VERNE, Jules
Scrittore francese, nato a Nantes l'8 febbraio 1828, morto ad Amiens il 24 marzo 1905. Che fosse in origine un ebreo polacco convertito poi al cattolicesimo e che avesse tradotto nel francese Verne il suo originario cognome di Olszewicz (entrambe le parole contengono il significato di "ontano") è supposizione priva di fondamento. Figlio di un avvocato, fece gli studî nella città natale e nel 1848 si trasferì a Parigi per seguirvi i corsi di legge. A Parigi frequentò la casa di A. Dumas, fece altre conoscenze utili alla sua vocazione letteraria e compose varie commedie e operette, per lo più in collaborazione con altri. Conobbe anche Jacques Arago, viaggiatore e naturalista, fratello dell'astronomo. Le conversazioni con l'Arago aiutarono certo il giovane V. a trovar la sua strada e nel 1863 uscì il primo di quei "Viaggi straordinarî" ai quali è affidata la fama del V.: Cinq semaines en ballon. Fu un immediato successo, che permise allo scrittore di stipulare un contratto di 20 anni, poi mutato in contratto perpetuo, con l'editore P.-J. Hetzel. Da allora, i romanzi d'avventure si succedettero senza interruzione: Voyage au centre de la Terre (1864); De la Terre à la Lune (1865); Voyages et aventures du Capitaine Hatteras (1866); Les enfants du Capitaine Grant (1868); Autour de la Lune e Vingt mille lieues sous les mers (1870); Le tour du monde en quatre-vingts jours (1873); L'île mystérieuse e Le Chancellor (1875); Michel Strogoff (1876); Les Indes noires e Hector Servadac (1877); Un capitaine de quinze ans (1878); Les cinq cents millions de la Bégum (1879), per non citare che i più noti tra i moltissimi. Dopo la guerra franco-prussiana del 1870-71 il V. si trasferì ad Amiens, donde si mosse solo per qualche viaggio (America Settentrionale, paesi del bacino del Mediterraneo, ecc.).
Formatosi tra il romanticismo e il verismo, il V. ebbe una concezione romantica della scienza e unì la tendenza all'esotismo e all'avventura (donde la larga parte fatta, nei suoi libri, alla geografia) con un bisogno di razionalità, che, mantenendo le sue invenzioni quasi sempre nel campo del possibile, lo portò ad essere un divulgatore della scienza. All'intento divulgativo si unirono, in lui, con una tendenza moralistica, l'impegno e la felicità che derivano dal trattare soggetti nati spontaneamente dalla sua immaginazione e veramente sentiti. Se il suo umorismo non fu immemore dell'umorismo di Ch. Dickens, a sua volta il V. influì su molti scrittori successivi, per es., il Wells, e contribuì a educare e volgere alla scienza e all'esplorazione geografica non pochi studiosi e viaggiatori.
Bibl.: Ch. Lemire, J. V. L'homme, l'écrivain, le voyageur, le citoyen, ecc., Parigi 1908; M. Popp, Julius V. und sein Werk, Vienna e Lipsia 1909; R. Renier, Ricordando Giulio V. quattr'anni dopo la sua morte, nel vol. Svaghi critici, Bari 1910; M. Allotte, J. V. Sa vie, son oeuvre, 6ª ed., Parigi 1928; E. Marcucci, Giulio V. e la sua opera, Roma 1930 (con elenco completo delle opere di V. e bibl.); A. S. Pavolini, V. (profilo), Roma 1932.