Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Fino alla caduta dell’Impero napoleonico il percorso della scultura ottocentesca in Europa vede la continuità dei modelli neoclassici improntati ai grandi esempi di Canova; dopo il 1815, a essa si sostituiscono le espressioni pacate e di larga intesa della cultura romantica, a cui dagli anni Quaranta si contrappongono i modi crudi e conturbanti del realismo.
Premessa
All’inizio dell’Ottocento i modelli estetici dettati dall’Impero napoleonico danno vita a uno stile che si afferma in ambito internazionale. A uniformare il gusto contribuisce in larga misura la diffusione di copie dall’antico e di ritratti imperiali prodotti in serie dal Banco Elisiano. Il Banco è una manifattura di Stato istituita a Carrara da Elisa Baciocchi – sorella di Napoleone, granduchessa di Toscana – con l’intento di promuovere l’industria del marmo.
La produzione avviene sotto la guida di scultori di prestigio, come Lorenzo Bartolini che dal 1807 dirige la scuola di scultura dell’istituzione. Ma il modello di riferimento per il gusto dell’epoca è soprattutto l’opera di Canova e l’altissimo livello delle sue sculture segnano il passaggio fra due epoche. Così nel 1810, nell’incompiuto Panegirico sull’artista, Pietro Giordani scrive che l’arte di Canova si colloca come afferma Mazzocca ne La fama di Canova, “sul doppio confine della memoria e dell’immaginazione umana; a congiungere due spazi infiniti: richiamando a noi i passati secoli; e de’ nostri tempi facendo ritratto agli avvenire”.
L’importanza della scultura di Canova
Canova raggiunge grandissima fama negli anni napoleonici.
Napoleone e la sua famiglia diventano infatti attenti collezionisti della scultura canoviana e ordinano all’artista alcune delle sue opere più note. Oltre ad Amore e Psiche che si abbracciano (1787-1793) e Amore e Psiche in piedi (1796-1800), che Napoleone riceve in dono da Gioacchino Murat nel 1802, appartengono ai napoleonidi: Napoleone come Marte pacificatore (1803-1806), Paolina Borghese come Venere vincitrice in marmo dorato (1804-1808), la Danzatrice con le mani sui fianchi (1806-1812), Paride (1807-1812) e Le Grazie (1813-1816).
Grazie alla sua intelligenza e sensibilità estetica, Canova esprime concetti innovativi riguardo alle due forme della scultura che acquistano maggiore importanza negli anni della Restaurazione: il monumento funerario e il recupero museale della scultura antica.
Canova intende il monumento funerario come luogo della memoria affettiva oltre che civica del defunto. La tomba di Maria Cristina d’Austria conservata alla Augustinekirche di Vienna e il Monumento a Vittorio Alfieri nella chiesa di Santa Croce a Firenze (1804-1810) preludono infatti al sentimento romantico della morte che impronta la scultura funeraria della prima metà dell’Ottocento: morte non come cesura inesorabile, ma come parte integrante della vita stessa, a cui avvicinarsi con sentimenti di accostante tenerezza.
Nel 1815 Canova si reca a Londra su richiesta del governo inglese per esprimere il proprio parere sui marmi del Partenone.
L’opinione dello scultore inclina il gusto degli artisti e degli intellettuali verso la bellezza della scultura fidiaca: Canova giudica memorabili e stupende quelle opere, e ritiene che la loro bellezza non abbia bisogno di integrazioni o restauri.
La sensibilità di Canova nei confronti della scultura antica, che deve essere conservata seppure in frammenti, è dettata dal soggettivismo del pensiero neoclassico che contrasta con l’oggettività della cultura romantica. Nello stesso periodo in cui Canova esprime la sua opinione, Bertel Thorvaldsen esegue il restauro integrativo delle statue del tempio di Egina: i frontoni ricomposti vengono sistemati nella gliptoteca di Monaco di Baviera, costruita appositamente da Leo von Klenze per volere di Luigi I.
Bertel Thorvaldsen e l’affermazione del purismo in scultura
Con l’Ottocento Roma mantiene il ruolo di capitale eccellente, grazie a un proficuo rapporto con l’antico acquisito già a metà del XVIII secolo. È a Roma che si formano, o completano la loro cultura, gli scultori europei, grazie soprattutto al pensionato artistico della città, sostenuto a spese delle accademie d’arte dei rispettivi Paesi d’origine. E durante la Restaurazione sono proprio i laboratori di scultura di Canova e Thorvaldsen a confermare la città capitale delle arti.
Thorvaldsen giunge a Roma nel 1797 e frequenta Villa Malta, sede degli artisti d’area germanica. La sua prima grande opera pubblica romana è il fregio raffigurante il Trionfo di Alessandro Magno nel salone d’Onore al Quirinale (1812-1813): la decorazione si snoda con grande naturalezza e secondo cadenze che sembrano far rivivere il modello del Partenone. Tanta perfezione stilistica trova la sua ideale applicazione ai temi dell’iconografia cristiana; i contenuti cristiani, infatti, sono i più consoni alla cultura della Restaurazione, in quanto esprimono buoni sentimenti e vengono largamente intesi. Nel 1818 Thorvaldsen esegue un bassorilevo raffigurante La consegna delle chiavi e nel 1821 scolpisce un Cristo risorto; il gesto affettuoso e protettivo della figura esprime il sentimento di devozione colloquiale caro alla Restaurazione, e trova una precisa rispondenza nelle forme semplici e pacate della scultura.
Nello stesso periodo l’artista lavora al gruppo statuario delle Tre Grazie (1817-1819). Soggetto già trattato da Canova con palpitante sensualismo, le Grazie di Thorvaldsen sono invece di una bellezza austera: la loro casta nudità suggerisce pensieri di armonia e saggezza, e dunque di verità, secondo la concezione etica dell’arte propria del purismo. La stretta aderenza della purezza plastico-lineare delle figure di Thorvaldsen a una verità di ordine etico e naturale fa sì che l’opera dell’artista appaia ai suoi contemporanei come la più attuale e risolta.
Intensa è l’attività dello scultore che si circonda di allievi e collaboratori, fra cui Pietro Tenerani e Rudolf Schadow. Quest’ultimo è figlio dell’importante scultore prussiano Gottfried Schadow che, dopo aver studiato a Roma con Canova e a Copenaghen con Sergel, diventa direttore dell’Accademia di Berlino. Rudolf Schadow è il primo che infonde in scultura la grazia accattivante della quotidianità: il suo gruppo marmoreo che raffigura Le principesse Luisa e Federica (1795-1797), diverrà esemplare per i ritratti in scultura della Restaurazione.
La fama internazionale di Thorvaldsen è tale che egli comincia a lavorare anche senza committenze; lo scultore propone ai clienti un repertorio di modelli, rinnovando così il ruolo dell’artista nella società.
Il purismo di Lorenzo Bartolini
Anche lo scultore toscano Lorenzo Bartolini instaura con i suoi clienti un rapporto di lavoro simile a quello proposto da Thorvaldsen, nella Firenze colta e internazionale del tempo della Restaurazione. Dopo un apprendistato a Parigi nello studio di David, dove conosce Ingres, Bartolini è a Carrara e qui lavora per il Banco Elisiano. Giunto a Firenze nel 1815, le sue opere sono ancora di gusto neoclassico, ma la presenza di Ingres nella città toscana (1819-1824) sprona lo scultore a evolvere il suo stile verso inflessioni romantiche.
Fra le prime opere romantiche di Bartolini troviamo il gruppo scultoreo di Emma e Julia Campbell (1819-1820) conservato all’Inveraray Castle di Argill e il Ritratto di Marina Gurieva (1820-1822). Le figure, che hanno pettinature e vesti moderne, sono realizzate con uno stile che rimanda ai ritratti di Ingres e alla scultura del Rinascimento toscano. Il recupero del Quattrocento palesa l’adesione di Bartolini al purismo, inteso anche come identità linguistica; lo scultore infatti preferisce i modelli locali di Donatello o di Rossellino a quelli della classicità.
Le concezioni etiche e formali di Bartolini sono espresse al meglio in opere quali La Carità educatrice (1824-1835) e la Fiducia in Dio (1835). Le squisite qualità anatomiche e naturali delle due figure esprimono significati elevati, come l’amore materno e l’innocenza; per ottenere una simile commovente bellezza, Bartolini si attiene ai canoni del “bello scelto”, dettati dalla concezione romantica sull’imitazione artistica della natura.
Lo scultore raggiunge ben presto fama internazionale; esegue una miriade di ritratti, statue e monumenti funerari, per una clientela europea composta anche dai parenti di Napoleone, a cui Bartolini rimane sempre fedele. Ne è un esempio il Monumento funerario a Neipperg, eseguito per Maria Luigia di Parma in Santa Maria della Steccata a Parma (1839-1841); nel monumento Bartolini unisce la bellezza austera della forma a espressioni di malinconia e di rimpianto. Nella Tomba di Sofia Zamoyska in Santa Croce a Firenze (1837-1844) la donna è ritratta sul letto di morte, il suo volto affinato ha un’armoniosa compostezza, ma le coltri e il lenzuolo in disordine suggeriscono gli spasimi dell’agonia. Nello schema neoquattrocentesco del monumento, il dato reale proposto da Bartolini trova grande risalto emotivo e lascia intendere l’esigenza di infrangere la cultura conformista della Restaurazione.
Dall’inizio degli anni Quaranta, spronati dallo sperimentalismo scientifico, gli artisti cominciano a dar forma al vero. Gli scultori non sopprimono più le particolarità delle fisionomie, per ottenere un bello ideale, e mettono invece a fuoco i caratteri particolari dei volti e dei corpi, per porre in risalto l’individualità dei modelli.