JALTA
. Con l'antico nome della città di Krasnoarmejsk (XX, p. 278), in Crimea, è nota la conferenza tenutasi dal 4 al 12 febbraio 1945 tra Churchill, Roosevelt e Stalin, accompagnati dai rispettivi ministri degli Esteri, Eden, Stettinius, Molotov, e dai capi militari per discutere "i piani per la disfatta completa della Germania". Se da parte degli Americani (che si recarono alla riunione scarsamente preparati sugli argomenti generali e particolari da affrontare) s'intendeva soprattutto raggiungere un accordo sulle proposte di Dumbarton Oaks, da parte sovietica si misero avanti problemi concreti, determinati dall'imminente vittoria sulla Germania: condizioni di resa, forma futura dello stato tedesco, riparazioni, frontiere e problemi connessi.
Organizzazione mondiale. - Si decise di portare a termine i lavori iniziati a Dumbarton Oaks per creare un'organizzazione permanente delle Nazioni Unite (v. in questa App.).
Problema tedesco e riparazioni. - Poiché, nell'imminenza della cessazione delle ostilità, il massimo scopo di guerra, quello di vincere la Germania, si trasformava nel più grosso problema della pace, come già a Ṭeherān i tre Grandi si trovarono d'accordo sulla necessità, per la futura sicurezza dell'Europa, di procedere allo smembramento della Germania in un numero non specificato di stati indipendenti, previo disarmo e smilitarizzazione. Mentre Stalin era dell'opinione di render noto ai Tedeschi il piano di spartizione, Churchill propose un ulteriore esame e, dietro suggerimento di Roosevelt, i rispettivi ministri degli Esteri vennero incaricati di studiare la questione. Circa le riparazioni, precisato che la somma globale da prelevare (in dollari 1938) dovesse essere di 20 miliardi di dollari, di cui il 50% destinato all'Unione Sovietica, fu preoccupazione degli Stati Uniti e della Gran Bretagna di non ripetere l'esperimento dell'altro dopoguerra e di assicurare al popolo tedesco possibilità di vita e mezzi di pagamento che dovevano essere tratti dagli impianti esistenti, dalla cessione di merci e dall'utilizzazione della manodopera tedesca, con precedenza per le nazioni che più avevano sostenuto il peso della guerra.
Europa liberata. - Nel riaffermare la fedeltà ai principî della Carta Atlantica e della dichiarazione delle Nazioni Unite, la conferenza fu unanime nel volere la restaurazione dei diritti sovrani degli stati che ne erano rimasti privi in conseguenza della guerra, e i tre decisero, "tutte le volte che a loro giudizio la situazione lo richieda", di creare le condizioni per la pace interna, invio di soccorsi, costituire autorità governative provvisorie largamente rappresentative di tutti gli elementi democratici, in attesa che "libere elezioni" facessero sorgere governi definitivi. Sulla base di questa intesa venne proceduto all'allargamento dei governi dei paesi dell'Oriente europeo. Senonché la riserva rappresentata dall'inciso "tutte le volte che a loro giudizio la situazione lo richieda" - il quale permise fra l'altro che si agisse contro la persuasione anglo-americana di veder adottati i metodi democratici dell'Occidente - condusse nell'Oriente europeo a forzare le elezioni nel senso di eliminare l'opposizione.
Polonia. - Strettamente connesso col problema della Germania fu quello della definizione dei confini orientali della Polonia. Come già accennato a Ṭeherān, tracciato base fu la cosiddetta "linea Curzon", previo mantenimento di Leopoli e dei pozzi petroliferi entro i confini polacchi, secondo Roosevelt; cessione della città e dei pozzi, secondo Churchill (che esortò però la Russia a un atto di "generosità"); Stalin fu irremovibile e in cambio si espresse per dei compensi a occidente sino alla Nisa e a nord. In ogni caso, venne detto, "la delimitazione finale della Polonia tenuto, perché il confine occidentale fu considerato da Russi e Polacchi come definitivo. Anche la questione del governo fu motivo di vivaci discussioni che crearono screzî difficilmente sanabili, tanto più che di fronte al governo con sede a Londra e col quale l'URSS aveva rotto ogni rapporto, era stato creato a Lublino con l'avanzata dell'armata rossa un Comitato di liberazione a tinta comunista; a Jalta - dove da parte sovietica si espresse la necessità di non avere in Polonia un governo ostile all'URSS - fu deciso di unire le forze dei due governi e costituire un governo provvisorio, con l'impegno di organizzare libere elezioni.
Altre questioni. - Un criterio analogo venne adottato per la Iugoslavia con la raccomandazione di allargare l'AVNOJ (Assemblea antifascista di liberazione nazionale). Si accennarono, per iniziativa inglese, i problemi della frontiera italiana con l'Austria e con la Iugoslavia, quello di un patto di alleanza bulgaro-iugoslavo, le rivendicazioni della Grecia nei confronti della Bulgaria, la questione degli impianti petroliferi romeni, la situazione nell'Irān, le richieste sovietiche circa la revisione della convenzione di Montreux per gli Stretti. Un accordo particolare sul Giappone stabilì che l'URSS sarebbe entrata in guerra contro di esso entro due o tre mesi dalla capitolazione della Germania, previo mantenimento dello status quo nella Mongolia esterna, ritorno all'URSS della parte meridionale di Sachalin e isole vicine, internazionalizzazione di Dairen, affitto di Port Arthur, sfruttamento in comune con la Cina delle ferrovie est-cinese e sud-manciuriana, cessione alla Russia delle isole Curili, ecc. Quale organismo permanente furono previste riunioni periodiche dei ministri degli Esteri, a turno nelle varie capitali.
Definita da taluno come permeata dall'idea di una "pace slava", Jalta fu l'ultimo tentativo per mantenere l'unità fra i tre Grandi alleati di guerra. Nella tensione aspra che ad essa è seguita fra i due blocchi, la conferenza viene interpretata da parte degli occidentali, di fronte agli sviluppi della situazione soprattutto nell'Oriente europeo, come un atto di debolezza per aver concesso molto senza adeguate garanzie.
Bibl.: J. Byrnes, Speaking Frankly, New York 1947 (trad. ital., Carte in tavola, Milano 1948); J. R. Deane, The Strange Alliance, New York 1946 (trad. ital., Milano 1947); I. Ivanyi e A. Bell, Route to Potsdam, Londra 1945.