NIEVO, Ippolito
Patriota, romanziere e poeta, nato a Padova il 30 novembre 1831 da Antonio, dottore mantovano, e da Adele Marin, patrizia veneta, figlia di una Ippolita di Colloredo. Il N. visse la miglior parte della sua breve vita e scrisse le maggiori sue opere nelle case avite di Mantova, di Fossato di Mantova e nel castello di Colloredo di Montalbano del Friuli, friulano egli stesso per domicilio e per elezione. Studiò leggi a Padova fra il 1852 e il 1855. La sua precoce ricchissima attività di giornalista e di scrittore, solcata sin dagl'inizî da forti venature satiriche e umoristiche, ebbe principio in quegli anni, per le stampe, nella cerchia friulana del binomio giornalistico Giussani-Valussi. Elesse poi a suo centro ideale Milano, dove lo richiamava più intensa la preparazione del "decennio" che sfocia nel '59 e l'amore per donna Bice Melzi d'Eril, amore che, in vivo contrasto con le sue idee sulla famiglia, tenne profondamente agitato il poeta, specie dal 1858 in poi, e si rifletté fortemente sulla sua operosità di scrittore, massime sulla più originale delle sue creazioni, la Pisana delle Confessioni. Nel 1859, all'arruolarsi come "emigrato" nell'esercito sardo preferì fare la campagna tra le guide garibaldine, e nel 1860 fu dei Mille, toccando dopo la presa di Palermo il grado di colonnello e di viceintendente generale della spedizione, della quale lasciò una breve energica sbozzatura di diario. Morì nella notte fra il 4 e il 5 marzo 1861, per il naufragio dell'Ercole, sul quale egli tornava in continente con le carte dell'intendenza garibaldina.
Il N. esordì poeta con i Versi del 1854 e del 1855 (Udine). Negli uni, prevalentemente satirici e quasi tutti entro l'orbita giustiana, è notevole un tentativo di poesia sociale, il primo in Italia; negli altri, di più alte intenzioni, un avviamento a quel neoclassicismo che sarà sviluppato poi dal Carducci. Ritenutezze e precisioni classiche arginano pure qua e là la sovrabbondanza romantica e la rilassatezza formale de Le lucciole (Milano 1858). Dove il N. si accosta nelle cose migliori a quel modo di poesia riflessiva che in Italia fu propriamente del Tommaseo, ci dà alcune felici trasposizioni della sua sensibilità psicologica e amorosa e non manca d'intonazioni stilistiche nuove ed efficaci. Meno felice, di solito, la parte umoristica, dove appare, a volte, in veste d'uno dei primissimi imitatori del Heine, che il N. tradusse tra i primi in Italia. Ma pur tenuto conto degli Amori garibaldini (Milano 1860), spunti e appunti lirico-umoristici della campagna del 1859, il Nievo può dirsi poeta facile, vario, ma, nel complesso, mancato. Anche le sue produzioni per il teatro, e le tragedie Spartaco e I Capuani, energiche ma frettolose espressioni d'una coscienza altamente temprata, restano inferiori a quella che è la sua attività artistica capitale: la prosa narrativa. Arrivatovi relativamente tardi (1856), nei soli tre anni 1856-1858 (ché il Pescatore d'anime, romanzo di grandi promesse, restò ai primi capitoli per l'accorrere alla spedizione di Sicilia) diede un'intensa produzione di novelle e di romanzi che culminerà con le Confessioni. Le novelle, quasi tutte del tipo "campagnuolo", allora in voga anche in Italia ad opera di G. Carcano, di C. Percoto, di F. Dall'Ongaro, non valgono nel loro complesso gran che, ma sono ricche, quasi tutte, di finissime notazioni psicologiche e naturalistiche, e una di esse, assai lunga, Il Varmo (1856), è molto bella, specie nella prima metà.
Il concetto, massimamente propugnato in Italia dal Tommaseo, che non possa aversi stabile risorgimento politico della nazione, se non largamente preparato da un profondo risorgimento morale, specie da una più pura e salda pratica familiare, è a base dei tre romanzi del N., e forma un po' il fulcro di tutta l'opera sua. Del primo di questi romanzi (Angelo di bontà, Milano 1855), che potrebbe dirsi una prova generale della prima parte delle Confessioni, si salvano artisticamente la parte umoristica, anche se alquanto caricaturale, l'interessante figura dell'inquisitore Formiani e alcune pagine qua e là, vive per penetrazione psicologica. Il secondo, Il conte pecoraio (Milano 1857), che può definirsi il romanzo della forte e rassegnata bontà del contadino friulano, è un tessuto di particolari freschi e gustosi e di romanticismo sentimentale, in un'ibrida forma ondeggiante fra il pseudo-colto e il pseudo-popolaresco: nell'insieme, una deviazione del romanzo "democratico" del Manzoni e del romanzetto "campagnuolo" della Sand.
L'opera capitale del N., Le confessioni di un italiano, composta in otto mesi nel 1858 ma pubblicata postuma in due volumi da E. Fuà Fusinato, con il titolo Le confessioni di un ottuagenario, soltanto nel 1867 (Firenze), ebbe pieno riconoscimento solo dopo la monografia biografico-critica di D. Mantovani (1900). Ma da allora sempre più appare per quello che veramente è: una storia fantastica, non perfetta, a volte anche, nella seconda parte, macchinosa e à sensation, ma alta, ricca, vitale, e nella prima metà rasentante il capolavoro, della formazione, faticata dolorosa eppur feconda, dell'italiano nuovo fra l'estrema decadenza veneziana e la disfatta di Novara; formazione colta in tutta la sua ricchezza e varietà, da un lato attraverso l'unità concreta d'un motivo centrale autobiografico e le cautele di quella superiore forma di realismo ch'è l'umorismo, dall'altro concepita in un'atmosfera di moralità perenne, per cui la formazione dell'italiano evade dal suo particolare e ha valore rappresentativo di generale formazione umana. L'influsso del Manzoni ancora un poco avvertibile, una certa tendenza alle digressioni e alla prolissità, un decadere, a tratti, dell'umorismo in caricatura, e finalmente la forma non sempre compatta e armonica, non intaccano che leggermente il primo volume del romanzo e le parti migliori del secondo, dove questo non cade nel romanzesco e nella preoccupazione moralistico-patriottica. Singolarmente la decadenza della repubblica veneta rivissuta negli ambienti di Fratta e di Portogruaro, con animo a un tempo umoristico e nostalgico, la psicologia e gli amori infantili del protagonista Carlino Altoviti e della contessina Pisana di Fratta, il bizzarro, volitivo, passionale carattere di quest'ultima dalla prima infanzia alla prima giovinezza, quello della sorella Clara e del dottor Lucilio, nonché una folla di tipi minori comici tragici e borghesi, vi hanno espressione ricca, originale e gagliarda, e Pisana resta una delle grandi figure umane della letteratura d'ogni tempo. Le Confessioni sono nel complesso una delle maggiori opere narrative dell'Ottocento romantico.
Manca una ristampa completa delle opere del N. La più abbondante per la parte narrativa è quella centenaria del Sonzogno, nella quale però si desidera il vol. delle novelle "campagnuole". Delle molte ristampe delle Confessioni è da ricordare quella, sull'autografo, di F. Palazzi (Milano 1931). Ristampe utili delle poesie: Lucciole a cura di G. Battelli (Lanciano 1916) e Amori garibaldini a cura di D. Bulferetti (Varese 1908). I Capuani e Spartaco furono editi da V. Errante (Lanciano 1914 e 1919). Due importanti prose politiche, delle quali una inedita e il diario di Sicilia, già ed. da A. Luzio, nella scelta di R. Bacchelli, I. N. - Le più belle pagine (Milano 1929). Lettere e scritti inediti, particolarmente riguardanti gli amori del N., furono e sono pubblicati sparsamente.
Bibl.: La più aggiornata bibliografia del N. (opere e critica), in N. Taroni, I. N., Milano 1932, pp. 177-187. Una rassegna critica delle pubblicazioni nievane del dopoguerra a cura di B. Chiurlo, in Giorn. stor. della lett. ital., CIV (1934). Fondamentale sempre D. Mantovani, I. N. Il poeta soldato, Milano 1900 (ristampa, 1932), al quale si aggiunga almeno: B. Croce, I. N., in Letterat. della nuova Italia, 3ª ed., I, Bari 1929, pp. 116-138; A. Valle Rolando, La poesia di I. N., Portici 1921; M. Filograsso, L'umorismo di I. N., Pisa 1923 e 1928; e il lavoro complessivo di U. Gallo, I. N., con inediti, Genova 1932. Notevoli i due numeri unici dedicati al N. nella ricorrenza centenaria da L'Italia letteraria e da L'Illustrazioe italiana.