laicismo
Termine entrato nell’uso dal sec. 19° per indicare in genere ogni tendenza all’affermazione del pensiero e dell’attività dei laici, non in quanto anche membri della Chiesa cattolica, ma anzi in quanto autonomi da essa ed esclusivamente membri della società civile. Peraltro la parola ha un’accezione assai larga, comprendendo da un lato atteggiamenti sia di anticlericalismo e di vera e propria ostilità alla Chiesa sia di agnosticismo (indifferenza al discorso su Dio e sulla salvezza soprannaturale), dall’altro, ed è il significato più corrente, indirizzi di affermazione della più assoluta libertà di pensiero e ricerca scientifica. Non di rado chi parla di affermazione del l. intende come difesa di determinati valori (nell’insegnamento, nella legislazione, nell’azione politica e in genere nella costruzione della società) contro un’ingerenza del clero nella vita civile. Tuttavia, se il l., a rigore, dovrebbe volere un regime di netta separazione tra lo Stato e la Chiesa con una realtà politica statale completamente autosufficiente, nondimeno i sostenitori di esso non appaiono, né in linea di principio né nella pratica, avversi a un regime di buoni rapporti, anche definiti mediante un «concordato», come dimostra la panoramica dei sistemi vigenti nella comunità internazionale. Il termine l., quindi, indica spesso l’atteggiamento critico di certi ceti o ambienti culturali e politici sia in Paesi e momenti nei quali si ritenga essersi realizzata (anche se in modo contingente) una stretta intesa tra la gerarchia ecclesiastica (specialmente nei più alti gradi) e un regime politico, più o meno di tipo totalitario, sia in altri Paesi e momenti nei quali in regime politico democratico è avvenuta la formazione di grandi partiti che di nome e di fatto si professano ispirati a principi cristiani e alla dottrina cattolica, e che quindi, pur dichiarandosi liberi da ogni confessionalismo, come tali sono però composti e diretti da cattolici osservanti, liberamente disposti ad accettare il magistero della Chiesa anche in campo politico-sociale e la conseguente influenza delle autorità ecclesiastiche sulla loro attività politica. Nel qual caso l. viene a denotare un atteggiamento politico e culturale che, pur accettando necessarie intese con i «cattolici» in senso stretto, cerca di frenare, per es., la creazione di nuove scuole confessionali avversando la «parità» fra scuole libere e scuole dello Stato, l’ampliarsi oltre certi limiti della proprietà ecclesiastica, l’estendersi di certe forme di censura conformi alla visione morale della Chiesa. È ovvio che, in quanto implichi un’evidente ostilità alla Chiesa, ogni forma di l. non può non essere condannata da questa. È invece riconosciuta dalla Chiesa una legittima autonomia (laicità) delle realtà terrene nel contesto di un dialogo tra Chiesa e mondo ove, nel rispetto dell’indipendenza e sovranità degli ordinamenti, congiuntamente si coopera alla promozione dell’uomo e per il bene della società. Per estensione di questo significato originario, il termine è usato oggi per indicare, più genericamente, ogni atteggiamento che voglia garantire l’autonomia culturale e politica degli individui e delle organizzazioni, contro ogni tentativo di imporre, attraverso il potere statale, concezioni filosofiche, religiose o politiche proprie di particolari gruppi: sicché l. indica opposizione non solo allo Stato confessionale ma più generalmente allo Stato fondato su una qualsivoglia ideologia.