VII, il sovrano francese costituisce la Lega di Cognac, per riprendere la guerra con Carlo V alla ricerca di una rivincita. Ma anche questo patto, che non riesce a essere uno strumento di pressione diplomatica e di intervento militare, si dimostra un’alleanza fragile e precaria. Prima che la guerra cominci, però, si verifica un episodio clamoroso, destinato a scuotere l’Europa tutta. Nel maggio del 1527 i soldati imperiali, per la maggior parte mercenari tedeschi di fede luterana, rimasti senza paga, decidono di attaccare Roma. Quindicimila lanzichenecchi invadono la città e la saccheggiano, costringendo il papa Clemente VII a ritirarsi fra le mura di Castel Sant’Angelo. Contemporaneamente l’esercito francese apre le ostilità sotto la guida del generale Lautrec che, dopo aver occupato per breve tempo la Lombardia, è costretto nuovamente a ritirarsi. In questo frangente però le comuni difficoltà finanziarie dei contendenti e il minaccioso incalzare dei Turchi, giunti vittoriosi fino in Ungheria e ormai prossimi ad attaccare i possedimenti asburgici, costringono Carlo V a firmare un accordo che per i Francesi questa volta è meno svantaggioso del precedente.
A Cambrai, il 5 agosto 1529, viene stabilito che la Francia, pur rinunciando alle pretese sull’Italia, può rientrare in possesso della Borgogna. La pace di Cambrai è detta anche “delle Due Dame”, poiché non viene negoziata direttamente dai due sovrani, ma da Luisa di Savoia, madre di Francesco I, e da Margherita d’Austria, zia di Carlo V. Con questo patto la Spagna ribadisce definitivamente il suo dominio sull’Italia, delle cui sorti Carlo V diviene unico e incontrastato arbitro.
Dopo una tregua di sette anni ha inizio la seconda fase dello scontro tra Carlo V e Francesco I che dura dal 1536 al 1544.
La causa occasionale della ripresa del conflitto è rappresentata dalla morte del duca di Milano, Francesco II Sforza, che provoca una nuova rottura dell’equilibrio concertato a Cambrai; Carlo V infatti, nel rispetto di accordi presi in quella sede, diventa lui stesso duca di Milano. Ma la causa principale in realtà è da ricercare nella spregiudicata azione diplomatica di Francesco I che stabilisce relazioni con il sultano turco, Solimano I il Magnifico. Ciò avviene in un momento in cui l’Impero asburgico è minacciato, in Germania, dall’alleanza dei principi luterani – riunitisi nella Lega di Smalcalda – e, a est, proprio da quei Turchi con cui Francesco I si è alleato e che sono giunti ad assediare Vienna. Le ostilità vengono aperte dal sovrano francese che, alleato con Enrico VIII d’Inghilterra, occupa il Ducato di Savoia. Dopo alterne vicende si giunge all’effimera tregua di Nizza che ha come mediatore il nuovo papa Paolo III, desideroso di riunificare le forze avversarie contro il nemico turco; nel 1542, però, Francesco I rompe la tregua. La guerra si svolge in gran parte nei Paesi Bassi e nelle province orientali della Francia, ma non riesce a risolversi in una battaglia determinante per l’una o per l’altra parte. Nel 1544 i contendenti decidono di firmare la pace di Crépy che, pur assegnando definitivamente la Lombardia alla Spagna e la Savoia alla Francia, lascia ancora una volta le principali questioni insolute e quindi la possibilità di nuove guerre.
La morte di Francesco I, nel 1547, dopo più di trenta anni di regno, non significa la fine delle ostilità tra Francia e Impero: la politica antimperiale è proseguita dal nuovo sovrano francese Enrico II che, rafforzando i legami con i Turchi e l’alleanza con i principi protestanti tedeschi, sposta l’asse del conflitto europeo dall’Italia all’Europa centrale. Nel 1552 Enrico II invade la Lorena e occupa i vescovadi di Metz, Toul e Verdun, intrecciando abilmente questa terza e ultima fase delle guerre franco-spagnole con il conflitto che, dal 1546, vede impegnato Carlo V contro i principi luterani tedeschi. Dopo tre anni di sfiancante guerra di logoramento, la sovrapposizione dei conflitti e la simultanea presenza di due valorosi nemici come l’esercito francese e quello dei principi tedeschi, induce Carlo V a interrompere i conflitti. Nel 1555, con la pace di Augusta, Carlo V trova un accordo con i protestanti, mentre stabilisce la tregua di Vaucelles con Enrico II. Ancora più sorprendentemente, l’imperatore decide di abbandonare la scena politica e militare europea che lo vede indiscusso protagonista da più di un trentennio, abdicando in favore del figlio Filippo II e del fratello Ferdinando I d’Asburgo.
Tra il 1557 e il 1559 riprende la lotta tra Enrico II, alleato con il nuovo papa Paolo IV, e Filippo II, cui sono assegnati nella divisione dei domini paterni il Regno di Spagna, i domini italiani, i Paesi Bassi e le colonie americane. Emanuele Filiberto di Savoia, al comando delle truppe spagnole, vince i Francesi a San Quintino nel 1557. Gli enormi costi della guerra, tuttavia, acuiti dalle bancarotte subite dai due Stati in quegli anni, costringono i contendenti a firmare una pace con contenuti più duraturi delle precedenti. Così, le grandi potenze si riuniscono a Cateau-Cambrésis nel 1559, dopo più di un sessantennio di guerre ininterrotte per il dominio sull’Italia. La Francia perde la Savoia, ma conserva il possesso del Marchesato di Saluzzo; ottiene nuovamente Calais, che gli Inglesi tenevano come avamposto in terra francese dai tempi della guerra dei Cento anni, e conserva i vescovadi di Metz, Toul e Verdun. La Spagna rafforza la sua presenza in Italia, mantenendo i precedenti domini (Lombardia, Regno di Napoli, Sicilia, Sardegna), controllando politicamente e finanziariamente la Repubblica di Genova e il Ducato di Toscana – pur nell’ambito di una formale indipendenza – ed estendendo i propri territori con la formazione di uno Stato piccolo ma di grande importanza strategica, quello dei Presidi, lungo la costa toscana. Con la pace di Cateau-Cambrésis si concludono le cosiddette guerre d’Italia e vengono regolati gli equilibri europei fino allo scoppio nel 1618 della guerra dei Trent’anni. La pace è però importante anche nella storia d’Italia, poiché segna la vera conclusione di quei conflitti che in meno di settant’anni avevano frantumato l’antica politica dell’equilibrio e fatto diventare la penisola, da soggetto della politica europea a un oggetto di essa, un mero campo di battaglia, aperto alle potenze straniere. Al tempo stesso l’accordo rappresenta il definitivo consolidamento del dominio spagnolo in Italia che influenzerà per più di centocinquant’anni la storia italiana.