L'armée des ombres
(Francia/Italia 1969, L'armata degli eroi, colore, 140m); regia: Jean-Pierre Melville; produzione: Jacques Dorfmann per Films Corona/Fono Roma; soggetto: dall'omonimo romanzo di Joseph Kessel; sceneggiatura: Jean-Pierre Melville; fotografia: Pierre Lhomme (per le riprese aeree e marittime), Walter Wottitz; montaggio: Françoise Bonnot; scenografia: Théobald Meurisse; costumi: Colette Baudot; musica: Eric Demarsan.
Francia, 20 ottobre 1942. Philippe Gerbier, ingegnere attivo nei ranghi della Resistenza, è internato in un campo di prigionia. Preso in consegna dalla Gestapo, viene portato all'Hotel Majestic. Con l'aiuto di uno sconosciuto, Gerbier uccide una sentinella e fugge. Raggiunto il suo gruppo a Marsiglia, presiede, con l'aiuto di Felix e di 'le Masque', all'esecuzione di un giovane militante che fa il doppio gioco. Felix incontra in un bar il vecchio amico e commilitone Jean-François Jardie che accetta di entrare nel gruppo. La sua prima missione consiste nel portare una radio trasmittente a Parigi dove lo attende Mathilde. Jean-François approfitta per andare a trovare il fratello Luc ignorando che è uno dei capi della Resistenza (questa scena, come altre riguardanti il campo di prigionia e i due fratelli, è stata tagliata dalla versione italiana). Pochi giorni dopo Gerbier e Luc partono per Londra per ottenere aiuti. Jardie è decorato dal generale De Gaulle. L'improvviso arresto di Felix spinge Gerbier a rientrare in Francia, ma l'audace piano di Mathilde per liberare il compagno non ha successo. Intanto Jean-François, di nascosto dal gruppo, si autodenuncia per poter entrare nelle prigioni della Gestapo e aiutare Felix. Gerbier viene arrestato in un ristorante. Condannato a morte, viene liberato da Mathilde. Luc Jardie lo raggiunge nel suo nascondiglio per annunciargli che nel frattempo Mathilde è stata arrestata. I tedeschi la ricattano minacciando la giovane figlia. Malgrado la fiera opposizione di 'le Bison' la decisione è presa: Mathilde dovrà morire. L'esecuzione, sia pur dolorosa, è portata a termine. Mentre l'automobile con Gerbier, 'le Masque', 'le Bison' e lo stesso Luc Jardie si allontana, quattro cartelli annunciano la drammatica fine che li aspetta. Poche decine di metri oltre c'è un posto di blocco tedesco.
Jean-Pierre Melville scoprì il romanzo di Joseph Kessel nel 1943 ma non gli riuscì di portarlo sullo schermo fino alla fine degli anni Sessanta. Il risultato, come ammette lo stesso regista, si allontana in modo sensibile dal romanzo, scritto a caldo, ma anche dal film che se ne sarebbe potuto trarre subito dopo la guerra. La distanza dagli eventi diventa, in un certo senso, il nuovo punto di partenza. "Cattivi ricordi siate comunque i benvenuti, voi siete la mia lontana giovinezza" recita dunque l'epigrafe di Georges Courteline posta in apertura al film. La costruzione risente di questa premessa: i fatti sono evocati in una struttura piuttosto libera che procede quasi per accumulo con personaggi che appaiono e scompaiono, episodi chiusi e situazioni che ritornano (questa impressione è ancora più forte nella versione italiana che la distribuzione ha accorciato di trentadue minuti). Le voci fuori campo di Philippe Gerbier e Jean-François Jardie entrano ed escono per riportare le impressioni e i dubbi dei personaggi più che per ricucire le smagliature del racconto. Questa libertà colloca il film in una dimensione quasi astratta e testimonia dello stretto rapporto di Melville con il tema: con il suo vero nome Grumbach, il regista ha infatti militato nella Resistenza fin dal 1940.
Le 'ombre' di Melville (e non gli 'eroi' del titolo italiano) compiono una serie di atti di cui non sempre conoscono il senso particolare. Nessuno allude mai alla vittoria o al termine della guerra. Nessuno ha il tempo di fare professioni di ideologia. Meglio di altri film L'armée des ombres restituisce la fatica e la paura quotidiana e, più in genere, la provvisoria sospensione dei naturali rapporti umani: fratelli che ignorano la rispettiva militanza, amici che devono essere eliminati per un cedimento, madri costrette a tradire i compagni per salvare le figlie. Tutto il film si gioca all'interno della pratica quotidiana della lotta (dice Gerbier: "ciò che non oso chiamare routine") e, naturalmente, all'interno del conflitto morale. Come per i suoi gangster, Melville racconta di uomini e donne che hanno assunto, in circostanze straordinarie, una morale a parte. Avere o non avere il diritto di emanare condanne a morte è dunque il nodo centrale di ogni lotta che preveda l'uso delle armi. La risposta è delegata alla Storia, ma la Storia deve essere ancora scritta. Intanto c'è l'urgenza di reprimere il dubbio. Le due esecuzioni dei traditori diventano così il fulcro morale di L'armée des ombres: nella prima Gerbier e i suoi compagni devono confrontarsi con la difficoltà fisica di uccidere un uomo che non odiano e l'eccellente Lino Ventura si costringe a guardare negli occhi il giovane delatore che muore, assumendo così il peso e la responsabilità di quella terribile scelta; nella seconda, preceduta da un aspro confronto tra i militanti, la presenza di tutti e quattro i principali esponenti del gruppo va contro ogni regola di sicurezza ma, ancora una volta, è imposta dalla volontà di condividere il dubbio e il dolore per una soluzione drammatica. Ovvero dalla necessità di riaffermare, nel caos della guerra, la propria identità e la propria dignità di esseri umani.
L'armée des ombres si colloca con perfetta coerenza stilistica nella filmografia di Melville. Girato tra il capolavoro Le samouraï (Frank Costello faccia d'angelo, 1967) e il film-summa Le cercle rouge (I senza nome, 1970), ne possiede la stessa densità: rigoroso, dominato da toni cupi e autunnali, ambientato tra campagne piovose, vicoli deserti, stanze fredde e desolate, il film privilegia le pause e i silenzi rispetto all'azione e ai dialoghi. Stridente, perché più incline all'enfasi, la parentesi londinese in cui viene chiamato in causa lo stesso generale De Gaulle. Alla sua uscita francese il film, amatissimo dal suo autore, riscosse un grande successo di pubblico. La critica, sempre cauta di fronte alla controversa leggenda della Resistenza nazionale, lo attaccò accusandolo di essere 'gollista' e rilevandone, in termini dispregiativi, la continuità con i classici noir melvilliani. Con il tempo la fortuna del film è cresciuta e oggi viene considerato tra i più notevoli risultati del regista francese.
Interpreti e personaggi: Lino Ventura (Philippe Gerbier), Paul Meurisse (Luc Jardie), Jean-Pierre Cassel (Jean-François Jardie), Simone Signoret (Mathilde), Claude Mann ('le Masque'), Paul Crauchet (Felix), Christian Barbier ('le Bison'), Serge Reggiani (barbiere), André Dewavrin (sé stesso), Alain Libolt (Paul Dounat), Jeanne Pérez (Félicité), Nathalie Delon (amica di Jean-François), Adrien Cayla-Legrand (De Gaulle).
J.-L. Comolli, L'armée des ombres, in "Cahiers du cinéma", n. 216, octobre 1969.
R. Nogueira, Le cinéma selon Melville, Paris 1973 (trad. it. Recco 1994).
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J. Zimmer, Ch. de Béchade, Jean-Pierre Melville, Paris 1983.
Retrospettiva Jean-Pierre Melville, in Festival France Cinema 1994, a cura di F. Pieri, Firenze 1994 (catalogo).
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H. Aubron, Résistance à l'Histoire. À propos de 'L'armée des ombres', in "Vertigo", n.16, 1997.