GIGLIO, Isola del
GIGLIO, Isola del (A. T., 24-25-26).- Isola dell'Arcipelago Toscano e dopo l'Elba la maggiore del gruppo, posta alla latitudine media di 42° 20′ e alla long. E. di 10°55′ divisa dal Promontorio Argentario da un canale largo 13 km. L'isola ha forma presso a poco ellittica: il suo asse maggiore, diretto da NNO. a SSE., misura, tra la Punta del Franco a N. e quella del Capel Rosso a S., km. 8,7; l'asse minore, tra la punta di Mezzo Franco a O. e quella del Castellare a E., 4 chilometri; un chilometro è rappresentato dall'aggetto occidentale che costituisce la regione da considelarsi anche per la sua costituzione quale un'isola a parte. L'area del Giglio è di 21,21 kmq.; il perimetro delle sue coste è di circa 20 km. L'isola è completamente montuosa: una catena diretta nel senso del suo asse maggiore l'attraversa in tutta la sua lunghezza raggiungendo al Poggio della Pagana (498 m. s. m.), quasi al centro dell'isola, la sua massima altitudine. La costituzione geologica del Giglio è rappresentata nel suo complesso da graniti simili a quelli che formano il M. Capanne nell'Elba; la regione del Franco invece è costituita da calcari cavernosi triassici, e nella parte più occidentale da gabri, serpentine, e anche da scisti e quarziti del Paleozoico. L'isola gode di un clima dolce e prevalentemente asciutto, come comporta la sua giacitura geografica e come appare dalla sua flora ampiamente studiata da S. Sommier. Scarse vi sono le precipitazioni; ma non si posseggono regolari osservazioni meteorologiche. L'isola del Giglio costituisce un comune autonomo (nel quale è compresa anche l'isoletta di Giannutri: v.), che fa parte della provincia di Grosseto; la sua popolazione, che al censimento del 1931 ascendeva a 2229 ab. residenti (2044 ab. presenti), è più che raddoppiata nell'ultimo secolo. Nel 1814 contava 1052 ab., saliti a 1788 nel 1861. Questa popolazione sembra dovuta a immigrazione recente, giacché il corsaro Barbarossa, che nelle sue incursioni del 1543-44 saccheggiò l'isola portandone schiavi gli abitanti, l'avrebbe lasciata quasi deserta. Concorsero a ripopolarla immigrati liguri, siciliani, maremmani e forse anche greci. Si trovano nell'isola due centri abitati: il Castello, che ne è il capoluogo e che sorge addossato all'antica rocca, ora adibita a stazione semaforica, sulla dorsale centrale dell'isola, a 467 m. s. m.; esso accoglie entro la sua cinta murata 1104 ab. (1921); e la Marina, villaggio di recente origine sorto sulla costa orientale dell'isola, con piccolo porto ove approda, quando le condizioni del mare lo consentono, il postale che giornalmente fa servizio da Porto S. Stefano: una rotabile da pochi anni aperta lo congiunge al Castello. Qualche abitazione si trova pure sulla spiaggia del Campese lungo la costa occidentale, presso la bella torre di vigilanza erettavi al tempo di Ferdinando I.
L'isola è in gran parte coltivata a vigneto, che dà un vino pregiato di forte gradazione alcoolica. Il resto è coperto da macchia mediterranea e da magri pascoli. Sulla regione del Franco si estende invece un folto bosco di lecci. L'agricoltura, la pesca, l'escavazione e lavorazione del granito, che vi si praticò sino dall'età romana, insieme col piccolo commercio costituiscono l'occupazione degli abitanti.
Storia. - L'isola del Giglio, l'Aegilium degli antichi, appartenne già, come il prospiciente Argentario, alla doviziosa famiglia dei Domizî Enobarbi, che vi esercitò con largo profitto la pesca. Nel Medioevo passò dalla dominazione dell'Abbazia delle Tre Fontane, cui era stata assegnata da Carlomagno, a quella della famiglia degli Aldobrandeschi e dei Pannocchieschi e quindi nel 1264 al comune di Pisa che la tenne sino al 1404, allorché se ne impadronirono i Fiorentini. Nel 1448 l'ebbe Alfonso di Aragona che poi la rivendé a Pio II che ne fece un feudo per la sua famiglia. Con l'affermarsi della potenza turca nel Mediterraneo l'isola fu spesso esposta alle incursioni dei corsari: particolarmente memorabile quella ricordata per opera del Barbarossa. Quindici anni dopo l'acquistò la casa de' Medici, onde venne aggregata al granducato, del quale seguì poi sempre le sorti. Ma sino agl'inizî del sec. XIX non cessarono i pericoli delle incursioni piratesche alle quali la popolazione si trovò sempre esposta; e una data gloriosa per gl'isolani è considerata quella del 18 novembre 1799 in cui essi sarebbero riusciti a respingere validamente un loro attacco, che non fu l'ultimo. Dopo l'unificazione del regno l'isola fu adibita nel 1873 a colonia di deportazione pei condannati a domicilio coatto; ma per le insistenze della popolazione la colonia fu abolita nel 1893.
La battaglia del Giglio. - Durante l'aspra lotta tra Federico II di Svevia e il papa Gregorio IX, questi aveva deliberato di convocare a Roma un concilio, allo scopo di far dichiarare l'imperatore decaduto da ogni suo diritto anche come re di Sicilia. Poiché i cardinali francesi non potevano varcare le Alpi, guardate dagli amici dell'imperatore, Gregorio si rivolse segretamente al Comune di Genova, allora governato dal partito guelfo, perché fornisse le navi necessarie alla traversata da Nizza a Ostia. Genova armò 20 fra galee e taride, affidandone il comando a Iacopo Malocello (1241), che, recatosi a Nizza, imbarcò parecchi prelati francesi, inglesi e spagnoli, e poi a Genova imbarcò quelli provenienti dalla Lombardia.
Federico II, informato di questi armamenti, mandò una potente squadra del regno di Sicilia agli ordini del profugo genovese Ansaldo de Mari per impedire l'approdo del convoglio sul litorale romano. L'armata genovese, avanzatasi con grande prudenza fino a Porto Venere, confine meridionale della repubblica, apprese colà che, oltre le galee del regno in numero di 27, il De Mari aveva seco anche una quarantina di galee pisane. Data la stragrande superiorità del nemico, al Malocello fu consigliato di mutar rotta e di volgere le prore alla Corsica per sfuggire un incontro il cui esito non poteva esser dubbio; ma preferì tentare la sorte. All'altezza dell'isola del Giglio la piccola armata genovese si trovò di fronte (3 maggio) la fortissima armata imperiale, guidata da Andreolo, figlio di Ansaldo e dal pisano Buzzacarino. Ogni tentativo del Malocello per sfuggire alle forze superiori fu vano. Tre galee furono affondate, quasi tutte le altre furono catturate e su di esse i prelati, che furono condotti prigionieri nel Regno, dove languirono in duro carcere per molto tempo.
Le conseguenze politiche della battaglia furono gravissime per allora: impedito il concilio, rialzate le sorti del ghibellinismo in Lombardia; nella stessa Roma i Colonnesi ripresero vigore; anche Gregorio IX, pur così intransigente, parve propenso agli accordi. Ma Genova presto riparò le perdite e impedì all'armata imperiale di trarre dalla vittoria del Giglio tutti i vantaggi strategici che se ne potevano trarre: le sue riviere, su cui gl'imperiali tentarono sbarchi, rimasero incolumi.
Bibl.: S. Sommier, L'isola del Giglio e la sua flora, con notizie geologiche di C. De Stefani, Torino 1900. Il vol., corredato di carta geologica sulla carta topografica 1:25.000 dell'Ist. geogr. milit., contiene un'esauriente bibliografia che considera anche i documenti manoscritti; [Arciduca Salvatore di Toscana], Die Insel Giglio, Praga 1900. - Per la battaglia del Giglio v.: C. Manfroni, Storia della marina italiana dalle invasioni barbariche al trattato di Ninfeo, Livorno 1899, pp. 395-402.