La Germania: Hildesheim, Colonia, Spira
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La grande fioritura artistica in area tedesca tra X e XI secolo che passa sotto il nome di arte ottoniana si connette all’illuminata attività di committenti di rango, vescovi strettamente legati alla corte imperiale come Brunone di Colonia, Bernardo di Hildesheim e Meinwerk di Paderborn. A Hildesheim massima espressione è la chiesa di San Michele caratterizzata da un’articolazione bipolare dettata dai transetti opposti e dal grande coro-abside occidentale dotato di una cripta a oratorio. A Colonia vanno citate il San Pantaleone, commissionato da Brunone, ma alterato negli anni dopo il Mille dalla sostituzione del primo Westwerk con un nuovo, più imponente, settore occidentale, e la Santa Maria im Kapitol, caratterizzata dal coro triconco con deambulatorio, che alla metà dell’XI secolo costituisce, insieme alla cattedrale di Spira, avviata da Corrado II, e alterata verso la fine del secolo con l’introduzione delle volte, il cantiere germanico più aggiornato e più propositivo per gli sviluppi del romanico europeo.
Bernardo regge la cattedra di Hildesheim tra il 993 e il 1022. Cappellano dell’imperatrice Teofano e precettore di Ottone III, si deve a lui la fondazione della prima abbazia benedettina della diocesi, San Michele, la cui costruzione viene avviata nel 1010. La consacrazione dell’edificio, nel corso dei secoli sottoposto a profondi rimaneggiamenti e infine a un ripristino stilistico dopo i bombardamenti del 1945, avviene nel 1033. La pianta della chiesa è costruita sulla simmetria tra due transetti identici sporgenti, a est e a ovest di un corpo longitudinale a tre navate, caratterizzato da un’alternanza ternaria di due colonne e un pilastro quadrato. Il transetto est è concluso da tre absidi, quella maggiore preceduta da una piccola campata. Ben più suggestiva la soluzione spaziale del settore occidentale, dove una profonda abside ospita un coro sopraelevato, in cui erano collocati i due altari più importanti del monastero, quello del Salvatore, verso l’incrocio con il transetto, e quello di San Michele sul fondo.
Al di sotto si sviluppa una cripta a oratorio trinavata, posta quasi al medesimo livello pavimentale della chiesa. Dotata dell’altare della Vergine e circondata da un deambulatorio, essa viene da subito pensata come luogo per la sepoltura di Bernardo. È da segnalare l’utilizzo liturgico dei bracci dei due transetti opposti. Le testate di entrambi sono infatti articolate da due gallerie sovrapposte, al di sopra di due campate voltate a crociera al piano terra. In queste gallerie, a cui si accede dalle torri cilindriche scalari annesse ai fianchi del transetto, erano ospitati diversi altari secondari. All’esterno forme e dimensioni identiche, a est e a ovest, delle torri emergenti sopra le campate di incrocio quadrate, dei transetti e delle torrette scalari cilindriche, esplicitano in modo inequivoco il bipolarismo dell’impianto. La valutazione della chiesa andrebbe idealmente integrata con quella di due straordinarie opere d’arte fatte realizzare da Bernardo per la chiesa, ma trasferite, in tempi diversi, nella cattedrale: la porta bronzea, attualmente in opera nel portale occidentale del duomo, con riquadri in altorilievo con storie dell’Antico e del Nuovo Testamento, distribuite sui due battenti in rapporto tipologico fra loro; e la colonna bronzea – uno dei massimi emblemi della renovatio ottoniana – con il ciclo della vita di Cristo raffigurata a rilievo con disposizione a spirale attorno al fusto, sul modello delle antiche colonne trionfali romane di Marco Aurelio e Traiano, che Bernardo ben conosce dato il suo soggiorno a Roma alla corte di Ottone III nel 1001. Quasi nulla si sa invece del riallestimento del settore occidentale della cattedrale carolingia (851-874). I dati di scavo hanno evidenziato la presenza di un controcoro a testata rettilinea con cripta a oratorio, anteriore a Bernardo, mentre già nel 1035 il successore Godeardo eregge un Westbau completamente nuovo, dotato di una controabside e di una grande esedra esterna, a incorniciare la porta bronzea qui trasferita dall’abbazia di San Michele.
A Colonia, grande centro metropolitico e fulcro del potere della dinastia sassone, lo sviluppo delle arti si lega in primis alla figura dell’arcivescovo Brunone, fratello di Ottone I. È suo l’ampliamento della cattedrale: l’edificio ricostruito completamente nella seconda metà del IX secolo, a tre navate con transetti e cori absidati opposti, viene ingrandito con l’aggiunta di altre due navi laterali divise da un sistema alternato due colonne - un pilastro.
Ma l’edificio a cui il nome di Brunone resta indissolubilmente legato è la chiesa di San Pantaleone, di cui avvia la ricostruzione e che affida alla custodia di una comunità benedettina. L’edificio iniziale intende recuperare, insieme al partito decorativo ad arcate cieche, uno schema planimetrico paleocristiano a croce (San Simpliciano di Milano), con annessi laterali absidati, e coro absidato sopra una cripta a galleria, sul tipo di quello della pianta di San Gallo. Coro e nave (le navatelle laterali sono un’aggiunta del XII secolo) dovevano essere completate attorno al 990. Problematica invece la datazione dell’avancorpo, che si è scoperto attraverso scavi archeologici averne sostituito uno più piccolo, con un vano al piano terra scandito in tre navate da pilastri, sul modello del Westwerk di Corvey – da cui provenivano i monaci a cui Brunone aveva affidato la chiesa – e torri scalari laterali. Se è questo l’avancorpo di Brunone, è allora possibile che non sia stato completato, visto che pochi anni dopo, a seguito dell’inumazione in San Pantaleone dell’imperatrice Teofano, la nave della chiesa viene allungata e si eregge un nuovo più imponente Westbau, caratterizzato da uno spazio centrale quasi quadrato, questa volta privo di tribuna superiore, su cui si affacciano sui lati nord, sud e ovest delle tribune. L’avancorpo era in origine diviso dalla navata da un diaframma murario con arcate, soppresso nei restauri moderni, e aveva dunque maggiore autonomia: sembra che anche in questo caso trovi eco il modello di Corvey, epurato della crypta al piano terra.
Si può fare qui solo rapida menzione della straordinaria ricchezza dell’architettura romanica di Colonia, ricca di edifici ottoniani spesso ampiamente modificati nel XII secolo: Santa Cecilia; Sant’Andrea, altra fondazione di Brunone; i Santi Apostoli (dell’epoca del vescovo Primo, 1021-1036), con transetto occidentale e coro quadrato con cripta a oratorio, poi dotata a est alla fine del XII secolo di un monumentale coro triconco; San Gereone, cresciuto nell’XI secolo sull’impianto ellittico del martyrium di IV secolo; San Giorgio, fondato da Annone II alla metà dell’XI secolo, ma completamente ricostruito un secolo dopo.
L’edificio più famoso è però la chiesa di Santa Maria im Kapitol, per l’invenzione della testata orientale modulata a triconco, con deambulatori in continuità con le navatelle. La consacrazione dell’altare della Santa Croce, nel 1049, sfrutta l’occasione della venuta a Colonia di Enrico III e di papa Leone IX, mentre una successiva consacrazione dell’arcivescovo Annone, nel 1065, può essere significativa di uno stadio molto avanzato dei lavori. La chiesa viene rimaneggiata nel corso del XII secolo, con l’introduzione delle volte a crociera (solo quelle dei deambulatori sono di I fase), e con un rifacimento, scomparso nei restauri stilistici del secolo scorso, delle conche absidali. L’inedita soluzione orientale con deambulatori voltati, la grande cripta presbiteriale, l’abbandono dello schema bipolare carolingio-ottoniano, il lessico decorativo ad archetti pensili, fanno di Santa Maria im Kapitol uno degli edifici più rilevanti dell’architettura romanica renana, insieme al duomo di Spira.
La ricostruzione della cattedale di Spira è il secondo grande intervento di committenza architettonica di Corrado II), dopo la costruzione sempre in Palatinato, regione culla della propria stirpe, dell’abbazia di Limburg an der Hardt. Su un impianto architettonico simile, ma ben più monumentale, la cattedrale di Spira viene avviata attorno al 1030 (consacrazione nel 1060). Un lungo corpo trinavato diviso da pilastri termina in un transetto dove la campata di incrocio costituisce un modulo quadrato che si riproduce nei bracci e nel coro a terminazione rettilinea (sostituito attorno al 1100 da un’abside).
Come a Limburg, sull’incrocio si imposta la struttura, nuova, e destinata ad avere molto seguito nell’architettura romanica, del tiburio ottagonale cupolato. Altre caratteristiche individuano Spira come una perfetta sintesi tra concezioni architettoniche di tradizione ottoniana e spinte innovative: l’articolazione della facciata, dominata da un tiburio ottagonale che bilancia quello orientale, ed è inquadrato da due possenti torri gemelle quadrate, e dove è sensibile la riduzione volumetrica dell’avancorpo in relazione allo sviluppo dell’edificio; la vasta cripta orientale, databile agli anni di Enrico III, sviluppata non solo in corrispondenza del coro ma anche sotto tutto il transetto; il trattamento originario delle pareti dell’immensa navata maggiore, modulate in modo plastico da grandi arcate cieche appoggiate su semicolonne addossate ai pilastri. Si trova qui un primo esperimento di pilastro composito in area germanica e allo stesso tempo di scansione per campate dello spazio longitudinale, trasformato poi, alla fine della seconda campagna di lavori (1080-1106 ca.), dalla costruzione di volte a crociera secondo un ritmo alternato.