Lazio
Regione dell’Italia centrale. Nella divisione augustea dell’Italia il L. formò con la Campania la prima regione, ma in questa rimase tagliata fuori la parte dell’antico territorio latino a N dell’Aniene (assegnata all’Etruria). Alla fine del 6° sec. la Chiesa possedeva alcuni patrimoni, ma i diritti della sovranità erano esercitati, nel ducato romano, dall’impero d’Oriente. Il potere di Bisanzio nel ducato declinò nell’8° secolo. Nel 727 l’exercitus si ribellò all’imperatore e, nel 728, il papa Gregorio II ottenne il castello di Sutri; successivamente Zaccaria (742) ebbe Ameria, Orte, Polimarzo e Blera. Queste cosiddette «restituzioni» comportarono sulle terre restituite l’accentuarsi del potere pontificio. Nell’8° e 9° sec. crebbero in potenza alcune famiglie laiche, che occuparono gli uffici cittadini di Roma. Insieme sorse la nuova aristocrazia dei grandi proprietari terrieri. Nel 12° sec. i papi riorganizzarono il loro dominio, giovandosi dell’appoggio dei comuni e di forze estranee, come per esempio i normanni. La rivolta del 1143 e la renovatio senatus portarono a una più stretta unione degli elementi del governo cittadino, dando loro una più definita posizione di concorrenza rispetto all’autorità pontificia. Clemente III (1187-91) concluse con il comune di Roma l’accordo che gli assicurò la fedeltà del Senato e l’uso delle milizie cittadine. Intorno al 1198 Innocenzo III fece sue le pretese del Senato sui beni del territorio; i feudatari della Campagna, della Marittima e della Tuscia riconobbero la sovranità pontificia, Viterbo si legò al Senato con l’obbligo del tributo. Con Gregorio X (1271-76) le province divennero l’insieme delle terre soggette al rettore. Il riordinamento interno fu completato dalla delimitazione dei confini esterni dello Stato della Chiesa, fissati a Neuss (1201) e a Spira (1209). Inoltre, gli interessi delle città libere coincidevano con quelli del papa contro le mire del comune romano; nel 1234 lo sforzo supremo di Roma contro la dominazione pontificia fallì. L’azione di Luca Savelli in Tuscia e nella Campagna cedette all’offensiva degli avversari, e il conflitto tra Federico II e Gregorio IX non indebolì la posizione del pontefice. Con il tramonto della potenza del papato e dell’impero, il potere temporale pontificio si ridusse a figura politica regionale. Tale apparve lo Stato della Chiesa all’incoronazione di Gregorio X (1271). A Niccolò III, Rodolfo d’Asburgo rinnovò (1278) i Trattati di Losanna che confermarono lo Stato, così che il pontefice poté dirsi veramente un monarca. Con Clemente V (1305-14), iniziò il periodo avignonese del papato, durante il quale l’autorità del pontefice sul L. andò in un primo tempo decadendo, finché al popolo si fece chiaro che solo il papa avrebbe potuto restituire ordine alla città e alla regione. Con Clemente VI (1342-52) i nobili patirono la soppressione del Senato e il governo dei Tredici. Con l’editto di restituzione dei diritti sovrani a Roma, le terre della Campagna e della Marittima, della Sabina e della Tuscia romana si riconobbero vassalle della città e l’opera di G.Á. Albornoz in Sabina e in Tuscia ne fu la conseguenza. Così, quando Roma si trovò al centro di una rete che, amministrativamente, le dava in mano l’intera regione, popolo e nobiltà, in lotta, si fiaccarono rendendosi inetti al dominio sullo Stato. Il pontefice allora tornò (1377). I papi dimostrarono di essere i più forti con i provvedimenti del 1398 che esautorarono le corporazioni, con la sottomissione dei Colonnesi e di Viterbo. Da Martino V (1417-31) la lotta per il predominio fu questione di prevalenza militare; i beni dei Colonna di Palestrina, Zagarolo, Gallicano furono incamerati. Con la vittoria di Paolo II (1464-71) sugli Anguillara la Chiesa acquisì l’intero loro patrimonio. Gradualmente, in conseguenza del consolidamento del potere papale, la vicenda del L. andò sempre più identificandosi in quella dello Stato pontificio.