Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Vissuto a cavallo fra XIX e XX secolo, Rodin domina la scultura del suo tempo. Straordinariamente dotato, Rodin interpreta il passaggio attraverso l’evoluzione del suo stile che da una rappresentazione plastica di tipo ancora accademico e oggettivo giunge a una libera interpretazione della forma in senso simbolico, che ne fa un punto di riferimento non eludibile per gran parte dell’arte figurativa novecentesca.
La formazione, il viaggio in Italia e la scoperta di Michelangelo
Già negli anni giovanili il suo stile non trova riscontro nei canoni scolastici correnti, per la ricerca analitica che l’artista compie sul soggetto, in linea con le tendenze veriste dell’arte contemporanea.
Dal 1864 al 1870 lavora nello studio di Albert-Ernest Carrier-Belleuse, ma di capitale importanza per il suo avvenire è l’incontro con Antoine-Louis Barye, scultore severo e pieno di vigore. Mentre lavora come decoratore per mantenersi, Rodin esegue alcuni notevoli ritratti: oltre a quello del padre, Jean Baptiste Rodin (1859), ricordiamo il Ritratto di Pierre Julien Eymard (1863), Mignon (1870) e infine L’uomo dal naso rotto (1872). In quest’ultimo la componente verista è filtrata attraverso il rimando colto alla plastica greco-romana, ma esso viene in un primo tempo rifiutato dalla giuria del Salon (l’esposizione a cui Rodin lo presenta), abituata a un classicismo più astratto e depurato, di derivazione neoclassica.
Il viaggio in Italia
Di importanza fondamentale per l’evoluzione stilistica di Rodin è il suo viaggio in Italia (1875-1876). Visita Roma, Napoli, Siena, Padova e Venezia, ma è soprattutto Firenze a colpirlo: nella sacrestia nuova di San Lorenzo, infatti, egli viene fortemente impressionato dalla scultura di Michelangelo, che pure aveva certamente ammirato anche al Louvre, dove sono conservati due dei famosi Prigioni del grande scultore toscano. Le conseguenze di questo incontro saranno presto evidenti: da subito Rodin inizia una ricerca sulla forma che lo porta a focalizzare nel corpo umano – e più precisamente nel nudo – il proprio tramite espressivo per eccellenza, come già era stato per lo stesso Michelangelo. L’età del bronzo (conosciuto anche come il Risveglio della primavera o dell’umanità, o ancora come L’uomo primordiale), terminata nel 1877, è in questo senso un’opera esemplare. La posa estenuata del giovane nudo virile può infatti ricordare quella del Prigione morente del Louvre, ma il riferimento a Michelangelo è soprattutto nell’ideale di una bellezza fisica in sé significativa, anche se per il grande toscano questa bellezza era il riflesso della perfezione divina, mentre per Rodin esprime il ricordo di un’epoca mitica dell’umanità. Tuttavia il modellato vibrante e analitico dell’opera di Rodin, che è all’origine dell’accusa mossa allo scultore di aver eseguito un calco dal vero, ha poco a che fare con la levigata sintesi plastica dell’illustre precedente e mostra piuttosto l’interesse di Rodin per una traduzione in scultura degli effetti luminosi dell’impressionismo pittorico.
Volendo rappresentare la figura ispirata dell’ascetico precursore di Cristo, nell’opera L’uomo che cammina e nel San Giovanni Battista (il primo, privo di testa e di braccia, del 1877, è preparatorio del secondo, eseguito nel 1878, Rodin sceglie ancora il nudo; ma più che a Michelangelo l’enfasi plastica di questa scultura sembra guardare a un altro grande fiorentino del Rinascimento, il Donatello tardo della Maddalena, conservata un tempo nel battistero di Firenze, ora al Museo dell’Opera del Duomo. Nel grande gruppo della Chiamata alle armi (1878), monumento ai difensori di Parigi nella guerra franco-prussiana, la citazione da Michelangelo si fa invece esplicita nella figura ideale del guerriero, la cui posa tormentata rielabora impressioni fiorentine dal San Matteo e dalla Pietà del Duomo.
La grande impresa della Porta dell’Inferno e le opere della maturità
La fama di Rodin cresce e gli viene così commissionata la porta bronzea per l’erigendo Museo dell’arte decorativa, quella che sarà poi nota come Porta dell’Inferno, lavoro al quale lo scultore attenderà per vent’anni. Ispirata al poema dantesco, essa risulta composta di un brulichio di altorilievi e di figure a tuttotondo, alcune delle quali danno origine anche a opere singole.
È questo il caso del Pensatore, figura d’uomo seduto che domina la parte alta della porta, datato intorno al 1880, la cui versione monumentale nel 1906 viene collocata di fronte al Panthéon di Parigi e nel 1922 trasferita all’Hotel Biron (ora Museo Rodin); o è il caso ancora del gruppo dei corpi fluttuanti di Paolo e Francesca (1887), motivo caro allo scultore, riproposto in diverse composizioni. Variazione sul tema degli amanti sono Il bacio (1886) e L’eterno idolo (1889), due marmi esemplari della vena di erotismo che percorre tutta l’attività dell’artista. Sorta di Giudizio finale scultoreo, la Porta dell’Inferno desume dall’affresco michelangiolesco della Sistina la composizione affollata, ma l’enfasi drammatica è tipica dello scultore moderno che in quest’opera, incentrata sul tema della dannazione, non sembra intravedere alcuna salvezza per il genere umano.
Fra il 1884 e il 1888, Rodin lavora anche a un’altra scultura dal carattere altamente drammatico, incentrata però sull’esaltazione del valore civico; si tratta del gruppo monumentale dei Borghesi di Calais, oggi al Museo Rodin di Parigi, dedicato agli eroi che nel XIV secolo avevano sacrificato la vita per salvare la loro città. Animano l’opera figure virili, panneggiate, colte in vari atteggiamenti e acutamente individuate nella loro spiccata fisionomia, che per questo motivo e per il modellato enfatico – a forti contrasti di chiaroscuro – ricordano i Profeti di Donatello per il campanile del Duomo di Firenze, ora conservati al Museo dell’Opera. Assolutamente rodiniana è però l’invenzione di personaggi non idealizzati che si muovono come su un palcoscenico, assorti o agitati per il dramma che stanno vivendo; Rodin pensa a loro come a esempi sempre attuali, ne fornisce dunque ritratti verosimili, come se si trattasse di contemporanei.
Analogamente, nel Monumento a Victor Hugo (1886-1890), l’artista si pone il problema del nudo ideale che trasforma da eroico in quotidiano: avendo presenti i ritratti di filosofi e pensatori di età ellenistica, Rodin interpreta l’immagine dell’illustre letterato nella sua particolarità umana, rappresentandolo infine parzialmente drappeggiato all’antica.
Col Monumento a Balzac (1893-1897) Rodin prosegue l’elaborazione del ritratto celebrativo antiretorico, giungendo a un’espressività marcata e a un’icastica semplificazione della forma, paragonabile a quella dei suoi disegni. In essi un segno grafico esile, talvolta perfino sommario, ma sicuro e senza pentimenti, individua forme di grande forza plastica e libertà inventiva. Anche questo aspetto tecnico-stilistico è conseguenza di un processo iniziato meditando sul significato della scultura michelangiolesca e, in particolare, sul cosiddetto “non finito” dello scultore rinascimentale, del quale Rodin intuisce ben presto la potenzialità espressiva: particolarmente evidente nei marmi, esso consiste nel lasciare parti della statua allo stato di abbozzo, onde far maggiormente risaltare le parti finite, con spiccati effetti materici e di chiaroscuro. Grande artigiano, oltre che grande artista, Rodin mostra una cura particolare dell’aspetto pratico-realizzativo ed è un maestro nella tecnica del marcottage che gli consente di riutilizzare in nuovi contesti espressivi opere o brani di opere eseguite in precedenza.
Alla sua attività tarda sono da ascrivere alcuni straordinari ritratti, come – ad esempio – quello di de Chavannes (1910) o di papa Benedetto XV (1915).
Esemplari, infine, per la suggestione fantastica che trasmettono e summa di un processo di sintesi espressiva di alto valore simbolico sono le numerose mani che Rodin realizza come soggetto in sé sufficiente, siano esse emergenti dal blocco informe della materia dalla quale traggono una figura umana, come nella Mano di Dio (1898), o incrociate e raccolte in una sorta di volta ideale, come ne La cattedrale (1908).
Rodin muore nel 1917 e parte della sua produzione artistica è tutt’oggi conservata in un museo a lui dedicato in rue de Varenne, a Parigi.