LATERANO
. La regione e il complesso monumentale traggono il nome da coloro che vi possedettero in antico sontuose case di abitazione. Furono essi i Plauzî Laterani, l'ultimo dei quali, accusato di aver preso parte alla congiura dei Pisoni, fu fatto uccidere da Nerone: la sua proprietà, le egregiae Lateranorum aedes di cui parla Giovenale (X, 17), passò allora al fisco imperiale.
Sembra ritornasse tuttavia un'altra volta in proprietà di privati al principio del secolo III, quando Settimio Severo, forse per l'analogia del nome, ne fece dono a Sestio Laterano, console nel 197, suo amico e compagno nelle spedizioni d'Oriente. Al tempo di Alessandro Severo il complesso monumentale era tuttavia di nuovo passato al fisco imperiale.
Delle antiche costruzioni si sono in varî tempi rinvenuti avanzi sotto la basilica e sotto il palazzo lateranense.
Tali avanzi si orientano secondo le strade; il primo gruppo è costituito dai muri visibili sotto il palazzo, dal grande muro a nicchie scoperto sotto la confessione, e dagli ambienti con pitture dietro la cappella Corsini; il secondo da un atrio triangolare e da altri resti con esso collegati venuti in luce nella costruzione della nuova abside; il terzo dagli ambienti termali sui quali fu costruito più tardi il battistero; un quarto gruppo nobilissimo di avanzi fu scoperto a più riprese presso la via della Ferratella. Le egregiae Lateranorum aedes sembra si debbano riconoscere nel primo e nel secondo gruppo dove pare fossero rinvenuti i condotti di piombo col nome dei Laterani (Corp. Inscr. Lat., XV, 7536); per i proprietarî degli altri gruppi si è pensato ai Pisoni e agli Annî.
Il trionfo della Chiesa doveva portare di conseguenza l'assegnazione di un luogo ove risiedesse il pontefice legittimo tutelato dall'autorità civile. Servì ottimamente l'antico palazzo dei Laterani, nell'età di Costantino residenza particolare dell'imperatrice Fausta. Già nel 313 si aduna un concilio, contro lo scisma donatista, in domo Faustae in Laterano. Molto presto si adattarono alcuni ambienti delle terme private a battistero. Non tardò la costruzione di un vero e proprio battistero a pianta circolare sostituito dall'attuale di forma ottagona, che è dei tempi di Sisto III (432-440) e l'erezione di un'imponente basilica a cinque navate, per cui si dovette demolire buona parte del palazzo e di quelli adiacenti.
Nella basilica, ornata di lunghe file di preziose colonne marmoree e con colonne di bronzo dorato (di cui sono forse un resto i fusti delle due all'attuale altare del Sacramento), si fecero importanti decorazioni musive. L'abate Benedetto, del sec. VII, di cui parla Beda, portò in Inghilterra il disegno delle Concordantiae veteris et novi Testamenti figurate lungo le pareti della navata centrale. Nell'abside vi era forse l'esaltazione della S. Croce e l'immagine del Cristo trionfatore. Ai lati, la Vergine e il Battista impetranti. Questo ci suggerisce il soggetto dell'abside attuale che è del 1292 (autori Iacopo Torriti e Iacopo da Camerino), ma che deve riprodurre molto del soggetto più antico.
Rimasero alcune parti dell'antico palazzo a ospitare il pontefice. Il ricordo di una basilica domus Iuliae entro questa residenza, non si riferisce, come supposero l'Adinolfi e il Grisar, a Elena imperatrice (Flavia Iulia) madre di Costantino, ma a un Giulio, cioè Flavius Iulius Constans, figlio di Costantino e successore nel dominio di questa parte occidentale dell'Impero. Egli è quindi, se non proprio l'iniziatore, colui che dedicò il primo palazzo pontificio lateranense. Sullo stesso lato (verso l'odierna piazza dell'obelisco) i testi ricordano un oratorio di S. Silvestro, cioè del papa costantiniano.
Man mano l'episcopio si sviluppa in grandiose proporzioni. Si viene a formare un palatium exterius e un palatium interius. Entro quest' ultimo sono le camere private del pontefice, l'archivio e la biblioteca. Corrispondevano nell'area sottostante all'odierna Scala Santa, e di recente vi si trovarono resti d'affreschi. Sotto Innocenzo III (1198-1216) e Nicolò III (1277-1280) la cappella privata del pontefice fu ricostruita a più alto livello e poi ancora rifatta, e costituì l'odierno Sancta Sanctorum ov'è l'immagine Acheropita del Salvatore (v. acheropita). Vi furono riposte tutte le più importanti reliquie del Laterano. Accanto a questi edifici, un'ala comprendeva il grande triclinio costruito da Leone III (795-816). Dei suoi mosaici abbiamo il riflesso nella decorazione di una grande abside sulla piazza avanti alla basilica lateranense. Ma l'abside fu ricostruita in senso opposto all'antica e il mosaico fu dovuto tutto rifare su copie. Importante il soggetto della composizione musiva, perché vi si scorge la missione di Pietro e, nell'arco trionfale, Carlomagno investito della potestà imperiale e ordinato come protettore della Chiesa romana. Non lontano dal triclinio era l'oratorio di S. Nicola che fu ricostruito da Callisto II, il quale ne fece il monumento del trionfo del papato sugl'imperatori germanici, dopo il concordato di Worms (23 settembre 1122). Molto per tempo si formò un monastero presso la basilica lateranense (S. Pancrazio al Laterano) dove ripararono i profughi cassinesi. Di questa residenza monastica è ricordo il bel chiostro, che però nella sua forma attuale risale al sec. XIII ed è opera dei Vassalletti. Attorno al battistero venne una corona di splendidi oratorî, fra cui quelli della Croce, di S. Giovanni Battista e di S. Giovanni Evangelista edificati da papa Ilario (461-468). Il primo fu distrutto da Sisto V, il secondo è assai trasformato, solo il terzo conserva la vòlta con mosaico del secolo V avente al centro l'Agnus Dei. Giovanni IV (640-642) trasferì nell'oratorio di S. Venanzio (che preesisteva, ma che egli rinnovò e decorò con mosaici) le spoglie dei martiri di Salona (Dalmazia). La cappella è ancora visibile con tutto il suo ornato musivo. La basilica lateranense, in parte caduta nel terremoto del tempo di Stefano VI (896-899) incendiatasi nel 1308, rifatta parzialmente varie volte e più volte ridecorata, aveva mutato il nome del titolare. Prima dedicata al Salvatore Gesù Cristo e chiamata altresì nei testi basilica Constantiniana, quasi fosse il "titolo" imperiale, ebbe poi il nome di S. Giovanni Battista.
Tutto questo gruppo lateranense appariva ancor splendido nel basso Medioevo, così da giustificare l'entusiastico accenno dantesco (Paradiso, XXXI, 34). Dopo il gruppo del battistero, si vedeva la facciata laterale della basilica (testata del transetto) con le due torri campanarie ancora esistenti. Dietro era l'abside protetto da un deambulatorio forse di costruziqne costantiniana (e non leoniana, come si crede), demolito sotto i papi Pio IX e Leone XIII. Veniva appresso l'antico palazzo (sostituito dall'odierna costruzione del Fontana eretta sotto Sisto V, 1586-1590) e si vedeva, alla testata dell'aula concilii, la loggia della benedizione, di forme gotiche. Poi la mole del palazzo svoltava e, a un certo punto, vi era un ingresso per cui si accedeva alla Scala Santa, quella stessa che fu poi trasferita avanti all'oratorio del Sancta Sanctorum e che, per tradizione, si credeva fosse la medesima del palazzo di Pilato a Gerusalemme.
Su questo complesso di edifici si levavano delle torri: una aveva nell'interno la grande carta geografica, orbis pictus, di papa Zaccaria, e vi era quella su cui stava la lupa mater Romanorum (la lupa di bronzo del Campidoglio). Sul campo lateranense appariva la statua equestre di Marco Aurelio creduta nel Medioevo il caballus Constantini, e, nel '500, fatta trasportare da Michelangelo sulla piazza del Campidoglio. La facciata della basilica aveva un atrio colonnato con mosaici in cui era svolta la leggenda di Costantino; oggi è del tutto scomparsa e domina in sua vece l'armoniosa facciata di A. Galilei (1733-1735). L'interno, che già nel primo Rinascimento era stato deturpato da pilastri (su cui tuttavia vennero gli affreschi di Gentile da Fabriano e del Pisanello) ebbe grandi variazioni al tempo di Clemente VIII, quando si fece la navata traversa (clementina) e poi al tempo d'Innocenzo X, fra il 1647 e il 1650, quando Borromini occultò in pesanti e fredde murature tutta la parte anteriore.
Resta l'antico ospedale del Salvatore fondato dal card. Giovanni Colonna agl'inizî del '200 (ma vi era già nell'antico Laterano uno xenodochium) ed ampliato in seguito, specie nel secolo XV, per lascito di Everso dell'Anguillara, indi rifatto ancora, nel secolo XVI. Vi stava la compagnia dei Raccomandati del Salvatore ad Sancta Sanctorum, una delle più antiche confraternite patrizie del Medioevo.
Il palazzo pontificio-sistino, che ha le classiche forme del primo barocco romano ed è fastosamente decorato dai manieristi dell'ultimo Cinquecento, ospita oggi nel piano terreno e in parte del primo le collezioni dei Musei profano e cristiano, il primo istituito al tempo di Gregorio XVI (circa il 1838), il secondo sotto Pio IX (1854), e nei piani primo e secondo il Museo missionario etnologico fondato da Pio XI (1926), comprendente i documenti della storia delle Missioni e le relative raccolte etnografiche; ma la grande sala papale rimane libera.
Bibl.: Ch. Rohault de Fleury, Le Latran au Moyen Âge, Parigi 1877; Ph. Lauer, Le palais de Latran, Parigi 1911; S. Ortolani, S. Giovanni in Laterano, Roma s. a.; G. B. giovenale, Il battistero Lateranense, Roma 1929; H. Grisar, Die römische Kapelle Sancta Sactorum und ihr Schatz, Friburgo in B. 1908; O. Marucchi, Guida del Museo Lateranense profano e cristiano, Roma 1922; C. Cecchelli, Mater Ecclesiarum, inL'Illustrazione vaticana, II, nn. 11-12-13; 15 giugno, 30 giugno e 15 luglio 1931.
I concilî lateranensi.
Abbastanza numerosi furono i concilî romani tra il sec. IV e il VI, particolarmente sotto i papi Simmaco e S. Gregorio Magno, ma non tutti furono tenuti nel Laterano. Per esempio, in San Clemente ebbe luogo l'udienza solenne accordata da papa Zosimo a Celestio nel 417, certamente nella basilica lateranense ebbero luogo invece i concilî del 487, sotto Felice II (tenuto per provvedere alla chiesa africana, dove infieriva la persecuzione dei Vandali ariani) e del 601, sotto Gregorio Magno.
Ma col nome di concilî lateranensi sono conosciuti generalmente i concilî ecumenici tenuti in Roma, fino al Concilio vaticano (1870). Il primo (IX ecumenico) fu tenuto nel 1123 ed ebbe per oggetto principale l'approvazione del concordato di Worms, con cui terminò la lotta delle Investiture (v.). Il secondo (X ecumenico) fu nell'aprile 1139, in conseguenza dello scisma di Anacleto II: il papa legittimo, Innocenzo II, vi scomunicò Ruggiero re di Sicilia, sostenitore dell'antipapa; furono condannati varî eretici (petrobrusiani, enriciani, arnaldisti), ed emanati varî canoni disciplinari. Il terzo (XI ecumenico) fu tenuto nel 1179 da Alessandro III, dopo la sottomissione dell'antipapa Callisto III e in esecuzione d'una delle condizioni della pace di Venezia, vi furono condannati i valdesi, e si decise che l'elezione del papa sarebbe stata riservata al collegio dei cardinali, considerando eletto solo colui che avesse raccolto i ⅔ dei suffragi; si provvide a risolvere varie questioni suscitate dallo scisma e furono approvati altri canoni riguardanti la disciplina e la morale. Più celebre di tutti, e conosciuto come il Concilio lateranense per eccellenza, è il quarto (XII ecumenico) tenuto da Innocenzo III nel 1215. Fra i decreti approvati, ve ne sono d'importantissimi: così il I canone contiene una professione di fede, che definisce il dogma della transustanziazione. Fu condannato in questo concilio Gioacchino da Fiore; fu riaffermato il primato del pontefice romano (collocando dopo la sede apostolica i patriarcati di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme); fu infine imposto l'obbligo della confessione a tutti i fedeli almeno una volta all'anno (can. 21).
Il quinto Concilio lateranense (XVIII ecumenico) ebbe luogo sotto Giulio II e Leone X, dal 1512 al 1517; fu soprattutto la risposta della Chiesa romana al conciliabolo di Pisa, tenuto per istigazione soprattutto di Luigi XII re di Francia. Il concilio, tra l'altro, condannò il Pomponazzi e approvò il concordato con Francesco I; gli aderenti al conciliabolo pisano vi fecero atto di sottomissione al pontefice.
Nel 1725, vi fu tenuto ancora un concilio, che riunì soltanto i vescovi e arcivescovi senza suffraganei immediatamente soggetti alla S. Sede; Benedetto XIII vi confermò solennemente la bolla Unigenitus, contro i giansenisti.
I patti lateranensi.
Con questo nome si designano gli atti sottoscritti nella grande sala papale del palazzo Lateranense l'11 febbraio 1929 dai plenipotenziarî della Santa Sede e del Regno d'Italia - rispettivamente il cardinale Pietro Gasparri segretario di stato di Pio XI e il primo ministro e capo del governo d'Italia Benito Mussolini - con i quali atti fu definitivamente conchiuso il conflitto sorto fra la Santa Sede e l'Italia in seguito all'occupazione di Roma nel 1870, e furono regolate per il futuro le condizioni della religione e della Chiesa in Italia.
Per i precedenti storici degli accordi, le trattative che portarono alla conclusione dei medesimi, il conflitto sorto in seguito fra le parti contraenti per l'interpretazione di alcune clausole di essi accordi, v. romana, questione, per le questioni relative alla personalità giuridica del nuovo stato creato dai patti lateranensi v. vaticano, città del; si accennerà qui esclusivamente alle più essenziali disposizioni contenute negli atti.
I patti lateranensi comprendono due atti distinti: 1. un Trattato (in 27 articoli e una premessa) al quale fanno seguito quattro allegati; 2. un Concordato in 45 articoli e una premessa.
Col Trattato - premesso "che la S. Sede e l'Italia hanno riconosciuto la convenienza di eliminare ogni ragione di dissidio fra loro esistente con l'addivenire a una sistemazione definitiva dei reciproci rapporti, che sia conforme a giustizia e alla dignità delle due alte parti" - l'Italia riconosce che "la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello stato" (art. 1), "riconosce la sovranità della S. Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura" (art. 2); "riconosce alla S. Sede la piena proprietà e l'esclusiva e assoluta potestà e giurisdizione sovrana nel Vaticano... creandosi per tal modo la Città del Vaticano", i confini della quale sono indicati nella pianta che costituisce l'allegato I del Trattato (art. 3); dichiara punibile l'attentato contro la persona del sommo pontefice con le stesse pene stabilite per l'attentato contro la persona del re (art. 8); è stabilito che saranno "soggette alla sovranità della S. Sede tutte le persone aventi stabile residenza nella città del Vaticano" (art. 9); l'Italia riconosce alla S. Sede il diritto di legazione attivo e passivo (art. 12). Negli articoli 13, 14, 15, 16 l'Italia riconosce alla S. Sede la piena proprietà di alcuni edifici sacri e profani; stabilisce per alcuni di essi (basilica e palazzo apostolico lateranense; basilica di Santa Maria Maggiore; basilica di S. Paolo; palazzo pontificio di Castel Gandolfo; villa Barberini in Castel Gandolfo; palazzi della Dataria, della Cancelleria, di Propaganda Fide, di S. Calisto in Trastevere, dei Convertendi, del S. Uffizio, del Vicariato; immobili nel Gianicolo), descritti nelle dodici tavole costituenti l'allegato II del Trattato, il privilegio della extraterritorialità e dell'esenzione da espropriazione e tributi; per altri (palazzi annessi a chiese o sedi di istituti pontifici) descritti nelle nove tavole costituenti l'allegato III del Trattato, è stabilito invece il semplice privilegio dell'esenzione da espropriazioni e tributi. Il privilegio della extraterritorialità è esteso anche agli "edifici nei quali la S. Sede in avvenire crederà di sistemare altri suoi dicasteri" e a tutte "le chiese, anche fuori di Roma, durante il tempo in cui vengano nelle medesime, senza essere aperte al pubblico, celebrate funzioni con l'intervento del sommo pontefice". Con l'art. 20 "la S. Sede dichiara che essa vuole rimanere e rimarrà estranea alle competizioni temporali fra gli altri stati e ai congressi internazionali indetti per tale oggetto.... In conseguenza di ciò la Città del Vaticano sarà sempre e in ogni caso considerato territorio neutrale e inviolabile". Con speciale convenzione finanziaria sottoscritta unitamente al Trattato "la quale costituisce l'allegato V al medesimo e ne forma parte integrante" (art. 25 del Trattato; premessa della Convenzione) "l'Italia si obbliga di versare, allo scambio delle ratifiche del Trattato, alla S. Sede la somma di lit. 750.000.000 e consegnare contemporaneamente alla medesima tanto consolidato italiano 5% al portatore (col cupone scadente al 30 giugno 1929) del valore nominale di lit. 1.000.000.000" (art. 1 dell'allegato IV); "la S. Sede dichiara di accettare quanto sopra a definitiva sistemazione dei suoi rapporti finanziarî con l'Italia in dipendenza degli avvenimenti del 1870" (art. 2 stesso allegato). Con l'art. 26 del Trattato la S. Sede "ritiene" che con gli accordi sottoscritti "le viene assicurato adeguatamente quanto le occorre per provvedere con la dovuta libertà e indipendenza al governo pastorale della diocesi di Roma e della Chiesa cattolica in Italia e nel mondo; dichiara definitivamente e irrevocabilmente composta e quindi eliminata la questione romana e riconosce il regno d' Italia sotto la dinastia di casa Savoia con Roma capitale dello stato italiano. Alla sua volta l'Italia riconosce lo stato della Città del Vaticano sotto la sovranità del sommo pontefice. È abrogata la legge 13 maggio 1871, n. 214 e qualunque altra disposizione contraria al... Trattato".
Il concordato fra la S. Sede e l'Italia s'inizia premettendo che "fin dall'inizio delle trattative fra la S. Sede e l'Italia per risolvere la questione romana la S. Sede stessa ha proposto che il Trattato relativo a detta questione fosse accompagnato, per necessario complemento, da un concordato inteso a regolare le condizioni della religione e della Chiesa in Italia". Le disposizioni del concordato sono ampiamente riferite in tutte le voci dedicate ad argomenti interessanti il diritto ecclesiastico italiano; basti qui ricordare: l'art.1, secondo il quale "il governo italiano avrà cura di impedire in Roma tutto ciò che possa essere in contrasto" col "carattere sacro della città"; l'art. 16, secondo il quale le parti contraenti procederanno "ad una revisione della circoscrizione delle diocesi, allo scopo di renderla possibilmente rispondente a quella delle provincie dello stato" fermo restando "che nessuna parte del territorio soggetto alla sovranità del regno d'Italia dipenderà da un vescovo la cui sede si trovi in territorio soggetto alla sovranità di altro stato" e viceversa; gli art. 19-20 che fissano le modalità di scelta degli arcivescovi e vescovi e stabiliscono la formula del giuramento di fedeltà che i vescovi dovranno prestare nelle mani del capo dello stato prima di prendere possesso delle loro diocesi; l'art. 34, secondo il quale l'Italia "riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili"; l'art. 36 secondo il quale l'Italia "considera fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica l'insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica" e sono fissate le modalità secondo le quali detto insegnamento sarà impartito nelle scuole elementari e medie; l'art. 43, secondo il quale "lo stato italiano riconosce le organizzazioni dipendenti dall'Azione cattolica italiana, in quanto esse, siccome la S. Sede ha disposto, svolgono la loro attività al di fuori di ogni partito politico e sotto l'immediata dipendenza della gerarchia della Chiesa per la diffusione e l'attuazione dei principî cattolici".
Trattato e concordato sono entrati in vigore immediatamente dopo lo scambio fra le parti contraenti delle ratifiche ai due atti del sommo pontefice e del re d'Italia (7 giugno 1929). Ai due atti fu data esecuzione nel regno d'Italia con legge 27 maggio 1929, n. 810. Le norme per l'esecuzione della convenzione finanziaria con la Santa Sede furono fissate con regio decreto 27 maggio 1929, n. 851.
Bibl.: Il testo ufficiale del Trattato, coi quattro allegati; del concordato; della legge 27 maggio 1929 e del decreto 27 maggio 1929 è edito in Gazzetta ufficiale del regno d'Italia, LXX, n. 130 (straordinario) del 5 giugno 1929. Nella Rassegna settimanale della stampa estera del 12-19 e 26 febbraio 1929 sono contenuti i commenti dei giornali esteri; discorsi pronunciati alla Camera italiana sono stati editi a cura di B. Mussolini (Roma 1929). Il testo del Trattato e del concordato secondo le primitive richieste della Santa Sede è stato edito da M. Missiroli (Date a Cesare, Roma 1929, pp. 429-459).