L'Europa tardoantica e medievale. I popoli dell'area slava: gli Slavi occidentali
Gli Slavi occidentali (Polacchi, Cechi, Slovacchi e, nell’Alto Medioevo, tribù di Polabia prima della germanizzazione) fanno parte di un ceppo etnico comune designato dal primitivo e antico nome di Slavi nell’ambito della grande famiglia linguistica indoeuropea.
La comunità linguistica slava che si è formata nei lunghi e complessi processi etnogenetici, nonostante una ricca tradizione di ricerca, è ancora oggetto di intensi esami e vive discussioni. Indipendentemente dalle ipotesi sulla precisa localizzazione della loro terra originaria – tra l’Oder e la Vistola oppure sull’alto e il medio Dnepr – gli Slavi nell’Europa centrale si riversarono nei secoli V-VII al di là dei confini delle zone già occupate. Questi movimenti divennero, specialmente nel V-VI secolo, vere e proprie migrazioni di ampie parti della popolazione. I loro confini etnici formatisi in quel periodo perdurarono, senza più grandi mutamenti, per circa cinque secoli. Abbiamo alcune testimonianze archeologiche del fatto che nei secoli VI e VII ampi gruppi slavi, partendo dal territorio tra Oder e Vistola, presero la via del Sud dirigendosi in Boemia, Moravia e Slovacchia come pure lungo il corso dell’Elba fino al Saale. Altri gruppi della popolazione slava si mossero verso ovest al di là dell’Oder verso la Sprea e l’Havel, oppure si spostarono lungo le coste del Baltico verso l’area del basso corso dell’Elba. Oltre alle tribù quali i Sorabi, menzionati nel VII secolo da Fredegario, oppure gli Obodriti e i Veleti-Vilzi, conosciuti più tardi dai cronisti carolingi, nella maggior parte dei casi si trattava di numerosi gruppi di popolazioni. Le loro migrazioni erano indirettamente legate con la progressiva espansione degli Avari. Nell’VIII secolo i limiti della zona occupata dall’insediamento slavo si estendevano dal Golfo di Kiel lungo i fiumi Elba e Saale e la Foresta Boema fino al Danubio.
Secondo la tradizione trasmessa da Adamo di Brema (Gesta Hammaburgensis Ecclesiae pontificum, II, 18) Carlo Magno stabilì nel IX secolo il cosiddetto Limes Saxoniae lungo la parte nord di questo confine. La zona di frontiera tra l’insediamento slavo e quello germanico lungo il fiume Saale veniva nominata negli Annales carolingi Limes Sorabicus. Nei secoli VI e VII si registrano migrazioni slave verso i Balcani. Dall’Europa centro-orientale verso la Penisola Balcanica si spostavano i Serbi e i Charvati formando allora la Serbia meridionale e la Croazia. Il ruolo principale nelle origini del gruppo degli Slavi meridionali fu però sostenuto principalmente dalla grande famiglia linguistica degli Slavi orientali. All’inizio del Medioevo tra il gruppo occidentale e quello orientale degli Slavi non c’erano notevoli differenze culturali. Erano divisi da un confine naturale, costituito dai due spartiacque Bug-San e Pripjat-Dniestr, che separavano geograficamente i territori tra il Baltico e il Mar Nero. Nei secoli X-XI questo confine stava progressivamente diventando anche una frontiera etnica tra gli Slavi orientali e quelli occidentali. Nei processi formativi di ambedue i gruppi, un ruolo essenziale ebbe la comparsa degli Stati polacco, ungherese e russo. Gli abitanti dei primi due si sono trovati nella zona di tradizione e influenze culturali latine, mentre quelli dello Stato russo nella zona di influenza bizantina. Progressivamente si possono anche osservare alcune differenziazioni nell’ambito della famiglia linguistica slava fino ad allora relativamente omogenea.
Circa la suddivisione tribale e la suddivisione degli insediamenti in alcune zone è stato possibile identificare gli embrioni dei nuclei tribali che più tardi, nei secoli IX-XI, vennero ricordati nelle cronache e documenti scritti. Una particolareggiata analisi archeologica ha reso anche possibile intraprendere un calcolo stimato del graduale progresso della colonizzazione di un dato terreno e del suo sfruttamento economico. Per alcune regioni del bassopiano centro-europeo si è potuto dimostrare che l’ampiezza del terreno sfruttato era aumentata intorno all’anno Mille di quasi quattro volte rispetto agli inizi della nostra era e comprendeva circa il 24% dell’intero territorio. La metà del territorio occupato doveva essere coltivata. J. Herrmann (1968, 19813), a partire dal materiale archeologico, è riuscito a definire i tratti comuni che caratterizzavano gli insediamenti situati lungo l’alta Vistola, la Moravia, l’alta e media Elba: case a pianta quadrata, seminterrate, vasi del tipo Praga fatti a mano, tombe a incinerazione in urne tipo Praga. Un’altra classe di ceramica lavorata a mano del tipo Sukow è diventata un indice dello spostamento, forse già nel VI secolo, dei gruppi degli Obodriti, attraverso il basso Oder, nelle loro sedi sul Baltico. Le somiglianze delle strutture difensive (fortilizi di piccole dimensioni) e della produzione ceramica (vasi fatti a tornio del tipo Tornow) dimostrano, a loro volta, le connessioni tra gli insediamenti sull’alta Sprea e l’Oder centrale. Queste affinità sarebbero dovute al fatto che gli abitanti di questi insediamenti si erano spostati nel VII secolo da qualche parte a nord delle falde dei Sudeti. I legami nell’ambito della produzione ceramica – vasi tipo Feldberg fatti a tornio – “indurrebbero a far derivare da questo ambiente anche le tribù dei Veleti e, in parte, dei Pomerani” (Leciejewicz 1991, p. 69).
Un problema aperto, metodologicamente difficile da risolvere, rimane la questione su quali mutamenti culturali si possano interpretare in termini di migrazioni e quali come risultato di contatti economici e/o politici. Le possibilità di analizzare più a fondo lo sviluppo dell’insediamento slavo del VII-VIII secolo aumentano. Le più consistenti strutture insediative, formatesi in seguito a un processo di stabilizzazione, ci offrono un più grande numero di dati archeologici, cui si aggiungono le notizie sugli Slavi nei testi carolingi; di particolare importanza è la testimonianza redatta verso la metà del IX secolo dal Geografo Bavarese (Descriptio civitatum ad orientalem plagam Danubii). Sul territorio degli Slavi occidentali si distingue tutta una serie di più antiche organizzazioni territoriali. In Polabia (Vagria, Meclemburgo, Brandeburgo) si notano 14 tribù, tra cui Vagri, Polabi, Obodriti, Varni, Redari, Sprevani con, complessivamente, 174 civitates. Col tempo osserviamo presso gli Slavi occidentali il processo di formazione delle organizzazioni sovratribali di carattere statale. Si ritiene che questo tipo di organizzazione sia stato creato nel 623 o 626 circa, dopo la rivolta degli Slavi contro gli Avari. Si tratta del cosiddetto Stato di Samo che durò – secondo G. Labuda (1960) – fino al 660 e che nel 630 circa combatté contro il re franco Dagoberto I (vittoria nel 631 presso Wogastisburg). Dopo la morte di Samo, lo Stato si disgregò anche se, secondo alcuni, la sua tradizione continuò a esistere.
Caratteristiche di struttura statale possedeva invece lo Stato moravo sorto nel IX secolo, nominato più tardi, da Costantino Porfirogenito, Grande Moravia. Le tribù locali avevano creato una confederazione politica sotto la guida di Mojmir. Rostislao, il successore di Mojmir, fece venire nell’860 da Tessalonica due fratelli apostoli: Cirillo (Costantino) e Metodio. Dopo l’introduzione di elementi cristiani nel rito e nella lingua slavi, i due fratelli hanno elaborato il cirillico, scrittura alfabetica slava che ha svolto un ruolo importante in alcuni Paesi slavi. Dopo la caduta dello Stato della Grande Moravia invaso dai Magiari, sulle rovine di questo a partire dal X secolo si formò il principato dei Przemyslidi cechi. Nello stesso secolo, sul territorio della odierna Polonia, notiamo ancora due altri centri di organizzazione sovratribale. Cracovia e i suoi dintorni erano sede dei Vislani, invasi dal moravo Ṡwiętopełk e dall’inizio del X secolo sottoposti al potere ceco e, più a nord, un centro sulle terre della Grande Polonia che ha dato inizio allo Stato polacco. Contemporaneamente embrioni di organizzazioni sovratribali a carattere statale si formavano anche presso gli Slavi di Polabia.
La religione degli Slavi mostra nella struttura somiglianze con le religioni di altre popolazioni indoeuropee. Gli studiosi vedono in queste religioni il mondo degli dei ordinato in modo simile al mondo degli uomini: potere superiore negli aspetti giuridici e magici, lotta armata e prosperità concepita principalmente come fornitura del cibo. Le fonti più antiche risalgono al VI secolo. Alla testa del Pantheon slavo era il dio del cielo e del tuono conosciuto dagli Slavi con il nome di Perun. I suoi corrispondenti erano probabilmente in Polabia, Ṡwiętowid, Rugiewit e Jarowit. Weles era un dio sovrano della magia, del giuramento e del bestiame. Il suo corrispondente polabiano era Triglaw. I principali luoghi del culto erano templi, piazze con le statue degli dei all’aperto, montagne e boschetti sacri, terreni vicini all’acqua. I templi slavi sono ben testimoniati nelle fonti scritte per la Polabia e la Pomerania (Radogoszcz, Szczecin, Wolin, Arkona, Wołogoszcz, Gochow, Korzenica e Malechow). I più antichi risalgono all’VIII secolo; l’ultimo centro di culto pagano, il tempio ad Arkona, fu distrutto dai Danesi nel 1168. La popolazione slava tra Baltico, Elba, Solava e Oder si era germanizzata nel corso dei secoli XII-XV. Solo in Lusatia sono rimasti gruppi slavi che hanno conservato, fino ai tempi nostri, la propria lingua (il serbo) e cultura.
Fonti: per una presentazione d’insieme e l’analisi delle fonti scritte: Leciejewicz 1991; Tyszkiewicz 1994.
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