LANDOLFO
Principe di Capua e Benevento, terzo di questo nome, fu associato al padre Landolfo (II) e al fratello Pandolfo (I) Capodiferro nel 959. L. non governò mai da solo e direttamente, ma "tenuit principatum una cum suo germano annos octo" (Chronicon Salernitanum, p. 173 [cap. 170]). Ebbe due figli: Landolfo (V) di Sant'Agata, principe di Capua dal 1000 al 1007, e Pandolfo (II principe di Benevento 981-1014; III principe di Capua 1008-14).
Nel 961, alla morte di Landolfo (II), il Chronicon Salernitanum (p. 170 [c. 166]) narra che "Beneventanorum principatum eius filii Pandolfum et Landulfum bifarie regebant […] communi indivisoque iure", fedeli dunque alla tradizione di unità di governo di Capua e Benevento avviata da Atenolfo (I).
Nell'estate o nell'autunno dello stesso anno i due fratelli dovettero affrontare un esercito di romani, toscani e spoletini capeggiato da papa Giovanni XII che, approfittando della recente morte di Landolfo (II), aveva organizzato una spedizione militare con l'intento dichiarato di tradurre su piano concreto la giurisdizione papale esistente sulla capitale longobarda fin dai tempi di Carlo Magno e di papa Adriano I. L'intervento militare di Gisulfo (I) di Salerno, la cui alleanza con il Principato di Capua e Benevento si era mantenuta anche dopo la morte di Landolfo (II), colse alla sprovvista le truppe pontificie e indusse Giovanni XII a tornare a Roma senza nemmeno dare battaglia. Fu questo però l'episodio conclusivo dell'alleanza ormai decennale fra le due dinastie longobarde di Capua e di Salerno, dal momento che l'anno successivo Gisulfo (I) firmò un trattato di alleanza con il pontefice a Terracina.
Diversa fu invece la scelta politica di Pandolfo (I) e, presumibilmente, del fratello L.: dopo l'incoronazione imperiale di Ottone I, avvenuta nel febbraio 962 a Roma, il principe capuano si dichiarò fedele al sovrano sassone ancora prima che questi raggiungesse l'Italia meridionale, ottenendone in cambio il Ducato di Spoleto e la Marca di Camerino. Per lo stesso motivo Giovanni, fratello di Pandolfo (I) e di L., fu consacrato arcivescovo da papa Giovanni XIII nel 968 e Capua divenne la prima sede metropolitana latina dell'Italia meridionale. Lo stesso avvenne anche per Benevento l'anno successivo, portando così nelle mani del potente casato capuano il controllo congiunto delle strutture ecclesiastiche e civili del territorio.
Nel febbraio 968 i principi Pandolfo (I) e L. ospitarono a Capua l'imperatore Ottone I che progettava di invadere la Puglia e la Calabria, stanco della lentezza dei negoziati per il riconoscimento ufficiale del nuovo Impero occidentale da parte di Costantinopoli. Un mese dopo, l'imperatore, accompagnato dai due sovrani longobardi, marciò su Bari: l'assedio durò pochi giorni e le truppe imperiali si ritirarono al Nord, per l'impossibilità di espugnare la città. Il 4 giugno 968 il vescovo di Cremona Liutprando fu incaricato da Ottone di recarsi a Costantinopoli per riprendere i negoziati interrotti tre mesi prima a Capua. Nel corso delle trattative l'imperatore Niceforo Foca pose, fra le altre condizioni, quella che Ottone I non intervenisse a difesa di Pandolfo (I) e L., traditori e ribelli, e qualora lo stratega di Bari avesse marciato su di loro: "unum saltem efficito: scilicet dominum tuum principibus Capuano et Beneventano servis meis, quos oppugnare dispono, nullum auxilium collaturum" (Liutprando, p. 189).
Dal discorso di Niceforo riportato da Liutprando si apprende anche che i due principi capuani avevano già preventivamente chiesto al basileus di essere riammessi fra i suoi vassalli, nella speranza di poter meglio preservare la propria indipendenza conservando una posizione intermedia fra i due imperatori.
Nell'autunno 968 Pandolfo (I) e L. accompagnarono nuovamente Ottone I in una spedizione militare in Puglia. La cronaca degli avvenimenti narra che l'azione si concentrò solo su città di secondaria importanza, per poi trasferirsi in Lucania e in Calabria nella primavera 969. Nel maggio 969 l'esercito tedesco assediò Bovino, città-chiave per il controllo delle vie di comunicazione fra Benevento e il litorale, oltre che tra le capitali longobarde e il santuario del Gargano.
L. morì a Benevento nel corso delle operazioni militari, in una data incerta, che Bertolini (1923, p. 124 n. 3) colloca nel dicembre 968 o nel 969. L. lasciò erede il giovane figlio Pandolfo (II).
Abbandonato il campo di battaglia, il Capodiferro rientrò nella capitale ed esautorò il nipote, associando invece al trono il giovane figlio Landolfo (IV).
Come già i loro predecessori, anche L. e Pandolfo (I) Capodiferro furono munifici nei confronti delle due grandi abbazie benedettine di Montecassino e di S. Vincenzo al Volturno. I due principi non si limitarono però a confermare e ampliare il patrimonio monastico benedettino ma, in una maniera del tutto nuova, con due diplomi del 967 attribuirono alle due abbazie la piena giurisdizione sui territori di loro pertinenza, tramite la concessione di rocche e castelli già innalzati e l'attribuzione del diritto di costruirne altri. In tal modo si tentava di contrastare, o almeno limitare, l'emergere di nuove signorie laiche, che in quegli anni si stavano imponendo come poteri autonomi.
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