ISCHIA (A. T., 27-28-29)
È la più grande (46,3 kmq.) delle Isole Partenopee, e sorge all'ingresso del golfo di Napoli, di cui segna, per un certo tratto, il confine occidentale. Ha figura pressoché trapezoidale; è lunga in media 8 km. e mezzo e larga 6.
I nomi e i miti che ebbe l'isola nell'antichità erano tutti in rapporto con la sua natura vulcanica. Πιϑηκοῦσσα (lat. Pithecussae) la chiamarono i Greci dell'Eubea, cioè "dimora delle scimmie" ossia dei Cercopi, demoni malefici, abitatori delle terre vulcaniche, immaginati dagli Euboici, presso i quali era diffuso il mito, con lunga coda simile a quella delle scimmie. Nell'Iliade (II, v. 769) Ischia è chiamata "la terra fra gli Arimi" onde Virgilio la chiama Inarime (Aen., IX, 716). Infine dalla voce ionica αἰνός "veemente e terrificante", deriva, probabilmente, l'altro nome latino Aenaria. Il nome Ischia compare per la prima volta in una lettera di Leone III a Carlo Magno, dell'813 e deriverebbe dal latino insula, attraverso la forma intermedia iscla.
È una gran massa vulcanica, collegata geneticamente con i Campi Flegrei; ché anzi, dell'attività eruttiva flegrea Ischia segna l'inizio, e della regione flegrea in senso lato costituisce la più imponente manifestazione, ergendosi dalla base sottomarina per circa 1300 metri d'altezza, di cui 788 spettano alla parte subaerea. Le eruzioni da cui sgorgarono i materiali che formarono l'isola si svolsero in un primo tempo al disotto del livello del mare e derivarono quasi esclusivamente da un grande cratere mediano, il cui orlo settentrionale, meglio conservato, corrisponde ora alla cresta da cui sporge il monte principale l'Epomeo. Ischia partecipò poi al sollevamento che interessò nel Quaternario tutta la penisola italiana; e mentre nella parte emersa l'erosione veniva svolgendo profonda opera demolitrice, nelle regioni periferiche si formarono altre bocche eruttive, da cui nuovi terreni vulcanici venivano emessi; l'eruzione più recente fu quella del 1301, la quale diede luogo, sulla fiancata orientale, alla grande colata lavica dell'Arso, che, dopo un corso di più di due chilometri (e per la larghezza di oltre 400 m.), si tiversò nel mare, formando l'attuale punta Molina, tra Ischia e Porto d'Ischia. In intimo rapporto con la passata attività vulcanica sono certamente da considerarsi le numerose sorgenti termali e termo-minerali di cui l'isola è ricchissima e che l'hanno resa in tutti i tempi celebrato soggiorno di cura (specialmente Casamicciola e Ischia), le varie fumarole e i frequenti movimenti sismici, da cui alcune zone (al primo posto quella di Casamicciola, v.) sono particolarmente agitate.
Le acque minerali dell'isola si possono ricondurre alla categoria delle clorurato-bicarbonato-sodiche termali (sino a 65°). Le varietà principali sono il Gurgitello presso Casamicciola, la sorgente di Santa Restituta presso Lacco Ameno, Fontana e Fornello a Porto d'Ischia. I bagni costituiscono la cura principale; in alcuni stabilimenti si fanno anche applicazioni di fanghi. Le indicazioni principali sono: affezioni reumatiche e artritiche, lesioni osteoarticolari e postumi di traumi, affezioni ginecologiche, neuralgie, neuriti, forme respiratorie.
Ischia ha coste incise e frastagliate, con tratti pianeggianti che si alternano con tratti alti e ripidi: quest'ultimo tipo di coste è quasi esclusivo nella parte di sud e di est, nella quale spiccano due blocchi durissimi di lava trachitica, il piccolo sprone peninsulare di Sant'Angelo (106 m.) e lo scoglio su cui sorge il Castello d'Ischia (91 m.). Lo sviluppo totale della linea di costa è di 34 km.; lungo il litorale, e specialmente nella sezione occidentale, si succedono numerose torri erette per vedetta e per difesa contro i corsari, da cui la popolazione dell'isola fu gravemente danneggiata.
Il terreno è vario e accidentato, per la facile presa che le acque correnti e dilavanti hanno avuto sul materiale tufaceo assai tenero che vi è predominante, per l'azione variamente demolitrice delle acque marine sui tratti con coste erte, e per il frequente intervento modificatore dell'attività eruttiva. L'isola è perciò incisa da fossi e burroni più o meno profondi, che hanno corso spesso tortuoso e irregolare e le cui acque non sempre giungono nella fascia litoranea. Le alture vulcaniche sono diffuse in tutte le parti dell'isola: quelle che accompagnano la cima dell'Epomeo si ergono nella zona mediana, e pure nel centro si erge il M. Tribbiti (m. 502); si elevano nella zona di SE. il Campagnano (m. 334) e il M. di Vezzi (m. 395), in quella di SO. il promontorio lavico dell'Imperatore (m. 232) e in quella di NO. il Marecocco (m. 125) e il Monte Vico (m. 116); e spiccano nella parte di NE. i coni craterici meglio conservati, il M. Tabor (m. 95), il M. Rotaro (m. 266) e il Montagnone (m. 255). È pure un cono craterico il Porto d'Ischia (presso la frazione Villa Bagni), che si apre anche nella parte di NE. dell'isola e fu un lago fino a, quando (1854) fu scavato il canale di comunicazione col mare.
A Casamicciola viene registrata una temperatura media di poco meno di 17°, con estremi di 10° nel gennaio e di 24° nel luglio; a Porto d'Ischia, la piovosità media è calcolata in circa 950 mm. annui, col massimo in ottobre (150) e il minimo in agosto (16); si contano in media 113 giorni piovosi all'anno. A Casamicciola vengono pure fatte osservazioni geodinamiche.
La vegetazione spontanea è quella dei paesi aridi in alcuni tratti a forte pendenza e con suolo scarso, ma è generalmente rappresentata dai pini e dai castagni, che dànno luogo a fitti boschi: una magnifica pineta accompagna la lava dell'Arso, e sono coperte da castagneti molte delle zone più alte dell'Epomeo.
Ischia era popolata nel 1921 da 27.361 abitanti, saliti a 29.550 nel 1931; il che equivale a una densità di 638 ab. per kmq. È suddivisa in sei comuni: Ischia (8863 ab.), Casamicciola (3750 ab.), Lacco Ameno (1747 ab.), Forìo (6410 ab.), Serrara-Fontana (2210 abitanti) e Barano (6570 ab.); il più popolato è Ischia, quello che ha più vasto territorio è Forio. Meno che nella più fortemente accidentata zona centrale e lungo l'impervia fascia litoranea di sud e di sud-est, la popolazione è sparsa in tutte le contrade dell'isola, e gl'insediamenti variano dalle diffuse case coloniche ai pur numerosi centri abitati (se ne contano oltre venti), i quali sono situati di preferenza sul mare lungo la costa settentrionale, e a1-2 km. dal mare nella sezione meridionale; le zone costiere di O. e di E. hanno ciascuna un solo agglomerato umano: Forio, il nucleo maggiore dell'isola, e Ischia, che si prolunga oggi senza interruzione, per circa 3 km., fino a Porto d'Ischia. L'isola richiama tutto l'anno numerosi forestieri; nella stagione estiva molte sue spiagge sabbiose, specie quella di Porto d'Ischia, sono frequentate da bagnanti; Casamicciola è una delle principali stazioni termali d'Italia.
Ischia ha terreno generalmente molto fertile; le colture sono fittissime; nella zona costiera prevalgono il vigneto e poi l'uliveto e gli alberi da frutta (compresi gli agrumi), nell'interno i cereali; sulla costa settentrionale e di nord-ovest si succedono per vaste aree gli orti e i giardini. I vini bianchi e rossi d' Ischia (i noti vini dell'Epomeo) sono largamente esportati. Altra notevole attività è quella della pesca; a Lacco Ameno è praticata l'industria dei lavori di paglia. Il commercio si accentra principalmente in Porto d'Ischia, che è l'unico porto dell'isola in cui i piroscafi possano attraccare, e in Forio. Nel 1928 nei varî porti dell'isola furono sbarcate 21.687 tonn. di merci e ne furono imbarcate 16.824.
Ischia dispone di una via rotabile che fa il giro di tutta l'isola e che, in rapporto alla situazione dei principali centri abitati, si svolge lungo la costa nella parte settentrionale e se ne allontana considerevolmente, fino a raggiungere l'abitato centrale di Fontana, nella parte meridionale. I centri meridionali interni, perciò, sono legati con servizî automobilistici a Ischia, mentre i centri costieri sono serviti da varie delle linee di navigazione del golfo di Napoli, alcune delle quali si spingono sino a Forio; un'altra comunicazione marittima congiunge l'isola con Torregaveta e, per il tramite della ferrovia Cumana, pure con Napoli.
Storia, archeologia, arte. - Che l'isola d'Ischia fosse abitata in età preistorica, non si può stabilire con certezza. È dall'epoca della colonizzazione greca che cominciò la storia d'Ischia. Pithecussae fu la prima colonia greca, sorta nel golfo di Napoli per opera di Calcidesi ed Eretrî. Secondo una tradizione questi coloni, atterriti da un'eruzione (fine del sec. VI a. C.?), si rifugiarono sulla prospiciente costa campana, a Cuma, e più tardi parteciparono anche alla colonizzazione di Napoli. Evidentemente, in seguito, Pithecussae dovette esser legata da interessi commerciali con Cuma e Napoli. Il sorgere della potenza cumana impedì che Ischia potesse conseguire un'importanza politica, pari a quella commerciale e strategica; Pithecussae, infatti, non ebbe mai monetazione propria. In seguito alla vittoria riportata nella battaglia di Cuma (474 a. C.), Gerone di Siracusa si ricompensava del suo intervento, impossessandosi dell'isola, dove costruiva un castello e v'imponeva un presidio militare. Ma poco tempo dopo, per effetto di una seconda eruzione, il presidio siracusano abbandonava l'isola. Ciò non vuol dire che Siracusa si disinteressasse del dominio dell'isola d'Ischia, ma, verso la fine del sec. V, i Napoletani, che aspiravano ad assicurarsi il loro dominio sul mare, s'impadronivano d'Ischia. Il periodo del dominio napoletano, che fu il più florido dell'isola, durò fin quando, per la conquista di Sulla (82 a. C.) l'isola cadde in possesso dei Romani. Ritornò sotto il dominio napoletano nel 29 a. C., quando Augusto la cedette loro in cambio di Capri. A partire da quest'epoca, Ischia non ha più una sua storia ma partecipa alle vicende di Napoli.
Il problema topografico relativo all'identificazione del sito dove sorgevano, sia la città di Pithecussae sia il castello di Gerone, non è ancora risolto, non essendosi mai eseguiti, nell'isola, scavi sistematici. Il più antico avanzo di muro, in blocchi squadrati in tufo, risalente al sec. IV a. C., si vede alle falde del Monte Vico, verso est, dietro l'edificio delle Terme Regina Isabella. Altri avanzi di un muro più recente, in blocchi di trachite, sono stati recentemente scoperti sul pendio nord-est: questo muro (costruito per ordine di due duci campani, Paquio figlio di Ninfio e Maio figlio di Paculo) faceva parte di una fortificazione, costruita durante il dominio napoletano nell'isola, nel tempo in cui a Napoli aveva preso il sopravvento l'elemento sannitico. Anche di trachite nera è un frammento di capitello dorico di tipo ellenistico, trovato sul pendio del colle. Numerosissimi si son trovati, e si trovano di continuo, su Monte Vico, frammenti di ceramica che vanno dal periodo geometrico al periodo romano. A quest'ultimo periodo risalgono i pochi avanzi, consistenti in un muro di opera reticolata con rivestimento di stucco dipinto, appartenenti a un edificio termale, che si elevava nel sito ove pra si trova l'attuale edificio delle Terme Regina Isabella. Dalla palestra di queste terme deriva, probabilmente, l'erma marmorea di Eracle, di tipo post-lisippeo, conservata oggi nella chiesa della marina di Lacco. Da testimonianze di scrittori risulta che la spianata di Monte Vico era coperta di fabbriche antiche. Probabilmente, Monte Vico era l'acropoli della città antica, che doveva estendersi in basso, sul territorio dell'attuale villaggio di Lacco. Alle spalle di questo, e precisamente nella piccola valle di S. Montano, si estendeva la necropoli. È attestata l'esistenza di un culto di Apollo e delle Ninfe Nitrodi, protettrici delle acque sorgive; e di Mitra. Al periodo bizantino risale un tesoretto di monete auree trovato a Lacco.
Ricordo dell'età medievale è Castel Gerone, l'immane roccia fortificata che fu da Alfonso il Magnanimo donata a Lucrezia di Alagno; tra i feudatarî ebbe i Cossa e i Davalos e a lungo vi dimorò Vittoria Colonna. Piccoli archi angioini di costruzioni posteriormente rifatte, la cripta della cattedrale, di pure linee duecentesche con affreschi del Tre e Quattrocento, ruderi di chiese antiche fra canneti ed agavi, baluardi e gallerie del periodo aragonese, lastre funerarie ed elementi di monumenti sepolcrali (battistero della cattedrale d'Ischia), vuoti conventi e tracce di stucchi barocchi formano un complesso frammentario, disperso, ma interessante. Per i secoli posteriori parlano gli affreschi nella quattrocentesca torre di Bovino, che sono di scuola di Raffaello; la scuola pittorica napoletana del Sei e Settecento si ritrova in quadri e decorazioni nelle varie chiese di campagna, a Forio è una statua argentea del Sammartino e quadri dei pittori locali Calise e di Spigna. Interessanti le statue in legno e le oreficerie, queste ultime floride nell'Ottocento e oggi tramontate.
V. tavv. XCIX-CII.
Bibl.: G. Jasolino, De' rimedi naturali che sono nell'isola di Pithecusa, hoggi detta ischia, Napoli 1588; J. e C. de Rivaz, Description des eaux minéro-thermales et des étuves de l'île d'Ischia, 6ª ed., Napoli 1859; F. De Siano, Brevi e succinte notizie di storia naturale e civile dell'siola d'Ischia, Napoli 1861; F. Fonseca, Geologia dell'isola d'Ischia, 2ª ed., Firenze 1870; C. W. C. Fuchs, Die Insel Ischia, Vienna 1872; L: Gatta, Considerazioni fisiche sull'isola d'Ischia, Roma 1883; J. Johnston-Lavis, Monograph of the earthquakes of Ischia, Londra e Napoli 1885; V. Morgera, Le terme dell'isola d'Ischia prima e dopo gli ultimi terremoti distruttivi, Napoli 1890; G. Grablovitz, Sulle osservazioni mareografiche in Italia e specialmente su quelle fatte ad Ischia, Genova 1894; G. De Lorenzo, I Campi Flegrei, Bergamo 1909; W. Kranz, Vulkanismus und Tektonik im Becken von Neapel, II: Ischia, Gotha 1912; G. Algranati, Ischia, Bergamo 1930; A. Rittmann, Geologie der Insel Ischia, Berlino 1930.
Per l'isola nell'antichità v.: J. Beloch, Campanien, 2ª ed., Breslavia 1890, pp. 206, 447; E. Pais, Italia antica, Bologna 1923 (per la storia d'Ischia, Pozzuoli e Napoli nell'antichità), p. 221 segg.; E. Ciaceri, Storia della Magna Grecia, I; Milano-Roma 1924, p. 323 segg.; II, p. 319 segg.; Chr. Hulsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encykl., s. v. Aenaria, - Per i ritrovamenti preistorici v.: Friedländer, in Bull. paletnologico ital., XLVII (1927), p. 189. Per il trovamento delle monete bizantine v.: G. De Petra, in Notiz. degli scavi, 1895. Per scavi e trovamenti recenti v.: G. Pesce, ibid., 1933.