L'eta ellenistica: divorzio tra scienza e filosofia
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Dopo la morte di Alessandro Magno il principale centro di cultura del Mediterraneo è Alessandria d’Egitto. Grazie all’illuminata politica culturale dei Tolemei, la città egizia vede la fondazione di una straordinaria biblioteca e di un museo, destinati a divenire il punto di riferimento per studiosi provenienti da ogni parte del Mediterraneo. Separatasi dalla filosofia, la conoscenza scientifica è adesso caratterizzata dalla presenza di singole discipline autonome i cui principi sono codificati all’interno di testi di fondamentale importanza.
La transizione dall’età classica all’ellenismo è accompagnata da importanti cambiamenti in campo culturale e scientifico. Se Atene continua a essere il centro principale per l’attività filosofica, sulla sponda opposta del Mediterraneo, ad Alessandria d’Egitto va organizzandosi una nuova sistemazione del sapere, propensa a riconoscere autonomia a una serie di discipline scientifiche.
Approssimandosi la fine del IV secolo a.C., nuove capitali della cultura sorgono nei regni ellenistici: Antiochia, Pergamo, Alessandria vanno ad affiancare Atene, Siracusa, Samo, Rodi e tutti quei centri che da tempo avevano visto fiorire forme di sapere non solo letterario e filosofico, ma anche tecnico. All’inizio del III secolo a.C., probabilmente seguendo i suggerimenti di Demetrio Falereo, esiliato da Atene e rifugiatosi ad Alessandria, vengono creati i presupposti per dotare il palazzo reale della città egizia di due punti di riferimento culturali, una biblioteca e un museo, destinati a restare nell’immaginario collettivo come il momento più alto mai raggiunto nel mondo antico dall’organizzazione del sapere. Edificato nel palazzo reale, il Museo diviene il punto di incontro per studiosi che da ogni dove soggiornano ad Alessandria. Istituzioni culturali sorgono anche negli altri regni ellenistici, ma possediamo maggiori notizie su Alessandria, fondata dai Tolemei nel 332 a.C. La sola descrizione del Museo è in un breve passo di Strabone (Geografia, 17, 1, 8), il quale conferma che l’edificio faceva parte del palazzo reale e che comprendeva una passeggiata, uno spazio dove venivano consumati i pasti in comune, un’esedra munita di sedili, un ampio parco con specie animali e vegetali. Collegata al Museo e all’interno del palazzo reale era anche la famosa Biblioteca: se sono veri i dati che riferisce Aulo Gellio (Noctes Atticae, 7, 17, 3) i volumi all’epoca sono circa 700 mila. Si tratta di rotoli nei quali, in greco, è scritto tutto lo scibile esistente o presunto tale. A tal proposito è interessante un’informazione in Galeno (K, 17, 1, 601), secondo il quale il re Tolemeo II Fialdelfo aveva dato ordine di copiare il contenuto dei testi che si trovavano a bordo delle navi che entravano nel porto di Alessandria.
Un passo di Ateneo di Naucrati (Deipnosofisti, 5, 206d – 209b) relativo alla grande nave Syrakousia costruita da Archimede a Siracusa e diretta proprio ad Alessandria descrive, tra le varie meraviglie a bordo, anche una biblioteca. L’innovativa idea è dunque quella di racchiudere in un’immensa biblioteca tutto lo scibile umano, raccogliendo i testi scritti da tutti i popoli. Per questo i Tolemei chiamano a sé numerosi traduttori e i più grandi storici, filosofi, astronomi e matematici del tempo, mettendo loro a disposizione oltre 1000 scribi. Sono questi traduttori i personaggi che per primi hanno goduto dello straordinario scenario della Biblioteca completa di testi, che per secoli scatenerà le fantasiose ricostruzioni dei posteri. L’idea della biblioteca universale scaturisce da un progetto di totalità che ha varie radici: da una parte la diretta continuazione, in campo culturale, del piano politico di Alessandro che voleva “varcare i confini del mondo” e che, fermatosi a Ninive, aveva voluto una biblioteca imponente per la quale aveva fatto preparare traduzioni dei testi dei Caldei, dall’altra la convinzione che, per dominare il mondo, occorra comprendere il pensiero e il linguaggio degli altri popoli, ovvero conoscerne i testi.
Le poche informazioni a nostra disposizione non consentono di affrontare dettagliatamente il tema, che sarebbe assai interessante, del contenuto delle biblioteche fondate in altri centri all’interno dei regni di età ellenistica. Per volere di Antigono Gonata ne viene istituita una a Pella, in Macedonia, il cui contenuto sarà poi portato a Roma da Emilio Paolo nel 168 a.C., successivamente alla vittoria sui Macedoni. Circa 100 anni più tardi Lucullo trasferirà a Roma la biblioteca di Mitridate, re del Ponto. È possibile che la principale tra queste fosse la biblioteca reale di Pergamo, che secondo Plutarco (Vita di Antonio, 58, 9-59) conteneva verso la metà del I secolo a.C. circa 200 mila volumi.
Nonostante i dubbi espressi da molti studiosi, è plausibile che la Biblioteca di Alessandria contenesse anche testi scientifici. La presenza di molti illustri personaggi della cultura nell’arco di cinque secoli nelle istituzioni alessandrine induce a ritenere che nella Biblioteca vi fossero, oltre alle opere letterarie, anche i trattati di discipline scientifiche. I numerosi rimandi e riferimenti che nei testi di medicina si fanno ad altre opere e altrettanto per gli scritti di meccanica che contengono informazioni su lavori precedenti lascerebbero intendere la possibilità di accedere al luogo in cui questi trattati erano conservati. La ricerca è facilitata dall’accurato sistema di classificazione in base al quale i bibliotecari hanno dato un titolo e un autore a tutti i testi conservati nella Biblioteca, rendendo le opere immediatamente accessibili. Leggere, commentare e dibattere divengono così le parole chiave degli studiosi che frequentano le istituzioni di cultura alessandrine; grazie al finanziamento dei sovrani essi godono di una situazione nuova e per lungo tempo irripetibile.
Abbandonato il legame con la polis che aveva caratterizzato l’attività dei naturalisti della Ionia, di Platone e di Aristotele, si pongono adesso i presupposti per la separazione delle scienze dalla filosofia e dalla sua pretesa di universalità. In realtà già Aristotele aveva sostenuto la tesi dell’autonomia delle scienze, che avrebbero semmai potuto essere raggruppate come in una grande enciclopedia del sapere a beneficio dell’umanità. È questo l’atteggiamento che ha già guidato l’attività di Aristotele e dei suoi allievi, che hanno raccolto numerosi dati scientifici riordinandoli prima di esporli nei testi della scuola aristotelica.
Non a caso, la creazione del Museo alessandrino finisce col privare il Liceo ateniese della ricerca scientifica, che Stratone sposta ad Alessandria. Favoriti dalla protezione dei sovrani, gli studiosi alessandrini vanno sviluppando discipline specialistiche i cui contenuti hanno ormai scisso ogni legame con la religione tradizionale. Naturalmente non bisogna immaginarsi di trovare, all’interno delle nuove discipline che scaturiscono da questa situazione, contenuti corrispondenti alle attuali denominazioni, anche in considerazione del fatto che, tra l’altro, vi sono ambiti nei quali è apertamente suggerita la conoscenza di argomenti pertinenti ad altre discipline. Nell’arte militare, un capitolo della meccanica ellenistica, gli strateghi non possono fare a meno di avere conoscenze di geometria e ottica, di stratagemmi e architettura delle fortificazioni.
Del resto, già il medico ippocratico non può evitare di conoscere elementi di meteorologia e i fenomeni celesti che si ritiene abbiano importanza per l’andamento delle malattie, così come i naturalisti della Ionia che si sono cimentati nella complessa operazione di redigere le carte della Terra non possono essere digiuni di geometria.
Se la fisionomia degli spazi per la ricerca che avviene all’interno del Museo non può che essere oggetto di congetture, non vi sono dubbi, invece, sul fatto che qui va riunendosi per la prima volta una vera e propria comunità scientifica che ha modo, incontrandosi, di discutere su temi di interesse comune. Se i testi della Biblioteca permettono agli studiosi di recuperare, almeno per grandi linee, l’origine delle ricerche compiute nei vari ambiti, gli spazi per la pratica della scienza messi a disposizione dai Tolemei nel Museo costituiscono il presupposto per produrre significativi avanzamenti nella ricerca. È nell’ambiente della Biblioteca che vengono probabilmente alla luce i primi lessici specifici di cui si ha notizia: il Lessico di architettura di Eratostene, il Lessico della marineria di Apollonio, il Lessico degli strumenti di Nicandro di Colofone. Sono testi oggi perduti, ma che si ritiene abbiano fornito materia di base per le opere dei lessicografi quali Esichio, Polluce, Suda. Dalla Biblioteca, indispensabile strumento di ricerca e conoscenza, scaturiscono anche nuovi filoni di studio, vere e proprie storie della letteratura scientifica costruite sui libri: è il caso, per esempio, della storia della geometria e dell’astronomia a opera di Eudemo di Rodi e della storia della medicina di Menone.
Qui trova spazio anche il genere del commento, attestato per l’opera dei medici e dei meccanici – per esempio il commento di Erone a Ctesibio, di Pappo a Erone, di Proclo e Eutocio a Euclide, Archimede e Apollonio.
La Biblioteca sarà distrutta parzialmente più volte, ma la leggenda consistente nell’immaginare la sua apocalittica fine al tempo della guerra alessandrina (48-47 a.C.) di Giulio Cesare è smentita, se non altro, dal fatto che Strabone vi ha soggiornato e lavorato nel suo viaggio in Egitto, compiuto tra il 25 e il 20 a.C.
La distruzione della Biblioteca avviene, in realtà, al tempo del conflitto tra Aureliano e Zenobia di Palmira nel 270-275, quando vi sono durissimi scontri nelle strade di Alessandria. È allora che, come dice lo storico Ammiano Marcellino (XXII, 16, 15), “Alessandria perse il quartiere chiamato Bruchion, sede per lunghissimo tempo di studiosi dal nome prestigioso”. Dobbiamo quindi assegnare alla Biblioteca e al Museo tre secoli di vita successivamente alle vicende belliche del 48-47 a.C., a testimonianza di una presenza fra istituzioni culturali alessandrine ben maggiore di quanto di solito non si creda, ancora capaci di svolgere un ruolo primario in età imperiale romana. L’esistenza della Biblioteca è dunque la causa prima della fondazione del Museo, descritto anche dal grammatico Aristonico di Alessandria, autore secondo Fozio (Biblioteca, cod. 161, 104b, 40-41) di un perduto testo intitolato Sul Museo. Eliano (De natura animalium, XVII, 3) e Ateneo di Naucrati (Deipnosofisti V, 196; XIV, 654) ricordano che nel Museo vi era una serra per piante esotiche, un giardino lussureggiante e vi si trovavano animali delle specie più rare.
Da alcune osservazioni contenute nell’Almagesto di Claudio Tolomeo deduciamo che nel Museo gli astronomi dovevano avere a disposizione un osservatorio con i relativi strumenti, dovevano disporre di appositi spazi anche gli studiosi di meccanica, in specie quelli che, come Ctesibio, Filone di Bisanzio ed Erone, erano interessati alla pneumatica. Disciplina sorta in relazione ai dibattiti sull’esistenza o meno del vuoto, la pneumatica ha bisogno, per essere studiata, di tutta una serie di apparati che devono essere progettati, costruiti e messi in funzione in appositi spazi, veri e propri laboratori dove si osservano gli effetti meravigliosi della contiguità degli elementi. Nel Museo, infine, i medici devono mettere a frutto le osservazioni che derivano dal permesso di sezionare i cadaveri e, talvolta, anche i prigionieri condannati a morte nelle carceri cittadine; nel proemio al De medicina Celso afferma che i medici Erofilo ed Erasistrato hanno potuto effettuare vivisezioni sui carcerati messi a disposizione dai Tolemei. Criticata violentemente dai medici successivi per la sua inutilità, questa pratica viene abbandonata e forse praticata solo sugli animali.
Attorno a questi spazi va dunque costituendosi un modo di fare ricerca assolutamente nuovo basato anche sull’idea di cooperare, come dimostrano le lettere premesse da Archimede, Apollonio e Diocle ai loro trattati.
La nostra conoscenza della scienza di età ellenistica si basa essenzialmente sui testi: esistono autori ben rappresentati, come Teofrasto, Galeno, Euclide, Archimede, Tolomeo ed Erone, ma è tantissimo il materiale andato perso negli incendi che a più riprese hanno colpito la Biblioteca. Significativi i progressi della geografia scientifica, legati ad Alessandria alla figura di Eratostene di Cirene. Autore di una storia della geografia e di un metodo per risolvere il classico problema della duplicazione del cubo, Eratostene è autore di una carta geografica e, conosciuta la distanza tra Alessandria e Assuan attraverso i dati degli agrimensori, di un metodo per calcolare la circonferenza terrestre con un’approssimazione mai più raggiunta nell’antichità.
A Eratostene invia Il problema dei buoi e il Metodo sui teoremi meccanici Archimede, che soggiorna per qualche tempo nella città egizia. Ad Alessandria è presente anche Euclide, autore dei fondamentali Elementi di geometria. Anche la meccanica tocca il suo apice, portando a sistemazione l’oggetto delle sue ricerche che, come sottolineano le opere di Ctesibio e Filone di Bisanzio nel III secolo a.C. e di Erone nel I secolo, non può escludere le relazioni esistenti tra parte teorica e applicazioni pratiche. Tra le discipline che fanno parte della meccanica assurgono agli onori, data l’importanza che rivestono per la corte tolemaica, la pneumatica, la costruzione di automi e la poliorcetica con tutto quello che riguarda le tecniche della guerra.
A Conone, Aristarco di Samo, Apollonio di Perge, Ipparco e Claudio Tolomeo si lega la straordinaria stagione dell’astronomia ellenistica, agevolata dal disporre di spazi specificamente dedicati all’osservazione del cielo e di una serie di strumenti astronomici tra cui figurano una diottra, una sfera armillare e altri apparati descritti da Claudio Tolomeo. Si tratta di mezzi di ausilio indispensabili per risolvere i due problemi fondamentali dell’astronomia: elaborare un calendario e tenere sotto controllo le posizioni dei pianeti al fine di redigere le previsioni astrologiche che tanta importanza andavano assumendo soprattutto con l’affermazione di Roma nel Mediterraneo.
Tra le discipline in notevole sviluppo figurano la botanica e la zoologia. È noto che nel corso delle spedizioni di Alessandro Magno in Oriente erano stati raccolti numerosi esemplari di piante che, sconosciute fino a quel momento, dettero grande impulso allo studio della botanica.
Nel creare i giardini che facevano parte della Biblioteca e del Museo, i Tolemei sono indotti a fare collezione di piante quanto più possibile nuove e di specie diverse. Anche se non abbiamo indicazioni del fatto che nel Museo di Alessandria le piante siano state sistematicamente studiate, la presenza di tante specie appositamente ricercate potrebbe essere indizio di un’attenzione di tipo non esclusivamente ornamentale.
A Teofrasto di Ereso dobbiamo il primo tentativo sistematico di classificazione delle piante note. Nei suoi trattati Storia delle piante e Cause delle piante, Teofrasto studia le parti che le compongono, i diversi modi in cui si diffondono e propagano nell’ambiente, le malattie che ne pregiudicano il corso naturale dell’esistenza. Anche Attalo III di Pergamo e Mitridate re del Ponto hanno un forte interesse per la botanica, in specie per le piante velenose. In questo contesto matura lo scritto Sulle radici di Crateva (fine I sec. a.C.), medico personale di Mitridate. L’opera principale di botanica è senza dubbio l’Historia plantarum di Dioscoride: la descrizione di oltre 600 piante farà di questo testo il punto di riferimento per la farmacopea dell’antichità e dei secoli a venire. È solitamente accreditata l’ipotesi secondo la quale la spedizione di Alessandro Magno in Oriente avrebbe prodotto un improvviso ampliamento delle conoscenze anche per quanto concerne la fauna. L’esistenza di animali esotici, fantastici e leggendari caratterizza i racconti di coloro che hanno compiuto viaggi in terre lontane; la possibilità di osservare da vicino specie fino a quel momento sconosciute è alla base dell’idea di realizzare spazi nei quali custodirli. Come detto, Eliano e Ateneo di Naucrati ricordano che nel Museo vi sono una serra per piante esotiche, un giardino lussureggiante e animali delle specie più rare. Per quanto scarse siano le informazioni in nostro possesso, non possiamo escludere che il grande parco all’interno del Museo di Alessandria possa avere costituito un tentativo di raccogliere e collezionare una parte della varietà di quella natura che proprio allora si stava rivelando più ampia e ricca di quanto non si credesse. Del resto, non si tratta di un approccio completamente nuovo, dal momento che proprio nel settore della biologia animale Aristotele e la sua scuola avevano con vigore sottolineato l’utilità di un metodo d’indagine basato prima sulla sperimentazione per comprendere il meccanismo della vita, e poi sulla stesura di testi volti a contenere le nuove informazioni.
Grazie alla generosità del suo assistito, Aristotele aveva potuto mettere in piedi delle vere e proprie “collezioni”, ampliare la sua biblioteca personale e avviare nel settore delle scienze naturali le indagini che avrebbero costituito la base della classificazione per molti secoli. Con il medesimo spirito anche i Tolemei spendono grandi somme per inviare esploratori in India e Arabia al fine di mettere insieme una “collezione” di animali rari. D’altro canto, anche la presenza di animali esotici ricordata da Eliano potrebbe essere messa in relazione con un progetto di ricerca sistematico, mirato a creare una sorta di “collezione”. La facilità dei trasporti sulle imbarcazioni che solcano il Mediterraneo e le condizioni favorevoli del clima rendono possibile l’acquisto delle specie più particolari, la loro caccia e cattura. Anche se il modo di studiare gli animali di cui è testimone Eliano è differente rispetto alle spregiudicate pratiche proposte da Aristotele che aveva suggerito di ricorrere alla vivisezione, importa sottolineare l’affermazione dell’innovativa idea di offrire all’occhio attento dello zoologo e del botanico uno spazio che sia un compendio della varietà della natura. Più che indagare l’anatomia delle specie animali, se ne osserva attentamente il comportamento al fine di catalogarne gli aspetti salienti: una serie di simboli legati al potere, alla forza, all’acutezza della vista, alla generosità e operosità comincia così a essere abbinata agli animali, catturati e studiati per quelle particolarità che li rendono oggetto di attenzione esattamente come, per queste medesime caratteristiche, la fauna esotica farà la sua comparsa nelle corti principesche del Rinascimento.
Se anche non si sviluppano una vera e propria scienza botanica e zoologica, è tuttavia plausibile ipotizzare che il grande parco abbia fornito elementi per la crescita della farmacopea, di cui è testimonianza all’interno della letteratura antica per quanto riguarda Alessandria e l’intero Egitto.
Anche se questo particolare “collezionismo” non si è mai dotato di regole precise nel mondo antico, si tratta comunque di un fenomeno che contribuisce a creare un modo razionale di porsi davanti agli enti del mondo naturale. La natura di cui il giardino del Museo costituisce un riassunto è ormai purificata da ogni presenza soprannaturale; per questi uomini, esploratori, geografi, astronomi, naturalisti e viaggiatori interessati a tutto ciò che l’allargamento degli spazi porta con sé, la natura deve essere osservata e catalogata per conoscerne il vero aspetto.
Negli ambienti che sorgono attorno al giardino del Museo di Alessandria i naturalisti, i medici e i meccanici procedono dunque all’osservazione diretta di un mondo che, per svelare i suoi segreti, deve essere interrogato. Se la pratica della sperimentazione costituisce una delle tappe fondamentali nel cammino della scienza e un passaggio essenziale verso la scoperta, ciò in parte avviene nel giardino delle Muse di Alessandria. Da qui prende forma e si diffonde in tutto il bacino del Mediterraneo un nuovo modo di fare scienza che porta a una progressiva specializzazione dei saperi, frutto di un nuovo modo di concepire la cultura scientifica, lo spazio dell’uomo e il suo rapporto con la realtà.