di Valerio Sbordoni
La biogeografia è la disciplina che studia la distribuzione geografica degli organismi e degli ecosistemi, cercando di spiegarne cause e meccanismi.
La distribuzione della vita nella biosfera è in continuo cambiamento, cause e meccanismi diversi operano nel tempo a diverse scale. Possiamo distinguere una scala evolutiva, dove gli stessi organismi cambiano nel tempo, e una scala ecologica dove, in tempi relativamente brevi, cambia la composizione specifica degli organismi nelle comunità e negli ecosistemi anche in assenza di un riconoscibile cambiamento evolutivo delle specie.
La biogeografia è una scienza di integrazione multidisciplinare che utilizza gli strumenti analitici della biologia evoluzionistica, dell’ecologia, della filogenesi molecolare, della geologia, della geografia, della climatologia e della paleontologia e che, ovviamente, non può prescindere dalla conoscenza sistematica biologica degli organismi.
La biogeografia si avvale, infatti, di una solida base sistematico-descrittiva nella zoogeografia, che trova il suo più illustre interprete in Alfred Russell Wallace. In ambito botanico Alexander von Humboldt è considerato il padre della fitogeografia, la disciplina che studia la distribuzione della flora e delle comunità vegetali. La biogeografia è anche una scienza sperimentale ove sono elaborate teorie o sviluppati modelli predittivi potenzialmente sottoponibili a verifica.
Tornando alla scala dei tempi, si riconoscono due approcci: la biogeografia storica, che tende a spiegare la distribuzione degli organismi come il prevalente risultato di processi geologici e paleoclimatici che hanno modificato gli areali di distribuzione delle specie, e la biogeografia ecologica, che si focalizza sui processi di dispersione, colonizzazione ed estinzione. Modelli matematici sono stati sviluppati con riferimento a entrambi gli approcci. In ambito ecologico è celebre la teoria dell’equilibrio insulare elaborata da Wilson e Mac Arthur per spiegare le differenze nel numero di specie presenti su un’isola in dipendenza di poche e semplici variabili fisico-geografiche, come la superficie dell’isola e la sua distanza dal continente o da vicini arcipelaghi. In ambito storico i modelli oggi maggiormente utilizzati fanno riferimento alla filogeografia molecolare, cioè alla storia filogenetica e demografica di una determinata specie, studiata attraverso sequenze di Dna e analizzata con sofisticati metodi statistici bayesiani applicati alla teoria genetica della coalescenza.
L’utilizzo dei principi e metodi della biogeografia, associati alla possibilità di rappresentare qualsiasi variabile misurabile su scala geografica tramite georeferenziamento e inserimento in sistemi di informazione geografica (Gis, Geographic Information Systems), trova un impiego particolarmente efficace nella pianificazione della gestione delle risorse naturali e nella conservazione della biodiversità.
Tra i molti ambiti di impiego di questi strumenti si può segnalare, a titolo di esempio, la possibilità di valutare, in maniera non soggettiva, la dipendenza di una determinata specie animale o vegetale dalla struttura e fisionomia dell’habitat, o studiare il cambiamento demografico di una specie in funzione dei cambiamenti dell’habitat o del paesaggio attuati dall’uomo o provocati dal cambiamento climatico.
È possibile simulare, attraverso l’uso di varie tipologie di modelli che fanno riferimento alla nicchia ecologica, la distribuzione potenziale di una specie nel presente, nel passato o nel futuro, laddove siano già disponibili strati in Gis informativi sul clima.
È inoltre possibile andare a verificare la capacità di un parco o di un’area protetta nella tutela di una determinata specie vulnerabile sotto diversi scenari di cambiamento climatico.
Nella biologia applicata alla conservazione la teoria dell’equilibrio insulare è stata largamente impiegata in vari contesti e soprattutto nella formulazione e progettazione dei corridoi e delle reti ecologiche.
Anche la dinamica della colonizzazione di una specie aliena invasiva può essere simulata in modelli che combinano metodi filogeografici con modelli di occorrenza basati sulla nicchia ecologica.
È chiaro però che l’efficacia e l’attendibilità di questi modelli dipende in maniera basilare dalla qualità e quantità di dati di biodiversità ricavabili da dataset o da banche dati digitalizzate. È particolarmente necessario poter disporre di dati puntualmente georiferiti e crono-riferiti per analizzare i cambiamenti nella distribuzione della biodiversità, ed è su questa linea che molte iniziative e progetti si stanno muovendo, privilegiando il ruolo dei musei naturalistici come depositari di dati storici sulla distribuzione di animali e piante, e della ‘citizen science’ che, attraverso il coinvolgimento dei cittadini, aspira a raccogliere ed archiviare grandi quantità di dati attuali, digitalizzati sulla biodiversità.