LAMBAYEQUE (A. T., 153-154)
Piccola città (6000 ab.) e dipartimento del Perù settentrionale. Il dipartimento ha una superficie di 11.952 kmq. e confina con i dipartimenti di Piura (a N.), di Cajamarca (a E.) e di Libertad (a S.); a occidente è bagnato dall'Oceano Pacifico. Esso comprende una zona interna montuosa (pendici O. della Cordigliera Occidentale) e una zona costiera bassa, piatta e arida (comprende a N. la parte meridionale del Deserto di Sechura), dove l'agricoltura (coltivazione di riso, cotone, canna da zucchero, mais, ecc.) è possibile soltanto mediante l'irrigazione, che si serve delle acque dei brevi fiumi che scendono dalla Cordigliera. La popolazione (140.000 abitanti nel 1927, 12 per kmq.) vive soprattutto nella parte meridionale, dove sono tutti i centri maggiori, tra i quali il capoluogo, Chiclayo (35.000 abitanti), e i porti di Pimentel e di Etén: centri collegati tra loro da brevi ferrovie.
Nella preistoria d'America il nome di Lambayeque occupa un posto importante, non tanto per i resti archeologici, i quali sono più o meno dello stesso tipo ceramico della vicina Trujillo, quanto per l'esistenza di una leggenda che non può essere ignorata da chiunque studî il popolamento del continente sud-americano. La tradizione narra l'arrivo di una grande flotta di zattere, da cui sbarcarono uomini d'arme stranieri, comandati da un capo, Naymlap, uomo di grande valentia e talento. Lo seguivano la moglie Ceterni e gran numero di concubine, e inoltre una corte formata da varî personaggi, Xam Muchec addetto alla pittura del viso, e Pitazofi, trombettiere reale, esperto nel suonare la conchiglia marina. Tale leggenda, che non è limitata a Lambayeque, ma si raccolse con lievi varianti da tutta la zona costiera limitrofa, è di riconosciuta antichità, per averla già registrata fra Cristoforo di Molina, che seguì l'Almagro, e poi ripetuta il Balboa (1570). Gli stranieri sbarcati dalle zattere, eretto un tempio, vi collocarono un idolo, a nome Yampallec, scolpito - ciò è suggestivo - in pietra verde. Il linguista S. H. Ray non riconobbe nei nomi proprî legati a questa tradizione affinità con le lingue d'Oceania, ed è naturale, data la fonte indiretta che ci ha tramandato detti suoni. Ma l'interpretazione etnologica della leggenda porta alla conclusione che zattere, spedizioni d'avventura, trombe di conchiglia, idoli di nefrite e tipica organizzazione sociale delineino il patrimonio dei Polinesiani.