L'Italia preromana. I siti etruschi: Pontecagnano
L’insediamento di P. è posto al margine settentrionale della piana del Sele, sulla riva sinistra del fiume Picentino, a circa 4 km dal mare.
Eccettuati pochi frammenti del Neolitico finale, le più antiche testimonianze risalgono all’Eneolitico: una necropoli della facies del Gaudo, non lontana dal fiume e, in località Sant’Antonio, meno di 2 km a est, depositi e sepolture con materiali tipici del Gaudo e dell’orizzonte pugliese di Laterza. Tali nuclei si connettono probabilmente a due aree di abitato cui forse si riferiscono anche materiali del momento finale dell’età del Bronzo, tra i quali un frammento ceramico del Miceneo III B-C. All’inizio dell’età del Ferro, al passaggio tra X e IX sec. a.C., l’arrivo di gruppi villanoviani dall’Etruria meridionale costiera trasforma in senso protourbano l’insediamento: l’area dell’abitato, esteso per una superficie di circa 80 ha in corrispondenza del paese moderno, è distinta da quelle riservate alle necropoli secondo una ripartizione topografica che si conserva fino all’età romana. È stato individuato 4 km circa a est, in località Pagliarone, un secondo abitato dell’età del Ferro, connesso a una laguna costiera, oggi scomparsa, che si esaurisce nella fase iniziale dell’VIII sec. a.C.
Già nell’età del Ferro P. è snodo importante dei traffici marittimi verso il Lazio e l’Etruria: funzione emporica accentuata con la fondazione di Pithecusa e Cuma e durante l’Orientalizzante fino all’inizio del VI sec. a.C. Alla fine dell’VIII sec. a.C. risale la più antica documentazione dall’abitato: tracce di capanne, un pozzo e una fornace, rinvenuti all’estremità meridionale dell’area urbana. All’inizio del VI sec. a.C. l’insediamento è pianificato in senso urbano: il settore destinato alle abitazioni è distinto da un ampio quartiere artigianale, situato immediatamente a est, mentre due santuari sono costruiti all’estremità nord e sud dell’abitato. Il primo è dedicato a una divinità simile a Hera o Demetra; dal secondo provengono iscrizioni greche rivolte ad Apollo e una dedica in etrusco a Manth, divinità a esso assimilabile. All’urbanizzazione dell’insediamento corrisponde il consolidamento della sua matrice etrusca, testimoniata, ad esempio, dalla presenza di iscrizioni vascolari in etrusco già dalla fine del VII sec. a.C.
In età arcaica il centro subisce un progressivo ridimensionamento della sua funzione emporica, compensato dalla risorsa di un ricco territorio agricolo, che gli consente di superare il declino della potenza etrusca nel basso Tirreno e, alla fine del V sec. a.C., le trasformazioni indotte dal processo di “sannitizzazione”. Nella seconda metà del IV sec. a.C. l’insediamento è interessato da un profondo riassetto, che riguarda la ristrutturazione dei santuari e lo sfruttamento di nuove aree di necropoli. Al passaggio tra IV e III sec. a.C. l’abbandono delle aree sacre e del quartiere artigianale segna la crisi del sistema-città pianificato all’inizio del VI sec. a.C. Nel 268 a.C., sul luogo del più antico insediamento, i Romani fondano Picentia in seguito alla deportazione di una parte della tribù adriatica dei Picentini (Strab., V, 4, 13). Dotata di un impianto regolare, risalente alla seconda metà del III sec. a.C., con isolati della fronte di 35 m, la città vive fino al II sec. d.C., nonostante due episodi di distruzione violenta riferibili l’uno al saccheggio, ricordato dalle fonti, operato da Silla durante la guerra sociale, l’altro al terremoto e all’eruzione vesuviana del 62 e del 79 d.C. In forma ridotta, l’insediamento sopravvive fino al VI sec. d.C.
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