L'Egitto del Nuovo Regno
Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, edizione in 75 ebook
Con la fine della dinastia Hyksos e l’affermazione di una famiglia tebana a capo di uno stato di nuovo unificato ha inizio la fase matura della cultura faraonica; si tratta di un periodo complesso, che, grazie anche a una ricchissima documentazione archeologica, epigrafica e documentaria, offre alla ricerca una quantità considerevole di dati e spunti d’indagine.
L’inizio della dinastia è segnata da alcune figure che avranno un peso importante per la tradizione successiva: tra tutti, la regina Ahmose-Nefertari – la prima a portare il titolo di Divina Adoratrice di Amon – e il figlio, il re Amenhotep I, diverranno divinità del collegio tebano e simboli di un potere che controllerà un territorio ben più vasto del passato e dalle connotazioni imperialistiche. L’inizio del regno di Amenhotep I è fissato, per mezzo di osservazioni astronomiche, al 1526 a.C.; i dati del periodo permettono di riconoscere i tratti di un modello ideologico legato alla tradizione tebana e al ruolo di Amon-Ra, signore di Karnak, nella legittimazione del potere regale.
I segnali di una vigorosa politica estera, segnata da una presenza militare forte, si hanno con il successore Thutmosi I, che conduce campagne in Nubia e in Asia, e la cui celebrazione è affidata a una stele che il re lascia sulle sponde dell’Eufrate. A partire dal suo regno la politica estera egizia subisce una spinta decisiva verso una militarizzazione che non è solo strumento egemonico, ma anche espressione di un modello culturale internazionale, recepito dalla famiglia regnante. Con Thutmosi I continua la monumentalizzazione del tempio di Amon-Ra a Karnak, che si delinea sempre più come tempio dalle forti connotazioni regali; per primo, inoltre, il re sceglie per la propria sepoltura una valle desertica sulla riva ovest tebana, la Valle dei Re, che diviene sede della necropoli regale per tutto il Nuovo Regno; l’ipogeo presenta un cambiamento di asse prima della camera del sarcofago che sarà rispettata per buona parte della XVIII Dinastia. Al suo regno si data anche la fondazione del villaggio operaio di Deir el-Medina, dove risiedono gli artigiani addetti alla decorazione delle tombe regali, e la cui documentazione costituirà una fonte preziosa di notizie per il Nuovo Regno.
Alla morte di Thutmosi I il potere passa ai suoi discendenti: la figlia Hatshepsut sposa il fratellastro Thutmosi II e, alla sua morte, cinge la corona come reggente per la minore età di un altro fratellastro, Thutmosi III. Dalla correggenza, Hatshepsut passa a una incoronazione effettiva che la proclama faraone; in questo modo la figlia di Thutmosi celebra il suo status di re divino, ponendo in essere un complesso apparato idelogico che va dalla redazione di un mito che descrive la sua nascita divina dello stesso Amon-Ra, incarnatosi nel padre naturale, alla definizione del re quale unico sacerdote solare in un fondamentale testo di carattere teologico-cultuale (il cosiddetto testo del Sonnenpriester) che godrà di ampia fortuna nel Nuovo Regno.
Dal testo della Nascita Divina di Hatshepsut a Deir el-Bahari
La celebrazione di Hatshepsut passa anche attraverso una complessa elaborazione a metà tra il mitologico e l’ideologico-reologico: in essa la nascita della principessa che sarà poi regina viene trasposto in un piano divino, con il padre naturale in cui si incarna Amon-Ra di Karnak e un collegio divino che celebra la nascita di una erede, salutata come figlia naturale del re degli dèi.
Parole di Amon al collegio divino con l’intenzione di generare una figlia
Io parlerò al collegio divino dell’eredità del signore delle Due Terre, perché è mia intenzione congiungermi con la sua diletta, la madre regale del re dell’Alto e Basso Egitto Maatkara [= Hatshepsut] dotata di vita, Ahmose [= madre di Hatshepsut] […] poiché io le darò tutte le terre e le regioni straniere […] ed essa guiderà i viventi […]
Il concepimento di Hatshepsut
[Parole di Thot] Questa giovane donna di cui parli si chiama Ahmose: è più bella di ogni donna della terra intera ed è la sposa del re di Alto e Basso Egitto Aakheperkara [= Thutmosi I] […].
Così disse questo dio venerabile ad Amon signore dei troni delle Due Terre, e questi prese le forme della maestà dello sposo di lei, il re di Alto e Basso Egitto Aakheperkara; la trovarono che riposava nell’harem del palazzo: lei si destò all’odore del dio, e sorrise alla sua maestà. Egli le fu subito accanto, arse d’amore per lei e pose in lei il desiderio; egli le concesse di contemplarlo nel suo aspetto di dio, e dopo essersi accostato a lei che esultava a vedere la sua bellezza, ebbe desiderio di possederla, e il palazzo fu indondato dal profumo del dio […].
Disse dunque la sposa regale, la madre del re Ahmose alla maestà di questo dio venerabile, Amo, signore dei troni delle Due Terre: "Mio signore, come è davvero grande la tua potenza! è davvero splendido contemplare la tua testa! Si è unita a te la mia maestà nel tuo splendore, e la tua rugiada è in tutte le mie membra".
Dopo che la maestà di questo dio ebbe fatto ciò che desiderava con lei, disse […]: "colei che si unisce ad Amon, alla testa delle splendide [con gioco di parole con quanto detto dalla regina] sarà il nome di questa figlia che ho generato nel tuo grembo […]. Eserciterà una regalità perfetta su tutto il paese e la mia anima sarà sua, il mio potere sarà suo, la mia autorità sarà sua, la mia corona sarà sua: sarà regina che governerà le Due Terre e guiderà tutti i viventi".
Parole di Hathor ad Amon
È giunto questo dio venerabile [= Amon] per vedere sua figlia che egli ama Maatkara in vita, dopo che è stata partorita: ecco, il suo cuore è davvero lieto!
Dal testo della liturgia solare (Sonnenpriester)
Nel corso del Nuovo Regno il sovrano diventa protagonista di una complessa elaborazione dottrinale, incentrata sugli atti del culto solare all’alba e al tramonto; il testo, conosciuto ancora in versioni di Bassa Epoca, offre anche una descrizione ideale del ruolo del sovrano e dei suoi rapporti con le diverse sfere degli esseri viventi.
Il dio sole Ra ha posto il re a capo della terra dei viventi per sempre immutabilmente, per giudicare gli uomini e soddisfare gli dèi, per realizzare la Maat e annientare Isefet. Egli fa offerte agli dèi e offerte funerarie agli spiriti eletti mentre il suo nome è in cielo come quello di Ra.
Continuando la politica paterna, Hatshepsut promuove importanti interventi nella tempio di Amon-Ra a Karnak; più a nord, presso Beni Hasan, consacra invece un tempio rupestre (ribattezzato Speos Artemidos) a una locale dea leonessa, Pakhet, dove fa incidere un testo che commemora la cacciata degli Hyksos, avvenuta alcuni decenni prima. Il suo nome è però legato al tempio edificato a Deir el-Bahari (Tebe ovest), dove è raffigurato anche uno dei personaggi più importanti alla corte della regina, Senmut; nel programma decorativo del tempio si ricorda il già citato mito della nascita divina e la celebre descrizione di una spedizione a Punt, regione legata ai prodotti esotici e localizzata in una zona meridionale (regione del corno d’Africa o della penisola arabica). Nei pressi di Deir el-Bahari la regina fa scavare anche un sepolcro nel quale venne scoperto il suo sarcofago insieme con quello del padre, Thutmosi I.
Il successore, Thutmosi III, rimane per diversi anni nell’ombra della reggente; tuttavia, ben presto si rivela essere un sovrano energico, che spinge i confini dall’Eufrate sino alla terza cateratta del Nilo (attuale Sudan), dove lascia una stele commemorativa ai piedi del Jebel Barkal. La serie di campagne militari condotte dal re in Siria è ricordata negli Annali redatti nel tempio di Karnak: gli eventi bellici si alternano, nelle narrazioni del periodo, si pensi alle autobiografie dei suoi funzionari, con episodi dal forte valore simbolico, come una celebre battuta di caccia all’elefante nella regione di Naharina. L’avversario diretto dell’Egitto è lo stato di Mittani, potenza egemone siriana che riveste un ruolo fondamentale per la veicolazione di elementi culturali di origine orientale verso l’Egitto.
La parte finale del regno è pacifica, e vede la realizzazione di un ricco programma architettonico a Karnak, dove viene eretta la cosiddetta Sala delle Feste, complesso cultuale legato alla celebrazione della regalità, e nella cui decorazione è compresa anche una lista una lista cultuale di antichi re; a Tebe ovest invece lascia edifici di culto a Deir el-Bahari e a Medinet Habu; a Thutmosi III si deve anche uno dei primi templi egizi in Nubia, scavato nella montagna a Ellesija e trasportato ora nel Museo Egizio di Torino. A questo periodo risale, infine, anche la damnatio memoriae della regina Hatshepsut. L’attenzione verso il tempio di Karnak è segno di un equilibrio che si va delineando nel corso della dinastia, e che vede nel grande santuario uno dei maggiori centri amministrativi ed economici del paese; Tebe diventa così un centro cerimoniale concepito come scenario del rito e della legittimazione regale. Qui convergono le ricchezze che arrivano dalle più lontante terre straniere, frutto di spedizioni militari o di scambi commerciali che vedono sempre più l’Egitto farsi protagonista sulla scena internazionale.
La tomba di Thutmosi III nella Valle dei Re ha conservato una complessa decorazione, con la versione completa di uno dei più importanti testi funerari regali del periodo, l’Amduat, che descrive il percorso notturno del sole.
Alla sua morte, la figura di Thutmosi III si ammanta di un’aura di leggenda, in parte dovuta alla politica del successore, Amenhotep II, che continua il programma di campagne militari in Asia e in Nubia. Questa politica bellicosa è anche favorita dalla ricezione, sempre più decisa, di un modello culturale internazionale, fondato su un’aristocrazia militare che si riconosce nell’uso del cavallo; l’influenza orientale si riconosce anche nell’introduzione di divinità asiatiche (ad esempio Astarte, Baal e Reshep) nel pantheon egizio. La conflittualità con la Siria si ricompone poi in un processo di pacificazione con il regno di Mittani. La sua tomba nella Valle dei Re viene reimpiegata, al termine del Nuovo Regno, come nascondiglio per le mummie regali.
L’ascesa al trono del successore, Thutmosi IV, è commemorata nella stele fatta erigere tra le zampe della sfinge di Giza; il principe è prescelto dal dio solare Haremakhet, personificato dalla sfinge, durante una battuta di caccia al leone. Il testo è importante perché testimonia un sempre maggiore peso del culto solare di tipo eliopolitano, almeno in parte contrapposto all’egemonia tebana. Il legame con la sfinge trova una conferma anche nel completamento, a opera di Thutmosi IV, del tempio a lei dedicato a Giza.
Il regno di Amenhotep III, erede di Thutmosi IV, segna l’apogeo della XVIII Dinastia; i frutti della politica militare dei suoi predecessori giungono ora a maturazione, e il suo periodo è caratterizzato da una pace che favorisce la ricchezza e lo sviluppo culturale. La figura di questo sovrano, insieme con la moglie Teye, la prima a portare il titolo di Grande Sposa del Re, può essere considerata rappresentativa dell’evoluzione ideologica che conferisce al re un carattere pienamente divino. La divinizzazione della coppia regale diviene parte integrante della politica egizia, e trova la sua realizzazione in area nubiana, dove i templi di Soleb e Sedeinga vengono consacrati come luogo di culto del re e della regina. A Tebe, invece, il processo trova il proprio scenario ideale nel tempio di Luqsor, dove l’aspetto primordiale e creatore di Amon-Kamutef (“Amon-Toro-di-sua-madre”) diviene la fonte di legittimità del sovrano nel corso della Festa di Opet; nel programma decorativo del santuario viene ripreso anche il mito della nascita divina, proposto per la prima volta da Hatshepsut.
La politica estera di Amenhotep III è caratterizzata da una vivace attività diplomatica, che vede l’Egitto interagire con le massime potenze straniere del periodo (Mittani, Babilonia, Khatti, Assiria) e con gli Stati vassalli dell’area siro-palestinese; il segno più evidente di questi scambi è costituito dalla serie di matrimoni interdinastici che portano alla corte egizia principesse orientali. Parte della documentazione diplomatica del regno di Amenhotep III è stata scoperta ad Amarna, e offre un quadro estremamente chiaro della complessità dei rapporti sviluppati in questo periodo.
A Malqata (Tebe ovest) il re fa edificare un monumentale complesso palatino, usato nel giubileo regale; il suo tempio di Kom el-Hitan è stato smantellato in epoca successiva per recuperarne i materiali, e la sola testimonianza rimasta è la coppia di statue colossali, conosciute come Colossi di Memnone.
Dalla stele dietro i colossi di Memnone
Il regno di Amenothep III è caratterizzato da un periodo di pace e prosperità e da un notevole fervore culturale; il testo che segue è tratto dalla grande stele situata presso i Colossi di Memnone, due enormi statue fatte erigere dal sovrano per celebrare la sua grandiosità e la sua discendenza divina.
Vieni, [Amon-Ra, signore dei troni delle Due Terre, che presiede a Karnak], possa tu vedere il tuo tempio che io ho costruito per te sulla riva occidentale di Tebe, la cui perfezione si unisce con la montagna di Manu.
Tu attraversi il cielo per posarti in esso e quando splendi sull’orizzonte del cielo esso risplende per il fulgore del tuo volto; la sua facciata dà verso l’oriente [lett.: lato sinistro], verso il tuo sorgere: il tuo orizzonte per il tuo tramontare in vita. Quando tu brilli al mattino ogni giorno la tua perfezione è al suo interno, incessantemente.
Io l’ho fatto con un lavoro abile in pietra bianca di arenaria e la mia maestà lo ha riempito con monumenti e con ciò che io ho portato dal Gebel Ahmar. Si vede che essi occupano il loro posto e si gioisce molto per la loro grandiosità; io lo ho fatto ugualmente [con] tecnica mista, cioè alabastro, granito rosso e granito nero.
La mia maestà ha agito per l’eternità alla ricerca di ciò che è utile per mio padre: le immagini cultuali uscite davanti a te, la mia maestà le ha eseguite completamente e grandioso è ciò che io ho fatto con oro e ogni pietra nobile e pregiata, senza fine. E ho stabilito per loro la prescrizione per fare ciò che può essere gradito al tuo ka; io ho fatto in modo che [esse] riposino nella cappella venerabile come sono [...] io ho stabilito per loro le loro offerte divine [...].
Io, la mia maestà, ho fatto queste cose all’infinito, sapendo certo che potevano essere sulla terra. È mio padre che mi ha incaricato di fare tutto ciò che lui ha stabilito: io ho fatto per te la cappella solare per il tuo viaggio in cielo come Atum, essendo tu uscito da ogni dio.
L’Enneade che è al tuo seguito e i babbuini ti lodano quando risplendi al tuo sorgere come Ra-Harakhti. L’Enneade e gli dèi gioiscono e danno il sollevamento a Khepri, mentre i babbuini danno lode al tuo volto per il tuo tramonto in vita nell’occidente.
L’erede designato porta anch’egli il nome Amenhotep e assume la correggenza insieme col padre. Ben presto però alcuni elementi ideologici e religiosi (ad esempio il forte legame con il culto solare) subiscono una forte accelerazione, e vengono regolamentati all’interno di una dottrina che molto spesso è stata interpretata come una rivoluzione all’interno della cultura faraonica, superficialmente presentata come immutabile nel tempo. Al centro di questa nuova ideologia è l’ipostasi divina del disco solare, Aton, che costituisce l’elemento formale caratterizzante del periodo; in realtà, Aton come divinità, e non solo aspetto fisico del sole, è documentato dal regno di Thutmosi IV, mentre alcuni aspetti della regalità divina hanno fondamento nel regno di Amenhotep III.
Il nuovo sovrano, Amenhotep IV, delinea ben presto le caratteristiche di questa nuova dottrina: le sue costruzioni a Karnak mostrano infatti nuovi modelli iconografici che delineano l’associazione del re con il creatore Aton. In questa icona regale un ruolo fondamentale è attribuito a Nefertiti, la sposa del re, la cui presenza mette in evidenza il valore mitico della famiglia regale. Nel quarto anno di regno si assiste a un radicale cambiamento: la residenza regale viene trasferita ad Akhetaton (L’“Orizzonte di Aton”, attuale Amarna nel Medio Egitto), segno tangibile del legame esclusivo tra il re e il suo dio; contemporaneamente, il nome regale viene mutato in Akhenaton. La frattura con la tradizione precedente pone in evidenza il rapporto fortissimo re-Aton, che può essere considerato l’evoluzione naturale delle premesse del regno di Amenhotep III. La forza di questa nuova dottrina determina anche la scomparsa di elementi che sono fortemente radicati nel pensiero egiziano, come l’aldilà, dal quale scompare Osiride, il re dei defunti.
Questa serie di cambiamenti si ripercuotono anche nell’amministrazione: la gestione della nuova residenza comporta un diverso sistema redistributivo, con un impoverimento dei templi che erano stati gangli economici fondamentali nella gestione delle risorse in Egitto. Il mutamento anticipa una più drastica politica contro i templi tradizionali, che vengono chiusi, mentre i nomi degli dèi, e anche solo il plurale della parola dio, viene cancellato dai monumenti. Sul fronte della politica estera il regno di Akhenaton si segnala per una vasta rete di contatti diplomatici, documentati da un archivio scoperto ad Amarna: si tratta di un lotto di lettere e rapporti scritti in accadico, e i cui protagonisti sono il re d’Egitto, i grandi re e i vassalli della regione orientale. Anche la Nubia è interessata dalla politica del periodo, come testimoniano i templi di Aton a Kawa e a Kerma.
Da una delle stele confinarie di Akhenaton ad Amarna
Amenothep IV durante il suo regno trasferisce la capitale ad Akhetaton e modifica il proprio nome in Akhenaton a sottolineare lo stretto legame che lo unisce al dio Aton, di cui impone il culto. Questo segna una profonda rottura con la tradizione e la nascita di una nuova dottrina; il testo seguente testimonia la devozione del faraone al dio Aton di cui si proclama figlio e incarnazione terrena.
Il mio [= del re] giuramento di verità, che il mio cuore proclama, che io non dico menzogna mai: la stele meridionale che è sulla montagna orientale di Akhetaton è la stele di Akhetaton, è quella presso cui io sto, e non la sorpasserò mai verso il meridione.
La stele sud-orientale di fronte a lei sul monte meridionale di Akhetaton è proprio di fronte; quanto alla stele centrale che è sulla montagna orientale di Akhetaton, io sto presso di lei sulla montagna a oriente di Akhetaton, e non la sorpasserò mai verso l’oriente.
La stele centrale che è sulla montagna occidentale di Akhetaton davanti a lei, le è giusto di fronte; quanto alla stele nord-orientale di Akhetaton, io sto presso di lei ed è la stele settentrionale di Akhetaton, e non la sorpasserò mai.
La stele settentrionale che è sulla montagna occidentale di Akhetaton di fronte a lei le è proprio davanti […].
Quello che è compreso tra queste quattro stele a partire dalla montagna orientale fino alla montagna occidentale è Akhetaton vera e propria: appartiene a mio padre Aton […] nelle montagne, nelle valli, negli stagni, nelle zonte bonificate, nelle terre alte […].
Non decadrà il giuramento che io ho fatto a mio padre Aton per sempre, ma anzi esso sarà reso durevole su una stele di pietra sul confine sud-orientale ed ugualmente sul confine nord-orientale di Akhetaton, non sarà cancellato, non sarà rimosso, non sarà scalpellato, non sarà stuccato con gesso e non sarà [guastato]: se diventerà illeggibile, se dovesse cadere la stele su cui è [questo giuramento] io la rinnoverò di nuovo ancora nel luogo in cui era.
Gli ultimi anni di regno di Akhenaton presentano alcuni punti oscuri: Nefertiti scompare dalla documentazione, mentre fa la sua comparsa un principe, Smenkhkara, che cingerà la corona per un brevissimo periodo; Akhenaton viene probabilmente sepolto nella tomba regale di Amarna, mentre il potere torna a Tebe prima con Smenkhkara, poi con Tutankhamon, il quale farà allestire il nascondiglio di Amarna nella Valle dei Re. Tutankhamon trasferisce la residenza regale a Menfi (dove i principi di sangue regale erano educati) e promuove un ritorno all’ortodossia che però non riesce ad annullare determinati apporti della dottrina e della cultura amarniana. Alla sua morte sale al trono l’anziano sacerdote Ay e viene sepolto in un modesto sepolcro nella Valle dei Re, scoperto pressoché intatto nel 1922; la linea dinastica della famiglia si è ormai interrotta, e l’ultimo sovrano della dinastia, Horemheb, è un militare che sale al trono grazie anche alle nozze con una principessa di sangue regale e all’appoggio del sacerdozio tebano.
Il ripristino del modello preamarniano si realizza anche con un programma architettonico per la cui realizzazione si sfruttano le cave di arenaria del Gebel Silsila; sul fronte esterno, invece, la politica di Horemheb è mirata al recupero del ruolo dell’Egitto sullo scenario vicino-orientale. Alla sua morte viene sepolto nella tomba della Valle dei Re (prima della sua ascesa al trono si era fatto preparare un sepolcro a Menfi), la prima ad andamento rettilineo che diverrà tipico della successiva tradizione ramesside; il programma decorativo si arricchisce ora di nuove composizioni (ad esempio il Libro delle Porte), sempre legate al ciclo notturno del Sole. Il ruolo centrale dell’esercito alla fine della dinastia sarà determinante anche per l’ascesa al trono della successiva famiglia regnante.
Originaria del Delta, la XIX Dinastia è fondata da Ramesse I, un militare che sale al trono in età avanzata e il cui breve regno collega il periodo postamarniano con i suoi energici successori. Alla sua morte viene sepolto in una piccola tomba della Valle dei Re. Il successore, Sethi I, celebra la sua pietà filiale e il rapporto con il passato con alcune fondazioni sacre ad Abido, tra cui spiccano l’Osireion, tomba simbolica di Osiride, e una lista regale rituale nel tempio dedicato alle principali divinità nazionali, che celebra i re del passato: si tratta di una della fonti più importanti per la ricostruzione delle sequenze dinastiche egizie. Il legame celebrato dal re con il nord (p. es. attraverso l’attività architettonica a Eliopoli) è bilanciato da interventi a Tebe (sala ipostila di Karnak) e in Nubia (Gebel Barkal, antica Napata). La sua politica estera, mirata a consolidare la posizione dell’Egitto in area palestinese sino a Qadesh, è ricordata nei rilievi di Karnak. Anche il fronte occidentale è fatto oggetto di attenzione, come dimostrano le spedizioni contro i Libici, la cui pressione si va sempre più accentuando e importanti sono anche i contatti diplomatici promossi da Sethi con lo stato ittita, che si profila sempre più come lo stato forte nel contesto siriano. La vivacità dello scenario internazionale, unita alle origini settentrionali della famiglia regale, può spiegare la scelta di fissare la residenza regale nel nord: una linea che sarà confermata dal successore con la fondazione di un palazzo, che rimarrà in uso ancora nella XX Dinastia.
La ripresa economica è certo favorita anche da una serie di spedizioni in aree minerarie (Sinai, Nubia, deserto orientale), allo scopo di accedere a materie prime di pregio (soprattutto oro e pietre dure). Nel rispetto della tradizione, Sethi fa edificare un tempio a Gurna (Tebe ovest) e fa scavare nella Valle dei Re uno dei più splendidi sepolcri regali, scoperto nel 1817 dal padovano Giovanni Battista Belzoni.
Gli succede Ramesse II, figura emblematica del potere faraonico, tanto che il suo nome sarà ripreso da ben nove successori, sino al termine del Nuovo Regno; alla sua fama contribuisce certo la durata del regno, che con i suoi 67 anni è ricordato come uno dei più lunghi in Egitto. Il suo prestigio dipende anche da una precoce attività militare che avrà il suo momento più significativo nella battaglia di Qadesh, dove l’esercito egizio si scontrerà con quello ittita. Pur non essendo certo una vittoria, la propaganda si approprierà dell’evento, trasformandolo in una dimostrazione della natura divina del re e riproponendolo frequentemente nel programma decorativo di templi e in una composizione letteraria. La politica estera successiva consoliderà la presenza egizia nella regione area palestinese e, soprattutto, porterà alla pacificazione con lo stato ittita, con la stipula di un trattato di pace (nella versione egizia e ittita) che può essere considerato tra le più importanti testimonianze dell’attività diplomatica nel Vicino Oriente del Tardo Bronzo.
L’equilibrio internazionale e il lungo regno costituiscono le premesse per un programma celebrativo che non conosce uguali: le costruzioni di Ramesse II in Egitto e in Nubia offrono un vivido quadro del modello ideologico perseguito dal re e nel quale si proclama un dogma della regalità divina le cui radici affondano nella tradizione della XVIII Dinastia. Questa linea politica è particolarmente evidente nella serie di templi nubiani, dove l’immagine del re diventa icona divina e, nello stesso tempo, segno tangibile del potere che controlla la regione. Nella costruzione di molti edifici sacri in Egitto vengono utilizzati i materiali delle fondazioni amarniane, e contemporaneamente vengono promossi interventi di ripristino delle iscrizioni obliterate durante il regno di Akhenaton.
L’accresciuta ricchezza del paese trova conferma anche dalla documentazione di Deir el-Medina, il villaggio operaio della necropoli regale, il cui sostentamento è reso possibile dal regolare approvvigionamento di beni di consumo e di lusso che si fanno ora sempre più comuni; pur nella ricchezza di questa documentazione, va riscontrata la mancanza di una monetazione che vada a sostituire il sistema tradizionale di beni di riferimento che sono regolarmente registrati nella documentazione amministrativa.
Seguendo la tradizione del Nuovo Regno, Ramesse II possiede un harem particolarmente numeroso, dominato dalle figure delle Grandi Spose – prima fra tutte Nefertari – e comprendente un numero elevato di figli; la residenza principale scelta dal re, Piramesse (il “Possedimento di Ramesse”, attuale Qantir) è il centro della vita politica sino al termine del Nuovo Regno. Il lungo regno di Ramesse non favorisce la successione al trono: diversi principi premuoiono al padre e il successore Merenptah sale al trono in età avanzata. Sul fronte estero la situazione subisce delle modificazioni: il regno ittita si avvia verso una crisi determinata soprattutto da lotte interne, mentre a ovest cominciano a profilarsi mutamenti siginificativi, che hanno per protagonisti genti libiche e gruppi che si spostano verso il Mediterraneo orientale. Merenptah è costretto a fronteggiare queste spinte da ovest, come testimoniano alcune iscrizioni che parlano di scontri contro queste popolazioni; al suo regno si data anche la più antica menzione di Israele nelle fonti egizie. L’avvio di una fase di declino può essere indicato da alcuni indizi: il forte legame con Menfi, dove Merenptah fa costruire un palazzo, può essere considerato segno della volontà di collegarsi, in un momento di crisi, al centro connesso tradizionalmente con la regalità.
L’indebolimento della linea dinastica si fa evidente alla morte di Merenptah, con l’ascesa al trono di Amenmesse, appartenente a un ramo collaterale della famiglia e considerato un usurpatore, come testimoniato dalla voluta profanazione della sua tomba. La linea legittima viene confermata dal successore, Sethi II, cui si devono interventi architettonici a Tebe, tra cui la triplice cappella della barca sacra a Karnak. Alla sua morte la reggenza in nome di Ramesse-Siptah che chiude la dinastia, è assunta dalla sua sposa, Tauseret, cui viene attribuito un sepolcro nella Valle dei Re.
L’Egitto del Nuovo Regno è permeato da un atteggiamento nuovo nei confronti del mondo esterno: se l’immagine dello straniero continua a essere al centro di un’ideologia che contrappone il caos esterno e l’ordine egizio, la realtà documentale e archeologica è ben più articolata. La serie di campagne militari in Oriente, come già la precedente presenza Hyksos nel nord del paese, favorisce la ricezione di elementi orientali che si fanno segno distintivo di una cultura elevata e di uno stile d’élite; il mondo esterno diventa ora oggetto di interesse e di comprensione, e non solo segno di un caos cui si oppone il re. Uno degli esempi più interessanti al riguardo si riconosce nella decorazione di un ambiente della Sala delle Feste di Thutmosi III a Karnak, dove sono fedelmente riprodotti piante e animali delle regioni levantine; allo stesso modo, la rappresentazione della terra di Punt nel tempio di Hathsepsut a Deir el-Bahari rispecchia un atteggiamento ormai affermatosi nello spirito egiziano, fatto di attenzione verso il mondo esterno che viene ora integrato all’interno del modello ordinato. Di questo confronto è parte anche il mondo divino egizio, che recepisce figure orientali, talvolta identificate con divinità nilotiche e protagoniste dei fenomeni di religiosità ufficiale e personale, come anche di vicende mitiche (Mito di Anat e Seth, Mito di Astarte e il mare).
Le stesse forme di comunicazione vengono ora rielaborate nel rispetto di questo spirito: l’archivio in cuneiforme di Amarna, con la corrispondenza diplomatica di Amenhotep III e Akhenaton, è la prova tangibile della coscienza di un mondo esterno che produce cultura. Non deve quindi stupire la scoperta, tra le missive diplomatiche, di testi letterari e lessicali della tradizione mesopotamica: testimonianza esplicita di strumenti usati nell’apprendimento di una lingua straniera ormai invalsa nelle relazioni internazionali, e nello stesso tempo veicolo di modelli che possono essere recepiti nella Valle del Nilo; questi modelli orientali sono recepiti attraverso la mediazione della cultura khurrita (regno di Mittani), determinante, in questo periodo, per la creazione di un linguaggio internazionale. In questo modo, la stessa lingua egizia si apre a influssi lessicali esterni, certo favoriti da una progressiva vernacolarizzazione che offre al livello parlato una più decisa dignità di lingua scritta e letteraria.
Il Nuovo Regno, fase matura della civiltà faraonica, è caratterizzato da una evoluzione sociale che dipende dalla nuova realtà: il ruolo delle élites militari si rafforza e determina la nascita di una classe sociale legata alla guerra quale attività regolare e non occasionale, come accadeva in passato. Gli esponenti di questa classe possono perseguire una carriera che consente l’accesso ai livelli più alti della gestione statale; l’esempio lampante di una simile carriera è costituito da Horemheb, che sale al trono provenendo dai ranghi più alti dell’esercito, o anche da Ramesse I, ufficiale del predecessore e al quale i suoi soldati si rivolgono, anche dopo l’ascesa al trono, con il titolo di “generale”. Un fenomeno analogo interessa la classe sacerdotale, che si delinea sempre più come casta specializzata nel culto; il tempio diventa così un altro polo della società egizia, frequentato da specialisti che garantiscono il contatto con il divino e, nello stesso tempo, la gestione di un’economia sempre più florida.
In questa società, il sovrano si presenta sotto una luce particolare: le iscrizioni ufficiali insistono sulla sua natura prossima al divino, di cui il sovrano si fa figlio, mentre il Sonnenpriester offre una descrizione delle sue competenze che lo caratterizzano come interfaccia tra uomini e dèi.
Tuttavia, l’atteggiamento del singolo risente di un mutato quadro sociale e affida il proprio destino non più a un potere regale che è considerato unico garante del mondo ordinato, ma piuttosto a un dio che diventa il punto di riferimento per un sentimento di religiosità personale sempre più chiaro nelle fonti. Questo sentimento nuovo traspare anche nella letteratura sapienziale di età ramesside (Insegnamento di Ani, Insegnamento di Amenemope), dove è meno forte il legame del singolo con la società e con il re che ne è l’ideale garante: ora il destino dell’uomo dipende dall’affidamento al volere divino perché, come ripetono spesso i testi del periodo, la sua esistenza è nella mano di dio. Si delinea così una realtà sociale e culturale più affine a una sensibilità moderna, nella quale il modello classico si contrappone a una realtà quotidiana, complessa e articolata.
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, Il Vicino Oriente Antico, Storia