POLANYI, Karl
Sociologo e antropologo, nato a Vienna il 25 ottobre 1886, morto il 23 aprile 1964. Di origine ungherese, cresciuto nell'ambiente della borghesia radicale di Budapest, risentì nella sua formazione del clima aperto e ricco di stimoli della cultura centroeuropea. Sensibile alle suggestioni dell'empiriocriticismo e inoltre, in politica, di tendenza socialdemocratica, non mancò di aperture alla problematica del marxismo, da cui però rimase sostanzialmente distante. A Budapest fu tra i fondatori del circolo Galilei; dal 1924 al 1933 visse a Vienna, dove lavorò per il settimanale Der Österreichische Volkswirt. Emigrato nel 1933 in Inghilterra, vi rimase fino al 1940, e, dopo un lungo soggiorno negli Stati Uniti (1940-43), di nuovo dal 1943 al 1947: da quest'anno insegnò alla Columbia University.
L'indagine di P. è caratterizzata dalla tensione tra due poli, società e mercato, o, più in generale, tra sistemi sociali dominati da un mercato tendenzialmente autoregolantesi, e società "primitive" (cioè a livello etnologico) e antiche, nelle quali l'economia è (o appare) completamente inserita e avvolta (embedded) nei rapporti sociali. In un libro del 1944 (The great transformation) P. prende in esame i cento anni di relativa pace (dal 1815 al 1914), determinata, persino involontariamente, dallo sviluppo della grande finanza internazionale, e la successiva crisi del liberalismo politico: gli sbocchi autoritari degli anni Venti e Trenta in vari paesi europei rappresentano per P. l'esito storico del liberalismo economico, che, nel perseguire, col principio del laissez-faire, l'obiettivo di un mercato autoregolantesi, ha aperto di fatto la strada allo sfaldamento del sistema politico liberale, con cui era originariamente connesso. Sempre più acuto si fa quindi in P. l'interesse per le società antiche (soprattutto Mesopotamia e Grecia) o per quelle a livello etnologico (in particolare Dahomey). Qui l'economico si presenta con i tratti della substantive economy, incentrata nel rapporto tra l'uomo e la natura, tra l'uomo e i suoi simili, e così denominata in antitesi all'economia "formale", quella cioè volta a definire il rapporto tra i mezzi e i fini e a fornire una risposta razionale al problema della scarsità dei mezzi. In queste società l'economia appare completamente inclusa nei rapporti sociali ed è caratterizzata da fenomeni di reciprocità nelle manifestazioni della ricchezza e da processi di redistribuzione; l'esistenza del commercio non comporta necessariamente l'esistenza di mercati; ad assicurare gli scambi fra società e culture con istituzioni economiche diverse provvedono i ports of trade, insediamenti specificamente destinati a funzioni commerciali, sedi talora di un commercio politicamente amministrato. Importante metodologicamente, la ricerca di P. (che risente fra l'altro dell'influenza di B. Malinowski e di R. C. Thurnwald, di K. Bücher e di F. Tönnies, di M. Weber e di W. Sombart) richiede un'attenta verifica quanto ad ampiezza, qualità e ruolo dei processi economici nelle singole situazioni.
Bibl.: Opere: Origins of our time. The great transformation, New York 1944, Londra 19542; trad. it., Torino 1974, con introd. di A. Salsano; Trade and marktet in the early empires (con C. M. Arensberg e H. W. Pearson), Glencoe (Ill.) 1957, trad. it., Torino 1978; Dahomey and the Slave-Trade (post.), Seattle 1966; Tribal and peasant economies. Readings in economic anthropology (post.), New York 1967. Una raccolta di saggi è stata curata da G. Dalton, col titolo Primitive, archaic and modern economies. Essays of K. Polanyi, Garden City (N. Y.) 1968. Su P., cfr. soprattutto S. C. Humphreys, History, economics, and anthropology: the work of K. Polanyi, in History and theory, 8 (1969), pp. 165-212.