La seconda rivoluzione scientifica: matematica e logica. La topologia algebrica all'inizio del XX secolo
La topologia algebrica all'inizio del XX secolo
Le radici della topologia algebrica affondano nell'analisi. Gli esempi dai quali prende le mosse, e che ne costituiscono la preistoria, sono la ben nota formula di Euler V−S+F=2 per poliedri convessi, l'invariante integrale per i links di Carl Friedrich Gauss, i primi passi di una classificazione dei nodi basata sull'intuizione iniziata dallo stesso Gauss e proseguita da William Thomson (lord Kelvin) e Peter Guthrie Tait e, infine, le ricerche di Georg Friedrich Bernhard Riemann sulle funzioni complesse. L'estensione di queste idee, in particolare per opera di Jules-Henri Poincaré e Luitzen Egbertus Jan Brouwer, ha suggerito nuovi metodi, problemi e punti di vista che hanno influenzato molto la matematica del XX secolo. In questo capitolo seguiremo alcune delle linee di ricerca che hanno origine nell'articolo Analysis situs e nei suoi vari Compléments che Poincaré scrisse tra il 1895 e il 1904. Nozioni fondamentali come quelle di varietà, omologia e gruppo fondamentale compaiono in questi lavori in un quadro nuovo e convincente, assieme a problemi che sfidano ancora oggi i matematici.
In una serie di memorie Sur les courbes définies par une équation différentielle del 1885 sulle proprietà globali delle curve soluzione di equazioni differenziali su superfici orientabili, Poincaré introdusse alcune nozioni topologiche relative alla caratteristica di Euler di una superficie Σ e al comportamento delle singolarità di un flusso su Σ. Il risultato principale fu il teorema dell'indice: se il numero di punti singolari di un flusso su una superficie orientabile Σ è finito, la somma degli indici nei punti singolari è la caratteristica di Euler di Σ: V−S+F=2−2p, dove p è il genere (numero di manici) della superficie. Questo importante teorema ha conseguenze di tipo analitico: il toro è l'unica superficie chiusa, compatta e orientabile sulla quale è possibile definire un flusso privo di singolarità, una sfera deve avere almeno un punto singolare (risultato detto familiarmente 'teorema della palla pelosa': una sfera non è 'pettinabile', ossia vi è almeno un punto della terra in cui non c'è vento).
Nella dimostrazione del teorema si considerano in particolare gli 1-cicli sulla superficie associando a essi un numero. Come nel caso di un integrale curvilineo complesso, quando il ciclo racchiude una singolarità l'indice contribuisce al dato globale costituito dalla caratteristica di Euler.
Poincaré generalizzò queste idee in dimensione superiore introducendo la nozione di omologia. I dati di una superficie, (cioè il fatto di essere o non essere orientabile e la sua caratteristica di Euler), permettono di classificare le superfici chiuse, come era stato dimostrato da Walther von Dyck (1856-1934) nel 1888. Poincaré cercò invarianti analoghi di tipo topologico per mezzo dei quali classificare le varietà a meno di omeomorfismi. Il comportamento degli integrali di forme differenziali definite su una data varietà V gli suggerì la definizione di una relazione tra le sottovarietà di V. Se V è di dimensione p e W è una sottovarietà di dimensione q⟨p, allora il bordo di W, se non è vuoto, si compone di λ sottovarietà ν1, ν2,…,νλ di dimensione q−1. Poincaré definisce la relazione ν1+ν2+…νλ ∼0, e più in generale k1ν1+k2ν2∼k3ν3+k4ν4 se esiste una sottovarietà W il cui bordo è formato da k1 copie di ν1 e k2 copie di ν2, k3 copie di −ν3 (ν3 con orientazione opposta) e k4 copie di −ν4; queste copie sono 'un po' diverse tra loro'. Egli chiama queste relazioni 'omologie'.
L'attenzione all'orientazione è motivata dall'integrazione. In particolare, se una forma differenziale ω soddisfa certe condizioni, la relazione ν1+ν2+…+νλ∼0 implica ∑λi=1∫viω=0. Scrive Poincaré nell'articolo del 1895, Analysis situs :"si deve, ben inteso, per ciascuna di esse fare attenzione al verso dell'integrazione".
Le omologie permettono di definire i numeri di Betti di una varietà. Poincaré afferma che queste 'somme' di sottovarietà si comportano come equazioni ordinarie e quindi le varietà ν1,ν2,…,νλ di dimensione q−1 sono linearmente indipendenti se nessuna loro combinazione lineare appartiene a un'omologia. Egli denota con Pq−1−1 il massimo numero di varietà chiuse linearmente indipendenti nel senso detto, e chiama Pq−1 il (q−1)-esimo ordine di connessione della varietà V; i numeri della successione P1,P2,…,Pm−1 sono i numeri di Betti di V. Nell'annunciare le proprie ricerche di topologia, nel 1892 Poincaré sottolineava che i numeri di Betti non sono sufficienti a distinguere le varietà e dava infatti un esempio di due varietà con gli stessi numeri di Betti, ma per le quali altri invarianti (i gruppi fondamentali) sono diversi.
Nel caso di varietà orientabili Poincaré usava l'indice di Kronecker dell'intersezione di sottovarietà, cioè l'intero N(ν,W) definito per varietà ν di dimensione p e W di dimensione n−p, e che è ottenuto come somma degli indici di Kronecker (±1) nei punti di intersezione di W e ν. Poincaré dimostrò che se ν1,ν2,…,νk sono di dimensione p, allora ∑kiνi≁0 se e solo se esiste una sottovarietà W di dimensione n−p con ∑kiN(W,νi)≠0. Questa è la condizione necessaria per confrontare l'insieme dei rappresentanti delle Pp−1 sottovarietà di V indipendenti, chiuse e di dimensione p, a meno di omologie, e l'insieme delle Pn−p −1 sottovarietà indipendenti, chiuse e di dimensione n−p, sempre a meno di omologie. Egli concludeva che
[1] Pp=Pn-p per p=1,2,…, n-1.
È questo il teorema di dualità di Poincaré, che osservava: "Questo teorema non è, io credo, mai stato enunciato; esso era tuttavia noto a molti che ne hanno anche fatto alcune applicazioni". In effetti, tale relazione era stata dimostrata da Charles-Émile Picard (1856-1941) per superfici complesse.
Per come erano definite, le omologie di Poincaré non escludevano fenomeni di torsione, per esempio 2W∼0 con W≁0. Nella sua tesi di dottorato, del 1898, Poul Heegaard (1871-1948) propose una costruzione di varietà tridimensionali ('gli spezzamenti di Heegaard') assieme a un'analisi dei loro invarianti topologici. I suoi metodi si basavano su idee di teoria delle funzioni complesse che aveva appreso da lezioni di Julius Petersen (1839-1910) a Copenaghen. Heegaard dà un esempio di varietà tridimensionale per la quale i numeri di Betti nel senso di Poincaré soddisfano P1=2, mentre P2=1, il che contraddice il teorema di dualità di Poincaré. La risposta di Poincaré a questa critica fu il primo Complément à l'Analysis situs, centrato su una descrizione combinatoria di una varietà in termini di celle geometriche, cioè di simplessi. Un simplesso di dimensione p è un sottoinsieme di ℝp+1 della forma
[2] ∆p={(x0,x1,…,xp)∈ℝp+1: xi≥0 e x0+…+xp=1}.
Le xi sono le coordinate baricentriche di questo simplesso. Un punto, un segmento di retta, un triangolo e un tetraedro solido sono esempi nelle dimensioni più piccole. Un complesso di celle è un'unione di simplessi nella quale due simplessi si incontrano in una faccia (un loro sottosimplesso di dimensione inferiore). Una suddivisione baricentrica è una suddivisione di un complesso di celle ottenuta decomponendo un dato simplesso nell'unione di simplessi, per esempio dividendo un segmento di retta nel suo punto di mezzo, oppure un triangolo nell'unione dei triangoli formati tracciandone le mediane.
Il rango delle matrici di incidenza associate, calcolato 'con divisione' (su ℚ) dà i numeri di Betti e 'senza divisione' (su ℤ) i numeri di torsione. Con questa distinzione Poincaré evitava le difficoltà degli esempi di Heegaard. Poincaré sviluppò ulteriormente la rappresentazione combinatoria di una varietà per dimostrare il teorema di dualità utilizzando una definizione riveduta di numeri di Betti. Il metodo di dimostrazione fa uso della nozione di suddivisione baricentrica di un complesso di celle geometrico e di quella di celle duali. La suddivisione baricentrica non cambia i numeri di Betti e supponendo che due qualunque decomposizioni di celle di una data varietà ammettano una decomposizione comune, se ne conclude che i numeri di Betti dell'Analysis situs modificati coincidono con i numeri di Betti combinatori.
La descrizione combinatoria delle varietà riportava la caratteristica di Euler alle sue origini. Poincaré dimostrò che se αp è il numero delle celle di dimensione p nel complesso che rappresenta una varietà V di dimensione n, e Pp il suo p-esimo ordine di connessione, allora
La condizione di essere una varietà n-dimensionale implica che ogni punto di V ha un intorno omeomorfo a un aperto di ℝn, e quindi, se due celle si incontrano devono incontrarsi lungo una faccia comune; inoltre ogni punto o appartiene a una faccia aperta di dimensione n, oppure è comune a un numero di n-celle sufficiente a formare un intorno omeomorfo a un aperto di ℝn. Ciò portò Poincaré alla nozione di poliedro reciproco, una triangolazione duale: data una p-cella di V, sia a0 il suo baricentro. Allora la chiusura delle (n−p)-celle di T′ ‒ la suddivisione baricentrica della triangolazione T di V ‒ che contengono il punto a0 e intersecano le p-celle trasversalmente forma un sottoinsieme omeomeorfo a una palla di dimensione n−p, e quindi a una (n−p)-cella. Ripetendo questa costruzione per ogni cella di T si arriva alla triangolazione duale T*, per la quale la matrice di incidenza è la trasposta di quella per T, e dunque i numeri di Betti soddisfano bp=bn−p perché una matrice e la sua trasposta hanno lo stesso rango. Poincaré dava così un'altra dimostrazione del teorema di dualità.
Negli anni successivi ai lavori di Poincaré la descrizione combinatoria sarebbe stata considerata l'approccio più diretto alle proprietà topologiche delle varietà.
Agli inizi del XX sec. alcune questioni fondamentali di topologia rimanevano aperte, le più importanti tra le quali erano il V problema di Hilbert (sui gruppi continui di trasformazioni delle varietà), l'invarianza topologica della dimensione e il teorema della curva chiusa di Jordan. Motivato da interessi di tipo filosofico per i fondamenti della geometria, Brouwer lavorò al V problema di Hilbert e all'approfondimento dei metodi topologici. Egli studiò con particolare attenzione i lavori di Arthur Schönflies (1853-1928) sulla topologia del piano, scoprendone rapidamente, grazie al proprio acume critico, alcune lacune, che lo allontanarono dal V problema per indirizzarlo verso questioni di fondamenti della topologia. Le sue ricerche sulle applicazioni tra superfici lo condussero al primo dei suoi teoremi del punto fisso (un'applicazione continua di una 2-sfera in sé che conserva l'orientazione ha sempre un punto fisso).
Nello stesso periodo Brouwer dimostrò anche, usando i metodi di Schönflies, che un campo vettoriale continuo su una 2-sfera ha sempre un punto singolare, nel quale il campo vale zero o infinito, migliorando così il risultato di Poincaré per il caso differenziabile. A partire da una definizione combinatoria dell'indice di Poincaré di un'applicazione egli giunse poi a una dimostrazione dell'invarianza della dimensione, aprendo così nuovi orizzonti alla topologia combinatoria. Se fino a quel momento l'attenzione era stata rivolta principalmente alla rappresentazione combinatoria di oggetti come le varietà, ai rappresentanti delle classi di omologia di una varietà e alle relazioni che determinano il gruppo fondamentale a partire dalla struttura combinatoria, ora i metodi introdotti da Brouwer permettevano di rappresentare, a meno di una deformazione, un'applicazione continua tra questi oggetti con dati combinatori, spostando così l'interesse dagli oggetti alle applicazioni tra questi.
Un esempio tipico è la dimostrazione di Brouwer dell'invarianza topologica della dimensione. Siano K e L due complessi geometrici di celle di uno spazio euclideo e f :K→L un'applicazione continua che porta vertici di K in vertici di L. La f si può approssimare con l'applicazione β:K→L definita rappresentando i punti di K con le loro coordinate baricentriche ed estendendo linearmente f dai vertici in accordo con le coordinate. Brouwer dimostrò che una suddivisione sufficientemente fine di K dà un'approssimazione omotopa a f. In altri termini, dimostrò che esiste una deformazione continua tra f e l'applicazione combinatoria β.
In questo contesto Brouwer definì il grado di un'applicazione come l'intero p−q, dove p è il numero dei punti della controimmagine di un punto generico per il quale l'applicazione conserva l'orientazione, e q il numero di quelli per cui l'orientazione si inverte e dimostra che questa differenza resta invariata per deformazioni dell'applicazione. L'approssimazione simpliciale dell'applicazione, che è uno strumento combinatorio, è così sufficiente a descrivere un invariante dell'applicazione.
Brouwer dimostrò, facendo uso del concetto di grado, un difficile risultato sul volume dal quale seguiva l'invarianza della dimensione, risolvendo così un problema aperto fin dall'inizio della teoria degli insiemi. La delicata natura delle funzioni definibili su sottoinsiemi dei reali e il problema della descrizione dello spazio fisico erano le motivazioni alla base del problema di sapere se ℝn e ℝm sono omeomorfi per n≠m. Georg Cantor (1845-1918) aveva dimostrato che esistono corrispondenze biunivoche tra ℝn e ℝm per ogni m e n e Giuseppe Peano (1858-1932) aveva costruito un'applicazione continua dall'intervallo [0,1] sul cubo [0,1]×[0,1]×…×[0,1] di ℝn, per ogni n. Se non vi fosse l'invarianza della dimensione, non potremmo sapere quante variabili richiede una funzione continua; la descrizione dello spazio fisico mediante coordinate continue rientra in questo problema. L'invarianza topologica della dimensione, un fatto intuitivo, è stata una pietra miliare per lo sviluppo della topologia, fornendo un metodo esatto che giustificava l'intuizione.
Brouwer sviluppò ulteriormente la nozione di grado di un'applicazione per dimostrare il teorema del punto fisso per le applicazioni tra sfere: una funzione continua f:Sn→Sn ha un punto fisso (un punto P tale che f(P)=P) se deg(f)≠(−1)n+1. Il suo famoso teorema del punto fisso ne è una conseguenza: una funzione continua F: en→en ha un punto fisso, dove en è l'insieme dei vettori di ℝn di lunghezza minore o uguale a 1, cioè quelli che costituiscono la sfera unitaria di ℝn. Il nuovo strumento offerto dal grado dell'applicazione, i nuovi concetti come quelli di approssimazione simpliciale e la relazione di omotopia tra applicazioni sono concetti chiave per lo sviluppo della topologia con i quali Brouwer aprì un capitolo inedito di questa disciplina.
Nonostante il rispetto con cui vennero accolti, i lavori di Brouwer erano considerati di non facile comprensione e non ebbero quindi un seguito immediato. Tra coloro che svilupparono le sue idee vi furono i matematici di Princeton Oswald Veblen (1880-1960) e James W. Alexander (1888-1971). I problemi lasciati aperti dall'approccio intuitivo dei lavori di Poincaré comprendevano l'invarianza topologica dei numeri di Betti e dei coefficienti di torsione.
Alexander, ancora studente di dottorato, dimostrò l'invarianza di questi numeri applicando l'approssimazione simpliciale e usò un argomento che evitava la dipendenza da una particolare triangolazione. Egli estese i lavori di Poincaré e di Brouwer dando una nuova dimostrazione del teorema di separazione di Jordan-Brouwer nel contesto della dualità. Questo teorema generalizza il teorema della curva di Jordan a dimensioni superiori : un sottoinsieme X di ℝn omeomorfo a una sfera Sn−1 divide ℝn in due parti (la dualità interno-esterno). Alexander estese la nozione di omologia in due direzioni: ai coefficienti modulo 2 ‒ che erano stati introdotti da Heinrich Tietze (1880-1964) e applicati da Alexander e Veblen ‒, dove la relazione 2W∼0 sussiste sempre, e a spazi che non sono necessariamente complessi finiti. Il teorema di dualità di Alexander per un complesso geometrico X di Sn afferma che:
Lo spazio Sn−X è il complementare di X in Sn, ed è un aperto se X è un complesso geometrico. Le classi di omologia vengono così definite per certi aperti di Sn tramite questa dualità. Alexander sviluppò anche un'omologia modulo m, per ogni intero positivo m.
Intorno al 1920 si imposero come fondamentali nella topologia combinatoria i temi riguardanti l'impiego di metodi topologici al fine di scoprire l'esistenza di punti fissi e per la ricerca di invarianti numerici, come i numeri di Betti e i coefficienti di torsione, per distinguere le varietà. Generalizzazioni di questi temi scaturirono da una migliore comprensione della descrizione combinatoria di una varietà, di quali spazi più generali si potessero descrivere e della relazione che definisce l'omologia.
Il teorema di Brouwer sui punti fissi delle applicazioni di Sn in sé fu notevolmente generalizzato da Solomon Lefschetz (1884-1972), il quale proveniva dalla geometria algebrica, dove molte nozioni combinatorie avevano già avuto interpretazioni geometriche. Data M, varietà compatta orientabile di dimensione n, Lefschetz studiò l'effetto di un'applicazione F:M→M sui cicli di ogni dimensione. L'applicazione F induce un'applicazione tra i p-cicli per 0≤p≤n che si può codificare con una matrice i cui elementi dicano quali combinazioni lineari di cicli siano immagine di un dato ciclo. Se chiamiamo Fp questa matrice quadrata e calcoliamo la somma (il numero di Lefschetz)
allora, se L(F)≠0, F ha un punto fisso.
Nel 1925 Emmy Noether (1882-1935), l'eminente algebrista di Gottinga, spiegò come gli invarianti numerici della topologia combinatoria si potessero organizzare meglio come invarianti di certi gruppi, i gruppi di Betti. I primi lavori sui gruppi di omologia furono quelli di Leopold Vietoris (1891-2002) e di Heinz Hopf (1894-1971).
Vietoris estese la teoria omologica di Max Dehn (1878-1952), Heegaard e Poincaré in due nuove direzioni. Il primo seguiva il suggerimento della Noether di usare gruppi invece di invarianti numerici. Lavorando con gli interi modulo 2, egli definì un'addizione sui cicli (somme di simplessi con bordo zero modulo 2) chiamando il gruppo dei cicli di dimensione n l'n-esimo Zusammenhangsgruppe, e il massimo numero di cicli indipendenti l'n-esimo Zusammenszahl. Ciò permise a Vietoris di ragionare con matrici a coefficienti negli interi modulo 2.
La seconda estensione fu a una classe di spazi più vasta, cioè a spazi metrici compatti. L'oggetto principale di studio, le varietà, sono spesso spazi metrici compatti, e la congettura principale della teoria delle varietà indicava una possibile lacuna tra la rappresentazione combinatoria di una varietà come complesso e la sua natura topologica di spazio. Nel 1928 Hopf, nel lavoro in cui generalizza la formula di Euler-Poincaré, presenta il formalismo per i gruppi di omologia nel quadro dei moduli sopra un anello. I simplessi di un complesso geometrico sono i generatori di un modulo libero, e il quoziente rispetto al nucleo dato dal modulo costituito dai bordi è il gruppo di omologia. Con tale formalismo Hopf dà una dimostrazione del teorema del punto fisso di Lefschetz.
Nella formulazione di Hopf dell'omologia in termini di gruppi, il grado di un'applicazione di Brouwer è caratterizzato molto semplicemente. Se M e N sono varietà orientate di dimensione n, per la dualità di Poincaré i gruppi di omologia di dimensione n,Hn(M) e Hn(N), sono isomorfi al gruppo abeliano libero ℤ. Se f:M→N è un'applicazione continua, f induce un'applicazione f*Hn(M)→Hn(N), che è un omomorfismo f*:ℤ→ℤ. Questo omomorfismo è una moltiplicazione per un intero, e si può dimostrare che questo intero, f*(1), è proprio il grado dell'applicazione.
Fino a che punto l'omologia potesse essere utilizzata per studiare spazi diversi dalle varietà fu un tema motivato in parte dalle ricerche sulla congettura principale della teoria delle varietà e dal fatto che le proprietà degli spazi topologici generali venivano sviluppate parallelamente alle idee combinatorie. Pavel Sergeevič Aleksandrov (1896-1982) propose una teoria generale per spazi compatti che era a metà strada tra le idee di Vietoris per gli spazi metrici compatti e quelle di Hopf per i complessi geometrici. Egli definì la nozione di 'nerbo di un ricoprimento': esso consta di un complesso di celle astratto i cui vertici sono gli aperti Uα del ricoprimento, e i cui p-simplessi [U0,U1,…,Up] soddisfano U0∩…∩Up≠0. Prendendo ricoprimenti sempre più fini di uno spazio, si vede che l'omologia di questo complesso di celle astratto converge a un sistema di generatori comune: si ottiene così una nozione di numeri di Betti dello spazio; per varietà compatte, questi numeri di Betti coincidono con quelli usuali.
Per estendere le idee di Aleksandrov a un qualunque spazio topologico, Eduard Čech (1893-1960) considera la famiglia di tutti i ricoprimenti aperti finiti. Questa famiglia è ordinata per inclusione (un ricoprimento più fine di un altro). Le relazioni tra i gruppi di omologia del nerbo di ciascun ricoprimento sono codificate dagli omomorfismi tra i gruppi di omologia associati. Čech introduce la nozione di limite inverso per questo sistema di gruppi, limite che si può definire come il gruppo di omologia dello spazio. In questo quadro egli poté dare nuove dimostrazioni dei teoremi di dualità di Poincaré e Alexander.
I teoremi di dualità ponevano un nuovo problema nel contesto algebrico dei gruppi di omologia. Per Poincaré, la dualità era un'uguaglianza di numeri. In che modo intendere una dualità di gruppi? La risposta fu data da Lev Semenovič Pontrjagin (1908-1988), allievo di Aleksandrov. L'idea di Pontrjagin si basava sullo studio dell'accoppiamento di gruppi abeliani G1×G2→G3. L'indice di Kronecker fornisce un accoppiamento che codifica la dualità di Alexander per omologie con coefficienti qualunque. Un linking number (numero di allacciamento) fornisce l'accoppiamento che codifica la dualità di Alexander. In un lavoro successivo, The general topological theorem of duality for closed sets del 1934, Pontrjagin riformula i teoremi di dualità della topologia presentandoli come un caso particolare della dualità tra un gruppo abeliano discreto e il suo gruppo dei caratteri. Con ciò si unificava la teoria omologica della dualità e si apriva la strada all'introduzione dei gruppi duali dei gruppi di omologia, i gruppi di coomologia.
Il calcolo dei gruppi di omologia era stato sviluppato per riflettere le operazioni che sono possibili con gli spazi topologici. Per esempio, date due varietà M e N, si ottiene una terza varietà con il prodotto cartesiano M×N. Le relazioni tra i dati omologici della varietà M×N e quelli di M e N erano state studiate nel 1923 da Hermann Künneth (1892-1975), quelle tra i gruppi di omologia di uno spazio che si può esprimere come unione di due sottospazi da Walther Mayer (1887-1948) e Vietoris a Vienna.
Nel lavoro di Mayer del 1929, Über abstrakte Topologie (Sulla topologia astratta), viene definito un sistema di assiomi per i gruppi di omologia su cui si basa un altro importante contributo che trae origine dall'Analysis situs di Poincaré. In tale lavoro Poincaré considerava integrali del tipo:
[6] ∫∑Xa1,…,amdxa1dxa2…dxam
su sottovarietà di dimensione m. I valori di questi integrali avrebbero dovuto essere, a meno di omologie, combinazioni lineari dei valori dell'integrale sui rappresentanti di omologia. Per precisare tale enunciato serviva una teoria delle forme differenziali e questa fu fornita da élie Cartan (1869-1951) che introdusse il calcolo esterno delle forme differenziali insieme alla derivata esterna, che generalizza il calcolo vettoriale in dimensione 3. Egli pose il problema di dimostrare che il numero di p-forme linearmente indipendenti su una varietà è uguale al p-esimo numero di Betti della varietà, una sorta di risultato duale basato sul fatto che c'è un accoppiamento tra cicli e integrali di forme. Georges De Rham (1903-1990) nella sua tesi di dottorato del 1931, stabilì questa uguaglianza studiando la relazione tra i gruppi di omologia, una triangolazione differenziabile e integrali sui cicli. Il teorema di Stokes generalizzato lega l'operatore di bordo associato a una triangolazione alla derivata esterna di Cartan. Da questo risultato Cartan dedusse numerosi teoremi globali sui gruppi di Lie, sulla loro omologia come varietà e sulla struttura delle algebre di Lie associate.
Resta da menzionare, dell'Analysis situs e dei Compléments, il problema delle funzioni lisce definite su una varietà. Nel quinto Complément Poincaré introdusse un metodo per suddividere una varietà in parti che hanno una forma particolarmente semplice. L'interazione tra questa decomposizione di una 3-varietà e la sua rappresentazione come diagramma di Heegaard gli suggerì la congettura che porta il suo nome. Uno studente di George D. Birkhoff, Marston Morse, sviluppò queste idee nella 'teoria di Morse', che permise a Stephen Smale di dimostrare nel 1961 una versione della congettura di Poincaré per dimensioni superiori o uguali a 5.
La nozione di omotopia riprende l'idea intuitiva di deformazione continua. Identificare due oggetti che è possibile deformare l'uno nell'altro costituisce una forma di equivalenza che permette una classificazione, anche se grossolana, di oggetti geometrici. La classificazione di superfici a meno di deformazioni, sviluppata da August Ferdinand Möbius (1790-1868) e Camille Jordan (1838-1922) e completata da von Dyck, fu un modello per i ricercatori che seguirono; l'interpretazione di questa equivalenza ai fini dell'integrazione ne permise poi le applicazioni. Deformazioni continue erano già state usate implicitamente nel calcolo delle variazioni e nella teoria delle funzioni complesse. Dal punto di vista di quest'ultima, le relazioni di omotopia e omologia rimasero confuse fino a Poincaré e all'introduzione del gruppo fondamentale.
Nell'Analysis situs Poincaré associa a una varietà V un 'gruppo di sostituzioni' (l'espressione che meglio approssimava, al tempo, il concetto di gruppo astratto). L'idea si basa sul fatto che gli integrali curvilinei danno lo stesso valore su piccole curve chiuse (cappi) su V. Gli elementi del gruppo sono permutazioni dei valori di una funzione su V a più valori generata dai cappi di V. Per calcolare il gruppo Poincaré determina alcuni cappi fondamentali tali che ogni altro sia equivalente a una somma di multipli di questi (la somma, non necessariamente commutativa, di due cappi è definita come il cappio ottenuto percorrendo prima C1 e poi C2). Se in un'espressione nei cappi fondamentali si prescinde dall'ordine in cui questi compaiono, il quoziente rispetto a tale relazione è il primo gruppo di omologia (teorema di Poincaré). Per Poincaré il gruppo fondamentale doveva funzionare come un invariane della varietà: era questa l'applicazione principale. Nella nota sui "Comptes rendus" del 1892, Sur l'analysis situs che precede l'Analysis situs egli prendeva in considerazione il problema di classificare le varietà di dimensione maggiore di 2 secondo i loro numeri di Betti e mostrava come questi invarianti fossero insufficienti, facendo vedere che esistono due 3-varietà con gli stessi numeri di Betti ma con gruppi fondamentali diversi (le varietà erano ottenute indentificando i lati di un cubo secondo un gruppo di trasformazioni di ℝ3). La costruzione di 3-varietà da parte di Poincaré era ispirata dall'interesse per la teoria delle funzioni complesse e il metodo delle superfici di Riemann lo portò a utilizzare, per i calcoli, il rivestimento universale di una varietà. Questo spazio è semplicemente connesso e ogni cappio sulla varietà si può sollevare a esso. Ogni cappio omotopo a zero si solleva a un cappio chiuso nel rivestimento universale e curve equivalenti si sollevano a curve con lo stesso punto finale. Le permutazioni dei punti corrispondenti a un dato punto corrispondono a sollevamenti di cappi e forniscono così una rappresentazione del gruppo fondamentale come gruppo di permutazioni. Poiché i gruppi astratti non facevano allora parte del bagaglio dei matematici, tale rappresentazione fu importante per la diffusione di questo concetto. La descrizione combinatoria di una varietà come complesso di celle si sviluppò tra il 1900 e il 1920 come mezzo per calcolare numeri di Betti, i coefficienti di torsione e il gruppo fondamentale. Nel 1908 Tietze sviluppò un algoritmo per il calcolo del gruppo fondamentale a partire dall'ipotesi che ogni cappio in un complesso di celle si può deformare in un cammino lungo le 1-celle del complesso: il gruppo fondamentale risulta così un quoziente di cappi nell'identificazione determinata dalle celle di dimensione superiore. Presentato in questo modo, il gruppo fondamentale, definito da Poincaré come gruppo di permutazioni, diventava nei lavori di Tietze sempre più astratto. A partire da questo algoritmo Tietze pose il problema della dipendenza della presentazione dalla triangolazione. In particolare, date due presentazioni astratte di gruppi, si può decidere se si tratta dello stesso gruppo? Tietze considerava questo problema, noto come problema dell'isomorfismo, estremamente difficile. Egli scriveva che il problema dell'isomorfismo di due gruppi non è in generale risolubile. Molto più tardi, con lo sviluppo della teoria della calcolabilità, si sarebbe dimostrato che il problema è effetivamente irrisolubile.
Il termine omotopia compare per la prima volta nell'articolo del 1907 dell'Enzyklopädie di Dehn e Heegaard, ma con significato diverso da quello odierno perché 'omotopo' implicava allora 'omeomorfo'. La rigida struttura di un complesso di celle si trasforma nell'omotopia nel senso di Dehn e Heegaard che trasforma vertici in vertici, spigoli in spigoli, e così via. Il nocciolo di questa definizione è l'idea di trasformazione. Fu Brouwer a rendere esplicita l'idea di omotopia. In una nota a pié di pagina di un articolo del 1912, On continuous one-to-one transformations of surface in themselves, egli parla della "modificazione con continuità di una trasformazione univalente" come di "una serie di trasformazioni che dipendono in modo continuo da un parametro". Egli introduce anche un'equivalenza tra applicazioni, dicendo che due applicazioni appartengono alla medesima classe "se possono essere trasformate con continuità" l'una nell'altra. In questo contesto, si può apprezzare meglio il ruolo dell'approssimazione simpliciale e dimostrare che concetti come quello di grado di un'applicazione sono invarianti per omotopia.
Il risultato principale di questo articolo di Brouwer è la dimostrazione che applicazioni continue di una 2-sfera in sé con lo stesso grado 'appartengono alla medesima classe'. Negli anni Venti le idee di Brouwer vennero riprese da alcuni matematici che cercavano di venire a capo delle difficoltà dei suoi lavori. Erhard Schmidt (1876-1959) presentò le idee di Brouwer in alcune conferenze che attirarono l'attenzione di Hopf, il quale cominciò a svilupparle. La generalizzazione del risultato di Brouwer alla sfera di dimensione n è dovuta a Hopf, il quale nel 1926, dimostrò che il grado di un'applicazione continua della sfera di dimensione n in sé ne caratterizza completamente la classe: in altri termini, due applicazioni di Sn in sé con lo stesso grado sono omotope. Il passo successivo in questo sviluppo sarebbero state applicazioni tra varietà di dimensione diversa. Il caso più semplice da esaminare è quello delle applicazioni da S3 in S2 tra le quali ne esiste una ben nota, quella che manda due numeri complessi z1 e z2 nella retta complessa che passa per l'origine e per il punto (z1,z2) di ℂ2:
dove ℂP1, l'insieme di tutte queste rette, prende il nome di retta proiettiva complessa.
Nel suo precedente lavoro Hopf aveva sviluppato la nozione di grado di Brouwer, e così cercava ora una generalizzazione per il nuovo caso. Associò a ogni applicazione continua f di S3 in S2 un intero γ(f), calcolato scegliendo due punti di S2 e considerandone le controimmagini, che in generale sono curve chiuse: γ(f) è dato allora dal loro linking number, e al giorno d'oggi questo numero si chiama 'invariante di Hopf'. Hopf dimostrò che se f ed f′ sono omotope i loro invarianti di Hopf sono uguali. Inoltre, l'applicazione η definita nella [7] ha invariante di Hopf uguale a 1. Infine, studiando come varia γ(f) componendo una F:S3→S3 con una G:S2→S2, egli dimostrò che esistono infinite applicazioni non omotope S3→S2. L'importanza del lavoro di Hopf non sarà mai abbastanza sottolineata; esso invero aprì la strada a una nuova classe di problemi di topologia.
Al Congresso internazionale dei matematici di Zurigo del 1932 Čech diede una definizione dei gruppi di omotopia πn(X) per n≥2, che generalizza quella di gruppo fondamentale data da Poincaré.
Nel contesto dell'omotopia, vista quale relazione tra applicazioni, possiamo esprimere il gruppo fondamentale come quoziente dell'insieme di tutti i cappi rispetto a tale relazione. I cappi sono applicazioni di un cerchio nello spazio, con un dato punto del cerchio che va in un fissato punto base dello spazio. Possiamo allora generalizzare considerando analogamente il quoziente delle applicazioni di una sfera Sn in un dato spazio con un punto della sfera che va in un fissato punto dello spazio. Dal teorema di Hopf segue che π3(S2) contiene una copia degli interi. Indipendentemente da Čech, anche Witold Hurewicz introdusse, nel 1935, gruppi di omotopia superiori. Il suo n-esimo gruppo di omotopia (n>1) era definito come il gruppo fondamentale dello spazio topologico delle applicazioni (Sn−1,e1)→(X,x0), dove X è uno spazio topologico con buone proprietà. Con questa definizione Hurewicz poté applicare teoremi di topologia degli insiemi di punti alla generalizzazione di applicazioni continue, deducendone le relazioni tra i gruppi πn(G), πn(G/H) e πn(H), dove H è un sottogruppo connesso di un gruppo G di Lie.
Con queste relazioni egli poneva il calcolo di Hopf di π3(S2) nel contesto dei gruppi di Lie, e questo fu uno dei primi passi nello sviluppo degli spazi fibrati. Hurewicz metteva anche in relazione i gruppi di omotopia superiore con i gruppi di omologia: vi è un omomorfismo πn(X)→Hn(X) per ogni n; se per uno spazio X i gruppi di omotopia πn(X) sono nulli per 1≤n≤N per un certo N>1, allora Hn(X) è nullo per 1≤n≤N e πN+1(X) è isomorfo a HN+1(X). Se uno spazio ha πn(X)={0} per 2≤n≤N per qualche N>2, allora i gruppi di omologia Hn(X) per 2≤n≤N sono invarianti del solo gruppo fondamentale π1(X). I metodi di calcolo dei gruppi di omotopia superiori si svilupparono però lentamente.
Infine Hurewicz introdusse la nozione di equivalenza omotopica per spazi. Due spazi X e Y sono omotopicamente equivalenti se esistono funzioni continue f:X→Y e g:Y→X con g∘f omotopa all'applicazione identica su X e f∘g a quella su Y. Per esempio, il nastro di Möbius è omotopicamente equivalente a un cerchio. Questa relazione è molto più grossolana di quella di omeomorfismo, e di conseguenza la classificazione è più semplice. Tanto i gruppi di omotopia superiore quanto i gruppi di omologia sono invarianti della classe di equivalenza omotopica di uno spazio: fu questa nozione a costituire una nuova base per lo sviluppo di invarianti combinatori di spazi e varietà.
Le ricerche di Hurewicz furono presentate al Convegno internazionale di topologia di Mosca, 4-10 settembre 1935, un evento importante nella storia della topologia algebrica. L'evento era stato organizzato da Aleksandrov e riunì, come disse Alan Tucker (1905-1995) "gran parte dei topologi attivi nel mondo". Tucker, un allievo di Lefschetz, partecipò al convegno, e scrisse: "Il Convegno internazionale di topologia che si è tenuto a Mosca nel Settembre scorso è stato la prova che questa disciplina ha raggiunto un sicuro grado di maturità, esercita una larga influenza su altri campi della matematica, ed è anche in rapida crescita e in continuo mutamento" (Tucker 1935, p. 764).
Al convegno venne introdotta da Andrej Nikolaevič Kolmogorov (1903-1987) e da Alexander la nozione di coomologia, duale naturale dei gruppi di omologia. Hopf presentò il lavoro di Eduard Stiefel (1909-1978), un suo studente, relativo alle classi caratteristiche, argomento, questo, che sarà sviluppato indipendentemente da Hassler Whitney (1907-1989) nello stesso periodo. Anche Whitney presentò alcuni risultati al convegno.
Questo evento, che testimoniava l'esistenza di un'attiva comunità di topologi, annoverava partecipanti provenienti da Unione Sovietica, Francia, Paesi Bassi, Svizzera, Cecoslovacchia, Polonia e Stati Uniti. Le scoperte di percorsi di ricerca simili, ottenute indipendentemente, spinsero questi ricercatori a collaborare favorendo la produzione di una notevole quantità di lavori. Fu inoltre stabilito un programma con gli obiettivi da raggiungere. Era anche chiaro chi fossero i leader: al convegno erano presenti Heegaard, Lefschetz, Alexander, Aleksandrov e Hopf.
In quegli anni furono pubblicati due volumi degni di rilievo. Il primo Lehrbuch der Topologie (Manuale di topologia), 1934, scritto da Herbert Seifert (1907-1996) e William Threlfall (1888-1949), si occupava soprattutto dei metodi adatti allo studio delle varietà, specialmente quelle di dimensione 2 e 3. Particolare attenzione era rivolta al gruppo fondamentale e ai ricoprimenti, argomenti che, in precedenza, non avevano avuto una trattazione esauriente. In esso si parla anche di gruppi di omologia con applicazioni alle varietà. Il secondo, di Aleksandrov e Hopf (Topologie, 1935) ‒ gli ultimi ritocchi erano stati dati proprio a Mosca durante il convegno ‒, doveva essere il primo di tre volumi con i quali gli autori intendevano fornire una presentazione esaustiva della topologia. Tuttavia il rapido sviluppo della disciplina, particolarmente evidente al convegno, spinse i due matematici ad abbandonare la stesura degli altri volumi.
Il successo della topologia algebrica è dovuto anche allo sviluppo che questa disciplina promosse in campi della matematica a essa vicini. Grazie ai nuovi metodi fu possibile trovare risposte a questioni di fondamenti dell'analisi, campo nel quale risultati come i teoremi del punto fisso riuscirono a portare nuove idee. Lo studio dei gruppi fondamentali dei nodi e delle 3-varietà aiutò la comprensione dei gruppi astratti, mentre i gruppi di omologia fornirono nuove nozioni algebriche le quali dovevano costituire, negli anni successivi, l'algebra omologica, in cui nozioni topologiche saranno impiegate allo scopo di classificare oggetti algebrici.