IRLANDA (XIX, p. 544; App. I, p. 738; II, 11, p. 64)
La popolazione dell'Eire che per un secolo dopo il 1846 aveva continuato a calare lentamente (nel 1946 era di 2.953.453 ab.) ha segnato col censimento del 1951 una lieve ripresa, a 2.960.590 ab. Ma è stato fenomeno instabile, connesso in parte con la recente industrializzazione di Dublino; e la tradizionale spinta alla emigrazione si è rianimata negli anni più vicini, di modo che l'ultimo censimento del 1956 registra una diminuzione a 2.894.822 abitanti.
Da notare inoltre che la natalità si è stabilizzata da una decina di anni su valori di 21,2 per mille, e la diminuzione del tasso di mortalità, rilevante fino al 1946, è poi alquanto rallentata (la mortalità è stata negli ultimi anni di 12 per mille).
Nell'ultimo dopoguerra la repubblica irlandese visse per alcuni anni largamente dei capitali accumulati durante la guerra, grazie alla sua neutralità. Ma queste riserve si erosero e affievolirono a poco a poco, e la situazione economica, dopo il 1952, è ridivenuta - come nell'anteguerra - poco brillante. L'I. resta fondamentalmente un paese a base economica zootecnica, con il 48,2% della superf. totale occupato da pascoli e da prati, che prevalgono sul coltivato (20,4%), di guisa che gli allevamenti sono fiorentissimi (nel 1956 i bovini 4.536.000, gli ovini 3.440.000, i maiali 750.000, i cavalli 277.000). Ma nelle aree coltivate, che tengono le maggiori superfici nella regione occidentale, in qualche plaga del centro (Offaly) e nei bacini inferiori del Barrow e del Slaney, le produzioni agricole sono le medesime e con i medesimi valori - più o meno - di trenta anni fa (salvo un aumento dell'orzo, per le richieste dell'industria della birra).
In realtà l'I. lamenta oggi una grave deficienza di capitali per riconvertire a forme più moderne la sua agricoltura - unici rilevanti investimenti quelli in macchine agricole: cioè un trattore ogni 30 ha di superf. a coltura o a prato -; e i paesi occidentali d'Europa manifestano scarse disposizioni a investire denaro in questa isola. Conseguenza di ciò, un deficit rilevante del bilancio commerciale, nel quale le esportazioni (che sono rappresentate per il 70% da prodotti agricoli e di questi per più di metà da bestiame venduto all'Inghilterra) sono state fra il 1948 e il 1955 la metà, e dopo il 1955 i 3/5 delle importazioni.
Il governo ha intrapreso un piano per diminuire la prevalenza della agricoltura nella vita economica nazionale, modificando il protezionismo agricolo che è in vigore dal 1932. Ma questa politica giunge in ritardo, perché l'Eire è stato preceduto in questa direzione dalla I. del Nord, che ha già contratto le sue esportazioni agricole a 1/3 del totale, e che fruisce già - oltre che del notevole aiuto dei capitali inglesi - di recenti investimenti americani (nel campo delle industrie tessili). In ogni modo l'orientamento liberista preso nel 1956 dal governo irlandese ha già avuto qualche successo: con capitale inglese è stata istallata a Dublino una grande industria per forniture in alluminio, sono sorti una raffineria di petrolio e un impianto per la gomma a Cork, è aumentato lo sfruttamento dei giacimenti di rame e di piombo. Altre minori industrie (di materiale domestico, di macchine agricole, di prodotti farmaceutici) sono state aperte con capitali scandinavi e in parte anche americani. Il capitale irlandese ha poi potenziato in notevole misura l'industria laniera, che si rivela ora in periodo di buon sviluppo (24 opifici) e ha migliorato largamente gli impianti idroelettrici del Shannon, nella zona di Athlone.
Questa recente industrializzazione ha dato una più forte spinta al fenomeno dell'incremento urbano che già lo spopolamento graduale delle campagne aveva, nel periodo fra le due guerre, favorito. E così la conurbazione di Dublino (col porto di Dun Laoghaire) supera ora i 635.000 ab. - dati del 1956 - e Cork, coi centri intorno captati negli ultimi anni, ha 112.000 ab. Altri 8 centri poi censivano nel 1956 più di 10.000 anime (e fra essi Limerick con 50.820 e Waterford con 28.690).
Finanze. - L'economia irlandese si è distinta per una situazione di liquidità lungo tutto il periodo in rassegna (cfr. i dati della tab. alla pag. prec.). Fino al 1955 le banche commerciali hanno potuto operare senza ricorrere al credito della banca centrale grazie al cospicuo portafoglio valutario accumulato durante la guerra. Solo in questi ultimi anni l'influenza della banca centrale si è manifestata attraverso il risconto del portafoglio commerciale e dei buoni del tesoro. D'altra parte, la banca centrale non ha finora fatto uso del suo potere di pretendere la costituzione di riserve obbligatorie a fronte dei depositi bancarî. Poiché gli strumenti tradizionali non hanno effetto, le direttive nel campo monetario sono concordate, secondo la prassi inglese, mediante consultazioni ufficiose fra il tesoro, la banca centrale e le otto banche commerciali che operano nel paese. Il contributo delle banche commerciali al finanziamento del tesoro è stato esclusivo fino al 1957, quando per la prima volta è stata effettuata l'emissione al pubblico di buoni del tesoro. Il cambio attuale della sterlina irlandese è di 2,80 dollari U.S.A., cioè uguale a quello della sterlina inglese.
Storia. - Il gabinetto di coalizione che sotto la presidenza di J. A. Costello reggeva il paese dopo le elezioni del 18 febbraio 1948, entrò in crisi tre anni più tardi, quando il ministro della Sanità Noel Browne, a seguito dell'opposizione della gerarchia cattolica al suo progetto di legge sulla maternità e infanzia (che prevedeva l'educazione igienico-sessuale della gioventù), preferì dimettersi piuttosto che modificare la legge. Ne seguì, per le polemiche intervenute, una crisi della maggioranza parlamentare, che rese necessaria una nuova consultazione elettorale (30 maggio 1951): il Fianna Fail di De Valera ottenne 69 seggi, il Fine Gael 40, il partito laburista 16, il Clann na Poblachta (conservatori) appena 2, il Clann na Talmhan 6, e gli indipendenti 14.
Nell'esiguo spostamento di forze, gli indipendenti e i laburisti, convinti che De Valera dia maggiori garanzie in fatto di legislazione sociale, votano per lui ed egli forma un governo con membri del suo solo partito. Il suo programma rimane quello per cui si è battuto tutta la vita: l'unificazione dell'Irlanda; a questa è subordinata la partecipazione alla NATO, mentre si intendono mantenere rapporti amichevoli con i paesi del Commonwealth "lasciando ormai fuori questione qualsiasi legame costituzionale"; ampio è pure il programma di riforme sociali.
La debolezza della situazione parlamentare esige a breve scadenza nuove elezioni (18 maggio 1959) e il Fianna Fail perde la maggioranza dei seggi; di qui l'elezione a primo ministro, da parte del parlamento, di J. A. Costello, che il 2 giugno 1954 forma un governo di coalizione di Fine Gael e laburisti, con L. Cosgrave ministro degli Esteri.
Ma, nell'obbedire quasi a una consuetudine triennale, le difficoltà economiche e, insieme, lo scarso differenziarsi nell'atteggiamento di fronte ai problemi politici di fondo, facevano emergere di nuovo nel 1957 il vecchio De Valera; questi, ormai quasi cieco, a due anni di distanza ha lasciato il potere perché eletto il 17 giugno 1959 presidente della repubblica. Elezione di stretta misura, mentre non è riuscito al Fianna Fail di giungere, a mezzo referendum, a far adottare nelle elezioni alla Camera il collegio uninominale. Il partito ha conservato il potere col presidente del consiglio S. Lemass (al potere dal 23 giugno 1959), ma i compiti suoi non sono facili: attenuata, se non proprio messa a tacere, l'animosità contro la Gran Bretagna, in Irlanda si cerca di affrontare, incoraggiando gli investimenti esteri, l'endemica crisi economica in vista di un consolidamento generale del paese.
Bibl.: T. W. Freemann, Ireland, Londra 1950; N. Mansergh, Ireland: The republic outside the Commonwealth, in International Affairs, luglio 1952, pp. 277-291; T.W. Freemann, The Irish country town, in Irish geography, 1954; id., The prospect for Irish agricolture, in Geographical Journal, 1954; D. Maccourt, Infield and Outfield in Ireland, in Econom. histor. Revue, 1955; P. Blanshard, The Irish and catholic power, Londra 1955; M. Sheehy, Divided we stand: a study of partition, Londra 1955; F. Gallagher, The indivisible island, Londra 1957; D. Prinzi, la riorganizzazione fondiaria in Irlanda, in L'Italia agricola, XCVII (1960), pp. 681-95.