Prévert, Jacques
Poeta, scrittore e sceneggiatore francese, nato a Neully-sur-Seine (Hauts-de-Seine) il 4 febbraio 1900 e morto a Omonville-la-Petite (Manche) l'11 aprile 1977. Le sue sceneggiature, soprattutto nei film di Marcel Carné, sono caratterizzate da un'enfasi anticonvenzionale che piega sovente verso un sentimentalismo acceso e vibrante ed è fondata sul ritratto icastico della poesia del quotidiano, sul 'canto anarchico' degli ideali d'amore e di libertà, sul gusto per la bizzarria e la comicità aerea e insieme per il tragico e il melodrammatico. Questa particolare cifra stilistica, unita a una musicalità che si ritrova anche nel ritmo interno dei dialoghi, riecheggia persino nelle canzoni da lui scritte per le colonne sonore di alcuni film, spesso musicate da Joseph Kosma.
Figlio di un impiegato municipale, lasciò la scuola a quindici anni, lavorando a Parigi nei grandi magazzini e poi, effettuato il servizio militare (1918-1921), nell'editoria. Frequentò circoli politici e letterari in cui l'antimilitarismo e l'anticlericalismo si accompagnavano all'esaltazione della poesia e della libertà d'espressione: in questo quadro si inseriscono la vicinanza al Surrealismo (1925-1929), il lavoro all'interno del gruppo di teatro militante Octobre (1932-1936) e la partecipazione alle lotte antifasciste del Front populaire (1936-1938).
Fu in questa atmosfera che nacque il rapporto tra P. e il cinema. Dopo aver recitato in Les grands (1924) di Henri Fescourt, nel 1928 scrisse i dialoghi di Souvenir de Paris, noto anche come Paris-Express, un cortometraggio dedicato alla vita e alla segreta bellezza di Parigi, diretto dal fratello Pierre (1906-1988) e da Marcel Duhamel, e supervisionato da Alberto Cavalcanti. Prese poi parte come attore, in piccoli ruoli, a L'âge d'or (1930) di Luis Buñuel e Les amours de minuit (1930) di Augusto Genina. Nel 1930-31, per l'agenzia pubblicitaria Damour scrisse (con Jean Aurenche) i dialoghi di alcuni shorts di Paul Grimault, elaborando un'espressività fatta di brevi e fulminanti invenzioni, sintesi poetiche, metafore verbali e visive piene di pathos. Trasportò questo stile del tutto personale nei dialoghi, nelle sceneggiature o nei soggetti di film in cui la satira e il burlesco si stemperano in una vena comico-surreale aerea e permeata di anarchismo (e qualche volta di intellettualismo), il sogno si unisce alla sorpresa e la grazia leggera all'acume sarcastico: tra questi il mediometraggio L'affaire est dans le sac (1932; Affare fatto) di P. Prévert, e i lungometraggi Baleydier (1931) di Jean Mamy, Ciboulette (1933) di Claude Autant-Lara, L'hôtel du libre échange (1934) di Marc Allégret e Le crime de Monsieur Lange (1935; Il delitto del signor Lange) di Jean Renoir, nel quale il suo afflato libertario traspare in modo particolare.
Ma fu il sodalizio con Carné (con cui aveva stretto amicizia fin dai tempi del Group Octobre) che mise in luce le sue doti. L'affinità elettiva tra scrittore e regista si sviluppò nel nome di un 'realismo poetico' (v. realismo: Il realismo poetico francese) in cui la fantasia sognante è calata e trasfigurata nella fotografia sociale della vita urbana. A cominciare dal clima melodrammatico e dalla forte carica simbolica degli ambienti in Jenny (1936; Jenny, regina della notte), proseguendo con la 'fumisteria' di Drôle de drame (1937; Lo strano dramma del dottor Molyneux), in cui il fraseggiare bislacco e ironico e l'intrigo giocato sull'assurdo compongono un'invenzione drammaturgica tra le più originali. Ma fu con il dittico Quai des brumes (1938; Il porto delle nebbie) e Le jour se lève (1939; Alba tragica) che il binomio Prévert-Carné inventò atmosfere e suggestioni entrate a far parte dell'immaginario cinematografico: le brume dell'alba che acquistano valore di metafora, i temi dell'amore predestinato e della persecuzione fatale, il quadro sociale che sembra determinare gli eventi che sovrastano i personaggi (uomini maledetti o eroi che uniscono disincanto e romanticismo, donne il cui fascino è un misto di innocenza, fragilità e orgoglio). Con Carné P. proseguì su una linea più fantastica in Les visiteurs du soir (1942; L'amore e il diavolo) e soprattutto in Les enfants du paradis (1945; Amanti perduti), per il quale ricevette nel 1947 la sua unica nomination all'Oscar, e dove la favola e la reinterpretazione di epoche e climi letterari (il racconto gotico, il teatro da fiera, il mélo ottocentesco) filtrano i temi ricorrenti nel cinema di P. e Carné. Il mélange tra lirismo e bizzarria del destino ritornò poi in modo più convenzionale e manierista in Les portes de la nuit (1946; Mentre Parigi dorme), per il quale P. scrisse anche le canzoni Les feuilles mortes e Les enfants qui s'aiment, e che fu il suo ultimo film con il regista, dato che La fleur de l'âge (1947) non venne mai terminato.
Acceso romanticismo ma anche asciuttezza e depurata liricità caratterizzarono invece il suo contributo a Remorques (1941; Tempesta) e Lumière d'été (1943) di Jean Grémillon. P. lavorò poi di nuovo con il fratello Pierre in Adieu Léonard (1943) e Voyage-surprise (1947). Con Les amants de Vérone (1949; Gli amanti di Verona) di André Cayatte e Souvenirs perdus (1950; Ricordi perduti) di Christian-Jacque diede di fatto l'addio al grande pubblico: negli anni seguenti partecipò solo a Notre-Dame de Paris (1956) di Jean Delannoy e a un episodio di Amours célèbres (1961; Amori celebri) di Michel Boisrond. Ritornò invece a collaborare attivamente con registi d'avanguardia: tra gli altri, con Grimault nei film d'animazione La bergère et le ramoneur (1953; La pastorella e lo spazzacamino), uno dei capolavori di questo genere in Francia, di cui P. scrisse anche le canzoni, e La faim du monde (1957); con Joris Ivens in La Seine a rencontré Paris (1957; Quando la Senna incontra Parigi); con P. Prévert in Paris mange son pain (1958), Paris la belle (1959), che incorpora Souvenir de Paris del 1928, Le petit Claus et le grand Claus (1964), La maison du passeur (1965), À la belle étoile (1966).
B. Amengual, Prévert, du cinéma, Montréal 1978.
C. Blakeway, Jacques Prévert: popular French theatre and cinema, Rutheford (NJ)-London 1990.
C. Sellier, Les enfants du paradis: Marcel Carné et Jacques Prévert, Paris 1992.
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B. Chardère, Le cinéma de Jacques Prévert, Bordeaux 2001.