L'archeologia delle pratiche funerarie. Iran
La pre- e protostoria iranica è ricca di rinvenimenti di aree funerarie che attestano riti diversi. L'inumazione è senza dubbio la pratica più frequente, sin dal VII millennio a.C., epoca in cui ad Ali Kosh, nel Khuzistan, i defunti sono inumati in piccole fosse al di sotto del pavimento delle abitazioni. Nel VI millennio a.C. a Zagheh, presso Qazvin (Iran centrale), mentre i neonati sono deposti entro fori scavati nei muri delle case e i fanciulli inumati sotto il pavimento di recinti coperti usati per abitazione o per immagazzinamento di derrate, gli adulti sono inumati all'aperto, nei cortili delle abitazioni o nelle vie dell'abitato. Tale pratica funeraria resta sostanzialmente immutata ancora nel V e IV millennio a.C., come è attestato a Tepe Siyalk, nell'Iran centro-occidentale (Siyalk I e II), e a Tepe Hissar, nell'Iran nord-orientale (Hissar I). Già tra la fine del V e l'inizio del IV millennio a.C., nel Luristan sembra essere avvertita l'esigenza di raggruppare le sepolture in un'area specifica, confermata per la fine del IV millennio a.C. dalle tombe del periodo I a Shahr-i Sokhta nel Sistan, tra le quali troviamo anche tombe collettive "a tholos" di mattoni crudi. Tra il 2600 e il 2400 a.C. in Luristan si hanno vere e proprie aree sepolcrali, comprendenti in genere tombe collettive, riunite in piccoli gruppi. L'unica necropoli di una certa estensione è quella di Bani Surmah, in cui sono state portate alla luce strette camere funerarie, lunghe da 8 a 16 m, con pareti in solida muratura di pietra a corsi progressivamente aggettanti, così da restringere le pareti verso l'alto con un profilo a pseudovolta; le camere erano poi chiuse da una fila di grandi lastre e circondate da ciottoli. Oltre a questo tipo, definito "di Bani Surmah", le tombe collettive dell'età del Bronzo nel Luristan ne attestano altri tre: quello in cui le pareti sono verticali e non inclinate ("di Takht-i Khan Abdanan"), quello in cui le pareti non sono costruite in muratura con frammenti di pietra ma ottenute con una sola fila di alte lastre poste verticalmente di taglio ("di Qabr Nahi") e quello in cui la copertura non è costituita da lastre orizzontali ma da lastre disposte a schiena d'asino lungo tutto l'asse della tomba ("di Dar Tanha"). A partire dal 2400 a.C., in Luristan si affermano le necropoli con sepolture individuali, riconducibili a due principali categorie tipologiche, distinte per la presenza del rivestimento murario della camera funeraria su tutti e quattro i lati o solo su tre di essi: se il primo gruppo si articola in cinque tipi diversi ma affini per la natura dei corredi, il secondo comprende corredi profondamente differenti ed è stato pertanto attribuito a popolazioni diverse da quelle del primo gruppo. Tra la metà del III e gli inizi del II millennio a.C. si collocano le fasi più ricche delle importanti ed estese necropoli di Shahdad e Shahr-i Sokhta, nell'Iran orientale. A Shahr-i Sokhta (periodo III) troviamo una forte diversificazione delle pratiche funerarie, sia nella struttura delle tombe, a fossa o a catacomba, sia nelle caratteristiche dei corredi e nella posizione degli inumati. Se per la parte centrale del II millennio a.C. la scarsità di documentazione archeologica riguarda anche le aree sepolcrali, con l'inizio dell'età del Ferro si afferma su tutto l'Altopiano la tipologia della necropoli separata dall'abitato, documentata da numerosi rinvenimenti in tutte le regioni dell'Iran. La varietà delle tipologie funerarie è attribuibile sia alle differenze sociali sia alla variegata composizione etnica, particolarmente marcata nel Nord dell'Iran, una delle aree in cui oltretutto più abbondante è la documentazione di necropoli di quest'epoca. A Seh Girdan, nel Nord-Ovest dell'Iran, sono stati indagati dei tumuli di terra che coprono fosse con rivestimento di pietra, datate tra l'età del Bronzo e la prima metà del I millennio a.C. Nelle necropoli della regione del Dailaman (Ghalekuti, Lasulkan, Noruz Mahalleh, Khorramrud, Hassani Mahalleh), attribuite ad un arco di tempo che spazia dall'età del Bronzo al periodo partico, nell'età del Ferro sono documentate sepolture di vario tipo: tombe a fossa, alcune delle quali rivestite di pietra, con il defunto in posizione contratta sul fianco; tombe con camera scavata su un lato del pozzo di accesso (cd. "a catacomba", di tradizione scito-sarmatica) con il defunto in posizione supina; tombe con cerchi di pietre sulla superficie; sepolture in urna. A Khurvin, circa 80 km a nord-ovest di Teheran, gli scavi hanno portato alla luce tombe a inumazione, datate tra il 1300 e l'800 a.C., con fosse rettangolari demarcate da poche pietre allineate e modesti corredi. La necropoli di Marlik (1200-800 a.C.), nella regione di Rudbar, presenta fosse di forma irregolare scavate nella roccia, con pareti rivestite di un rozzo paramento di pietra e malta, contenenti ricchi corredi. Le tombe possono dividersi in quattro tipi: grandi camere di forma irregolare, che per i corredi di armi in bronzo sembrano pertinenti a guerrieri; tombe più piccole, di forma rettangolare, per regine e principi; tombe quadrate, costruite con maggiore cura ma caratterizzate da corredi meno abbondanti, forse le più antiche; tombe piccole, costruite con grossi frammenti di roccia, contenenti resti di cavalli. Nella necropoli di Kaluraz sono attestate due tipologie tombali, l'una, ellittica, scavata nella roccia, l'altra, rettangolare, costruita in muratura di pietra. Un tipo di sepoltura collettiva parrebbe essere quello rinvenuto a Kalar Dasht, nel Mazanderan: la relazione dello scavo (anni Trenta del Novecento) parla di diverse camere funerarie, lunghe e strette, in cui circa 20 individui erano deposti con un ricco corredo di oggetti d'oro e di bronzo. Una necropoli, costituita da tombe con copertura di lastroni, era presente anche a Hasanlu, nei due periodi V e IV, che cadono rispettivamente nell'età del Ferro I e II (1250-800 a.C.). Di notevole interesse è la scoperta della tomba di un personaggio di particolare influenza, sepolta sotto uno spesso strato di terra e calce. A Siyalk, nell'Iran centrale, agli inizi dell'età del Ferro (1350 a.C. ca.) risale la prima delle due necropoli qui studiate (necropoli A, Siyalk V), caratterizzata da tombe a fossa non demarcate da pietre in superficie. La necropoli B (Siyalk VI), più ampiamente indagata, sembra aver avuto una vita piuttosto lunga, dal 1100 al 600 a.C. circa, con numerose riutilizzazioni e alterazioni che non modificano tuttavia la tipologia della necropoli precedente. La stratificazione sociale è evidente nella presenza, in alcune tombe, di una copertura costituita da un piccolo tumulo di forma allungata su cui poggiano grosse lastre di pietra disposte a tetto a doppio spiovente, che conferiscono alla tomba l'aspetto di una capanna. Nella regione del Luristan, nel periodo del Ferro III le tombe presentano in genere una bassa camera rettangolare coperta con lastre o blocchi di pietra; nei cimiteri non saccheggiati la presenza delle tombe appare spesso indicata da un anello ovale di pietre, con una lastra ritta in corrispondenza della testa. A War Kabud sono attestati due tipi di tombe: una semplice fossa di dimensioni piuttosto piccole (1 × 0,6 m) e una camera funeraria con pareti di muratura a blocchi di calcare. In altri cimiteri, quali Tattulban (750- 700 a.C.), sono invece documentate tombe a cista. Nel periodo storico, nonostante la graduale diffusione del costume zoroastriano dell'esposizione del cadavere, che in epoca tardosasanide diviene la norma, le inumazioni continuano ad essere attestate, sia in tombe nuove sia in riutilizzazioni di tombe protostoriche. Tra le aree sepolcrali di epoca storica, oltre alle diverse necropoli di Susa e a parte delle sepolture del Dailaman, datate dal periodo achemenide a quello sasanide, ricordiamo quella del cosiddetto Cimitero della Sorgente di Persepoli, di incerta cronologia: probabilmente risalente al periodo tardo- e postachemenide, esso è costituito da inumazioni in sarcofagi, orientati a nord/nord-ovest, costituiti da due parti giustapposte, in modo da poter disporre di uno spazio intermedio per adattare alla lunghezza del cadavere il sarcofago, chiuso da un coperchio di terracotta. La necropoli di Nisa Nuova, nella parte nord-occidentale della città, pur se estremamente danneggiata, attesta per l'epoca partica l'uso di semplici camere funerarie seminterrate con copertura a volta, utilizzate per la deposizione dei defunti, mentre nella necropoli di M erv, oltre a tombe di questo tipo, sono pr esenti anche tombe di carattere monumentale. La necropoli di Merv fornisce però anche un dato interessante sul mutamento del costume funerario. Nei suoi livelli più tardi, datati ad epoca sasanide, sono stati rinvenuti infatti numerosi astodān (contenitori di ossa) di terracotta, la cui forma imita sovente modelli architettonici, che attestano il passaggio dalla sepoltura del corpo alla conservazione delle sole ossa, resto della esposizione del cadavere. Se gli zoroastriani in Iran e in India si servivano, ancora in un passato recente, delle "torri del silenzio" per la pratica dell'esposizione, mancano attestazioni certe di tali edifici per l'età preislamica, quando verosimilmente venivano usate a questo scopo cavità tagliate nella roccia sulla sommità di alture. Recessi scavati nelle pareti rocciose, in origine chiusi da lastre di pietra, o ciste scavate in piano e provviste di bordo rialzato per accogliere un coperchio di pietra che impedisse all'acqua piovana il contatto con il cadavere non sono rari nell'Iran sasanide, soprattutto nel Fars occidentale e centrale. A seconda delle dimensioni, che variano da 1,8 m a 0,5 m circa, può trattarsi di luoghi per l'esposizione del cadavere o di astodān, ma anche di tombe di non zoroastriani: la pluralità di religioni praticate nell'Iran in epoca sasanide, infatti, rende complessa l'identificazione, solo in alcuni casi facilitata dalle iscrizioni. Quando tali nicchie o ciste sono accompagnate da iscrizioni in pahlavi (tutte paleograficamente databili tra il periodo tardosasanide e quello protoislamico) esse sono sempre chiamate dakhma, termine che in origine significava "tomba" e che in seguito passò a designare i luoghi per l'esposizione zoroastriana del cadavere; ogni iscrizione menziona il nome del defunto e della persona che ne ha preparato la tomba e chiede la ricompensa del paradiso per l'anima, implicando l'appartenenza di ciascun dakhma ad un singolo individuo. Attestati sono anche gli astodān di pietra o ceramica collocati su colonne che potevano portare iscrizioni funerarie commemorative: il pilastro di Tang-i Karam, nel Fars, per il quale era stata ipotizzata la funzione di supporto di astodān di ceramica, potrebbe essere invece esso stesso un astodān, chiuso da un coperchio di pietra di forma emisferica, poiché le due iscrizioni che esso porta sul fusto, nonostante la scarsa conservazione, ricordano le formule canoniche delle iscrizioni dei dakhma. Singolari sono i due monumenti a forma di altare, conservati presso Naqsh-i Rustam, che alcuni ritengono altari per il fuoco, ma che per la loro altezza e posizione sarebbero stati ben difficilmente utilizzabili nel corso di riti sacri. Essi rappresentano invece verosimilmente degli ossuari la cui forma pone in risalto l'appartenenza al credo zoroastriano; analoga funzione sembra più plausibile per altri monumenti simili, quali i cosiddetti "altari" di Darrehbarreh, presso Naqsh-i Rustam, e di Kuh-i Shahrak, sempre nel Fars. Attribuiti a una comunità palmirena sulla base delle affinità tipologiche sono due ampi ipogei a sepolture multiple, scavati nella roccia sull'isola di Kharg nel Golfo Persico, uno dei quali caratterizzato da una monumentale facciata architettonica a lesene con capitelli corintizzanti e finestre cieche. Nelle regioni più orientali dell'Iran, dal Fars orientale al Makran, nella prima metà del I millennio d.C. sono invece diffuse strutture funerarie, munite di corredi, a pianta circolare o ovale, costruite con pietre non lavorate e distinte in quattro tipi principali: tumulo di pietre (cairn) con profilo approssimativamente semicircolare e accesso laterale a una o più camere interne, collegate o meno da un corridoio; tumulo della stessa forma ma privo di spazio interno, forse da interpretare come risultato di un crollo del tipo precedente; tumulo coperto con grandi lastre (pseudo-cairn); tumulo (pseudocairn) a gradoni, di grandi dimensioni (da 7 a 13 m), con due o tre piattaforme progressivamente aggettanti. Un'area sepolcrale della regione di Tepe Yahya (Iran sud-orientale), costituita da due tumuli privi di resti ossei, posti sulla sommità di un monte all'interno di un muro perimetrale, e da centinaia di tumuli con ossa, distribuiti sul pendio del monte all'esterno del perimetro, è stata interpretata come un complesso zoroastriano, con dakhma per l'esposizione del cadavere (l'area entro il muro) e astodān per le ossa scarnificate.
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Due sono i costumi funerari attestati nell'Iran antico, l'inumazione e l'esposizione del cadavere, mentre l'incinerazione, che già in epoca pre- e protostorica è pressoché assente, viene bandita in modo perentorio dal mazdeismo e poi dallo zoroastrismo come una riprovevole contaminazione del fuoco sacro. Prima che entrasse in uso l'esposizione del cadavere, è documentata, a partire dal Neolitico, la pratica dell'inumazione, accompagnata da riti diversi. Nelle prime attestazioni, dal VII al IV millennio a.C., il defunto è in genere in posizione contratta, adagiato su un fianco con le mani portate al volto o sull'addome, cosparso di ocra o ossidi di ferro (Zagheh, Siyalk I); un semplice corredo funerario, comprendente vasellame ceramico, utensili, ornamenti e, limitatamente alle sepolture maschili, armi (Siyalk I, Hissar I), è collocato in prossimità della testa e del tronco, ma è del tutto assente nelle sepolture di infanti e fanciulli. Resti di tessuti e di stuoie sembrano pertinenti rispettivamente al vestito del defunto e al piano su cui egli era deposto (Hissar I). Un episodio di difficile interpretazione è la sepoltura di massa attestata a Susa agli inizi del IV millennio a.C. (Susa I), quando i resti ossei di più di mille individui e i loro corredi funerari furono raccolti alla base di un'imponente piattaforma artificiale (cd. Massif Funéraire). Tombe collettive sono invece rappresentate dalle tholoi in mattoni crudi della fine del IV millennio nell'Iran orientale (Shahr-i Sokhta, Geoksyur). Tombe collettive sono ancora quelle documentate dalla necropoli di Bani Surmah nel Luristan (2600-2400 a.C.), che L. Vanden Berghe (1987) considera elamita, costituite da lunghe camere funerarie, dove sono stati rinvenuti solo resti ossei e tracce del vestiario; in questo sito le tombe collettive vengono sostituite intorno al 2400 a.C. da tombe individuali, pertinenti a due principali gruppi etnici, distinti, oltre che da una diversa tipologia costruttiva, anche dai materiali del corredo. L'arricchimento dei corredi, in cui abbondano ora manufatti di metallo, ornamenti di pietre semipreziose e vasi di alabastro, caratterizza le sepolture tra il III e gli inizi del II millennio a.C. (Hissar III, Shahdad). In particolare, sembra acquisire un significato primario la presenza di armi quale indicatore del rango di guerriero del defunto, secondo una prassi comune a tutta la regione siro-mesopotamica. In questo periodo la necropoli di Shahr-i Sokhta, nel Sistan, la cui estensione supera i 20 ha (periodo III), mostra una forte diversificazione nelle pratiche funerarie: accanto alle tombe a catacomba, utilizzate nel corso del tempo per più deposizioni, sono attestate tombe a fossa semplice, di forma rettangolare o circolare, contenenti un solo inumato deposto sul fianco; i corredi, anch'essi caratterizzati da grande variabilità nella consistenza e nella composizione, comprendono spesso, oltre a vasellame ceramico e recipienti di legno, alabastro e vimini, anche strumenti di selce e d'osso, bracciali e collane d'osso, pietre semipreziose e bronzo. Per la metà del II millennio a.C. le informazioni più interessanti provengono dal tempio funerario elamita di Haft Tepe, dove la tomba a camera voltata di un sovrano e della sua regina principale, coperti di ocra e accompagnati da uno scarno corredo, era abbinata ad una seconda camera funeraria contenente 14 scheletri disposti in fila sul pavimento e altri 9 giacenti sopra questi, forse servitori sacrificati assieme ai regnanti. I riti funerari che i sacerdoti erano tenuti ad eseguire sono descritti su stele in pietra collocate nella corte. Il complesso ospitava al suo interno anche altre sepolture in sarcofago o giara. La ricchezza di testimonianze sui riti funerari dell'età del Ferro permette di collegare la varietà tipologica alla stratificazione sociale, ma anche alla presenza di genti di origine diversa. A Khurvin, a nord-ovest di Teheran (1300-800 a.C. ca.), i defunti erano adagiati sul fianco destro, con gambe leggermente flesse e braccia portate al petto o al ventre. Le offerte funerarie erano deposte in prevalenza accanto alla testa e ai piedi; i corredi delle tombe comprendevano vasi di ceramica, gioielli di foglia d'oro con nucleo di bitume e, tra i manufatti di bronzo, pugnali, punte di lancia e di freccia, asce, finimenti per cavalli, vasi, utensili ed ornamenti. Anche a Marlik (1200-800 a.C.) il defunto giaceva su un fianco, con gambe leggermente flesse. Nei corredi si evidenzia una chiara stratificazione sociale, che differenzia le tombe della cosiddetta Necropoli Reale da quelle che si collocano attorno ad essa. Mentre le tombe comuni presentano alcuni ornamenti in bronzo ed un unico vaso di ceramica posto accanto al volto, i corredi delle tombe più importanti sono estremamente ricchi: oltre a vasi di ceramica e figurine di terracotta, troviamo coppe e brocche di bronzo, gioielli e vasellame d'oro e d'argento e, soprattutto, armi di bronzo, punte di lancia e pugnali, su cui il defunto era collocato, e punte di freccia, spade e teste di mazza, disposte attorno al corpo. Interessante dal punto di vista delle concezioni dell'aldilà è la presenza di grandi calderoni di bronzo contenenti resti ossei animali, così come di figurine animali in bronzo e di finimenti di cavallo, sempre in bronzo; in alcuni casi questi oggetti erano sepolti in una piccola fossa adiacente alla sepoltura vera e propria assieme a resti di cavallo. Frammenti di tessuti e di placchette d'oro indicano la presenza di vesti sontuose. Nelle coeve tombe di Kaluraz i defunti, accompagnati da ricchi corredi comprendenti vasellame ceramico, vasi d'oro e d'argento e gioielli, erano deposti con orientamento nord-sud, rivolti verso il Sole; lo stesso orientamento era rispettato anche dalle sepolture di cavalli. Nella regione del Dailaman il defunto veniva adagiato in posizione contratta sul fianco (nelle tombe a fossa) o in posizione supina (in quelle a catacomba): da quest'ultimo tipo di sepoltura si può dedurre, a partire dalla fine del II millennio a.C., la presenza di genti della regione scito- sarmatica, confermata dalle caratteristiche di alcune delle armi rinvenute nei corredi. In quest'area è attestata anche la sepoltura multipla, forse di tipo sacrificale. Tra gli altri oggetti di corredo delle tombe di questa regione si annoverano figurine di animali, specchi di bronzo, ciotole di vetro. Nelle due necropoli di Siyalk (A e B), che dal 1350 a.C. scenderebbero sino al 650 a.C., le tombe a fossa presentano lo stesso tipo di deposizione e di sistemazione del corredo funerario già notato a Khurvin; alcune di esse ospitano due o tre inumati, altre invece mostrano i segni di una vera e propria riutilizzazione, evidentemente in ambito familiare: il nuovo inumato veniva sepolto nella stessa fossa, su uno strato di terra che lo separava dal defunto precedente, oppure accanto ad un vaso in cui erano raccolte in deposizione secondaria le ossa di questo. I corredi comprendono in prevalenza vasellame ceramico, le cui forme più tipiche, pur richiamando quelle di Khurvin, se ne distinguono tuttavia per la decorazione dipinta e per la generale presenza di un'ansa. Si segnala, tra gli altri oggetti rinvenuti, una punta di freccia trilobata di tipo "scitico". Tracce più evidenti di contatti con il mondo scitico si rilevano in una delle tombe della necropoli di Hasanlu, la più importante, che conteneva nella semplice fossa il corpo del defunto in posizione flessa, accompagnato, oltre che dal corredo, anche da quattro cavalli, secondo il rito funerario tipico delle genti scitiche; un influsso scitico è palese anche in molti degli oggetti del corredo, tra cui soprattutto le parti di finimenti di cavalli. Nel Luristan, nelle numerose necropoli dell'età del Ferro il morto era adagiato in posizione contratta, vestito e circondato da un ricco corredo, comprendente vasellame ceramico, armi di bronzo e ferro, finimenti di bronzo, gioielli d'oro, d'argento e di bronzo. Interessante è la presenza di un uovo di struzzo in una tomba della necropoli di Chamahzi Mumah. Alcune tombe contenevano due inumati, una ben quattro. La necropoli di Jub-i Gauhar, una delle poche in cui i resti ossei si siano ben conservati, permette di precisare meglio la pertinenza dei materiali di corredo ai due sessi: nelle tombe con bracciali da caviglia, infatti, sono sempre assenti le armi, cosicché è verosimile che i due gruppi di manufatti caratterizzassero rispettivamente le sepolture femminili e quelle maschili; al contrario, non sono indicatori del sesso collane, anelli e bracciali, presenti in sepolture sia maschili sia femminili. Allo stesso tempo, non sembrano essere esistiti particolari criteri di distribuzione delle tombe all'interno della necropoli, secondo l'età o il sesso. Le pratiche funerarie del mondo iranico di epoca storica preislamica vedono la graduale diffusione del particolare costume, prescritto dai testi zoroastriani, dell'esposizione del cadavere in un luogo elevato, dove gli uccelli carnivori potessero scarnificarne le ossa; queste erano poi raccolte e conservate in astodān (contenitori di ossa), appartenenti a tipi diversi, ma raramente di aspetto monumentale. La pratica dell'esposizione, volta ad eliminare la contaminazione degli elementi della natura causata dal processo di decomposizione, consentiva inoltre al cadavere di essere raggiunto dai raggi del Sole mattutino nel quarto giorno dopo la morte (xwaršēd nigērišn), unico modo per permettere all'anima del defunto di separarsi dal corpo e salire in cielo. Tale costume, tuttavia, attestato già in epoca achemenide (Hdt., I, 140), sembra affermarsi solo in epoca tardosasanide; buona parte delle testimonianze archeologiche precedenti documentano infatti casi di inumazione, confermando la testimonianza di Strabone (XV, 3, 20) secondo cui solo i Magi (tribù o casta sacerdotale) esponevano i cadaveri, mentre gli altri Persiani li seppellivano dopo averli ricoperti di cera. D'altronde gli stessi testi zoroastriani confermano quanto diffuso e persistente fosse il costume dell'inumazione, che, pur se condannato, non viene punito con la pena capitale, prevista invece per l'incinerazione (Vidēvdād, 3, 36-42), in un evidente sforzo di conciliazione con pratiche di antica tradizione. I re achemenidi venivano sepolti in tombe provviste di letti funerari di pietra, che per dimensioni suggeriscono la deposizione del cadavere integro, ricoperto di cera secondo Erodoto (I, 140). Sull'Altopiano, le pur scarse attestazioni di sepolture comuni provano che l'inumazione era pratica comunque diffusa in periodo achemenide: a Takht-i Sulaiman, nell'Iran nord-occidentale, abbiamo fosse ovali, con il defunto disteso sul dorso con gambe flesse. L'inumazione è ancora attestata, per il periodo tardo- o postachemenide, dal cosiddetto Cimitero della Sorgente di Persepoli, con sarcofagi di terracotta che, se ricordano vagamente quelli della Mesopotamia, se ne distinguono per l'essere costituiti di due parti accostate tra loro: interessante è il fatto che, pur con un orientamento costante a nord/nord-ovest, i crani non presentino una posizione fissa, come ad esempio nelle sepolture islamiche. Per il periodo seleucide e arsacide, l'inumazione ricorre nelle necropoli più tarde delle regioni di Dailaman e Gilan, a sud del Mar Caspio, ricche di necropoli protostoriche, nelle quali tuttavia frequenti materiali di corredo di epoca storica (ad. es., vetri romano-imperiali nelle tombe di Hassani Mahalleh) costituiscono evidenze cronologiche significative. Anche nel Luristan tombe di epoca protostorica appaiono riutilizzate in periodo storico, sino al IV-V sec. d.C.; tombe di epoca partica sono inoltre documentate a Shahr-i Qumis e a Tall-i Malyan, qui assieme a tombe di epoca sasanide. Eredità della dominazione ellenistica è la deposizione nella bocca o nella mano del defunto di una moneta, equivalente all'"obolo di Caronte" dei Greci. Nel periodo arsacide la Margiana, al confine nord-orientale dell'Iran, vede la diffusione di edifici funerari costruiti in alzato, contenenti resti ossei che potrebbero essere pertinenti tanto ad una deposizione primaria all'interno degli edifici stessi quanto ad una deposizione secondaria a seguito di esposizione di tipo zoroastriano. La stessa problematica interpretativa interessa i tumuli (cairn o pseudo-cairn) dell'Iran sudorientale, nei quali non sono mai stati rinvenuti scheletri interi, ma solo frammenti di ossa mal conservati: R. Boucharlat (1989) ritiene che essi fossero utilizzati in prevalenza per inumazioni semplici, pur non escludendo le inumazioni parziali o secondarie ricordate da Diodoro Siculo (XVII, 105, 1-2) per un'antica popolazione della regione incontrata da Alessandro Magno, gli Oreitai. Che una parte almeno di questi tumuli fosse pertinente a popolazioni non zoroastriane è indicato dalla presenza dei corredi, deposti all'interno delle camere funerarie o a volte intenzionalmente collocati all'esterno: si tratta in prevalenza di vasellame ceramico, ma anche di armi e utensili di bronzo o ferro, ornamenti e amuleti, datati in prevalenza alla prima metà del I millennio d.C. La presenza di genti non zoroastriane è confermata inoltre dal fatto che nel Makran, nel Sud della frontiera indo-iranica, il rinvenimento di ossa combuste attesta un rito di cremazione in cui non si raggiungeva l'incinerimento.
Oltre alla bibl. nel precedente contributo si veda: J.J. Modi, Quelques observations sur les ossuaires rapportés de Perse par M. Dieulafoy et déposés au Musée du Louvre, in Asiatic Papers, I, Bombay 1905, pp. 255-60; E. Benveniste, Coutumes funéraires de l'Arachosie ancienne, in W.B. Henning - E. Yarshater (edd.), A Locust's Leg. Studies in Honour of S.H. Taqizadeh, London 1962, pp. 39-43; J.D. Cinquabre, Les tombes de l'âge du fer en Iran du nord-ouest, in Paléorient, 4 (1978), pp. 335-46; B.A. Litvinskij, Pogrebal´nye sooruzhenija i pogrebal´naja praktika v Parfii [Edifici funerari e pratica funeraria in Partia], in B.A. Litvinskij (ed.), Srednjaja Azija, Kavkaz i zarubezhnyj Vostok v drevnosti, [L'Asia Centrale, il Caucaso e il Vicino Oriente nell'antichità], Moskva 1983, pp. 81-123; M. Piperno - S. Salvatori, Recent Results and New Perspectives from the Research at the Graveyard of Shahr-i Sokhta, Sistan, Iran, in AnnOrNap, 43 (1983), pp. 173-91; L. Vanden Berghe, Les pratiques funéraires à l'âge du fer III au Pusht-i Kuh, Luristan: les nécropoles "genre War Kabud", in IranAnt, 22 (1987), pp. 201- 66; F. Grenet, s.v. Burial. II. Remnants of Burial Practices in Ancient Iran, in EIran, IV, 1990, pp. 559-61; F. Hole, Cemetery or Mass Grave? Reflections on Susa I, in F. Vallat (ed.), Contribution à l'histoire de l'Iran. Mélanges Jean Perrot, Paris 1990, pp. 1-14; J.R. Russell, s.v. Burial. III. In Zoroastrianism, in EIran, IV, 1990, pp. 561-63; O.E. Negahban, Excavations at Haft Tepe, Iran, Philadelphia 1991; G. Philip, Warrior Burials in the Ancient Near- Eastern Bronze Age: the Evidence from Mesopotamia, Western Iran and Syria- Palestine, in S. Campbell - A. Green (edd.), The Archaeology of Death in the Ancient Near East, Oxford 1995, pp. 140-54.