La nascita dell'imperialismo assiro
Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, edizione in 75 ebook
Dalla seconda metà del X secolo a.C., dopo una crisi bisecolare, si apre per l’Assiria una fase di ascesa militare e politica. Riaffermato il controllo all’interno dei confini raggiunti ai tempi dalla conquista medio-assira e arginate le infiltrazioni delle popolazioni seminomadi, che dilagavano nel vuoto di potere successivo alla crisi del XII secolo a.C., il perseguimento caparbio di una politica espansionistica sfocia nella formazione di un impero destinato a durare fino all’ultimo quarto del VII secolo a.C.
La transizione dall’Età del Bronzo a quella del Ferro assume nell’ambito geopolitico vicino-orientale caratterizzazioni differenziate. Ad ovest del corso dell’Eufrate, a seguito della crisi del XII secolo a.C., al collasso dei regni di raggio regionale segue una considerevole frammentazione politica. Grandi trasformazioni sono determinate dai movimenti di gruppi nomadi e seminomadi sul territorio, che spesso danno luogo a fenomeni di sedentarizzazione e alla formazione di stati nazionali dotati di una fisionomia spiccatamente autonoma dal punto di vista socio-economico e culturale.
Al di là del fiume, invece, il sistema complesso e ben radicato caratteristico della fase precedente non si dissolve in tempi rapidi e in modo radicale. A resistere per almeno un paio di secoli sono tre importanti formazioni statali, coinvolte in un persistente gioco di forza ed equilibrio: Assiria, Babilonia ed Elam.
Tuttavia, è solo al fondo di una successiva bisecolare fase di stallo, caratterizzata da una decisiva scarsità documentaria, che l’Assiria, forte delle precedenti strutture politico-amministrative e delle consolidate costruzioni ideologiche, attua una programmatica, accortamente modulata politica di aggressione e di controllo sulle regioni circostanti in modo da far fronte e da avvantaggiarsi degli esiti della crisi generalizzata. Il risultato è il progressivo estendersi a tutta l’area vicino-orientale della supremazia militare ed economica assira, destinata a protrarsi fino all’ultimo quarto del VII secolo a.C., quando una caduta repentina e senza appello decreta la fine dell’Impero.
In un’ottica di lunga durata, d’altro canto, la vocazione militare assira può considerarsi anche come un portato della pressione esercitata dalle popolazioni montanare – difficile dire in quale misura reale e in quale avvertita – di cui gli Assiri si sentivano oggetto. Collocata a ridosso dell’arco montano disegnato dalle catene del Tauro e degli Zagros – appetibile serbatoio di materie prime, popolato da genti descritte secondo lo stereotipo del montanaro minaccioso e temibile – l’Assiria deve essersi dotata precocemente di una struttura e di istituzioni tali da sostenere un’organizzazione militaristica e da supportare potenzialmente una politica espansionistica.
La fase di conquista si apre nel segno di una eredità raccolta e rilanciata. In palese e dichiarata continuità col periodo di massima espansione medio-assira, la documentazione coeva spiega l’avvio della politica di aggressione come la riaffermazione dell’autorità assira all’interno (e non al di là) dei confini storici del regno. Nel corso della seconda metà del X secolo a.C. si innesca così un moto di ascesa militare e politica, che mira al recupero e alla stabilizzazione del precedente sistema di controllo. Benché si dibatta sulla misura in cui la penetrazione degli Aramei avesse disgregato le maglie del loro dominio, i primi re neoassiri furono impegnati in una serie di spedizioni miranti a supportare e rafforzare i centri dell’amministrazione assira. In Siria settentrionale e nella valle dell’Eufrate, oltre che in bassa Mesopotamia, le tribù aramaiche, nuova presenza nel panorama geopolitico del I millennio a.C., con antecedenti diretti nei gruppi che praticavano la pastorizia seminomade in Siria e alta Mesopotamia nel Tardo Bronzo, si erano ampiamente infiltrate nel vuoto politico dovuto alla crisi del XII secolo a.C., assumendo il controllo di vaste aree rurali e facendo pressione sulle città.
Le campagne militari in questa fase sembrano in genere avere più il tenore di giri di riscossione di tributo che di vere e proprie operazioni belliche, ma segnano l’avvio di una fase in cui l’attività militare assira si fa sistematica e coerente. Riaffermare l’autorità e rendere i confini più sicuri sono gli obiettivi delle marce assire, che contestualmente riguadagnano l’accesso all’Iran e alla Siria, fondamentali per l’approvvigionamento di materie prime e la partecipazione alle dinamiche commerciali.
Questa ripresa, condotta al ritmo quasi ininterrotto di una campagna militare all’anno, costituisce la necessaria premessa alla spinta espansionistica sistematica che porta gli eserciti d’Assiria ben oltre il giro dei vecchi confini del regno, fino a conquistare e mantenere un impero estremamente vasto quanto a estensione geografica e destinato a durare oltre due secoli. Attraverso un lungo processo, né lineare da un punto di vista cronologico né omogeneo sotto l’aspetto formale e attuativo, l’Impero assiro al culmine della sua potenza, tra lo scorcio dell’VIII e il VII secolo a.C., giunge a controllare un territorio esteso dall’Anatolia all’Egitto e dal Mediterraneo all’Iran occidentale. L’epiteto di “re delle quattro parti del mondo”, mutuato dalla tradizione precedente, del quale si fregiarono i sovrani che si avvicendarono sul trono d’Assiria, riassume il motivo del controllo sui quattro quadranti in cui tradizionalmente era diviso lo spazio geografico, fino ai limiti ideali del mondo.
Le ambizioni imperialistiche, tutt’altro che estranee al retroterra storico e culturale assiro, perseguite con sistematicità, si strutturano nella forma della provincializzazione delle terre conquistate, ben diversa dalla eterogeneità delle forme del controllo applicate in precedenza ai regni assoggettati. L’impero va progressivamente configurandosi come una grande macchina congegnata per il prelievo ordinato e costante di risorse dalla multiforme realtà provinciale, che si sostituisce al meccanismo dei prelievi realizzato nei territori di vecchia occupazione attraverso i periodici giri di riscossione dei tributi. Il variegato orizzonte dei territori acquisiti nel tempo richiede di innestare nel tronco di una basilare continuità delle istituzioni politiche un certo grado di flessibilità nell’adattamento degli strumenti amministrativi e giuridici, al fine di un migliore controllo attraverso una rete burocratica capillare e complessa, capace di assicurare un collegamento continuo ed efficiente fra l’amministrazione centrale ed i vari nodi periferici. L’impero fa proprio e potenzia anche l’impianto delle costruzioni ideologiche che già durante la fase finale del periodo medio-assiro avevano giustificato la brutalità della conquista, lo sfruttamento economico e le prevaricazioni culturali. Inevitabilmente, nell’universo culturale neoassiro, il controllo egemonico sul Vicino Oriente è destinato ad avere una rilevanza assoluta, tale da tagliare in modo trasversale la società e da contaminarne le diverse espressioni, non soltanto riflettendosi nella sfera politica e in quella economica, ma anche facendo perno sulla religione e sulle manifestazioni artistiche e letterarie in nome di un progetto ideologicamente innovativo.
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, Il Vicino Oriente Antico, Storia