L'Europa tardoantica e medievale. I Longobardi: Cividale del Friuli
Centro (lat. Forum Iulii) posto ai piedi delle Prealpi Giulie, allo sbocco della valle del Natisone.
Vi furono trovate tracce di stazioni neolitiche ed eneolitiche e forse vi sorse un castelliere. Nell’età del Ferro fu un centro della civiltà veneta prima e poi di quella celtica, della quale rimane un ipogeo. Forse il forum fu fondato da Cesare; divenne municipium nel 49 a.C. o tra il 17 e il 15 a.C. Nel I secolo c’erano già case urbane pavimentate a mosaici; sono noti anche il foro e le terme sia pubbliche sia private, oltre ad aree votive, sacelli e bronzetti. Al tempo di Marco Aurelio, C.d.F. fu dotata di una recinzione muraria esterna e successivamente fece parte del sistema difensivo dell’Italia voluto da Marco Aurelio e rafforzato da Caracalla e da Gallieno. Alla fine del V secolo vi risiedette il vescovo di Iulium Carnicum (Zuglio), quindi divenne caput provinciae e sede del governatore della Venetia et Histria. Nel 568 i Longobardi guidati da Alboino cominciarono la loro invasione dal territorio del municipium. Tale territorio era già saldamente tenuto nel 610, quando il duca Gisulfo dovette affrontare la calata degli Avari, che saccheggiarono la città, evento che ha lasciato una traccia in uno spesso strato di cenere e carbone rinvenuto in tutta l’area urbana. C.d.F. divenne sede, nel 737, del patriarca di Aquileia e, nel IX secolo, del marchese preposto a difendere la parte orientale dell’Italia.
A causa dell’invasione avara e dell’intensa attività edilizia dei Longobardi, dell’abitato tardoantico sono giunti soltanto pochissimi dati, tra cui un’epigrafe del V e un pluteo dell’inizio del VI secolo. In età longobarda i palazzi pubblici sorgevano nella zona est, dove erano collocati il monastero di S. Maria in Valle, la gastaldaga, il palazzo del patriarca e quello ducale, la cappella palatina, le carceri, il tribunale e lo xenodochio. Alla volontà dei duchi si deve la costruzione di molte chiese; tra quelle indagate archeologicamente sono molto importanti il battistero di S. Giovanni, distrutto nel 1448, e la vicina basilica di S. Maria, sotto l’attuale duomo. Gli scavi hanno rivelato che il complesso religioso era costituito dal battistero a pianta ottagona, con un pavimento musivo dell’VIII secolo e una scarsella in cui si trovavano l’altare di Ratchis (realizzato tra il 737 e il 744) e la sedia episcopale, unito alla basilica di S. Maria da un atrio a pianta quadrata con un recinto interno formato da plutei. Di fondazione altomedievale sono anche le chiese di S. Giovanni in Xenodochio e di S. Giovanni in Valle. Un altro edificio religioso di cui non è noto il titolo fu in parte messo in luce nel 1874 sotto l’attuale piazza Paolo Diacono. È scomparsa anche la chiesa di S. Pietro dei Volti, della quale è stata scavata parte dell’area cimiteriale. Un’altra aula di culto doveva trovarsi in prossimità o in corrispondenza dell’attuale chiesa di S. Francesco; di essa è stata individuata una porzione dell’area cimiteriale.
Infine, deve essere considerato il cosiddetto “tempietto longobardo” costruito intorno al 760 o all’810. A pianta apparentemente rettangolare, in realtà è un’aula quadrata rialzata, sul cui lato est si apre un presbiterio rettangolare a tre navate, coperte da volte a botte divise da quattro colonne e due pilastri, nella quale si riconoscono due fasi edilizie. Alla prima appartengono l’aula, originariamente coperta da una volta a tutto sesto, il presbiterio, il cancello che separa i due ambienti e il pavimento marmoreo “a stelle”, con esagoni neri e triangoli bianchi. Le pareti erano rivestite nella parte inferiore con lastre di marmo greco e nella parte superiore con stucco, sulle volte erano presenti anche mosaici. Lungo le pareti del presbiterio correva una larga fascia color porfido con l’iscrizione dedicatoria in caratteri bianchi. Tutti gli archi delle finestre, della porta e delle volte erano evidenziati da decorazioni architettoniche di stucco traforato. Inoltre, nell’aula sui timpani e sulle pareti vi era un ciclo di affreschi, del quale rimangono il Cristo Logos tra gli arcangeli Michele e Gabriele nel timpano ovest, la Vergine con il Bambino nel timpano nord, due santi vescovi sulla parete est e quattro santi soldati negli angoli sud-ovest e nord-ovest. Il ciclo pittorico è stato messo in relazione con quello della cappella di Teodato a S. Maria Antiqua in Roma, eseguito tra il 741 e il 752. Sulla parete ovest, al di sopra della porta e ai lati della finestra, vi sono sei statue di sante, come poste in uno spazio celeste limitato da due fregi orizzontali a stelle, che sono raffigurate nell’atto di adorare la lux vera di Cristo. Le statue sono disposte simmetricamente rispetto alla finestra: le due centrali sono in atto di adorazione e vestono una palla, le quattro laterali, riccamente vestite, recano in testa e in mano la corona dei sovrani che offrono a Cristo. Alla seconda fase, degli anni immediatamente successivi al 1242 e dovuta alla badessa Gisla de Pertica, appartengono la volta a crociera dell’aula, l’attuale ingresso e i contrafforti esterni.
Per quanto riguarda la scultura altomedievale, C.d.F. conserva vari reperti che non si distaccano dal panorama coevo della Langobardia Maior con decorazione ottenuta per lo più dall’intreccio di vari elementi, ma due esemplari entrambi provenienti dal battistero e attualmente conservati nel Museo Cristiano devono essere analizzati nel dettaglio. Il primo è il fonte battesimale fatto costruire intorno al 737 dal patriarca aquileiese Callisto. Tale fonte è costituito dalla vasca battesimale ottagona sormontata da otto colonne, con capitelli dei secoli V e VI di riuso, e chiusa da otto archetti. Su un lato del parapetto si trova il cosiddetto “pluteo di Sigualdo”, poiché reca la dedica al patriarca Sigualdo (765-786). Sul pluteo sono raffigurati i simboli dei quattro evangelisti entro clipeo. Il secondo monumento è l’altare di Ratchis, fatto costruire dal futuro re, tra il 737 e il 744, durante il suo ducato in onore del padre Pemmone. Sulla fronte è illustrata la Maiestas Domini, con Cristo affiancato da due cherubini, sul lato destro è l’Adorazione dei Magi, sul lato sinistro la Visitazione e su quello posteriore ai lati dell’incavo per le reliquie sono due croci latine.
All’interno delle mura sono state rinvenute sepolture in piazza del Duomo, legate al battistero e alla basilica; all’interno della chiesa di S. Giovanni in Valle, forse di ambiente ducale; in prossimità della chiesa di S. Pietro dei Volti e di quella di S. Francesco. In piazza Paolo Diacono nel 1874 fu rinvenuta la “tomba di Gisulfo”, così denominata perché sul coperchio fu graffito al momento del rinvenimento il nome CISUL: si tratta di un sarcofago che conteneva le spoglie di un ricco guerriero, deceduto nel terzo quarto del VII secolo, con l’armamento completo. Nell’area extraurbana sono state scavate tre grandi necropoli. Fuori Porta S. Giovanni, a nord-ovest della città, lungo il Rio Emiliano, nel 1916 R. Della Torre scoprì in un sepolcreto della tarda romanità almeno 127 tombe longobarde, molto interessanti perché in uso dagli anni immediatamente successivi al 568 sino all’inizio del secondo terzo del VII secolo; il materiale è quasi tutto portato dalla Pannonia e documenta come non si fossero mossi soltanto i guerrieri alla volta dell’Italia, ma tutta la società. Negli anni attorno al 630 il sepolcreto di S. Giovanni cessò la sua attività e i Longobardi cominciarono a seppellire nella zona immediatamente a nord, in località Cella, nella più grande necropoli longobarda d’Italia, che ha restituito corredi che vanno dall’inizio del secondo terzo sino alla fine del VII secolo. In prossimità della chiesa di S. Martino dal 1661 al 1910 a più riprese furono individuate parti di una necropoli longobarda che insisteva sul terreno di un precedente sepolcreto. In località Pertica è stata scavata una necropoli di notevole importanza per l’omogeneità del materiale, relativa a una famiglia appartenente a un ricco gruppo dirigente. Altre tombe sono state rinvenute a nord-est della zona Pertica, nel fondo Zucchi, in località Gallo, a Gruppignano, a San Pantaleone e a San Mauro.
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