ipotesi monoaminergica
In psichiatria, ipotesi secondo cui la depressione clinica deriverebbe da una riduzione dell’efficienza di uno o più tipi di sinapsi cerebrali che utilizzano monoamine, come la serotonina, la dopamina o la noradrenalina. Tale ipotesi prese spunto da antichi studi sull’uso della reserpina come agente ipotensivo, un alcaloide derivato dall’arbusto Rauwolfia serpentina. La reserpina agisce sul sistema nervoso centrale impedendo l’immagazzinamento delle monoamine nelle vescicole sinaptiche, perciò la sua somministrazione diminuisce l’attività delle sinapsi monoaminergiche; nei pazienti ipertesi trattati con reserpina, infatti, si riscontrava un’alta percentuale di sintomi depressivi. In seguito, si osservò che nei pazienti affetti da depressione clinica il turn-over della serotonina è significativamente ridotto; anche la riduzione degli apporti alimentari di triptofano (un amminoacido precursore della serotonina) induce una ricaduta nei pazienti depressi. Da tale ipotesi deriva attualmente l’impiego nel trattamento della depressione di farmaci che potenziano la trasmissione monoaminergica, grazie al blocco della ricaptazione della serotonina, della noradrenalina e della dopamina. (*)