Lazio
Il L. del suo tempo non riceve da D. una particolare attenzione, eguale, ad es., a quella rivolta, per ovvi motivi, non soltanto alla Toscana, ma anche alla Romagna o al Veneto. Tuttavia per una serie di ragioni diverse tra di loro (ma in sostanza convergenti sull'importanza storica del L., direttamente o indirettamente collegata a quella della città di Roma, che verrà detta Latiale caput in Ep XI 22, così come estensivamente Latiales incolae sono chiamati in Ep V 19 gli abitanti d'Italia, e Latium vale " Italia " in VE I X 6, XIV 2, XVI 6, e in Ep VII 5) luoghi o personaggi del L. vengono non di rado citati nella Commedia. Vi è anzitutto il L. antichissimo il quale (già intravisto attraverso i personaggi di Camilla, Eurialo, Niso e Turno nel primo canto dell'Inferno, e nel quarto attraverso quelli di Latino e Lavinia evidentemente resi cari a D. dalla poesia dell'Eneide) viene poi citato in forma più propriamente storica nel VI del Paradiso, nel corso delle vicende cioè dell'aquila che trecent'anni e oltre dimorò in Alba dopo che per ‛ dar regno ' a essa era morto Pallante, vincendo poi da Roma le genti vicine. Ma il L. (o quello che per noi oggi è tale) entrava per molte altre vie nelle antiche letterature di soggetto mitico: D. evoca quindi anche (If XXVI 90-93) Gaeta e la vicina dimora di Circe. Di straordinaria importanza è per D. il fatto che il L. contenga il centro della cristianità: a questo è dovuta la fantasia che immagina che alle foci del Tevere, là dove l'acqua di Tevero s'insala (Pg II 101), si raccolgano le anime dei destinati al Purgatorio, quelle che non ‛ si calano ' verso l'Acheronte. All'antica e lunga storia sacra che condusse Roma ad adunare in sé la storia della cristianità si riferisce il cenno al monte Soratte (Siratti), rifugio di s. Silvestro, visitato da Costantino perché lo guarisse dalla lebbra, compensato poi dall'imperatore con la donazione di terre, causa di molta sventura (If XXVII 94-95).
Troviamo poi nella Commedia il L. contemporaneo percorso anch'esso dalle sanguinose lotte che dilaniano l'Italia e il mondo, piccole e meschine in sé, ma suscitatrici di scandalo e di male maggiore in quanto uno dei protagonisti è in questo caso il portatore di troppo grande dignità e dovere di magistero e di esempio, il pontefice: ciò che risalta soprattutto nel ricordo di una guerra fatta presso a Laterano, contro cristiani, com'è quella contro Palestrina, nido dei nemici - i Colonna - che Bonifacio VIII, acceso com'è di superba febbre di materiale dominio, vuol distruggere (If XXVII 85-97); mentre il cenno allo stesso pontefice determina in Pg XX 86-87 l'evocazione di Anagni (ricordata ancora realisticamente e polemicamente come luogo d'origine del papa in Pd XXX 148), dove il violento impegno terreno di Bonifacio ha tragica e umiliante conclusione. Per l'attuale L. sarà inoltre da ricordare il riferimento a Montecassino (Pd XXII 37) e quello al monte Caccume (Pg IV 26).
A un altro fatto avvenuto ai confini tra lo Stato della Chiesa e il regno di Napoli si allude in If XXVIII 15-17 dove si evoca l'ossame, reliquia della sconfitta di Benevento provocata dal tradimento perpetrato a Ceprano dai Pugliesi che lasciarono il passo a Carlo d'Angiò. Altri accenni a luoghi e a cose precise del L., a parte le allusioni dirette o indirette a personaggi e luoghi della città di Roma (v.), sono il piccolo lago di bollente acqua solforosa chiamato Bulicame, vicino a Viterbo, evocato a indicare l'aspetto del Flegetonte (If XIV 79); l'assassinio perpetrato in una chiesa di Viterbo da parte di Guido di Montfort (If XII 119); il dialetto di Viterbo in VE I XIII 2 accanto a quello di Civita Castellana, pure nel L.; la cittadina di Corneto (If XIII 9); il lago di Bolsena, ricordato come fornitore delle anguille di cui Martino V era ghiotto (Pg XXIV 24).