BALEARI, Isole (Islas Baleares; A. T., 41-42)
Gruppo insulare del Mediterraneo occidentale, continuazione, verso NE., delle catene a pieghe andaluse. È situato di fronte alla costa orientale della Penisola Iberica, e consta di quattro isole maggiori, che sono, da NE. a SO.: Minorca (Menorca: 754 kmq.), Maiorca (Mallorca: 3390 kmq.), Iviza (Ibiza: 572 kmq.) e Formentera (115 kmq.); e di un certo numero di isole minori (Cabrera, 16 kmq., e Conejera, a S. di Maiorca; Isla del Espardell, a N. di Formentera) e di scogli. Complessivamente, le Baleari hanno una superficie di 5014 kmq. Gli antichi chiamavano Baleari soltanto Minorca e Maiorca: Iviza e Formentera erano dette Pitiuse. Il mare che bagna le Baleari è piuttosto profondo: l'isobata di 200 m., che corre da 4 a 15 km. circa dalla costa di Minorca, da 7 a 38 km. da quella di Maiorca, da 10 a 15 km. da quella di Iviza e che si avvicina fino a 2-3 km. dalla costa orientale di Formentera, unisce Maiorca con Minorca e Iviza con Formentera. Tra le Pitiuse e il continente la massima profondità è di 872 m., ma tra Maiorca e Minorca e la costa catalana si raggiungono quasi i 2500 m. (2485 m.).
Minorca, la più orientale delle isole, ha forma press'a poco rettangolare, ed è lunga, dal Cabo Baiolé alla Punta del Esperó, una cinquantina di km., e larga, nel mezzo, 22. Nella parte settentrionale di essa s'inalzano alcune serie di colline dalle forme molli, tondeggianti, alte di solito non più di 250-270 m., costituite di terreni devonici, triassici e giurassici. Il M. Toro, formato da calcari e dolomie del Triassico, raggiunge i 350 m. La parte meridionale dell'isola è costituita da terreni miocenici quasi orizzontali, sorretti da terreni antichi, e si presenta come un piano leggermente inclinato verso SO., percorso da valli parallele, profonde 50-60 m., e a secco per la maggior parte dell'anno.
La costa settentrionale e orientale di Minorca presenta numerose e profonde rías, come quella di Fornells, lunga 5 km. e larga 2, quella di Addaya, lunga 3,5 km., quella di Mahón, lunga più di 5 km., larga fino a 800 m., profonda 12-25 m. che corrisponde all'estremità di una valle, in parte alluvionata, la quale è la continuazione verso S. e SE. della zona depressa di Addaya. Sulla costa occidentale è notevole la ría di Ciudadela. La costa meridionale ha intaccature assai meno lunghe e profonde delle rías cui si è accennato, ma di analoga origine, e presenta anche vasti tratti di spiaggia. Sembra che l'isola abbia subito, in tempi geologici recenti, un movimento di sommersione rispetto al livello marino: d'altro canto, a notevoli altezze (a circa 100 m. nel promontorio di Fornells) si rinvengono tracce di formazioni costiere (calcari arenacei analoghi alla panchina). Non è possibile dire, tuttavia, se Minorca sia stata coperta parzialmente dal mare nel Neogenico superiore o nel Quaternario. È certo, però, che dopo la formazione dei calcari arenacei, di cui sopra, il mare ebbe, rispetto alle terre emerse, un livello inferiore all'attuale; l'incisione delle valli fu in rapporto a questo livello base; quando poi tale livello s'inalzò, le parti più basse delle valli furono trasformate in rías.
Maiorca ha la figura di un trapezio (85 km. dalla Punta Blanca, di fronte all'isola Dragonera, al Cabo Formentor, e un po' più di 70 km. dalla Punta Blanca al Cabo de Salinas), ed è costituita da tre parti distinte: lungo la costa di SE. si eleva una catena di colline e di basse montagne (400-500 m.), lunga una cinquantina di chilometri, e formata prevalentemente di calcari e di dolomie giurassiche e cretaciche, la cui tettonica è complicata da fenomeni di carreggiamento. Vi s'incontrano le celebri grotte di Artȧ e le grotte del Drago (Cuevas del Drach: v. Tav. CXCVIII), che il Martel riteneva di origine marina, ma che ora si propende a ritenere scavate da acque atmosferiche (Lencewicz).
Un'altra, e più importante, catena di montagne si eleva lungo la costa nord-occidentale di Maiorca. È costituita anch'essa, prevalentemente, di calcari giurassici, ma qua e là affiorano anche terreni più antichi. Lunga una novantina di km., larga dai 15 ai 20, è costituita da tre serie tettoniche sovrapposte, spinte nel complesso da SE. verso NO. La sua direzione è quella della Cordigliera Betica, della quale è senza dubbio un prolungamento. Non raggiunge notevoli altezze (Puig de Son Torrella, 1445 m.), ma ha forme aspre, con ripidi versanti: verso il mare scende per lunghi tratti con balze di 300-500 m. (Costa Brava). È coperta in gran parte da macchie basse e rade, dove sono comuni il mirto, il rosmarino, l'astragalo, l'asfodelo, il bosso, il cisto e la palma nana, e, qua e là, da pinete e da querceti, residui di quelli ben più vasti che un tempo dovevano ammantarla quasi tutta.
Tra le due catene montuose si stende una regione depressa, con rilievi poco accentuati (i più notevoli sono quelli su cui passa lo spartiacque tra i bacini dei torrenti che si versano nella baia di Palma e quelli dei torrenti che sboccano nella baia di Alcudia), costituita essenzialmente di terreni miocenici (calcari in strati quasi orizzontali) e quaternarî. I corsi d'acqua che la percorrono provengono per lo più dalle montagne di NO., dove hanno una direzione NO.-SE.; in piano, poi, si volgono verso E. o verso O. Sono secchi per molti mesi, ad eccezione di quei pochi che traggono alimento da qualche sorgente notevole. Questa regione pianeggiante centrale si affaccia al mare con una costa pescosa e ricca di saline, articolata da piccoli golfi semicircolari (calas).
Cabrera (170 m. s. m.) e Conenjera sono una continuazione delle montagne maiorchine orientali: in esse la serie sedimentare comincia col Giurassico inferiore. Iviza, riunita tla un bassofondo a Formentera, si allunga per 41 km. da SO. a NE., e ha una forma ellittica, con l'asse minore di circa 20 km. È costituita da un nucleo triassico e giurassico, coperto in gran parte da una coltre di terreni cretacei. Vi si notano due serie di colline, alte al massimo 475 m. (Atalayasa, nella parte meridionale), separate da una zona depressa percorsa dalla carrozzabile Iviza-S. Antonio Abad. L'Atalayasa, con le altre vette vicine (Pez, 400 m.; Sierra Mayol, 350 m.), domina i depositi alluvionali che verso SE. costituiscono un piano inclinato verso il mare, e la cui origine è dovuta, probabilmente, alla formazione di cordoni litorali che sembra abbiano riunito il promontorio roccioso di Iviza città con quelli di Corpmari (158 m.) e di Falcón (145 m.) Ai piedi di questi ultimi si stendono vaste saline, che sono una delle ricchezze dell'isola. Nella parte settentrionale di Iviza sono stati accertati fenomeni di cattura e tracce di antiche coste, fino a 300 m. s. m.
Formentera, invece, è formata di terreni terziarî e quaternari, e costituita da due nuclei collinosi (massima elevazione, Mola, 192 m.), riuniti da una lingua di terra stretta e piatta.
Il clima delle Baleari è tipicamente mediterraneo, temperato in tutte le stagioni, con pronunciata siccità estiva. Il clima di Minorca, battuta da forti venti di NE., è meno dolce di quello delle altre isole: a Mahón la temperatura media del gennaio è di 9°,9, quella dell'agosto di 23°,7: la quantità annua di pioggia è di 648 mm. A Maiorca le temperature - salvo che nelle zone più elevate - superano di solito i 17° di media annua, e difficilmente scendono sotto lo zero. Palma ha una media di 9°,8 nel gennaio, di 24°,8 nel luglio e 453 mm. di piogge annue. Più caldo e secco, per la posizione più meridionale, è il clima di Iviza e Formentera.
Vegetazione. - La flora vascolare delle Baleari conta circa 1300 specie delle quali una sessantina endemiche, e inoltre alcune centinaia di crittogame tra le quali prevalgono i funghi. La roccia calcarea, arida e brulla, alimenta la gariga, che è il consorzio che si sviluppa nei suoli calcarei sterili, e che corrisponde, per le specie più diffuse, a quella del vicino litorale spagnolo; è peraltro più povera, priva della Quercus coccifera, che caratterizza la formazione dalla Provenza al Portogallo, mentre presenta alcuni caratteri speciali dovuti agli endemismi, abbondanti soprattutto nella zona montuosa della Sierra di Maiorca. Tale gariga non è un consorzio primitivo, ma deve invece concepirsi come l'avanzo di una formazione boschiva a base di pino d'Aleppo; grandemente diffusa vi è la palma nana (Chamaerops humilis), propria del bacino mediterraneo occidentale. Dove il suolo si fa più profondo, la gariga è sostituita dalla macchia mediterranea, coi noti arbusti sempreverdi; dove la degradazione del calcare è molto spinta, entrano nella costituzione della macchia arbusti crescenti nei suoli silicei, come alcuni cisti, l'Erica arborea, il corbezzolo, ecc. Nella parte alta della Sierra di Maiorca, spesso immersa in nubi cariche di umidità, si trovano boscaglie di leccio; vi diventa più comune il Juniperus oxycedrus, ed è questa la stazione preferita dalla Buxus balearica, che si rinviene anche in Sardegna. Pure in questa zona elevata, ma nelle anfrattuosità ombreggiate e più umide, cresce qualche albero e arbusto delle montagne d'Europa (Acer italum, Sorbus aria, Amelanchier vulgaris, Ilex aquifolium, Taxus baccata); lungo i ruscelli si trova l'endemico Rhamnus Ludovici-Salvatoris; nelle rupi umide e stillicidiose, l'Arenana balearica, che cresce anche nell'arcipelago corso-sardo e a Montecristo; sulle rupi asciutte, l'Erinus alpinus, l'Hutchinsia petraea, la Potentilla caulescens e la Sesleria caerulea che vi rappresentano tipi subalpini. Ma ciò che costituisce il carattere più interessante della vegetazione balearica sono i suoi endemismi, alcuni dei quali ad affinità iberica, mentre le affinità di altri vanno ricercate in specie similari crescenti in isole poste ad oriente o a sud, come l'arcipelago corso-sardo, la Sicilia, le isole Egee, nonché l'Africa settentrionale; territorî che si supposero collegati durante l'era terziaria dalla Tirrenide di cui anche le Baleari avrebbero fatto parte. Alcune forme endemiche, invece, non trovano nell'attuale vegetazione un evidente riattacco e le loro origini restano più oscure di quelle che si presume spiegare con tale ipotesi, discussa di recente dal Knoche e dalla Chodat.
Condizioni economiche e popolazione. - Solo alcune zone pianeggianti delle Baleari sono fertili. A Minorca, la parte migliore dal punto di vista agrario è la centrale, dove c'è maggiore quantità di terra vegetale: vi si coltivano con grande cura frumento, orzo, patate e ortaglie. Nelle zone più sterili, ricoperte da pascoli, si alleva numeroso bestiame bovino. Maiorca è assai più ricca. Tutta la parte centrale dell'isola e le più basse pendici delle montagne sono coltivate a mandorli (specialmente tra Palma, Puebla, Felanitx e Campos), viti, olivi, carrubi, aranci e fichi, sotto i quali crescono poi grano e granturco, legumi, peperoni, patate e fave, che spesso dànno due raccolti all'anno. L'olivo copre le pendici della sierra di NO. fino a 400 m. s. m.; il fico è coltivato soprattutto nella parte settentrionale dell'isola. La terra è lavorata con moltissima cura: sui pendii l'humus è trattenuto col sistema delle terrazze, sostenute da muretti. L'irrigazione è praticata ovunque sia possibile: l'acqua viene tirata su dai pozzi con le cosiddette norias (molto diffuse in tutta la Spagna), mosse generalmente da cavalli. Quasi ogni podere è circondato da muri costruiti con pietre calcaree. Poche le case sparse in campagna: e quelle che s'incontrano, sono per lo più casas de guardia, dove i contadini dimorano solo all'epoca dei raccolti e dove ripongono gli strumenti. La popolazione agricola abita prevalentemente nei centri, lontano dai campi, dove si reca di primo mattino su asini o muli, o anche sulle caratteristiche carrette a due ruote, e da cui fa ritorno al tramonto. I raccolti sono molto abbondanti, e Maiorca esporta notevoli quantità di olio, di fichi e di mandorle. Il raccolto dei cereali serve al consumo locale; caratteristici sono i numerosi molini a vento, a sei grandi ali, frequenti anche nelle altre isole.
Iviza e Formentera, occupate qua e là dai resti dclle belle foreste di pini (da cui il nome di Pitiuse, Πιτυοῦσσαι, dato dai Greci a queste isole) che un tempo le ricoprivano, sono coltivate in parte a olivi, viti, frutteti e a frumento: questo dà abbondanti raccolti soprattutto a Formentera, che ne trae il nome.
I pescatori costituiscono una percentuale notevole della popolazione delle Baleari: essi pescano soprattutto tonno e aragoste; trasportano i prodotti agricoli in Catalogna, a Cette, a Marsiglia; e quando, in primavera, è proibita per alcune settimane la pesca delle aragoste, vanno a cercare le primizie che ancora non si trovano nelle isole - specialmente pomodori e peperoni - a Valenza e ad Alicante.
La popolazione delle Baleari, che parla un dialetto catalano e comprende un numero notevole di ebrei, secondo un calcolo compiuto nel 1926 sarebbe di 348.000 ab. (dei quali 270.000 a Maiorca e 41.000 a Minorca), quasi 70 per kmq., densità notevolmente superiore a quella media della Spagna (44,1). L'incremento negli ultimi decennî è stato lento: nel 1887 furono censiti 312.600 ab.; nel 1910, 326.000 ab.; nel 1920, 338.900 ab. La popolazione è distribuita assai irregolarmente, ed è densa soprattutto nella parte centrale di Maiorca. Le montagne, invece, sono quasi spopolate, meno che in alcuni bacini montani, dal fertile suolo alluvionale assai ben coltivato.
Come si è già detto, la popolazione vive prevalentemente nei numerosi centri, che in Maiorca sorgono per lo più nell'interno, sfuggendo la costa, e in Minorca, i principali, sulle sicure e profonde rías. Il centro più notevole di Minorca è Mahón (18.000 abit. circa), sulla costa orientale, che ha un porto eccellente, utilizzato anche per la marina da guerra, sulla costa occidentale si trova Ciudadela (10.000 ab. circa), antica capitale e sede vescovile. Capoluogo di Maiorca e di tutto il gruppo (che forma una provincia spagnola) è Palma, con 80.000 ab. coi sobborghi, bella città, in fondo a un'ampia baia, con porto assai attivo, collegato da linee regolari di navigazione con Valenza e Barcellona. (V. Tav. CXCVI). Nella zona centrale pianeggiante sorgono poi, fra gli altri, i centri di Inca (9400 ab.), Binisalem (4100 ab.), Llummayor (9800 ab.) e Alaró (5900 ab.). Ai piedi delle montagne orientali troviamo Artá (5600 ab.), Manacor (13.000 ab.) e Felanitx (11.300 ab.); presso la costa nord, Alcudia (3300 ab.) e Pollensa (8000 ab.: v. Tav. CXCV), e nella zona montuosa occidentale, Soller (4500 ab.), che a breve distanza ha un buon porto (Puerto de Soller: v. Tav. CXCVII). Alcuni dei centri costieri distano qualche chilometro dal proprio porto (Alcudia 2 km.; Pollensa 6 km., ecc.); essi sono nello stesso tempo centri agricoli e pescherecci. Nelle Pitiuse l'unico centro notevole è Iviza, con porto abbastanza attivo.
Le comunicazioni nelle Baleari sono facili e avvengono in buona parte per via di mare. Una rete di ottime strade rotabili congiunge tutti i centri più notevoli: Maiorca, inoltre, ha una piccola rete ferroviaria, quasi tutta interna: la linea principale è la Palma-Manacor, che prosegue poi verso N. per Artá, e alla quale s'innestano il tronco per Felanitx e quello per Puebla. Vi è poi la Palma-Soller e la Palma-Santañy. Da qualche anno, infine, una linea di navigazione aerea collega Palma con Barcellona.
Le incantevoli bellezze naturali e il clima assai mite attraggono ogni anno, nelle Baleari, un forte numero di visitatori, soprattutto stranieri: cosicché nelle città più importanti hanno assunto uno sviluppo notevole le industrie turistiche.
Bibl.: Sulla geologia e la morfologia: H. Hermite, Études géologiques sur les îles Baléares, I, Majorque et Minorque, Parigi 1879; H. Nolan, Structure géologique d'ensemble de l'Archipel Baléare, in Bull. Soc. géol. de France, 1895, pp. 76-91; id., Notice préliminaire sur l'île de Cabrera, in Bull. Soc. Géol. de France, 1897, pp. 303-305; H. Praesent, Bau und Boden der Balearischen Inseln, in Jahresb. geogr. Ges. Greifswald, 1911, pp. 20-106 (con bibl. di 83 numeri); G. Llucea, Sur la géologie de Cabrera, Conejera et autres îles voisines, in C.-R. Ac. Sc., 2° sem., 1920, pp. 1158-1160; P. Fallot, Étude géologique de la Sierra de Majorque, Parigi 1922; id., Carte géologique de a Sierra de Majorque, 1 : 50.000, Parigi 1922 (in 3 fogli); id., Le problème de l'île de Minorque, in Bull. Soc. géol. de France, 1923, pp. 3-44; id., Esquisse morphologique des îles Baléares, in Rev. de Géogr. Alpine, 1923, pp. 421-448; id. e B. Darder Pericás, Observaciones geológicas en la región central de la isla de Mallorca, in Bol. R. Soc. Esp. de Historia lógicas en la región central de la isla de Mallorca, in Bol. R. Soc. Esp. de Historia Nat., 1925, pp. 488-498; B. Dardner Pericás, La tectonique de la région orientale de l'île de Majorque, in Bull. Soc. géol. de France, 1925, pp. 245-278; W. von Seydlitz, Der geologischen Bau und die tektonische Bedeutung der Balearischen Inseln, in Geol. Rundschau, 1927, pp. 308-320. Sulla vegetazione: M. R. Chodat, Contribution à la géobotanique de Majorque, in Bull. Soc. Botan. de Généve, 1923, pp. 155-264; H. Knoche, Flora belarica. Étude phytogéographique sus les îles Baléares, Montpellier 1921-23 (voll. 4); id., Étude phytogéographique sur les îles Baléares, Montpellier 1923.
Sulla geografia umana: J. Brunhes, À Majorque et à Menorque: esquisse de géographie humaine, in Revue des deux mondes, nov. 1911, pp. 175-196; H. C. Shelley, Majorca, Londra 1926; F. Chamberlin, Balearic and their peoples, Londra 1927; S. Lencewicz, Mallorca, Szkic geograficzny, in Przeglâd Geograficzny, 1927, pp. 55-75. Benché assai vecchia, è ancora di utile consultazione l'opera dell'arciduca Ludovico Salvatore di Lorena, Die Balearen in Wort und Bild, riccamente illustrata, nelle sue varie edizioni.
Tutti i fogli (13 complessivamente) del Mapa Militar de España al 100.000, riguardanti le Baleari, sono stati pubblicati.
Il periodo preistorico. - Nulla se ne conosce prima dell'inizio dell'età del bronzo. Alcune asce litiche esistenti in una collezione delle isole non è sicuro che dimostrino l'esistenza di una popolazione neolitica. Un frammento di vaso nero con incisioni affini a quelle dei bicchieri a campana pare identico alla ceramica ornata di Anghelu-Ruju in Sardegna e fu trovato insieme con materiale della prima età del bronzo nella Grotta "des Bous" di Felanitx (Maiorca), appartenente alla civiltà cosiddetta argarica, identica a quella delle stazioni del sud-est della Spagna. In Maiorca e in Minorca essa è rappresentata da numerose grotte naturali e artificiali (grotte naturali di Verenissa, S. Eugenia, ecc. in Maiorca; artificiali di Calas Covas in Minorca), dove assieme con vasi come quelli di El Argar in Ispagna si rinvengono pugnali triangolari di bronzo ed altri oggetti tipici della stessa civiltà. Le forme dei vasi presentano alcune varietà, come vasi conici e vasi sferici a piccole anse cornute e Schnurösen che sono i precedenti delle forme più tipiche della posteriore ceramica dei talaiots.
Non si può stabilire l'evoluzione dall'età del bronzo balearica fino alla formazione della civiltà dei talaiots, costruzioni di pianta circolare somiglianti ai nuraghi della Sardegna e che, come in Sardegna, sono parte dell'insieme della costruzione di villaggi fortificati. Generalmente la loro pianta è circolare, ma in Capocorp Vell due sono di pianta quadrata e formano le torri della cinta di mura del villaggio. I talaiots, come le abitazioni dei villaggi, sono costruiti con grandi pietre assai rozze e si trovano tracce di piani superiori, di scale, di colonne e pilastri che sostengono i tetti, come pure di false cupole per coprire i talaiots. I sepolcri di tale civiltà sembrano essere le cosiddette navate, costruzioni a pianta ovale e muri pendenti somiglianti a una nave invertita. Le abitazioni dei villaggi sono generalmente di pianta rettangolare, ma anche si trovano piante ovali (Son Juliá). Nelle costruzioni della civiltà dei talaiots si sono rinvenuti vasi rozzi di forme derivate dalle argariche, oggetti d'osso, di bronzo, e alcune volte di ferro (pugnale triangolare della Talaia Joana). I bronzi sono tipi arcaizzanti di asce piatte e pugnali e spade, come altri del sud della Spagna (Huelva), di Sardegna e d'Italia, che possono porsi nel IV periodo della età del bronzo intereuropeo, cioè dal 1200 a. C. in poi; epoca di intense relazioni mediterranee, aventi forse a scopo il commercio del metallo (rame e stagno di occidente), essendo sicuramente le Baleari uno scalo della via commerciale che di Spagna andava, per le Baleari e la Sardegna, in Italia e in Sicilia. Dopo l'inizio della colonizzazione fenicia pare che la civiltà balearica decada; essa torna a fiorire solo negli ultimi secoli a. C. e nell'età romana.
L'antichità classica. - Secondo la tradizione greca (Timeo) i Fenici fondarono Ebusus (Iviza) nel sec. VII (160 anni dopo la fondazione di Cartagine). Delle città non si conosce niente; i primi resti fenici delle isole (non sappiamo nulla dei tempi anteriori) sono figurine di terracotta, forse provenienti da un santuario della Isola Piana presso la città d'Iviza, di tipi arcaici somiglianti a figurine di Siria, dell'Asia Minore e di Cipro, dei secoli XI-VIII. Nel sec. VI pare che cominci la serie delle terracotte rinvenute nella grande necropoli del Puig dels Molins in Ibiza, utilizzata fino all'età romana e consistente in sepolcri scavati nella roccia come quelli delle necropoli cartaginesi di Sardegna. Il materiale archeologico consiste in figurine di terracotta di tipi egittizzanti, e greci dagli arcaici ionici e sicelioti del sec. VI agli ellenistici, insieme con tipi indigeni rozzi con ornamenti punici, scarabei con decorazioni assirizzanti, egittizzanti e greche, gioielli d'oro, vasi punici e greci (a cominciare da lecytoi della fine del sec. V), rasoi, ecc., come nelle necropoli di Cartagine e di Sardegna. Non sono state trovate né iscrizioni né stele puniche.
Nelle Baleari in senso stretto (Maiorca e Minorca) dopo la civiltà dei talaiots appaiono bronzi arcaici greci; ma una nuova civiltà incomincia soltanto con l'età ellenistica e continua fino ai primi secoli dell'impero romano, dovuta sicuramente alle vicende dei mercenarî balearici che dal secolo IV compaiono negli eserciti cartaginesi, in quelli greci di Sicilia e d'Italia, e, dopo, nei romani. Il fondo indigeno di questa cultura rimane sempre lo stesso, molto rozzo e primitivo, con ceramica fatta a mano somigliante all'antica dei talaiots, e soltanto scarsissima importazione di ceramica cartaginese e romana. La più importante importazione è di perle di vetro cartaginesi. Questa civiltà si trova in antichi villaggi dell'epoca dei talaiots rioccupati parzialmente, in grotte sepolcrali, artificiali o naturali (Cova Manja in Biniali, Maiorca), e in abitazioni che servivano da templi (Cositx). Nelle ultime si sono rinvenute protomi di tori, paragonabili alle micenee, ma che si trovano in Maiorca soltanto nell'età romana. Anche bronzi ornati, colonnine di bronzo e di ferro nell'estremo di una ghiera e ornamenti di piombo di possibile tipo egeo appartengono alla stessa civiltà di epoca ellenistico-romana. La civiltà romana vera e propria si trova soltanto nei grandi centri di popolazione (presso Palma e Pollensa, l'antica Pollentia, in Maiorca), dove si sono rinvenuti resti di necropoli romane, iscrizioni, ecc. Necropoli del Basso Impero sono state trovate anche in Iviza e in Formentera.
Nella popolazione delle Baleari non pare che sia da notare nessun mutamento dai tempi più antichi. Non si può peraltro escludere l'influsso di popoli stranieri e possibili colonizzatori. L'origine della popolazione balearica pare trovarsi nell'oriente della Spagna, nei popoli della civiltà dell'Argar e appartenere alla stirpe iberica della quale i Baleari storici sono forse una varietà
Nelle fonti antiche si parla di Iviza (Gimnesia) nel periplo conservato in Avieno, Ora maritima, dove il nome Baleari è forse interpolazione. Ecateo parla di Cromiussa (forse Maiorca) e Melussa (forse Minorca). In altre fonti si parla di Ofiussa (Formentera). I Baleari sono nominati per la prima volta in Diodoro (XIII, 80, 2) nell'anno 409 a. C. Le Baleari furono conquistate senza grande sforzo da Q. Cecilio Metello l'anno 121 a. C. e furono aggiunte al conventus di Carthago-Nova da Augusto. Nerone nominò il primo praefectus pro legato insularum Baliarium. Sotto Diocleziano formarono una delle 7 provincie della diocesi Hispania con un praeses dipendente dal vicarius Hispaniae.
Bibl.: J. Colominas, Gli scavi di Maiorca, in Convegno archeologico in Sardegna, giugno 1926; P. Bosch, I rapporti fra le civiltà mediterranee, ibid.; Cartailhac, Les monuments primitifs des îles Baléares, Tolosa 1892; Mayr, art. Balearen, in Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte; Vives, La necrópolis de Ibiza, Madrid 1922, e Memorias de la Junta superior de Excavaciones, dal 1917 in poi; O. Meltzer e U. Kahrstedt, Gesch. der Karthager, III, Berlino 1913; Hübner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II, coll. 1823-27; J. de C. Serra-Rafols, Les îles Baléares, Barcellona 1929 (pubbl. del IV° Congresso inter. di arch.).
Il Medioevo e l'età moderna. - All'epoca delle invasioni barbariche i Vandali della Spagna sbarcarono nelle Baleari nel 423 e le devastarono; tuttavia le isole rimasero soggette all'impero romano fino all'anno 455, quando caddero definitivamente in potere dei Vandali e furono da questi unite amministrativamente ai loro dominî dell'Africa settentrionale. E così rimasero finché, avendo Atanagildo chiesto soccorso a Giustiniano, un poderoso esercito bizantino, capitanato da Belisario, si stabilì sulle coste del Marocco e nella Betica, occupando anche le Baleari. Ma queste non restarono a lungo unite all'impero bizantino e presto tornarono alla loro indipendenza naturale, passando poi nel 798 in mano degli Arabi. Stettero per qualche tempo sotto la sovranità del califfato di Cordova; ma quando questo cominciò a decadere, al principio del secolo XI si fondò nelle Baleari una dinastia indipendente, di cui si hanno scarse notizie e che pare vivesse di pirateria. Per questa ragione fin dal sec. XII il pontefice Pasquale II stimolò varie potenze a purgare il mare dai pirati che lo infestavano; e i Pisani coi conti di Barcellona e di Montpellier presero Iviza e saccheggiarono Maiorca (1113), lasciandole poi in custodia dei Genovesi quando si ritirarono. Se non che questi, vinti dall'oro, rimisero libera Maiorca nelle mani degli antichi padroni.
Quando Giacomo I d'Aragona iniziò la sua politica di espansione, la conquista cominciò dalle Baleari. Erano infatti queste le terre più vicine e più legate alla Spagna e quelle che con le gesta piratesche dei dominatori molestavano continuamente le coste della penisola. Giacomo, radunato un esercito abbastanza considerevole e una flotta di 43 navi e 12 galee, giunse a Maiorca, che non fu difficile conquistare (1229); il bottino fu diviso tra i soldati e le terre vennero spartite tra i capi, mentre a Palma si stabiliva un luogotenente del re. Nel 1232 fu assoggettata anche l'isola di Minorca e tre anni dopo alcuni capi conquistarono quella d'Iviza. I conquistatori erano in gran parte Catalani del nord che predominavano per ricchezza e potenza, e diffusero nei nuovi territorî la loro lingua, la loro civiltà e i loro costumi.
Alla sua morte (1262) Giacomo I lasciava al secondogenito Giacomo (I di Maiorca) il regno di Maiorca col Roussillon e la Sardegna, sotto la signoria feudale dei re d'Aragona. Ma presto sorsero discordie tra Giacomo e suo fratello Pietro III re d'Aragona; e un figlio di quest'ultimo, Alfonso, prese Maiorca nel 1285 ritenendola in suo potere fino al 1295, anno in cui l'isola venne restituita a Giacomo, previa ratificazione dell'atto d'infeudamento e d'omaggio. A Giacomo I successe sul trono di Maiorca il figlio Sancio I e a costui Giacomo II, al tempo del quale il re d'Aragona Pietro IV il Cerimonioso, con un pretesto, s'impadronì dell'isola (1343). Inutili furono i tentativi di Giacomo II nove anni dopo, e di suo figlio Giacomo III, re di titolo, ma non di fatto.
I territorî delle Baleari erano organizzati in una maniera speciale. Sia perché i grandi signori laici ed ecclesiastici che avevano partecipato alla conquista ritornarono col re alla terra ferma lasciando a gentiluomini del loro seguito le terre avute in sorte o affittandole a coltivatori plebei dietro una prestazione annua; sia perché la parte spettante al re fu da questo distribuita interamente ai suoi masnadieri e scudieri, ritrovandosi così in Maiorca solo una nobiltà di secondo grado: il fatto è, che avvenne un grande frazionamento della proprietà e la formazione di un gran numero di grosse borgate. D'altra parte ben presto cominciarono a distinguersi i campagnoli occupati nelle aziende agricole e i cittadini dediti all'industria e al commercio, tra i quali ebbero grande importanza gli ebrei, dapprima protetti da leggi e da privilegi, ma nel sec. XV fatti oggetto di persecuzioni.
Quando al tempo di Carlo V vennero in auge le comunità, anche le Baleari costituirono la loro germanía sul tipo di quella di Valenza; i cittadini della comunità assediarono Alcudia, ove si era rifugiata la nobiltà, ma furono respinti, poi dovettero arrendersi e molti di loro caddero vittime delle rappresaglie del potere centrale.
Nel 1541 il pirata Barbarossa rase al suolo Mahón, e nella seConda metà del sec. XVI i Turchi sbarcarono più volte nelle isole, portando via bottino e prigionieri.
Nella guerra di successione spagnola le Baleari sostennero il partito dell'arciduca Carlo, rimanendo fedele a Filippo V solanente Mahón, che alla firma della pace di Utrecht restò in potere dell'Inghilterra. Nel 1782 Carlo III ricuperò Minorca che alcuni anni innanzi era caduta in mano dei Francesi. Se ne impadronirono di nuovo gl'Inglesi che la restituirono alla pace di Amiens nel 1802. Le Baleari presero parte attiva nella lotta nazionale contro l'invasione francese, e un corpo di volontarî di Maiorca combatté in Catalogna per l'indipendenza.
Bibl.: Sulla dominazione visigotica R. Ballester, Congeturas sobre la dominación visigoda en las... Baleares, in Butlletí de la Societat arqueologica luliana, Palma de Mallorca, luglio 1896; su quella araba: A. Campaner y Fuertes, Bosquejo histórico de la dominación islamita en las islas Baleares, Palma 1888; A. M. Alcover, Los mozárabes baleares, in Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos, XLII (1921). Sulla spedizione pisana G. Volpe, in Medioevo italiano, Firenze 1923, pp. 67-89. Sul periodo aragonese e del regno: J. Dameto e V. Mut, Historia general del reino de Mallorca, 2ª ed., voll. 3, Palma 1840-41; A. Lecoy de la Marche, Relations politiques de la France avec le royaume de Majorque, voll. 2, Parigi 1892; G. Carbonell Vadell, La dinastia de Mallorca, Palma 1915; E. Sureda, De la corte de los señores Reyes de Mallorca, Madrid 1915; A. Stoermann, Studien zur Geschichte des Königreichs Mallorca, Berlino 1918 (cfr. la Colección de documentos referentes al reyno de Mallorca, pubbl. da B. Pons Fábregues, Palma 1898). - Sull'età contemporanea: [Oliver, Miguel de los Santos], Mallorca durante la primera revolución (1808-1814), Palma 1901; J. Roca y Vivent, Menorca española en 1808, Madrid 1908. V. anche la bibliogr. delle voci giacomo i, ii, iii di maiorca, giacomo i e ii e pietro iii e iv di aragona.