Gréco, Juliette
Cantante e attrice teatrale e cinematografica francese, nata a Montpellier il 7 febbraio 1927. Figura emblematica della stagione esistenzialista, con la sua voce profonda, l'enigmatico fascino e la notevole presenza scenica ha costituito l'elemento di maggior richiamo dei locali parigini, a partire dalla mitica boîte della rive gauche, il Tabou, dove ebbe inizio quella rivoluzione artistica e di costume tanto importante per la Parigi del dopoguerra. L'esperienza cinematografica, per quanto ricca e intensamente vissuta a partire dagli anni Cinquanta e per oltre un decennio a fianco di registi e attori di primo piano, non aggiunse alcun nuovo connotato all'immagine di 'musa dell'esistenzialismo francese' con cui la G. s'impose non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti.
Cresciuta a Parigi, sperimentò le durezze dell'occupazione nazista; all'età di quindici anni, a breve distanza dall'arresto della madre, militante nella Resistenza, fu imprigionata a sua volta e passò un mese nel carcere di Fresnes. Non appena libera, iniziò a studiare recitazione privatamente ed esordì come comparsa nel novembre del 1943 in Le Soulier de satin di P. Claudel, messo in scena da Jean-Louis Barrault al Théâtre-Français. Fu in quell'occasione che si formò il gruppo di giovani esistenzialisti frequentatori del Tabou, di cui la G. divenne l'affascinante vedette.
Gli enormi consensi ottenuti come cantante (nel 1952 ricevette il Grand prix du disque per il successo di Romance) non impedirono alla G. di offrire anche interessanti prove di attrice. Alle nuove esperienze teatrali (in Victor ou les enfants au pouvoir, 1946, di Roger Vitrac e in Anastasia, 1955, di Marcelle Maurette) si aggiunsero le prime apparizioni cinematografiche, con registi importanti, anche se in ruoli marginali. Nell'Orphée (1950; Orfeo) di Jean Cocteau, come in Au royaume des cieux (1949; Nel regno dei cieli) di Julien Duvivier e ancora in Eléna et les hommes (1956; Eliana e gli uomini) di Jean Renoir, la sua presenza fu in sostanza quasi simbolica e allusiva, valida a inserire nel tessuto del film lo 'charme' di un'epoca. La G. lavorò anche in La châtelaine du Liban (1956; La castellana del Libano) di Richard Pottier, in L'homme et l'enfant (1956; Creature del male) di Raoul André, dove ebbe il ruolo di protagonista, e apparve brevemente in Bonjour tristesse (1958) di Otto Preminger, tratto dal famoso romanzo di F. Sagan. Benché il prestigio accumulato e le naturali risorse drammatiche la rendessero una presenza ambita, la G. non trovò nel cinema un riscontro adeguato alle sue ambizioni artistiche. Già Jean-Pierre Melville, nel 1953, con il suo Quand tu liras cette lettre… (Labbra proibite) aveva cercato, senza riuscirvi, di valorizzare le sue qualità attoriali. Ugualmente vano fu il tentativo di Darryl F. Zanuck di fare della G., che aveva conquistato New York con i suoi concerti, una diva del cinema, pur affidandole ruoli impegnativi nei film da lui prodotti: The sun also rises (1957; Il sole sorgerà ancora) di Henry King, con Tyrone Power e Ava Gardner; The naked earth (1957; Terra nuda) di Vincent Sherman; The roots of heaven (1958; Le radici del cielo) di John Huston, con Errol Flynn, Trevor Howard, Orson Welles; Crack in the mirror (1960; Dramma nello specchio) e The big gamble (1961; Il grosso rischio) di Richard Fleischer. Con l'avventura hollywoodiana si concluse il rapporto della G. con il cinema, con l'eccezione di alcune sporadiche apparizioni. Mentre in televisione fu tra gli interpreti del feuilleton di grande successo Belphégor (1965) di Claude Barma.
L'attrice ha offerto un'interessante e affascinante ricostruzione della sua vita nel libro di memorie Jujube (1982; trad. it. 1985).
F. Piazza, B. Blanckeman, De Juliette à Gréco, Etrepilly 1993; B. Dicale, Juliette Gréco. Les vies d'une chanteuse, Paris 2001.