istituzioni
Enti che si occupano di interessi generali
Il termine istituzione viene usato in una molteplicità di accezioni diverse. Spesso nel linguaggio comune indica gli apparati preposti allo svolgimento di funzioni e di compiti di interesse pubblico, come per esempio l'istruzione, la sanità, la difesa: parliamo allora di istituzioni scolastiche, sanitarie, militari. Nell'accezione più ampia e generalizzata adottata in sociologia e in antropologia, sono istituzioni tutti i tipi di comportamento, di azione e di relazioni sociali disciplinati e governati stabilmente da regole riconosciute dalla collettività
Il termine istituzione deriva da istituire, che vuol dire "stabilire un ordine, fondare, regolare", e può avere una grande varietà di significati. Talvolta è usato per indicare un gruppo organizzato o un apparato che persegue un particolare scopo in maniera sistematica, seguendo determinate regole e procedure. Istituzioni in questo senso sono le scuole, gli ospedali, le imprese economiche.
Istituzioni totali sono dette quelle che esercitano un controllo globale e costante sui membri di una comunità. Rientrano in questa categoria le prigioni, i campi di concentramento, gli ospedali psichiatrici, le caserme: in generale, cioè, tutti quegli apparati che tendono a cancellare ogni espressione dell'individualità trasformando in semplici numeri tutti coloro che, perlopiù involontariamente, ne fanno parte.
In antropologia e in sociologia il concetto di istituzione è usato spesso in un significato estremamente ampio e generalizzato per indicare azioni e comportamenti modellati da sistemi di regole. Istituzionalizzare qualcosa ‒ una pratica, un comportamento, un tipo di relazione sociale ‒ significa organizzarlo in modo stabile e disciplinato da regole. Inteso in questa accezione, il concetto di istituzione finisce per abbracciare una gamma vastissima di fenomeni: il linguaggio e il gioco, ma anche il pranzo domenicale in famiglia possono a buon diritto essere definiti istituzioni.
Tuttavia, quando si parla di istituzioni sociali ci si riferisce in genere a complessi di norme, valori e consuetudini che definiscono e regolano stabilmente rapporti sociali, comportamenti e azioni di una determinata collettività in sfere significative della vita sociale: la politica, l'economia, il diritto, la cultura.
Il matrimonio e la famiglia, per esempio, sono istituzioni che regolano e definiscono i rapporti tra coniugi e le relazioni di parentela; lo Stato è un'istituzione che regola le forme di esercizio dell'autorità politica; il mercato è un'istituzione che regola la circolazione di beni e servizi, e via dicendo.
Le istituzioni, come ogni prodotto dell'attività umana, sono soggette a nascere e a scomparire. La nascita delle istituzioni può avvenire in modo spontaneo, attraverso un lento processo di standardizzazione di certi modelli di comportamento, di elaborazione e fissazione di norme e di regole che codificano usi, costumi, tradizioni e consuetudini. Così il mercato come sistema di regole per la circolazione di beni e servizi si è formato gradualmente nel corso dei secoli per effetto dell'azione di molteplici attori e circostanze: venditori, compratori, mercanti, banchieri, magistrature cittadine e così via. In altri casi le istituzioni sono frutto dell'azione e della volontà specifica di individui e gruppi precisi, di movimenti sociali che si pongono determinati obiettivi e mobilitano apposite risorse per conseguirli. Lo stesso vale per il declino e la scomparsa delle istituzioni.
Il ciclo di vita delle istituzioni è in genere notevolmente più lungo di quello degli individui che di volta in volta si trovano ad agire nel loro ambito. Ogni individuo vive in un mondo popolato da istituzioni che preesistono alla sua nascita e sono destinate a sopravvivere alla sua morte, e appaiono quindi come realtà precostituite, indipendenti dalla sua volontà. Come cristallizzazioni di norme e valori vincolanti, spesso le istituzioni provocano negli individui reazioni di ribellione e di rifiuto in quanto sono percepite come qualcosa di oppressivo e di coercitivo, che limita la libertà personale e incanala ogni espressione di creatività e spontaneità in modelli standardizzati e prefissati di comportamento e azione.
Come e perché nascono le istituzioni? Come mutano e variano nel tempo e nello spazio? Questi interrogativi sono stati affrontati dall'antropologia e dalla sociologia in base a due approcci diversi: l'evoluzionismo e il funzionalismo. L'antropologia evoluzionistica ottocentesca spiegava l'origine e lo sviluppo delle società umane in termini di progresso, cioè come un passaggio dal semplice al complesso, dal primitivo al perfezionato. Questo percorso evolutivo sarebbe contrassegnato dallo sviluppo di istituzioni sempre più complesse, differenziate e specializzate per la religione, la politica, l'economia e in generale per tutte le principali sfere della vita sociale. Mercati, banche, chiese sono alcuni esempi di istituzioni complesse.
Secondo le spiegazioni funzionaliste avanzate nel corso del Novecento le istituzioni nascono invece perché rispondono a qualche bisogno o esigenza sociale, e si estinguono quando scompare il bisogno che le ha originate o vi sono altre istituzioni in grado di soddisfare il bisogno in modo più adeguato. Secondo la definizione dell'antropologo di origine polacca Bronislaw Malinowski, uno dei principali esponenti del funzionalismo antropologico, le istituzioni sono "risposte culturali di una data società in un particolare momento a bisogni universali". Alcune istituzioni si possono riscontrare in quasi tutte le società, e sono pertanto definite universali culturali. L'antropologo francese Claude Lévi-Strauss, per esempio, sostiene che nelle società umane una delle prime istituzioni sociali è stata il tabù dell'incesto, in quanto, vietando i rapporti sessuali tra consanguinei, avrebbe indotto a stabilire legami sociali stabili al di fuori della cerchia familiare. Non a caso le norme della parentela fanno parte delle istituzioni sociali fondamentali di ogni società umana, in quanto regolano i rapporti dai quali dipende la sopravvivenza stessa della sua popolazione. Tuttavia, se le esigenze alle quali le istituzioni rispondono possono essere le stesse in ogni società, i modi in cui queste esigenze vengono soddisfatte variano molto.
In sociologia, il tentativo più completo di spiegare e analizzare le istituzioni in chiave funzionalista è stato compiuto dal sociologo americano Talcott Parsons. Egli assimila la società a un sistema che per sopravvivere e conservarsi deve soddisfare quattro essenziali requisiti ‒ o imperativi funzionali ‒ fondamentali: deve porsi precisi fini; deve adattare i mezzi ai fini; deve regolare i rapporti tra le sue parti; deve conservare nel tempo i suoi orientamenti di fondo.
Il primo imperativo è soddisfatto dalla politica, che ha lo scopo di garantire la sicurezza esterna e interna, di regolare i conflitti di interesse e di definire gli interessi generali. Il secondo è soddisfatto dall'economia, che assicura il rifornimento di beni e servizi, cioè la loro produzione, circolazione e distribuzione; il terzo imperativo viene soddisfatto dalla giurisprudenza, preposto alla definizione dei diritti e dei doveri, alla formulazione, interpretazione e applicazione delle norme. Il quarto, infine, è soddisfatto dalla cultura, che ha lo scopo di preservare l'identità, i valori e gli orientamenti di fondo del sistema. Alle varie funzioni corrispondono istituzioni diverse, anche se molte di queste svolgono una pluralità di funzioni (multifunzionalità), la stessa funzione può essere svolta da varie istituzioni (alternative funzionali) e le funzioni di un'istituzione possono modificarsi nel tempo a vantaggio o a svantaggio di altre istituzioni. Così, per esempio, famiglia, scuola e religione sono istituzioni specializzate nella funzione di trasmissione della cultura, ma svolgono anche funzioni politiche ed economiche; la famiglia ha storicamente ceduto gran parte delle sue funzioni educative alla scuola; la religione ha ceduto funzioni di regolamentazione del comportamento al diritto e alla politica; le istituzioni giuridiche sono specializzate nella funzione di produzione di norme, ma condividono con le istituzioni politiche la formulazione delle leggi, e così via.