L'Europa tardoantica e medievale. Le testimonianze islamiche nella penisola italiana: Segesta
La città dopo un progressivo declino durante tutta l’epoca romano-imperiale dovette essere abbandonata definitivamente nel corso del VII sec. d.C.
La sua fine sembrerebbe legata a una lenta consunzione piuttosto che a episodi traumatici (ad es., le scorrerie dei Vandali nel V sec. o l’invasione saracena nel IX sec.). Sulla progressiva crisi di S. dovette senz’altro pesare la concorrenza di un importante sito, individuato sulla base di ricognizioni di superficie, situato nella vicina località di Ponte Bagni e identificabile con la statio delle Aquae Segestanae sive Pincianae dell’Itinerarium Antonini. Il villaggio delle Aquae Segestanae era ancora abitato nei secoli VIII-X d.C. Le indagini archeologiche condotte a S. tra il 1989 e il 1995 hanno permesso di chiarirne meglio anche le fasi più recenti, di età tardoantica, bizantina e medievale. Le testimonianze (ceramica, metalli e monete) di occupazione di età bizantina (secc. VI-VII) si concentrano, attualmente, soprattutto nella zona della cima settentrionale del Monte Barbaro, dove anche sono stati attribuiti ipoteticamente a quest’epoca i resti di una torre. Per tutto l’Alto Medioevo (secc. VIII-XI) l’intero altipiano segestano dovette poi rimanere abbandonato o comunque essere frequentato solo sporadicamente.
Probabilmente agli inizi del XII secolo l’attuale Monte Barbaro venne rioccupato da una popolazione di religione musulmana, come anche testimoniato dalla scoperta, sulla cima settentrionale dello stesso monte, di una grande moschea. Quest’ultima è certamente una moschea congregazionale, per la preghiera del venerdì, avendo le considerevoli dimensioni di 20,4 x 11,4 m. La nicchia del miḥrāb si apre a metà del lato meridionale e lo spazio interno era suddiviso in due navate parallele al muro della qibla. Sempre all’occupazione musulmana si attribuiscono resti di abitazioni e una necropoli, situata subito a sud del teatro antico. La creazione di un nuovo villaggio musulmano, dopo tanti secoli di abbandono, nel sito dell’antica S. è significativamente contemporanea all’arrivo di un signore normanno nella vicina Calathamet (a meno di 10 km di distanza, subito al di sopra del sito di Ponte Bagni), dove agli inizi del XII secolo vennero costruiti un castello e una piccola chiesa. Verso la fine del XII secolo l’arrivo anche a S. di un signore cristiano è testimoniato dalla costruzione di un castello, nel punto più alto dell’intero sito, e di una chiesa con tre absidi, nelle sue immediate vicinanze. Il castello, che inglobò alcuni degli edifici preesistenti (la “torre” bizantina e alcune abitazioni del XII sec.), è articolato in una parte centrale, un tozzo torrione di circa 20 m di lato, e in una serie di edifici posti intorno a esso, che funge anche da cinta difensiva. Lo spazio di fronte alla chiesa venne occupato da un cimitero cristiano e la moschea venne molto probabilmente demolita.
La fase di età sveva di S. è contraddistinta anche da una forte espansione dell’area abitata e dal generale incremento qualitativo della vita materiale (migliori ceramiche, moltissime monete, abitazioni di diverso tenore, ecc.). Un nucleo molto consistente di abitazioni è stato scavato nell’area occupata in antico dall’area monumentale dell’agorà. Si tratta di case con ambienti che si aprono su piccole corti o su vicoli ciechi, secondo schemi ancora oggi diffusi nel mondo islamico. La popolazione rimase probabilmente “mista” tra cristiani e musulmani anche dopo l’arrivo del nuovo signore del villaggio. Intorno alla metà del XIII secolo, prima il villaggio e quindi il castello vennero abbandonati e mai più rioccupati. Alcuni indizi (numerose punte di freccia e tracce di incendio) farebbero pensare a un abbandono violento, specie del castello. L’ipotesi più probabile per questa fine violenta è quella che la attribuisce alle lotte di Federico II di Svevia contro sia i musulmani ribelli, sia i feudatari usurpatori. Soltanto nell’area ai piedi del castello, intorno alla metà del XV secolo alcuni abitanti di Calatafimi fecero costruire una piccola chiesa monoabsidata, sopra quella di età sveva, in una località oramai deserta. I ruderi di questa chiesa erano visibili anche prima dell’inizio degli scavi. Per i restanti secoli del Medioevo l’unico centro abitato situato nel territorio dell’antica S. fu quello, ancora esistente, di Calatafimi.
G. Bresc - H. Bresc, Segestes médiévales: Calathamet, Calatabarbaro, Calatafimi, in MEFRM, 89 (1977), pp. 341-69.
A. Molinari, Segesta, II. Il castello e la moschea, Palermo 1997.
S. Bernardini et al., Il territorio di Segesta fra l’età arcaica e il medioevo. Nuovi dati dalla carta archeologica di Calatafimi, in Atti delle Terze Giornate Internazionali di studi sull’Area Elima (Gibellina - Erice - Contessa Entellina, 23-26 ottobre 1997), Pisa - Gibellina 2000, pp. 91-133.