DELLA TURCA, Lanfranco
Nacque a Genova nella seconda metà del sec. XII da Giacomo, console nel 1184 e nel 1187,e da Giulietta, di cui si ignora il casato. Nel 1187 gli Annali ricordano il grave episodio con cui il D. esordì sulla scena genovese: insieme con alcuni sicari - "latrunculis et servientibus", come li definisce Ottobono scriba (ibid.) - egli uccise Angelerio De Mari, console in carica e collega di suo padre. Da tempo ormai la lotta sanguinosa tra i "De Volta" e i "De Curia" si era sfilacciata in una serie di conflitti familiari di non facile interpretazione. Infatti, espulsi dalla città gli assassini del De Mari (che il Bach considera membro dei "De Curia", attribuendo perciò il D. alla fazione avversa), trascorso solo un anno dal grave fatto di sangue. la mediazione di Pietro, cardinale prete del titolo di S. Cecilia e legato del papa, portò ad un accordo tra il D., riammesso in città, e Bulbonoso, che gli Annali segnalano come capo della consorteria dei "De Curia".
Secondo le tavole genealogiche compilate dal Belgrano a corredo della sua edizione del primo registro della curia arcivescovile, i Della Turca deriverebbero dallo stesso ceppo degli Avvocato e dei Pevere, membri influenti proprio della consorteria dei "De Curia" (cfr. Registrum curie archiepiscopalis Ianue, a cura di L. T. Belgrano, in Atti della Società ligure di storia patria, II[1862], tav. XXII). A quest'ultima il D. appare del resto legato anche in un atto del i 19 1, relativo ad una complessa operazione volta a consolidare i rapporti di parentela tra gli Avvocato e i Leccavella col consiglio dei Pevere e della stessa famiglia dei Della Turca. Giovanni Avvocato (membro autorevole dei "De Curia", tanto da diventarne nel 1194 uno dei consoli) aveva sposato la figlia di Opizzo Leccavella (ucciso nel 1187 su istigazione dei Doria, appartenenti ai "De Volta"), e ne aveva ricevuto in dote un cospicuo patrimonio. Il D. fu teste all'atto in cui l'Avvocato cedette a Mabilia, vedova del Leccavella, i beni immobili portatigli in dote dalla moglie. Infine, in un atto del 1192, è ricordato un appezzamento di terra indiviso tra gli Avvocato, i Pevere Bulbonoso e i Della Turca. Questo intrico di rapporti patrimoniali e familiari, ora di non facile comprensione, lascerebbe dunque supporre che il D., pur appartenendo ai "De Curia", fosse entrato in conflitto con gli altri membri della consorteria per motivi a noi non noti, contribuendo a quel processo degenerativo della lotta interna cittadina che portò alla istituzione del podestà.
Ritornato a Genova, il D. si dedicò attivamente ai traffici, partecipando al commercio marittimo, in particolare coi porti africani, ed investendo i guadagni che ne ritraeva nell'acquisto di beni fondiari in città, destinati ad accrescere il patrimonio immobiliare della famiglia. In un atto del 1203 è ricordata una sua casa. Nel 1205 una sua nave era in viaggio per Messina con un carico di panni da smerciare sul mercato siciliano, mentre un'altra nave (o la stessa), su cui erano imbarcati molti mercanti, faceva rotta per il Mediterraneo orientale. Sempre nello stesso anno, ereditò la cospicua fortuna patema, insieme col fratello Arnaldo e coi figli dell'altro fratello, Giacomo, che era premorto al loro padre. Nel 1207è ricordata un'altra sua casa in città, posta nel quartiere detto Domoculta. Dieci anni dopo, egli vendette al priore del monastero di S. Siro una casa posta sulle terre del monastero. Nel 1221 il suo palazzo, situato in Lardara, nel borgo di Sestri Ponente, accoglieva sotto il portico la statio di un notaio. Nel 1222 e nel 1224il D. risulta aver finanziato mercanti in procinto di partire per il porto africano di Ceuta.
Attiva fu altresì la partecipazione del D. alla vita politica di Genova, come membro dell'oligarchia che, formata dalle vecchie famiglie di origine consolare e da altre famiglie arricchitesi col commercio, affiancò il podestà forestiero nel governo cittadino. Nel 1210gli Annali ricordano una sua missione diplomatica presso il "Massemuto", il sultano del Marocco, capo della tribù dei Masmudi. Nel 1216,ultimo anno in cui il regimeconsolare fu preferito in Genova a quello podestarile, il D. divenne console. Durante il suo mandato venne allestita una flotta comunale, che risultò formata da 10 galee nuove e da 10 vecchie, riparate per l'occasione. Per finanziare l'allestimento di questa flotta venne imposta una colletta di 3 denari per lira sul. patrimonio immobiliare di ogni cittadino. Tale iniziativa fu presa perché in città era giunta la notizia che a Costantinopoli si stava armando una flotta venetopisana, forse per assalire i convogli genovesi provenienti dall'Oriente. Due anni dopo, il D. compare tra i "consiliatores"che sottoscrissero l'accordo tra Genova e Tortona.
Nel 1219 fu teste all'atto in cui il podestà di Genova Rambertino di Guido Bo, varelli e alcuni condomini di Carpena nominarono un arbitro per dirimere le controversie su Marola ed altre località poste nella Riviera di Levante. Nel 1221affiancò il podestà come membro della magistratura degli Otto nobili, incaricata in modo particolare di occuparsi dell'amministrazione finanziaria del Comune. L'anno seguente fece parte dell'esercito cittadino inviato alla conquista di Ventimiglia in rivolta ed assistette alla resa della città nelle mani del podestà di Genova, Spino di Soresina. Nel 1224fu teste all'atto in cui i signori di Vezzano strinsero alleanza con Genova; l'anno seguente è ricordato tra i "consiliatores" che sottoscrissero l'accordo tra la città e Montpellier; nel 1227 fu teste all'atto in cui il Comune di Genova accettò l'arbitrato di quello milanese per dirimere le controversie con Alba e Alessandria; l'anno dopo, come consigliere, ratificò l'alleanza tra Bonifacio II del Monferrato, Asti e Genova contro Alessandria. Del Consiglio maggiore del Comune fece parte anche nel 1229,quando sottoscrisse l'accordo di commercio e di navigazione con Marsiglia. Dopo questa data, non si hanno altre sue notizie.
Fonti e Bibl.: Liber iurium Reipublicae Genuensis, in Historiae patriae monum., I, Augustae Taurinorum 1854, doc. CCCXL, coll. 325 s.; DXXVII, coll. 584 ss.; DXXXII, col. 602; DLV, col. 643; DLXXVI, col. 675; DCVII, col. 724; DCXXIV, col. 762; DCLXXV, col. 861; V. Poggi, Series rectorum Reipublicae Genuensis, ibid., XVIII, ibid. 1901, pp. 995, 999, 1002; Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, II, a cura di L.T. Belgrano-C. Imperiale di Sant'Angelo, Roma 1901, in Fonti per la storia d'Italia, XII, ad Indicem; Liber magistri Salmonis, Sacri Palatii notarii (1222-26), a cura di A. Ferretto, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XXXVI (1906), ad Indicem; Documenti intorno alle relazioni tra Albae Genova, a cura di A. Ferretto, Pinerolo 1906, docc. XLVII, LVI; Codice diplom. della Repubblica di Genova, II, a cura di C. Imperiale di Sant'Angelo, Roma 1938, in Fonti per la storia d'Italia, LXXIX, docc. 147 pp. 288 s.; 169 p. 317; Giovanni di Guiberto (1200-1211), a cura di M. W. Hall Cole et al., in Notai liguri del sec. XII, Genova 1940, ad Indicem; Lanfranco (1202-1226), a cura di H. G. Krueger-R. L. Reynolds, ibid., Genova 1951-53, ad Indicem; G. Airaldi, Le carte di S. Maria delle Vigne di Genova (1103-1392), Genova 1969, ad Indicem; A. Basili-L. Pozza, Le carte del monastero di S. Siro di Genova (952-1224), Genova 1974, ad Indicem; A. Ferretto, Annali storici di Sestri Ponente e delle sue famiglie, in Atti della Soc. ligure di storiapatria, XXXIV (1904), ad Indicem; V. Vitale, Come si procurava un ufficio nel sec. XIII, in Giorn. stor. lett. della Liguria, VI (1930), p. 170; Id., Il Comune del podestàa Genova, Milano-Napoli 1951, pp. 18, 257; Id., Breviario della storia di Genova, I, Genova 1955, p. 54; E. Bach, La cité de Gênes au XIIe, siècle, København 1955, p. 155.