La Rivoluzione scientifica: i domini della conoscenza. Diffusione e primi sviluppi del calcolo infinitesimale
Diffusione e primi sviluppi del calcolo infinitesimale
"Del resto in tutti questi problemi che alcuni tentano invano di risolvere con un altro metodo, mi sono persuaso che è necessario l'uso eccelso e proprio straordinario del calcolo leibniziano, al punto che ritengo che si debba perciò annoverare fra le più importanti scoperte del nostro secolo" (Jakob Bernoulli, Specimen alterum calculi differentialis, p. 290). Uno dei protagonisti dello sviluppo del calcolo infinitesimale leibniziano, il matematico svizzero Jakob I Bernoulli (1654-1705), così si esprimeva nel giugno del 1691 a proposito della validità e prodigiosa fecondità del nuovo metodo.
Eppure, quando fece la sua comparsa nell'ottobre del 1684 sugli "Acta Eruditorum" di Lipsia, il manifesto del calcolo differenziale, intitolato Nova methodus pro maximis et minimis, itemque tangentibus, quae nec fractas, nec irrationales quantitates moratur, et singulare pro illis calculi genus, a causa dell'esposizione estremamente concisa e disorganica, resa ancor più incomprensibile dai molteplici errori tipografici, non venne compreso neppure dai matematici più dotati. Né sorte migliore toccò al primo articolo sul calcolo integrale, De geometria recondita et analysi indivisibilium atque infinitorum, apparso sulla stessa rivista nel giugno del 1686. Persino Christiaan Huygens (1629-1695), che aveva guidato la formazione matematica del suo celebre inventore, Gottfried Wilhelm Leibniz, durante il soggiorno di questi a Parigi negli anni 1672-1676, confessava ancora negli anni Novanta di trovare delle difficoltà:
Ho visto di tanto in tanto qualcosa del Vostro nuovo calcolo Algebrico negli Atti di Lipsia, ma trovandovi delle oscurità, non l'ho sufficientemente studiato per capirlo. (Huygens a Leibniz, 24 agosto 1690, in GM, II)
Ho cercato dopo la mia citata lettera di capire il vostro calcolo differenziale e ho così insistito che capisco ora, ma soltanto dopo due giorni, gli esempi che ne avete dati, l'uno sulla Cicloide, che si trova nella vostra lettera, l'altro nella ricerca del Teorema del signor Fermat, che è nel Giornale di Lipsia del 1684. E ho anche riconosciuto i fondamenti di questo calcolo, e di tutto il vostro metodo, che io stimo molto buono e molto utile. (Huygens a Leibniz, 9 ottobre 1690, ibidem)
Apprezzo sempre di più la bellezza della geometria, per i nuovi progressi che si fanno giornalmente, nei quali voi avete così grande parte, Signore, se non altro grazie al vostro meraviglioso calcolo. Eccomi ora mediocremente addentro in quello, ma non capisco ancora nulla del ddx, e vorrei sapere se avete incontrato dei problemi importanti dove occorre usarlo, poiché questo mi darebbe il desiderio di studiarlo. (Huygens a Leibniz, 17 settembre 1693, ibidem)
Anche l'impatto di Jakob I Bernoulli con i primi articoli sul nuovo calcolo fu difficile, come si nota dalla lettera che nel 1687, appena ottenuta la cattedra di matematica all'Università di Basilea, Bernoulli decide di scrivere a Leibniz per chiedergli chiarimenti e spiegazioni, aggiungendo la solenne promessa, poi effettivamente mantenuta, che sarebbe diventato non solo un ammiratore, ma anche un promotore e diffusore dei suoi metodi infinitesimali:
Io penso, o Ill.mo, che tu tenga celate qui le tracce di una matematica più sublime, che finora non sono ancora riuscito a penetrare mediante la comune analisi cartesiana. Desidero conoscere quella matematica, mediante la quale tu e il nobilissimo Tschirnhaus avete trovato tante cose e tanto importanti sulla quadratura del cerchio e sulle dimensioni di altre curve. Se mi giudicherai degno di essere fatto partecipe di un raggio di luce di questo vostro metodo (cosa che io desidero ardentemente), per quanto ti sarà permesso dalle tue importantissime occupazioni, farai sì che io, una volta messo al corrente delle tue scoperte, diventerò non solo un loro ammiratore, ma anche un degno estimatore e diffusore. (Jakob I Bernoulli a Leibniz, 15 dicembre 1687, in GM, III/1)
Leibniz non ebbe però modo di soddisfare la richiesta poiché in quel periodo si trovava all'estero, impegnato a ricostruire la storia della casata Brunswick-Lüneburg; ritornerà a Hannover solo nella primavera del 1690, quando gli ostacoli erano ormai stati superati. Jakob I Bernoulli, infatti, perseverando con tenacia nell'intento insieme al fratello più giovane Johann I, era riuscito infine a penetrare nei segreti del misterioso calcolo differenziale e ad applicarlo con successo nei testi pubblicati sugli "Acta Eruditorum". Nel volgere di pochi anni i due Bernoulli divennero così abili a maneggiare le nuove tecniche e a risolvere con eleganza e semplicità problemi molto difficili che, a detta dello stesso Leibniz, per i risultati ottenuti e gli ampliamenti conseguenti alle loro ricerche giunsero a condividere con lui la gloria dell'invenzione: "Vestra enim non minus haec methodus, quam mea est" (Leibniz a Johann I Bernoulli, 21 marzo 1694, in GM, III/1). Grazie all'acutezza d'ingegno di questi matematici e allo straordinario impegno che profusero nella promozione e nello sviluppo del nuovo calcolo, il successo del metodo differenziale si consolidò in modo sorprendente e la sua diffusione in Europa ebbe alla fine del XVII sec. una rapida e continua espansione.
Molto più lenta e tardiva fu invece la propagazione dei metodi analitici infinitesimali di Isaac Newton che, seppure ideati in anni giovanili (1665-1666 e 1669-1670) e pur circolando liberamente fra gli studiosi inglesi appartenenti alla Royal Society, inizieranno a diffondersi sul Continente soltanto nel secolo successivo, all'epoca della polemica sulla priorità dell'invenzione del calcolo. L'edizione nel 1687 del celebre trattato di Newton, Philosophiae naturalis principia mathematica, non contribuì alla promozione e applicazione di tali metodiche. Infatti nei Principia erano privilegiati i procedimenti degli Antichi, basati sulla geometria e sul metodo della sintesi, e vi si potevano trovare solo cenni al metodo dei primi e ultimi rapporti, ma non a quello delle fluenti e delle flussioni. L'illustre fisico inglese non seppe forse cogliere subito la portata rivoluzionaria dell'analisi infinitesimale e tardò a pubblicare i suoi scritti per eccessiva timidezza e timore delle obiezioni, oppure per la scarsa considerazione che all'inizio nutriva per queste tecniche, trattate alla stessa stregua di altre. Paradossalmente è l'ultimo dei trattati redatti, il De quadratura curvarum (1691), a essere pubblicato per primo, nel 1704, in appendice all'Optiks. Il manoscritto De analysi per aequationes numero terminorum infinitas, redatto nel 1669, è pubblicato solamente nel 1711; quello più ampio sul metodo delle flussioni (De methodis serierum et fluxionum), steso nell'inverno del 1670-1671, apparirà postumo nel 1737, in versione inglese a cura di John Colson, poi in francese e in latino, mentre il testo originale di Newton vedrà la luce solo nel 1779. Inoltre in Inghilterra continuava a prevalere l'attenzione per l'uso delle serie, su cui erano stati compiuti studi approfonditi da parte di numerosi matematici; Newton, proseguendo su quella via, ne estese gli ambiti e le possibilità, poiché individuò nelle serie lo strumento principe per risolvere i problemi matematici legati alle curve e alle quadrature. Lo stesso metodo venne in seguito adottato per affrontare il problema inverso delle tangenti, corrispondente all'integrazione delle equazioni differenziali, che invece la scuola di Leibniz avrebbe orientato verso soluzioni in termini finiti, in grado cioè di evidenziare le proprietà qualitative e globali delle curve.
Le profetiche parole di Leibniz che chiudono il manifesto del 1684 ‒ "questi invero sono soltanto gli inizi di una geometria molto più sublime, che si estende a qualunque dei problemi più difficili e più belli anche della matematica mista, che senza il nostro calcolo differenziale o uno simile, nessuno tratterà con pari facilità" (Nova methodus, in GM, V, p. 226) ‒ trovarono sollecita conferma nelle sfide che i pionieri del nuovo calcolo portarono sulle riviste scientifiche più prestigiose, mostrando di essere in grado di superare Galilei, Descartes, Fermat e altri illustri predecessori o contemporanei.
Per affermarsi il nuovo metodo doveva infatti dar prova di saper affrontare questioni insolute in vari ambiti della scienza. Già gli esempi pubblicati da Leibniz nell'ottobre del 1684 andavano in quella direzione: il secondo, relativo allo studio di un minimo, era connesso al celebre problema della rifrazione della luce, discusso tra Descartes e Fermat; il terzo era legato alla determinazione della tangente a una curva proposta da Descartes a Fermat, di difficoltà ‒ secondo Descartes ‒ insuperabile per la presenza di un gran numero di radicali nell'equazione della curva; infine l'ultimo era connesso al problema inverso delle tangenti, posto da Florimond de Beaune a Descartes nel 1638-1639 e lasciato da questi irrisolto.
Nel settembre del 1687 Leibniz lancia una sfida ai cartesiani ponendo il problema delle curve isocrone: determinare la natura della curva descritta da un corpo pesante che si allontana o si avvicina ugualmente, in tempi uguali, da un piano orizzontale (isocrona) o da un punto dato (isocrona paracentrica). Leibniz e Huygens ne danno la soluzione nel 1689 con metodi sintetici, mentre Jakob I Bernoulli sugli "Acta Eruditorum" del maggio 1690 ne offre la trattazione analitica con il calcolo differenziale e integrale, utilizzando fra l'altro, per la prima volta, la parola 'integrale'. Al termine del suo articolo, Bernoulli ripropone all'attenzione dei matematici lo studio della catenaria, che già Galilei aveva affrontato, senza tuttavia riuscire nell'intento di individuare correttamente la natura della curva che egli riconduceva al genere delle parabole. La sfida consisteva dunque nel trovare l'equazione e le proprietà della curva formata da una corda o catenella pesante, omogenea, flessibile e inestensibile, appesa nei suoi estremi a due punti fissi.
Sono ancora Leibniz, Johann I Bernoulli e Huygens a cimentarsi con successo nell'impresa, pubblicando nel 1691 la soluzione del problema e la costruzione geometrica. Gli studiosi ricavano anche la rettificazione di un arco, la legge di variazione della tangente, l'evoluta, l'ordinata del baricentro e la quadratura e il baricentro di un segmento di catenaria. Leibniz calcola inoltre il raggio di curvatura e determina la superficie e il volume del solido (catenoide di rivoluzione) generato dalla rotazione della curva attorno alla direttrice. Come naturale conseguenza di questa ricerca i Bernoulli passano a questo punto allo studio della fune o catena non omogenea. Di questa trovano l'equazione differenziale, la lunghezza, la curvatura, l'evoluta e l'area. Nel giugno del 1691 sugli "Acta Eruditorum" Jakob I Bernoulli presenta altre due importanti questioni fisico-matematiche, in parte collegate a temi già toccati da Galilei, in parte a risultati ottenuti in precedenza. La prima riguarda la curva elastica, ovvero la forma descritta da una trave uniforme e elastica sotto tensione, supponendo che essa sia fissata verticalmente a un estremo e che un peso sia attaccato all'altro estremo in modo da mantenerlo orizzontale. La seconda consiste nell'analisi e nella costruzione della figura veli vento inflati, cioè della curva velaria. Sempre Bernoulli pubblica nel maggio del 1692 la dimostrazione dell'identità fra la velaria e la catenaria comune e illustra le principali proprietà geometriche e fisiche delle due curve. Al termine dell'articolo anticipa ai lettori l'imminente uscita di altri interessanti risultati sull'elastica e sulla lintearia, ovvero sulla curva descritta da un telo riempito di fluido che pesi verticalmente su esso. L'identità fra le due curve sarà provata da Bernoulli nel giugno del 1694 nell'articolo Curvatura laminae elasticae che costituisce il primo importante studio teorico dell'elasticità.
Proseguono, nel frattempo, a ritmo serrato le ricerche dei leibniziani su evolute, caustiche, cicloidi e altre curve che rotolano l'una sull'altra, come pure sui legami che si possono stabilire fra esse. Questo tipo di indagine, già avviato da Huygens e da Ehrenfried Walther von Tschirnhaus (1651-1708), porta a risultati di grande rilievo negli articoli dei Bernoulli e di Leibniz che gettano le basi della futura geometria differenziale. La determinazione del raggio di curvatura, per il quale Jakob I Bernoulli conia l'espressione theorema aureum, le discussioni sul cerchio osculatore e sui punti di contatto con la curva, i metodi generali per ricavare le evolute o le relazioni individuate fra evolute, caustiche e diacaustiche sono solo alcuni dei temi trattati sugli "Acta Eruditorum" fra il gennaio del 1691 e la fine del secolo. Le mirabili proprietà della spirale logaritmica sono enfatizzate da Jakob I Bernoulli nel maggio del 1692 e le infinite soluzioni trovate da Leibniz, Jakob I Bernoulli e Guillaume-François-Antoine de L'Hôpital al problema-sfida lanciato da Vincenzo Viviani agli analisti d'Europa il 4 aprile 1692 con l'Aenigma geometricum stupiscono la comunità degli scienziati per la loro eleganza e semplicità.
Bernard Le Bovier de Fontenelle (1657-1757), segretario dell'Académie Royale des Sciences, scriverà al riguardo:
Nel 1692 [Viviani] propose negli Atti di Lipsia un problema che consisteva nel trovare l'arte di forare una volta emisferica con quattro finestre in modo che la parte restante della volta fosse assolutamente quadrabile. Il problema proveniva da un certo D. Pio Lisci Pusillo Geometra, anagramma di Postremo Galilei Discipulo, il quale sottolineava che si attendeva la soluzione dalla Scienza segreta degli illustri Analisti del tempo. Ciò che egli intendeva con questa scienza segreta era senza dubbio la geometria degli infinitamente piccoli, ossia il calcolo differenziale, che a mala pena si conosceva in Italia. Il problema di Viviani fu in effetti ben presto spazzato via da questo metodo. Leibniz lo risolse lo stesso giorno che lo vide e ne diede sugli Atti di Lipsia infinite soluzioni, come anche fece Bernoulli di Basilea. Il nome del Marchese de l'Hôpital non comparve allora negli Acta Eruditorum poiché la guerra gli impedì di ricevere questa rivista. Ma l'inviato di Firenze a Parigi gli aveva proposto questo Aenigma stampato su un foglio volante e de l'Hôpital gli consegnò quasi subito tre soluzioni e ne avrebbe dato un'infinità d'altre senza troppe difficoltà. Gli esperti nell'antica geometria, quantunque profondi, non erano destinati a creare molti fastidi con le loro sfide ai Geometri del Calcolo differenziale. (Eloge de Viviani, pp. 145-146)
Gli studi sull'isocrona paracentrica, sull'elastica e su molte altre curve trascendenti permettono inoltre ai leibniziani di ideare e sviluppare nuovi metodi per integrare le equazioni differenziali e di ottenere importanti risultati sia per l'analisi che per la fisica. Nel giugno del 1694 Jakob I Bernoulli, dopo aver definito l'equazione differenziale dell'elastica nel caso in cui, secondo la legge di Hooke, le estensioni sono proporzionali alle forze applicate in ciascun punto, collega fra loro l'elastica e l'isocrona paracentrica, mostrando che la seconda si può "costruire mediante rettificazione dell'elastica". Nel settembre dello stesso anno trova poi che anche una curva algebrica, la lemniscata, può svolgere lo stesso ruolo dell'elastica, risultando uguali il differenziale d'arco dell'una e dell'altra. Iniziano così anche le riflessioni sulla lunghezza delle curve che daranno l'avvio allo studio degli integrali ellittici.
Nel giugno del 1696 Johann I Bernoulli lancia con grande clamore, sulle riviste più prestigiose e con un manifesto stampato a Groningen, una nuova sfida ai matematici, invitati a risolvere, nell'arco di un anno, il problema della linea celerrimi descensus, cioè della brachistocrona, curva descritta da un corpo pesante che nel tempo minimo passi da un punto dato a un altro punto dato sullo stesso piano verticale.
Nel fascicolo, datato maggio 1697, degli "Acta Eruditorum" appaiono le soluzioni di Leibniz, Johann Bernoulli, Jakob I Bernoulli, L'Hôpital, Tschirnhaus. Una soluzione anonima sulle "Philosophical Transactions", poi ristampata sugli "Acta Eruditorum", è dovuta a Newton, che viene subito riconosciuto da Johann Bernoulli per la "zampata del leone" (ex ungue leonem). Nuovi metodi e nuovi orizzonti si aprono con questo tipo di ricerche, come mette bene in evidenza Jakob Bernoulli nel suo articolo, al termine del quale sfida Johann sul problema degli isoperimetri. Fra il dicembre del 1697 e il 1700 si scatena un'aspra guerra matematica fra i due fratelli Bernoulli, con reciproche sfide che, al di là dell'amarezza e dei rancori personali, avrà come esito positivo il decollo del calcolo delle variazioni. Il successo del metodo differenziale di Leibniz è decretato appunto dalle soluzioni semplici ed eleganti offerte ai numerosi problemi-sfida lanciati da più parti e alle prospettive di ricerca e di sviluppo, che si intravedono nelle memorie e negli articoli dei pionieri.
Fin dai primi anni della sua scoperta, Leibniz aveva intenzione di scrivere un trattato per divulgare il suo calcolo, dal titolo Scientia infiniti ma, nonostante le ripetute sollecitazioni da parte di amici e collaboratori, non realizzò mai questo progetto. Egli sperava in allievi che l'avrebbero affiancato nell'impresa e, in effetti, alcuni geniali matematici contribuirono notevolmente alla diffusione del suo algoritmo infinitesimale. L'azione di promozione e propaganda è svolta in primo luogo dai fratelli Jakob I e Johann I Bernoulli di Basilea. Il primo dichiara esplicitamente quest'intento nel gennaio del 1691 sugli "Acta Eruditorum", scrivendo di voler essere chiaro nell'applicazione del calcolo differenziale per dar modo ai lettori di superare le oscurità presenti nella Nova methodus, mentre il secondo sarà il protagonista dell'introduzione del calcolo in Francia.
Anche le lezioni private che Jakob Bernoulli prima e suo fratello Johann dal 1705 in poi ‒ dopo il suo rientro da Groninga in seguito alla scomparsa di Jakob ‒ impartiscono presso l'Università di Basilea, dove accorrono numerosi stranieri per apprendere le novità matematiche, rappresentano un momento di grande importanza nella diffusione dell'analisi leibniziana in Europa. E l'edizione latina del 1695 della Géométrie di Descartes costituisce per il suo curatore, Jakob Bernoulli, un'ulteriore occasione per sottolineare i pregi dei nuovi metodi e attirare nuovi adepti. Contribuiscono inoltre a suscitare interesse le dissertazioni sulle serie, edite a Basilea fra il 1689 e il 1704 sotto la guida di Jakob Bernoulli, alla cui scuola si formano Jacob Hermann e Nikolaus I Bernoulli. Dopo la sua morte sarà Johann, con la sua lunga vita e l'instancabile attività, a educare la generazione dei protagonisti della ricerca matematica del XVIII sec. nell'indirizzo analitico leibniziano: Leonhard Euler, Daniel Bernoulli, Alexis-Claude Clairaut, Hermann, Nikolaus I Bernoulli, Nikolaus II Bernoulli, Pierre-Louis Moreau de Maupertuis, Gabriel Cramer. Per il tramite di costoro e dei loro allievi il raggio d'azione si espanderà in altre aree geografiche, come l'Italia, la Germania e la Russia.
Nella ricezione del calcolo leibniziano in Francia, un ruolo decisivo ebbe il circolo dell'Oratoire che ruotava intorno al filosofo Nicolas Malebranche. Questi aveva sostenuto negli anni Settanta la necessità di offrire a un ampio pubblico la sintesi del sapere filosofico e matematico, contenuto nelle teorie cartesiane. Malebranche s'impegnò direttamente nelle riflessioni filosofiche e teologiche, cui era più incline, redigendo opere di rilievo come De la recherche de la vérité (1675-1678), Conversations chrétiennes (1677) e Traité de la nature et de la grace (1680), ma si prodigò con incredibile zelo anche nella promozione e nello sviluppo della matematica. Nel 1674 era stato nominato professore di matematica al seminario e per suo impulso furono pubblicati, nel 1675, i due volumi degli éléments des mathématiques del suo allievo Jean Prestet, professore all'Università di Angers; alle nozioni della matematica classica, essi associavano le nuove conoscenze di algebra e geometria, ricavate dalle opere di François Viète (1540-1603) e di René Descartes. Dopo l'incontro con Johann Bernoulli nel 1691, è ancora Malebranche a esercitare pressioni sui matematici che periodicamente si riuniscono all'Oratoire, affinché diffondano il calcolo infinitesimale di Leibniz. Pur non essendo un matematico originale, egli ha compreso l'importanza dei nuovi metodi e incoraggia con ogni mezzo le ricerche in quella direzione. Incita in particolare il miglior matematico del gruppo, il marchese Guillaume-François-Antoine de L'Hôpital (1661-1704), alla stesura dell'Analyse des infiniment petits (1696), destinata a diventare la principale e più accurata esposizione didattica del calcolo differenziale. In essa compaiono gli assiomi alla base del calcolo e le regole di differenziazione e sono sviluppati, con chiarezza e molte esemplificazioni, i temi della retta tangente, dei massimi e minimi, dei punti di flesso e di cuspide, delle evolute, delle caustiche e degli inviluppi.
Nominato nel 1699 membro dell'Académie des Sciences, Malebranche sollecita il suo segretario Louis Carré e Charles-René Reyneau, successore di Prestet sulla cattedra di matematica dell'Università di Angers, a redigere trattati di calcolo integrale, poiché vani erano stati gli appelli rivolti allo stesso Leibniz, nel 1692 e nel 1698, affinché mettesse mano alla progettata De scientia infiniti:
Mi aspetto ancora di imparare da voi mille belle cose, e soprattutto le indicazioni particolari di cui ci si deve servire nel calcolo integrale e differenziale e i modi di applicazione alle questioni di fisica, poiché nell'integrale principalmente incontro molte difficoltà. (Oeuvres, XIX, p. 591)
Già soltanto il metodo degli infinitesimi, di cui voi siete l'inventore, è una così bella e così feconda scoperta, che vi renderà immortale tra i sapienti. E che dire poi del calcolo integrale, se vorrete finalmente comunicare ai geometri una parte di ciò che sapete su di esso? Ricordatevi, Signore, che vi siete come impegnato e che si attende con impazienza l'opera De scientia infiniti, che ci avete promesso. L'ingratitudine degli ignoranti e degli invidiosi non deve privare i vostri ammiratori di tutto il bene che potete far loro. (ibidem, p. 651)
Nel 1700 appare a Parigi il volume di Louis Carré, Méthode pour la mesure des surfaces, la dimension des solides, leurs centres de pesanteur, de percussion et d'oscillation par l'application du calcul intégral; steso in gran fretta, esso si limita a esempi molto facili, per lo più relativi a curve e solidi per i quali aree, volumi e baricentri erano già noti dall'Antichità. Nonostante gli sforzi compiuti dall'autore per condensare i materiali sul calcolo integrale raccolti negli archivi dell'Oratoire, l'opera non prende in considerazione quei problemi di geometria e di fisica che avevano decretato il successo dei nuovi metodi e non riscuote perciò gli apprezzamenti dei leibniziani, che giudicano troppo esigua e superficiale la trattazione.
Migliore accoglienza, se pure non entusiastica per la mancanza di originalità, riceve nel 1708 l'Analyse démontrée che Reyneau stende con l'aiuto dei padri oratoriani Louis Byzance e Claude Jaquemet. Dalla prolissità del titolo si può desumere il contenuto del trattato, che in due voluminosi tomi intende offrire al pubblico l'enciclopedia del sapere matematico, voluta da Malebranche: Analyse demontrée ou la methode de résoudre les problèmes de mathématiques et d'apprendre facilement ces sciences, expliquée et demontrée dans le premier volume et appliquée, dans le second à découvrir les propriétés des figures de la géometrie simple et composée, à resoudre les problèmes de ces sciences et les problèmes des sciences physico-mathématiques, en employant le calcul ordinaire de l'algebre, le calcul différentiel et le calcul intégral. Ces dernier calculs y sont aussi expliqués et demontrés.
All'inizio del Settecento scoppia all'Académie di Parigi un acceso dibattito sulla validità dei metodi infinitesimali, provocato da Michel Rolle, che si conclude nel 1706 con la vittoria dei sostenitori di Leibniz. Anche in quest'occasione è il gruppo dell'Oratoire, capeggiato da Malebranche, a pilotare le repliche ai ripetuti attacchi di Rolle, scegliendo validi interlocutori nelle persone di Pierre Varignon e Joseph Saurin. Sarà soprattutto per merito di Varignon, professore di matematica al Collège Mazarin e poi di filosofia greca e latina al Collège Royal di Parigi e membro dal 1688 dell'Académie des Sciences, se il calcolo leibniziano troverà una sistematica applicazione soprattutto nella scienza meccanica, dove le leggi e le teorie elaborate da Galilei, Huygens e Newton sono riformulate con gli strumenti dell'analisi. Pur non essendo un pensatore geniale come Leibniz e i Bernoulli, ideatori di metodi nuovi e originali, i suoi studi seri e accurati, accompagnati dai continui scambi epistolari con quei maestri, permettono di chiarire alcuni punti oscuri e di trasmettere in modo corretto ai contemporanei le principali novità sulla scienza del moto, collegandole sapientemente alla tradizione precedente. Gli Eclaircissemens sur l'analyse des infiniment petits che Varignon stende fra il 1707 e il 1714, pubblicati postumi nel 1725 in appendice all'opera di L'Hôpital, rappresentano un utile corredo alla comprensione e diffusione dei risultati più recenti. È però il trattato in due volumi, Nouvelle mécanique, anch'esso edito nel 1725, a sottolineare la sua maturazione nei confronti del precedente Projet d'une nouvelle mécanique, del 1687, e ad avviare in Francia la nascita della meccanica analitica. Varignon non soltanto è riuscito ad assimilare il contenuto dei Principia di Newton, ma ha saputo fonderli con il calcolo differenziale di Leibniz: la sua capacità di riformulare e generalizzare i concetti, i metodi e i risultati appresi finisce per avere sullo sviluppo del calcolo leibniziano in Francia e in Italia un ruolo molto importante. Se pure è corretto il giudizio espresso su di lui da Johann I Bernoulli ‒ "Non so bene chi ora, dopo la morte di L'Hôpital, sia versato in Francia nelle matematiche. Di certo oggi non conosco nessuno lì che eccella nelle questioni più profonde, tranne forse Varignon, da cui tuttavia non ci si deve aspettare molti progressi. Comprende i risultati altrui e li sa perfezionare, ma non è portato all'invenzione. Diresti che è un buon commentatore, ma non un vero Autore" (Johann I Bernoulli a Leibniz, 21 giugno 1704, in GM, III/2) ‒ occorre ricordare che fu la lettura della Nouvelle mécanique a far conoscere a Joseph-Louis Lagrange (1736-1813) il principio generale delle velocità virtuali che Bernoulli aveva trasmesso a Varignon nel 1715.
La ricezione in Italia del calcolo differenziale e integrale avviene in modo graduale e si può considerare conclusa verso la metà del XVIII secolo. In un primo tempo essa è caratterizzata dall'apprendimento autonomo dei metodi e dei risultati dei leibniziani, cui segue, fra il 1708 e il 1720, il periodo dell'assimilazione delle nuove tecniche, evidente dalle applicazioni a vari settori della scienza, quali la geometria, la fisica, l'ottica e la medicina. Infine è la capacità degli Italiani di cimentarsi con successo su problemi proposti all'estero che permette loro di entrare nel vivo della ricerca scientifica europea. Per quanto riguarda la penetrazione dei metodi e delle teorie, si assiste dapprima alla presentazione, nelle accademie e nei circoli degli studiosi, dei risultati ottenuti all'estero; a essa si affianca, dal 1710 in poi, la stampa di riviste in lingua italiana, nelle quali trovano posto soluzioni di problemi che utilizzano le nuove tecniche, accanto a recensioni e notizie su articoli e volumi. Contemporaneamente si registra un palese incremento di insegnamenti pubblici e privati di analisi infinitesimale, sia nelle università sia nei collegi religiosi, con il conseguente impulso alla stesura e pubblicazione di dispense, trattati e opere divulgative, la cui fama valicherà talvolta i confini nazionali.
È certamente Leibniz, durante il suo soggiorno in Italia dal marzo 1689 al marzo 1690, a diffondere, fra gli intellettuali con cui entra in contatto, le prime notizie sul suo calcolo differenziale, che sono accolte con entusiasmo soprattutto nell'area emiliana, dove insegnano Domenico Guglielmini (1655-1710), a Bologna, e Bernardino Ramazzini (1633-1714), a Modena. A Firenze Leibniz trova ascolto nel precettore dei figli del granduca, Rudolf Christian von Bodenhausen, e nel bibliotecario di casa Medici, Antonio Magliabechi, ai quali affida il compito di divulgare notizie e risultati. Grazie ai rapporti di stima e amicizia intrecciati in questo periodo, egli riuscirà qualche anno dopo a far insediare a Padova, sulla cattedra di matematica, due esponenti della sua scuola: Jacob Hermann, allievo di Jakob I Bernoulli, dal 1707 al 1713, e Nikolaus I Bernoulli, nipote di Jakob I e di Johann I, dal 1716 al 1719. In quella sede si erano infatti trasferiti alla fine del secolo sia Guglielmini sia Ramazzini e vi insegnava Michelangelo Fardella (1650-1738), altro grande amico e sostenitore del filosofo tedesco, che avrà un ruolo importante nelle trattative con i riformatori dello Studio padovano per l'affidamento della cattedra. Nel 1692, sul "Giornale de' Letterati di Modena", Leibniz fa inoltre pubblicare un articolo nel quale fornisce, senza dimostrazione, la soluzione del problema della catenaria, affermando che Galilei non era riuscito a identificarne la natura, mentre con il suo nuovo calcolo si era rapidamente raggiunto il successo. Queste affermazioni risvegliarono l'avversione che alcuni Italiani nutrivano nei confronti dei metodi analitici elaborati all'estero, per il timore di vedere oscurata la fama della scuola galileiana. Folta era infatti la schiera dei matematici italiani legati alla tradizione, ai metodi geometrici classici e a quelli degli indivisibili e senza conoscenze di algebra cartesiana e di metodi infinitesimali. Nasce in questo contesto la sfida che l'ultimo discepolo di Galilei, Vincenzo Viviani, lancia con il suo Aenigma geometricum agli analisti d'Europa nel 1692, convinto di poter smascherare il calcolo differenziale che egli giudicava privo di validità generale e adatto a risolvere soltanto problemi particolari. Le sue aspettative vanno però completamente deluse poiché Leibniz, i fratelli Jakob e Johann Bernoulli e L'Hôpital rispondono con prontezza, inviando a Firenze e stampando sui periodici più prestigiosi innumerevoli soluzioni del problema, ottenute con il calcolo differenziale e integrale in pochi passaggi. Il clamore suscitato in Italia da questa sfida ha come effetto sia la messa in discussione dei metodi fino ad allora impiegati e insegnati nelle università sia l'invito, rivolto dai sostenitori di Leibniz ai propri allievi, a studiare sugli "Acta Eruditorum" e sull'Analyse di L'Hôpital. Ramazzini, per esempio, si impegnò a far pubblicare nel 1696 sul "Giornale de' Letterati di Modena" l'enunciato del problema della brachistocrona, che Leibniz gli aveva inviato insieme a un teorema sul moto dei gravi, affinché anche gli Italiani vi si potessero cimentare. Sotto lo stimolo di Guglielmini ‒ che a Bologna ha insegnato l'algebra cartesiana e ha messo a disposizione degli allievi la sua biblioteca e le informazioni ricevute dai contatti avuti con Leibniz, con Cassini e l'Académie des Sciences di Parigi e con la Royal Society di Londra ‒ alcuni giovani si accostano alle riviste estere e provano a esercitarsi nel calcolo differenziale e integrale. Le aree geografiche nelle quali si avverte la prima penetrazione dell'analisi infinitesimale di Leibniz sono il Veneto e Bologna, cui seguiranno poco dopo Pisa e Roma. All'inizio del Settecento, in casa del medico Doro a Venezia, il padre domenicano Tommaso Pio Maffei e Bernardino Zendrini espongono i risultati appresi da periodici e volumi giunti dall'estero e tentano di riprodurre alcuni esperimenti di fisica dei leibniziani. Al gruppo di studiosi e ricercatori che assistono a queste riunioni, e che si definiscono membri della 'Società di matematica e di fisica', si accostano in breve altri scienziati e intellettuali, come Jacopo Riccati, Antonio Conti e Giovanni Poleni. Essi collaborano al successo della principale rivista dell'epoca, il "Giornale de' Letterati d'Italia", fondata dagli umanisti Scipione Maffei e Apostolo Zeno e dal naturalista Antonio Vallisnieri, con l'intento di rilanciare in ambito europeo la cultura nazionale. Il "Giornale", che è stampato a Venezia dall'editore Gabriele Hertz a partire dal 1710, raggiunge in breve tempo oltre ottocento lettori in ogni parte d'Italia e svolge un'importante opera di aggiornamento sulle ricerche più avanzate, sui dibattiti e sulle polemiche in corso, sui libri appena editi e sulle novità nei diversi rami del sapere.
A Bologna sono gli allievi di Guglielmini, i fratelli Gabriele (1681-1761) ed Eustachio Manfredi (1674-1739), che, insieme a Vittorio Francesco Stancari (1678-1709) e poco dopo a Giuseppe Verzaglia (1669-1730), si applicano a uno studio attento dell'Analyse di L'Hôpital e delle memorie dei leibniziani, cercando di ricostruire i procedimenti con cui erano state ottenute certe soluzioni che, prive di dimostrazione, comparivano sugli "Acta Eruditorum" o sui periodici scientifici francesi. I frutti di queste letture e ricerche, comunicati all'Accademia degli Inquieti, che in seguito diventerà l'Accademia delle Scienze di Bologna, gettano i primi semi delle applicazioni del calcolo leibniziano a problemi di meccanica, di fisica, di ottica e di idraulica. Ne sono la prova i manoscritti dei giovani scienziati, i loro carteggi e le prime note e riflessioni sull'analisi infinitesimale, che spingeranno l'Ateneo di Bologna ad attivare nel 1708 il primo insegnamento in Italia di "Algebra sive Analysis tam communis quam infinitorum", affidandolo a Stancari, allora segretario dell'Accademia. La morte prematura di questi, nel 1709, farà slittare l'effettiva formazione di allievi in tale settore al 1720, quando su questa cattedra sarà nominato Gabriele Manfredi, che nel frattempo si era rivolto ad altre professioni. Il principale esponente del gruppo bolognese, il vero protagonista della ricerca e della promozione dell'analisi leibniziana in Italia nei primi anni del secolo, è proprio Manfredi, che riesce a coinvolgere, oltre agli amici locali, molti altri studiosi, fra cui Guido Grandi e Celestino Galiani. Giovanissimo, fra il 1701 e il 1704 egli redige, sul modello dell'Analyse di L'Hôpital, un pregevole trattato di calcolo integrale, il De constructione aequationum differentialium primi gradus, apparso nel 1707, che riceve anche all'estero giudizi molto positivi.
Non altrettanto successo fuori dei confini nazionali raccoglie l'opera di Grandi, la Quadratura circuli et hyperbolae, edita a Pisa nel 1703 e successivamente nel 1710, nella quale il calcolo di Leibniz fa la sua comparsa nelle regole di differenziazione e in alcuni semplici esempi di determinazione della tangente, dell'area e del volume, accanto all'uso delle serie e al metodo degli indivisibili. La commistione di vecchi e nuovi procedimenti e l'esiguità della trattazione finiscono infatti per nuocere all'impianto del trattato, che si proponeva di mostrare la concordanza dei risultati sull'integrazione, ottenuti da un lato con i metodi degli indivisibili e delle serie, dall'altro con il calcolo leibniziano. Nonostante l'autore riconoscesse espressamente il debito culturale nei confronti di Manfredi, di cui riportava alcune lettere, aveva colto del metodo differenziale soltanto l'aspetto superficiale e algoritmico di reciprocità dei due calcoli, senza rinunciare, in fondo, alla sicurezza che gli derivava dagli sviluppi in serie e dai metodi appresi precedentemente. Grandi non offrirà contributi originali alla ricerca o alla soluzione di problemi con le nuove tecniche, ma il suo impegno nei confronti dell'analisi leibniziana sarà ugualmente importante per la trasmissione delle conoscenze. I testi delle sue lezioni, che riflettono lo studio attento dei trattati editi all'estero, circoleranno infatti anche fuori dell'Ateneo pisano e formeranno numerosi allievi. Il breve trattato De infinitis infinitorum, pubblicato nel 1711, permetterà inoltre di precisare, mediante costruzioni geometriche, alcuni concetti basilari, come quelli di infinitesimi e infiniti dello stesso ordine e di ordini diversi, e avrà il pregio di attirare l'attenzione degli Italiani verso le problematiche fondazionali. Servirà per esempio a dissipare dubbi e perplessità nei confronti della 'scienza degli infiniti', di cui l'autore descrive nel preludio poetico lo sviluppo storico e lo stato attuale.
La penetrazione del calcolo leibniziano a Roma avviene tramite Gabriele Manfredi, che vi si era trasferito alla fine del 1702, come precettore in casa di Filippo Maria Monti. È soprattutto il monaco Celestino Galiani che approfitta della sua presenza per avere chiarimenti e delucidazioni sui nuovi metodi, ai quali si è accostato da autodidatta, e continuerà a consultarlo per lettera anche dopo il suo rientro a Bologna nel 1706. La via dell'apprendimento autonomo della matematica, elaborata all'estero, non si limiterà a questo periodo iniziale, ma proseguirà anche negli anni successivi, registrando cultori illustri. A Castelfranco Veneto, Jacopo Riccati aveva iniziato a studiare, a partire dal 1695, la geometria cartesiana e i Principia di Newton e in seguito, fra il 1706 e il 1709, il calcolo differenziale e integrale. Giulio Carlo Fagnano (1682-1766) recepisce l'importanza dei metodi analitici dalla lettura delle opere di Malebranche, in particolare dalla Recherche de la vérité, e si procura all'estero riviste e opere su cui consolidare la propria formazione, mentre Galiani fra il 1709 e il 1711 si istruisce sull'Analyse demontrée (1708) di Charles-René Reyneau. Soltanto Verzaglia, fra gli Italiani, decide di recarsi all'estero per prendere lezioni direttamente da Johann I Bernoulli a Basilea. Il suo soggiorno in casa del matematico fra il 1708 e il 1709 gli permette di esaminare le lezioni parigine date a L'Hôpital e altri manoscritti, ma i rapporti tra i due si guasteranno e Verzaglia non otterrà i profitti sperati. Le sue pubblicazioni, pur mostrando una certa padronanza dei metodi analitici, sono così esacerbate dalle polemiche e dal rancore verso i matematici d'oltralpe che non troveranno seguito né ascoltatori.
Un ruolo importante nell'introduzione, diffusione e promozione del metodo differenziale in Italia è svolto da Jacob Hermann che, chiamato a ricoprire la cattedra di matematica, arriva a Padova nell'aprile del 1707 e vi resta fino al maggio del 1713. Le orazioni inaugurali e i manoscritti di alcune lezioni pubbliche e private mostrano che i suoi corsi erano molto più avanzati rispetto a quelli delle altre università italiane, poiché egli non si limitava a esporre la matematica classica, ma allargava l'orizzonte verso i risultati e le teorie più recenti sia dei leibniziani sia dei newtoniani. I cinque articoli sulle forze centrali, che Hermann pubblica in lingua italiana sul "Giornale de' Letterati d'Italia", offrono inoltre i primi esempi di applicazione del calcolo differenziale a problemi di fisica e danno agli studiosi la possibilità di vedere esposte in termini analitici alcune proposizioni dei Principia di Newton. Tramite i contatti diretti e gli scambi epistolari del matematico svizzero con allievi e studiosi italiani si allargano gli orizzonti culturali e le possibilità di disporre di maggiori strumenti, per esempio di libri e manoscritti provenienti dall'estero. Fra questi le famose Lectiones, date da Johann Bernoulli a L'Hôpital. I principali settori nei quali si ravvisa l'influenza di Hermann riguardano le equazioni differenziali e i loro metodi risolutivi, il calcolo integrale, soprattutto in connessione con il problema della rettificazione di curve, le applicazioni del calcolo differenziale e integrale a problemi di geometria, di meccanica, di ottica e di medicina e, infine, i dibattiti e le discussioni sugli infinitesimi, sulle forze centrali e sulle forze vive. Fin dal 1709 egli è il consulente privilegiato di Bernardino Zendrini e Jacopo Riccati per la valutazione dei metodi per separare le variabili nelle equazioni differenziali; i suoi articoli sulle forze centrali contribuiscono a stimolare gli studi in quest'ambito e a sollevare sulle pagine del "Giornale de' Letterati d'Italia" discussioni e polemiche, che vedono contrapposti, fra il 1714 e il 1716, da un lato Hermann e Riccati, dall'altro Johann Bernoulli e suo nipote Nikolaus I. Nel 1712, affrontando il problema inverso dei raggi osculatori (cioè il problema di determinare, dato il raggio di curvatura, la famiglia di curve che possiede tale curvatura), Riccati mostra come ridurre un'equazione differenziale del secondo ordine a una del primo. Nel 1714 Gabriele Manfredi pubblica la soluzione generale delle equazioni differenziali omogenee e nel 1716 Giulio Carlo Fagnano elabora alcuni artifici per integrare equazioni differenziali, i quali saranno oggetto di critiche e attacchi da parte di Nikolaus Bernoulli, con repliche e strascichi che si protrarranno oltre il 1740.
Alla partenza di Hermann dall'Italia, nel 1713, il suo posto di consulente per decidere l'efficacia degli artifici ideati per risolvere le equazioni differenziali passa dapprima a Leibniz e poi ai Bernoulli. Per esempio, un saggio di Riccati su alcuni metodi per separare le variabili è inviato nel 1714, tramite Zendrini e Louis Bourguet, a Leibniz; dopo la morte di questi, spetterà al successore di Hermann sulla cattedra di Padova, Nikolaus I Bernoulli, dirimere i dubbi degli Italiani. I primi contatti con Riccati su questi temi avvengono nella primavera del 1717, tramite Poleni, e proseguono poi con discussioni e polemiche che coinvolgono, fra gli Italiani, Riccati e Fagnano e, fra gli stranieri, Nikolaus I Bernoulli, suo zio Johann, i suoi cugini, Nikolaus II e Daniel, e Pierre Rémond de Montmort.
Nell'ambito del calcolo integrale, fra il 1715 e il 1718 compaiono sul "Giornale de' Letterati d'Italia" alcune interessanti ricerche di Fagnano sulla rettificazione di curve, che prendevano le mosse da articoli di Jakob e di Johann Bernoulli. Egli giunge qui a importanti risultati sulla lunghezza di archi di lemniscata e ottiene i celebri teoremi che oggi portano il suo nome. Riediti nel 1750 nei volumi delle Produzioni matematiche di Fagnano, essi stimolarono gli ulteriori sviluppi della teoria delle funzioni ellittiche da parte di Leonhard Euler.
Oltre a questi saggi, in cui gli Italiani danno prova di sapere utilizzare con originalità e padronanza i metodi dei leibniziani, si trovano sul "Giornale de' Letterati d'Italia" e nella trattatistica alcune semplici applicazioni del calcolo differenziale a problemi provenienti da vari settori, quali l'ottica, l'idraulica e la iatromatematica. Zendrini, per esempio, nel 1711 pubblica l'equazione differenziale della curva delle densità dei raggi di luce che attraversano l'atmosfera, nell'ipotesi di strati d'aria concentrici al centro della Terra; nel 1714 divulga l'equazione della curva delle celerità e delle inflazioni dei muscoli e nel 1715 l'equazione della curva della corrosione dei fiumi. Alcuni fenomeni idraulici sono affrontati in modo analitico nei due trattati di Poleni De motu aquae mixto (1717) e De castellis (1718), cui collabora anche Jacopo Riccati; questi, fra il 1720 e il 1724, avvierà sui medesimi temi un fecondo e acceso dibattito con Pietro Antonio Michelotti, Johann I Bernoulli e i giovani Daniel e Nikolaus II Bernoulli che soggiornano nel Veneto.
Il primo e più palese riscontro dell'avvenuta assimilazione dei nuovi metodi si avverte nella capacità che i ricercatori hanno di misurarsi con scienziati che operano al di fuori dei confini nazionali, su problemi e temi di ricerca del momento. È quanto avviene in Italia intorno al 1720, allorché la maggiore consapevolezza dei matematici permette loro l'ingresso sulla scena europea. Uno dei principali ambiti nel quale, nei primi decenni del XVIII sec., si fronteggiano e si misurano leibniziani e newtoniani è quello della ricerca delle soluzioni delle equazioni differenziali, che i newtoniani preferiscono risolvere utilizzando le serie, mentre i leibniziani ne ricercano la soluzione in termini finiti. Gli Italiani che affrontano questo tema seguono i leibniziani, ricercando anch'essi metodi generali per trovare la soluzione di equazioni differenziali in termini finiti. Oltre agli scritti di Manfredi già citati, ricordiamo che nel 1722 sulle pagine del "Giornale de' Letterati d'Italia" Manfredi e Fagnano si cimentano con il celebre problema di Taylor. Nei supplementi del "Giornale de' Letterati d'Italia" compare nel 1722 un articolo di Riccati, in cui l'integrazione di un'equazione differenziale omogenea si ricava con un metodo diverso da quello presentato da Manfredi nel 1714. Sono questi gli anni in cui Riccati elabora per gli allievi Ludovico Riva (1698-1746) e Giuseppe Suzzi (1701-1764) il trattato Della separazione delle indeterminate (1722-1723); oltre a esporre i metodi di altri autori per separare le variabili nelle equazioni differenziali del primo ordine, in esso sviluppa alcuni metodi personali, come quello della "dimezzata separazione" e quello degli esponenti indeterminati, e presenta metodi per integrare (separando le variabili) equazioni di ordine superiore e per abbassare l'ordine di alcune equazioni differenziali. A questo periodo risalgono anche le sue discussioni con Nikolaus II e Daniel Bernoulli, che culminano con la proposta, avanzata da Riccati sugli "Acta Eruditorum", di congiungere gli sforzi per la ricerca dei casi di integrabilità dell'equazione differenziale, che oggi porta il suo nome; sempre di questi anni è il suo dibattito con Michelotti e Johann Bernoulli, su questioni di idrodinamica. Ciò mostra che in Italia si è in grado di discutere con competenza sui problemi di punta della ricerca europea, anche se il fatto di pubblicare prevalentemente in lingua italiana e su riviste locali penalizza i matematici, i cui meriti solo raramente e tardivamente sono riconosciuti fuori dei confini nazionali. Il fatto che nel trentennio 1720-1750 la ricezione del calcolo leibniziano in Italia si possa considerare conclusa è altresí riscontrabile dall'incremento, nelle università e nei collegi religiosi, di insegnamenti incentrati sull'analisi infinitesimale e dalla redazione di manuali e trattati divulgativi di 'calcolo sublime'. All'Università di Bologna si formano, sotto la guida di Gabriele Manfredi, scienziati e docenti come Ramiro Rampinelli, il maestro di Maria Gaetana Agnesi, Laura Bassi, Sebastiano Canterzani, Flaminio Scarselli e Francesco Maria Zanotti. Nei collegi religiosi di Bologna insegnano il gesuita Vincenzo Riccati (al collegio di Santa Lucia, dal 1739 in poi), figlio di Jacopo, che con il proprio allievo Gerolamo Saladini pubblicherà in due poderosi volumi le Institutiones analyticae (1765-1767), summa delle conoscenze di analisi dell'epoca, e il monaco benedettino Rampinelli (al collegio di San Michele, dal 1733 al 1740). A Padova, dopo l'intermezzo di Nikolaus I Bernoulli, la cattedra di matematica passa nel 1719 a Poleni, che continua la tradizione avviata da Hermann. A Pisa, Grandi insegna il calcolo differenziale e integrale in lezioni private fin dal 1705, ma è a partire dal 1714 che, ottenuta la cattedra di matematica, si prodiga a formare allievi, come Tommaso Perelli ‒ poi maestro di Paolo Frisi (1728-1784) ‒ Tommaso Narducci e Gian Maria Ortes, per i quali redige dispense che circolano manoscritte in più versioni. Il modello seguito è l'Analyse di L'Hôpital per il calcolo differenziale e i trattati di Manfredi, di Carré e di Reyneau per il calcolo integrale. A Napoli, Galiani promuove l'avanzamento degli studi analitici e l'introduzione delle teorie più recenti di Newton e dei leibniziani. Egli è coadiuvato dai fratelli Nicola Antonio e Pietro De Martino, docenti di matematica all'Università e all'Accademia navale. Nicola Antonio De Martino, per esempio, pubblica nel 1725 e nel 1727 due voluminosi manuali di algebra e di meccanica, in cui riferisce sui risultati e sulle ricerche più avanzate della letteratura scientifica europea, mentre suo fratello Pietro divulga la fisica e l'ottica di Newton. Nel 1743 e nel 1744 escono a Modena i due volumi De' calcoli differenziale e integrale memorie analitiche di Domenico Corradi d'Austria (1677-1756), destinati alle scuole di applicazione d'arma. Il trattato di analisi in lingua italiana più diffuso e studiato in Italia nella seconda metà del secolo è senza dubbio l'opera di Maria Gaetana Agnesi, Instituzioni analitiche ad uso della gioventù italiana, edita a Milano nel 1748. La sua stesura è il frutto principale del sodalizio scientifico fra la scuola di Riccati e quella di Ramiro Rampinelli. Allievo di Manfredi a Bologna e di Jacopo Riccati a Castelfranco Veneto, presso il quale si recò più volte a chiedere spiegazioni, Rampinelli insegna in collegi religiosi di varie città italiane: Roma, Pavia, Bologna, Brescia, Milano. Per i suoi allievi redige manuali di meccanica, idrostatica, trigonometria e ottica, rimasti per lo più inediti. Nel 1747 il Senato di Milano gli affida la cattedra universitaria di matematica a Pavia, dove resterà fino alla morte. A Milano dal 1740 Rampinelli dà lezioni di analisi cartesiana e di calcolo leibniziano a Maria Gaetana Agnesi, che fa tesoro di quelle nozioni e con stile semplice ed elegante le trasferisce, sotto forma di trattato, in due poderosi volumi di oltre mille pagine. Per il tramite di Rampinelli, il testo è totalmente rivisto e integrato di osservazioni e commenti da parte di Jacopo Riccati e dei suoi figli Giordano e Vincenzo. L'opera riceve elogi da più parti, è tradotta in francese nel 1775 e in inglese nel 1801, è studiata da matematici illustri, come Joseph-Louis Lagrange e Paolo Frisi, e citata con plauso nei trattati di Louis-Antoine de Bougainville (1729-1811), Sylvestre-François Lacroix (1765-1843) e Vincenzo Riccati. L'autrice sarà nominata da Benedetto XIV lettrice onoraria di analisi all'Università di Bologna e, anche se non ricoprirà mai l'incarico, riuscirà comunque a formare, con il suo trattato, generazioni di scienziati.
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