FONSECA, Juan de
Nacque a Medina del Campo (presso Valladolid in Spagna), sembra nei primi anni del '500, figlio di Juan Hernández de Bobadilla, "contador" di Castiglia, e di Isabel Miranda. Era imparentato con l'arcivescovo di Toledo A. de Fonseca e con il vescovo di Burgos J. R. de Fonseca, dei quali adottò il cognome. Studiò a Salamanca nel collegio di Santiago Zebedeo (fondato nel 1521) dove insegnò poi teologia, finché gli fu conferito l'incarico di cappellano dell'imperatore. Il 14 marzo 1537 fu nominato da Carlo V vescovo di Castellammare di Stabia nel Regno di Napoli e confermato da Paolo III il 27 aprile successivo.
Nel marzo del 1545 il F. fu uno dei quattro vescovi delegati a partecipare al concilio di Trento in rappresentanza dei vescovi del Napoletano. Il 3 giugno 1545 si stabilì nella città del concilio. In occasione dell'apertura ufficiale, il 7 gennaio 1546, il F. celebrò la messa in S. Vigilio, al termine della quale lesse la bolla con cui si faceva obbligo ai vescovi non impediti di partecipare personalmente al concilio e il breve di Paolo III che fissava l'inizio dell'assise alla terza domenica di Avvento (13 dic. 1545).
Il F. si dichiarò favorevole a riconoscere ai generali degli Ordini religiosi la voce consultiva e deliberativa. Circa l'intitolazione dei decreti, sostenne la formula Ecclesiam universalern repraesentans. Riteneva opportuno iniziare i lavori con la discussione circa la riforma della Chiesa e venne assegnato al gruppo di lavoro del cardinale M. Cervini.
Durante il mese di febbraio del 1546, quando si trattò il problema della Scrittura e della tradizione, il F. suggerì di definire prima il canone della Scrittura, condannando in un secondo momento i relativi abusi. Presentò un copioso elenco degli errori che si trovavano nelle versioni circolanti, condividendo il parere del cardinale C. Madruzzo, secondo cui si sarebbero dovute preparare una serie di versioni "autentiche" della Bibbia per tutte le lingue in uso sulla terra. Il conseguente decreto sul canone della Bibbia tra le altre cose stabiliva l'adozione di un'edizione tipica, sulla base della Vulgata, e la proibizione di tradurre la Bibbia nelle lingue volgari.
Partecipò attivamente ai dibattiti circa la residenza dei vescovi, sostenendo che il dovere di residenza era fondato sul diritto divino e si mostrò favorevole a dichiararne l'obbligo anche per i parroci. Nella sua opinione la Curia romana vanificava i possibili effetti positivi della residenza accogliendo i ricorsi dei delinquenti, sottraendoli così alla giurisdizione del proprio ordinario. Propose inoltre che si stabilisse una legge circa la collazione dei benefici, cui tutti fossero tenuti a obbedire, compresi il papa e i cardinali. Venne annoverato tra i membri della commissione di prelati teologi incaricati di perfezionare il decreto sulla giustificazione. Il 23sett. 1546 con altri tre vescovi fu incaricato di coadiuvare G. Giacomelli, vescovo di Belcastro, commissario dell'Annona. Durante il primo periodo del concilio, come anche durante il secondo, il F. inviò rapporti sul concilio al duca Cosimo de' Medici.
Nel marzo del 1547 un'epidemia di tifo petecchiale afflisse la città di Trento. L'11 marzo, quando l'assemblea decise il trasferimento a Bologna, il F. si dichiarò contrario e rimase sul posto, dove ancora si trovava nell'agosto del 1548. Nel settembre 1550 era a Bolzano per amministrare il sacramento della cresima e istruire un processo per eresia dietro incarico del cardinal Madruzzo. Nel novembre dello stesso anno fece ritorno a Trento, dove alcuni mesi più tardi, il 29 apr. 1551, si sarebbe riaperto il concilio.
Nella discussione riguardante la concessione della comunione sotto le due specie ai cattolici tedeschi, il F., il quale negava che l'obbligatorietà della comunione sub utraque fosse di diritto divino, affermò che i destinatari della concessione dovevano riconoscere l'uguaglianza di contenuto delle due specie e che la Chiesa aveva proibito - e poteva proibire giustamente - la comunione sotto tale forma ai fedeli. Tra gli emendamenti da lui proposti ai canoni dottrinali fu accettato quello secondo cui nell'eucaristia Cristo viene mangiato non soltanto spiritualiter et sacramentaliter, ma anche realiter.
Il 14genn. 1552, nell'ambito della sostituzione dei deputati, il F. fu annoverato nel nuovo gruppo di diciotto commissari che dal 15 al 21 genn. 1552 prepararono una nuova redazione dei capitoli dottrinali circa la messa e il sacramento dell'ordine. Tuttavia la sua opera non ebbe seguito, perché a partire da quest'ultima data il concilio cessò praticamente i lavori - formalmente sospesi il 27 aprile - all'avvicinarsi dell'esercito luterano ad Innsbruck. Insieme ad altri undici, il F. firmò un documento di protesta contro la sospensione. Dopo aver sperato invano di ottenere l'episcopato delle Canarie, fece ritorno nella sua diocesi.
Nel 1553 succedette a L. de Magistris come cappellano maggiore del Regno di Napoli, carica che includeva anche la presidenza dello Studio cittadino, rimanendo in carica fino alla morte.
Tra i suoi compiti istituzionali: proporre candidati per la nomina del rettore e dei lettori, il giorno di s. Andrea pubblicare il Rollo dei lettori, compilare con lo scrivano di razione il certificato di pagamento degli stipendi, dare disposizioni per la processione di s. Andrea, conservare il registro delle matricole degli studenti, rilasciare i certificati di frequenza per l'ammissione agli esami di laurea. All'inizio del suo mandato il F. volle istituire presso lo Studio napoletano due cattedre: una di scrittura e una di sentenze, offiendole al gesuita A. Salmerón. L'offerta venne declinata da Ignazio di Loyola giacché, comportando uno stipendio, era contraria alle costituzioni della Compagnia.
Il F. morì nella sua diocesi a fine settembre o nei primi giorni di ottobre del 1559. I suoi resti furono trasferiti nella tomba di famiglia a Medina del Campo, nella chiesa parrocchiale di Nuestra Señora de la Antiqua, oggi scomparsa.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Conc. Trid., 62, cc. 525 s.: Adnotationes episcopi Castellimaris (parere dato a Trento il 12 ott. 1546 circa il decreto sulla giustificazione); Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 348, 355, 358, 404A, 407, 408-408A, 409 (lettere originali del F. a Cosimo de Medici); A. von Druffel - K. Brandi, Monumenta Tridentina. Beiträge zur Geschichte des Conzils von Trient, München 1887, pp. 392 s.; Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goerresiana, Friburgi Br. 1901-1938, I-II, IV-VII: s. v.Castellimaris; X-XI: s. v.Castrimaris; Epistolae p. Alphonsi Salmeronis Societatis Iesu, I, 1536-1565, in Monumenta historica Societatis Iesu, XXX, Matriti 1906, pp. 110, 316; Sancti Ignatii de Loyola Societatis Iesu fundatoris epistolae et instructiones, ibid., XXXIV, ibid. 1908, pp. 729 s.; Trento: un concilio..., I-II, Fuentes (1549-1551; 1552-1553), a cura di C. Gutiérrez, in Corpus Tridentinum Hispanicum, II-III, Madrid 1981, s. v.Castellammare; P.T. Milante, De Stabiis, Stabiana Ecclesia, et episcopis eius, Neapoli 1750, pp. 127 s., 244-247; G.G. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli, II, Napoli 1754, pp. 24 s.; I. Rodriguez y Fernández, Historia de la... villa Medina del Campo, Madrid 1903-1904, pp. 194, 828; C. Gutiérrez, Españoles en Trento, in Corpus Tridentinum Hispanicum, I, Valladolid 1951, pp. 616-621; L. Ferrer Ezquerra, Catálogo de colegiales del colegio ... del arzobispo de Salamanca, Salamanca 1956, p. 144 e passim; G. Alberigo, I vescovi italiani al concilio di Trento (1545-1547), Firenze 1959, ad Indicem; H. Jedin, Storia del concilio di Trento, II, Il primo periodo 1545-1547, Brescia 1962, ad Indicem; III, Il periodo bolognese (1547-48). Il secondo periodo tridentino (1551-52), Brescia 1973, ad Indicem; C. Gutiérrez, Trento: un concilio…, cit., III, Estudio (Corpus..., IV), s. v.Castellammare; G. Gulik - C. Eubel, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, III, Monasterii 1923, p. 303.