MANRIQUE, Jorge
Poeta e cavaliere spagnolo, nato verso il 1440 a Paredes de Nava, morto nel 1479, combattendo attorno al castello di Garci-Muñoz. Quartogenito del conte Rodrigo Manrique e della sua prima moglie Mencía de Figueroa, morta prima del 1445, il M. partecipò alla vita combattiva del padre, di cui divise la gloria e gli odî tenaci, fortemente legato alle tradizioni politiche della propria famiglia, che entro le grandi discordie feudali e civili di quel secolo svolse un'azione preponderante e spesso decisiva. Della sua vita si hanno particolari solo dal 1470, quando assistette all'elezione del padre a gran maestro dell'Ordine di Santiago; e sotto il suo comando combatteva valorosamente all'assedio di Uclés contro il marchese di Villena e l'arcivescovo di Toledo, entrambi antidinastici. Cresciuto nel torbido tramonto del regno di Giovanni II (morto nel 1454), seguì nella sua piena giovinezza il regno discorde e disperato di Enrico IV (morto nel 1474), fino all'alba gloriosa dei re Cattolici. Dopo la morte del padre (11 novembre 1476), che era per lui una sicura guida entro l'intrico politico sempre infido, M. ne continuò la vita febbrile ed eroica, sebbene con triste fortuna, che nel 1477 fu fatto prigioniero durante l'assedio di Baeza, e nel 1479 cadde mortalmente ferito all'assedio di Garci-Muñoz, in difesa dei re Cattolici contro il marchese di Vlllena.
Alcune di queste sue esperienze cavalleresche, quelle più propriamente cortigiane oziose, si traducono nelle poesie composte nei brevi momenti di pace. Le sue canzoni amorose e i suoi componimenti allegorici e didattici fioriscono in quel clima poetico che è largamente riflesso nel Cancionero general raccolto da Hernando del Castillo (1511): lirica tra madrigalesca e concettosa, che nella sensibilità signorile del M. acquista un tono di malinconica squisitezza, con quel gusto per l'indefinito e sentimentale oziare. Ma come nella vita civile fu il padre a indicargli le vie dell'eroica lotta, così nell'arte fu la sua morte a svelare nello spirito del figlio le voci della grande poesia. Nelle Coplas por la muerte de mi padre, il temperamento elegiaco del M. trova finalmente una realtà concreta in cui misurarsi: l'elegia, che è suggerita nel suo motivo contingente da un dolore familiare, s'innalza improvvisamente alla contemplazione delle cose mondane, tutte caduche, che la morte livella e l'oblio travolge. Nel fluire dei secoli e delle civiltà, nel decadere degl'imperi e dei popoli, nel trapassare degli anni e dello stato presente che sembra vivo e fermo e tuttavia continuamente fugge, il poeta inserisce la sua particolare sventura e crea alla vicenda paterna un orizzonte universale. Vi riecheggia il tono drammatico delle antiche "danze della Morte" e dei "pianti" medievali - e il M. ebbe presenti anche le composizîoni morali dello zio Gómez Manrique (v.) -, ma con un tono meno arcaico, per quanto sempre ispirato a un senso religioso e misterioso dell'eterno e del divino. Tuttavia l'atteggiamento è reso più consapevole e più razionale da un'incipiente educazione umanistica, che si traduce soprattutto in un ordine spirituale più composto e intimamente costruito e perciò più profondo e operante nella coscienza del poeta. Sono 40 coplas di quattro terzine ciascuna, con un duplice giuoco di rime: la loro rapida successione con versi brevi traduce il ritmo concitato e precipitoso del sentimento. Accanto allo sgomento per il perenne fluire della sorte terrena e accanto alla fede che proprio in esso si attua la volontà armoniosa di Dio, si fa luce un senso di riposo morale, l'intuizione di partecipare con la propria morte è il proprio dolore a una giustizia superiore e immancabile. Pare preannunziare nella vasta concezione un "mistero" di Calderón de la Barca, uno di quei suoi "autos sacramentales" che in cospetto dell'immobilità eterna scoprono la triste poesia della fuggevole vicenda terrena. Così l'elegia del M. svela improvvisamente uno degli aspetti più tormentosi e più essenziali dell'anima spagnola, che la poesia posteriore, mistica e drammatica, svilupperà con multiforme ricchezza.
Ediz.: Le poesie in Cancionero castellano del siglo XV, ed. R. Foulché-Delbosc, in Nueva Bibl. de aut. esp., Madrid 1915; le Coplas, a cura dello stesso, in Bibl. Oropesa, Madrid 1912. Ediz. completa a cura di A. Cortina, in Clásicos cast., Madrid 1929.
Bibl.: L. de Salazar y Castro, Historia de la casa de Lara, II, Madrid 1697, pp. 407-411; M. Menéndez y Pelayo, Historia de la poesía castellana en la edad media, in Obras completas, Madrid 1914; cfr. l'introd. di A. Cortina all'ediz. cit. (1929); E. R. Curtius, J. M. und der Kaisergedanke, in Zeit. f. rom. Phil., LII (1932), pp. 129-151.