La III Dinastia di Ur
Dopo un periodo di incertezza politica, la Mesopotamia meridionale vive un nuovo periodo di splendore sotto ai re della III Dinastia di Ur, che scacciano i “barbari” Gutei, unificando il sud. I sovrani di questa città riprendono molte delle strutture organizzative già sperimentate durante la dominazione accadica, migliorandole in termini di efficienza burocratica. L’impero viene diviso in province, sottoposte a tassazione secondo rigidi schemi. La propaganda reale registra la redazione del primo codice di leggi noto. La macchina amministrativa tuttavia collasserà a causa di una serie di fattori sia interni che esterni, tra cui la pressione dei popoli stranieri: nomadi amorrei a ovest ed elamiti a est.
La cacciata dei “barbari” Gutei dal cuore della Mesopotamia avviene ad opera di Utu-khegal di Uruk, che riesce a sconfiggere in battaglia le armate di Tirigan, iniziando il processo di riunificazione della Babilonia dopo una cinquantina d’anni di decentramento politico. Spetterà tuttavia a Ur-Namma (o Ur-Nammu), probabilmente suo fratello e già governatore di Ur, portare a compimento il progetto. Secondo la Lista reale sumerica, egli è l’iniziatore di una nuova dinastia, la terza per questa città, che sarà protagonista delle vicende politiche dell’ultimo secolo del III millennio a.C. Tale periodo viene spesso designato come “periodo neosumerico”, o anche “rinascimento sumerico”, ma si tratta di etichette che possono risultare fuorvianti. Se è vero che il sumerico si diffonde come lingua scritta dell’amministrazione in tutti i territori dell’impero, è anche vero che il Sumerico parlato è in pieno declino in questo periodo, giungendo a essere lingua morta già alla fine della dinastia. Certo le differenze rispetto ai re di Akkad si fanno sentire, soprattutto per quanto riguarda la propaganda reale. I sovrani di Ur III, almeno fino alla seconda metà del lungo regno di Shulgi, celebrano infatti quasi esclusivamente le attività edilizie, come è evidente dai nomi di anno, omettendo le operazioni belliche, soprattutto se esse riguardano il cuore dell’impero nella Babilonia meridionale.
Le differenze ideologiche nella retorica delle iscrizioni reali, se da un lato possono essere riconducibili a fattori etnici, dall’altro possono essere dettate dalla necessità di concentrare gli sforzi sulla organizzazione dell’impero a livello sia ideologico che burocratico. Forme di opposizione interna devono esserci state, soprattutto nei confronti di Lagash, di cui Ur-Namma prende presto il controllo. Con questo non si escludono certo forme di consenso da parte dei governatori locali stanchi della dominazione gutea. Dopo aver assunto la regalità anche a Uruk, Ur-Namma assume il titolo di “re di Sumer e Akkad”, intendendo in tal modo sottolineare l’unità della Babilonia meridionale e settentrionale rispettivamente. Intraprende quindi una massiccia politica di ristrutturazione edilizia, soprattutto e comprensibilmente a Ur e Nippur. Nella capitale inizia la costruzione della ziqqurat di Nanna e Ningal (il dio e la dea Luna), e si dedica allo scavo della rete di canalizzazioni, che permetteranno un aumento dei raccolti, l’afflusso di materie prime dall’estero, e un controllo capillare dell’impero. Le frontiere del regno vanno però consolidate dalle sacche di resistenza Gutea, e soprattutto dagli Elamiti, che sotto Puzur-Inshushunak si sono espansi fino a occupare la regione della Diyala. Ur-Namma riesce a conquistare Susa, ma troverà poco dopo la morte in battaglia, forse contro i Gutei, evento commemorato da un lamento funebre composto per l’occasione. Lascia quindi al giovane figlio il compito di proseguire la sua opera.
Shulgi è senz’altro la figura di maggior spicco tra i re della III Dinastia di Ur. Il suo lungo regno, durato una cinquantina di anni, può essere diviso in due parti: nel primo ventennio si dedica a una serie di riforme interne che garantiscano la necessaria stabilità; negli anni successivi intraprende una serie di campagne militari ai confini dell’impero, che verranno organizzati in province, col duplice scopo di assicurare le rotte commerciali e creare una serie di “stati-cuscinetto”. A testimonianza della sua grandezza, Shulgi si divinizza in vita, come aveva già fatto Naram-Sin, seguito in questo dai suoi successori. Si costruisce quindi una serie di parentele con le divinità poliadi di vari centri del sud, le cui proprietà può quindi amministrare in modo legittimo.
Una simile politica sembra perseguita dal figlio e successore Amar-Sin, sul quale però siamo più scarsamente informati, che si rende protagonista del consolidamento delle aree periferiche orientali. I problemi alla frontiera esplodono però con suo fratello e successore Shu-Sin, a causa della pressione degli Amorrei provenienti dalle steppe siriane. Per cercare di contenere le popolazioni nomadi viene eretta una muraglia nella Babilonia settentrionale, evento ricordato non solo da due nomi di anno, ma anche nell’iscrizione di fondazione del tempio di Shara a Umma. Le tensioni al confine orientale sfociano in un conflitto con il regno di Shimashki, risolto a favore del re di Ur, ma a seguito del quale le province orientali iniziano a staccarsi, smettendo di pagare le tasse. La defezione si espande ai centri meridionali di Lagash e Umma già durante i primi anni di Ibbi-Sin, ultimo re della III Dinastia. Il sistema, privato dei vitali foraggiamenti di orzo del sud, è al collasso. Il sovrano costruisce mura colossali attorno a Nippur e Ur, forse come ultimo disperato tentativo di proteggere questi due centri dalle invasioni di Amorrei e Elamiti.
L’espediente di legare a sè Shimashki tramite politiche matrimoniali risulta ugualmente infruttuoso. In una lettera che ci è nota da copie posteriori, spedita da Ibbi-Sin a Ishbi-Erra, suo governatore a Isin, l’imperatore chiede l’acquisto di ingenti quantità di orzo, per sfamare la popolazione della capitale ormai allo stremo. Ishbi-Erra approfitta della situazione, dicendosi impossibilitato a inviare le vitali scorte di cibo a causa degli Amorrei, e anzi annettendosi Nippur nel nome dell’imperatore. La sua politica ambigua diverrà evidente col suo mancato intervento contro le truppe di Kindattu, sesto re della dinastia di Shimashki, che saccheggia Ur e prende anzi prigioniero Ibbi-Sin. Termina così l’ultimo impero del III millennio a.C. e inizia un periodo in cui l’egemonia sulla Mesopotamia sarà reclamata alternativamente dai re di Isin e di Larsa, prima della nuova unificazione da parte di Hammurabi di Babilonia.
L’impero di Ur III eredita da quello di Akkad molti degli strumenti amministrativi sui quali si regge l’economia del regno. Essi vengono tuttavia perfezionati e applicati con una sistematicità senza precedenti, tanto da rendere questo uno dei periodi più documentati nella storia dell’umanità. Quasi 100 mila testi cuneiformi sono infatti noti, la stragrande maggior parte dei quali di contenuto amministrativo. I centri che hanno restituito maggiore documentazione sono Umma, Girsu, Drehem, Ur, Nippur, con parecchie migliaia di tavolette ciascuna, a cui si aggiungono gli archivi di Garshana e Irisagrig di recentissima pubblicazione.
L’impero è diviso tra centro e periferia. Il nucleo comprende Sumer e Akkad, ovvero tutta la Babilonia, inclusa la bassa regione della Diyala. Questo ampio territorio viene diviso in un gran numero di province, all’incirca corrispondenti alle città-stato preesistenti, governate da ensi di nomina regia, scelti in genere tra gli esponenti dell’aristocrazia locale, con la quale i re di Ur tendono a imparentarsi strettamente. Ai governatori civili si affiancano quelli militari, che sono spesso stranieri (Accadi, Amorrei, Khurriti, Elamiti), con la funzione di limitare i poteri dell’ensi, e di mantenere più strettamente il controllo delle città-stato. In particolare, stanziamenti di truppe sono attestati a Umma, dove del resto la presenza gutea si era fatta sentire maggiormente. Shulgi procede alla redazione di un catasto di tutte le proprietà regie, per poi centralizzare tutti i movimenti dei beni provenienti dalla tassazione delle province, ingigantendo il sistema redistributivo cittadino. Il meccanismo amministrativo, noto come bala in Sumerico, ovvero “turno, rotazione”, ma anche “trasferimento, scambio”, si basa sulla creazione di una serie di punti di raccolta, dai quali immense quantità di prodotti vengono smistati in tutto l’impero. Ad esempio, nel sito di Puzrish-Dagan (attuale Drehem), nella Babilonia centrale, vengono radunati giornalmente centinaia di capi di bestiame, dei quali gli scribi reali annotano ogni particolare: consistenza numerica delle mandrie, incluso eventuale surplus o arretrati sulle stime previste; tipologia, età e sesso degli animali; foraggio necessario al loro sostentamento o ingrassamento; prodotti derivati (lana, formaggio, carne). Anche la gestione agricola sviluppa, fino quasi al parossismo, le stesse tecniche amministrative. Vengono quindi registrate le misure dei campi, la posizione rispetto al corso d’acqua, la quantità di semente necessaria alla coltivazione, il prodotto ottenuto a seguito della mietitura, anche qui con eventuale surplus ovvero arretrati rispetto al rendimento previsto. Le tavolette divengono standardizzate nella grafia, nella messa in pagina, nel lessico tecnico e nell’uso sistematico di formule di datazione col nome di anno, grazie al quale risulta agevole lo studio diacronico dei documenti.
A Shulgi sarebbe forse da attribuire anche la paternità del codice di leggi tramandato a nome del padre, Ur-Namma. Il testo, che rappresenta il più antico documento di questo tipo, si compone di un prologo di chiara natura propagandistica, seguito dall’elencazione di una quarantina di leggi. Nella prima sezione, il sovrano, parlando in prima persona, menziona una serie di riforme, che ricordano quelle di Iri-inim-gina di Lagash di due secoli prima. Tra esse figurano un’amnistia generale, la fissazione di pesi e misure e la dichiarazione di non aver consegnato “l’orfano (nelle mani) del ricco, la vedova al potente”. Le leggi vere e proprie, strutturate in brevi periodi composti da protasi e apodosi, riguardano aspetti basilari del diritto civile e penale, facendo ampio uso di sanzioni pecuniarie per quei reati che nel più famoso Codice di Hammurabi, più tardo di quasi tre secoli, prevedono la legge del taglione, di chiara matrice amorrea. Il codice, pur strutturandosi in modo organico, non copre tutti gli aspetti del diritto, come del resto accadrà per tutti i codici mesopotamici successivi. In ciò va individuato l’intento propagandistico di tali documenti da un lato e la volontà di controllo e uniformazione da parte dell’autorità centrale dall’altro.
Dei sovrani della III Dinastia di Ur ci restano molti componimenti letterari. La stragrande maggioranza di essi ci è nota da copie più tarde di almeno uno o due secoli, quando tali opere entrano a far parte del corpus dei testi scolastici, copiati dai giovani scribi semiti per apprendere il sumerico, ormai lingua morta. Oltre ai componimenti di natura squisitamente celebrativa, nelle scuole si copia anche la corrispondenza reale, la cui validità storica è tuttora oggetto di dibattito. Del resto, non tutti questi componimenti devono necessariamente risalire alla III Dinastia di Ur. I cataloghi letterari noti per questo periodo menzionano infatti i titoli di componimenti a noi ignoti, con pochissime eccezioni. Le opere giunte fino a noi potrebbero quindi testimoniare di un recupero intellettuale del II millennio a.C., piuttosto che della rifioritura della “cultura sumerica” sul finire del III.
La figura centrale di questi componimenti è Shulgi, protagonista di una ventina di inni, preghiere, “canzoni”, e di una quindicina di lettere. Di lui si celebrano tutte le virtù: atletiche, intellettive, guerriere, amatorie e di esercizio della giustizia. Sono questi alcuni dei caratteri stereotipici dei re della Babilonia di II e I millennio a.C. La tradizione successiva si interrogherà anche sui motivi del crollo del più efficiente impero mesopotamico, come del resto era già accaduto con la caduta dell’impero di Sargon. Gli storici moderni imputano la crisi di Ur III a una serie di fattori, tra cui mutamenti climatici, invasioni di popoli barbari, eccessiva rigidezza e specializzazione del sistema produttivo, e tasse troppo onerose.Tutti questi elementi avrebbero contribuito al collasso secondo la teoria delle concause.
La letteratura del II millennio a.C. ci ha lasciato in proposito una visione più cupa, nel cosiddetto Lamento sulla distruzione di Ur, che è utilmente confrontabile con l’analoga composizione nota come La maledizione di Akkad. Se per quest’ultima la ragione del crollo era stata individuata negli empi lavori di restauro compiuti da Naram-Sin nell’Ekur di Nippur, eseguiti senza l’approvazione del dio, più amaro e incomprensibile diviene il giudizio per la dinastia di Ur-Namma:
“A Ur venne certo assegnata la regalità, ma non un regno eterno. Da tempo immemorabile, da quando il Paese fu fondato, fino a quando la gente si è moltiplicata, chi ha mai visto un regno la cui supremazia duri per sempre?”
La stessa tradizione letteraria, se da un lato non riesce a comprendere le ragioni della caduta dell’impero, individua dall’altro gli esecutori materiali del disfacimento politico nei popoli “barbari”, soprattutto Elamiti e Amorrei. Tali popoli vengono presentati con tratti animaleschi, in quanto carenti degli elementi civilizzanti propri dei sedentari. Secondo lo stereotipo letterario essi non hanno una casa, non cuociono i cibi, non bevono birra, non seppelliscono i morti, non conoscono le preghiere agli dèi. Contrariamente alla visione propagandata, saranno proprio gli Amorrei, progressivamente sedentarizzati nella Babilonia centro-settentrionale, a dominare la Mesopotamia durante tutta la prima metà del II millennio a.C., facendosi carico dell’eredità urbana del III millennio a.C., arricchendola anzi di tratti originali.
Di Shulgi, figura emblematica della III dinastia di Ur, ci restano una serie di componimenti letterari che ne cantano le lodi. La maggior parte di essi sono stati messi per iscritto durante il periodo paleo-babilonese, nella scuola scribale di Nippur, ma di alcuni, come quello che segue, abbiamo notizia dai cataloghi letterari coevi. Il nesso profondo tra apprendimento delle tecniche scribali e composizioni letterarie si coglie nella chiusa del documento, che proclama le lodi di Nisaba, dea della scrittura. Nell’inno il re viene celebrato in tutte le virtù tipiche del sovrano: eroismo, forza e saggezza. A queste si aggiungono avvenenza, abilità scribale e capacità in campo musicale, che sono invece vanti propri di pochi sovrani mesopotamici. Dal testo emerge chiaramente l’importanza ideologica della divinizzazione del sovrano, che elenca una lunga lista di divinità, da cui è stato generato (Ninsun, “la vacca celeste” già madre di Gilgamesh), o di cu riceve il favore: Enlil (capo del pantheon e dispensatore della regalità) e la sua consorte Ninlil, Nintur (dea della nascita), Utu (dio del Sole e della giustizia), Enki (dio della saggezza), Inanna (dea dell’amore e della guerra), Nisaba (dea della scrittura). Le opere edilizie del sovrano, ricordate in molte iscrizioni reali come concretizzazione delle capacità del re, assumono qui un carattere particolare. Viene infatti celebrata la costruzione di una rete stradale con punti di sosta e ristoro in tutto l’impero. La celebrazione non è fuori luogo: grazie a queste infrastrutture i messaggeri reali potevano infatti tenere informato il sovrano su tutti gli avvenimenti del regno, contribuendo in maniera sostanziale alla stabilità della III dinastia di Ur.
Io sono il re, io sono l’eroe fin dal concepimento, io sono Shulgi, io sono l’uomo forte fin da quando sono stato generato. Io sono un leone dallo sguardo feroce, generato da un drago. Io sono il re delle quattro regioni, io sono il mandriano e il pastore delle teste nere [=Sumeri]. Io sono il rispettato dio di tutte le terre. Io sono il figlio generato da Ninsun, io sono colui che il cuore del puro An ha scelto. Io sono l’uomo il cui destino (è stato fissato) da Enlil. Io sono Shulgi, l’amato da Ninlil. Io sono colui di cui Nintur si prende cura. Io sono colui al quale Enki ha dato la saggezza. Io sono il re forte di Nanna. Io sono il leone ruggente di Utu. Io sono Shulgi, colui che è stato scelto da Inanna per la [sua] avvenenza. Io sono il mulo, adatto al viaggio. Io sono l’asino selvaggio, la cui coda corre lontana sulla strada. Io sono lo stallone di Shakkan, ansioso di correre. Io sono il saggio scriba di Nisaba. Ho reso perfetta la mia saggezza, così come il mio eroismo e la mia forza. Parole vere... Amo la giustizia, odio la malvagità. Odio colui che dice cose malvagie. […] ho messo in ordine le vie del Paese, ho stabilito la doppia ora [di cammino come unità di misura], ho costruito “grandi case”, ho piantato giardini al loro confine, [e] ho disposto luoghi di sosta. In questi luoghi, risiedono uomini esperti. Colui che viene dall’alto[piano] o dal basso[piano], può rinfrescarsi quando il tempo è fresco; i carovanieri e i viaggiatori di notte possono accamparsi lì, e trovare riparo come in una città [ben] costruita. […] Io ho riempito di abbondanza la casa di Sin, la stalla che produce abbondanza di grasso. Io vi ho fatto macellare buoi, ho fatto scannare pecore. Ho fatto rimbombare i tamburi-shem e ala, e ho fatto suonare dolcemente lì tamburi-tigi. Io, Shulgi, colui che rende ogni cosa abbondante, vi ho offerto pani. […] Sin dai tempi antichi, ... non è mai esistito un re di Sumer grande come me per il popolo. […] Ho rafforzato la mia regalità, ho sottomesso le terre straniere, ho fortificato il Paese. Che il mio nome sia proclamato tra il popolo che mi è stato affidato! Possano essi cantarlo in puri inni! […] Sia lodata Nisaba!
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, Il Vicino Oriente Antico, Storia