iodio
Elemento chimico non metallico appartenente al gruppo degli alogeni, presente in natura allo stato di composto in diversi minerali e nell’acqua marina. Nell’uomo la grandissima parte dello i. è concentrata nella tiroide poiché è indispensabile per la sintesi degli ormoni da questa prodotti.
Lo i. è un costituente essenziale degli ormoni tiroidei, la tiroxina o T4 (3,5,3’,5’-tetra iodotironina) e la tironina o T3 (3,5,3’-tri iodotironina); questi ormoni sono necessari per il metabolismo cellulare oltre che per una normale crescita e un corretto sviluppo dell’organismo. La quantità totale di i. presente nell’organismo si aggira intorno ai 10÷20 mg, ma è soggetta a variazione a seconda dell’introito alimentare. Il contenuto in i. degli alimenti e delle acque è fortemente condizionato dalla natura geologica del terreno e dal passaggio nella catena alimentare. Questo elemento è scarso soprattutto nelle regioni montuose e in certe piane alluvionali. È più facile che siano buone fonti di i. i prodotti animali, grazie a una concentrazione metabolica derivata da un’alimentazione con foraggi che lo contengono o con mangimi industriali che ne prevedono l’aggiunta. Particolarmente ricchi risultano, poi, gli alimenti di origine marina (pesci e alghe): l’acqua di mare, infatti, abbonda di i., che quindi è presente, in piccole concentrazioni, sotto forma di vapore nell’aria delle regioni costiere. Lo i. viene assorbito con efficienza nell’intestino tenue, si concentra soprattutto nella tiroide (75%) e in minor quantità nel rene, nella mucosa gastrointestinale, nelle ovaie, nelle ghiandole salivari e nella ghiandola mammaria. La principale via di escrezione dello i. è l’urina, dalla quale è possibile ricavare un buon indice delle quantità assunte.
La carenza di i. può produrre una vasta gamma di malattie denominate complessivamente IDD (Iodine Deficiency Disorders), che vanno dal cretinismo al nanismo; la principale patologia legata alla carenza di i. è comunque un’ipertrofia della ghiandola tiroide conosciuta con il nome di gozzo (➔). La carenza di i. nelle donne in età fertile si riflette in modo drammatico sulle facoltà riproduttive e sull’andamento della gravidanza, potendo provocare infertilità, aumento del numero di aborti e di nati morti, anomalie congenite del neonato come sordomutismo, nanismo, ritardo psicomotorio. Tali patologie sono irreversibili e non possono essere curate con somministrazioni di i., per cui l’unico mezzo per evitarle è la prevenzione, da attuarsi soprattutto attraverso una dieta adeguata. Nei bambini e negli adolescenti la carenza di i. produce ritardo nella crescita, danni alle funzioni mentali e ipotiroidismo, con formazione successiva di gozzo. Queste ultime due condizioni si manifestano anche negli adulti e possono parzialmente regredire in seguito a somministrazione di iodio.
Lo i. si impiega per uso locale, soprattutto sotto forma di tintura di i., come antisettico della cute e delle mucose e come revulsivo. Per uso interno lo i. e i suoi composti sono usati (iodoterapia) tanto nella cura del gozzo semplice endemico (che può giungere sino al quadro dell’ipotiroidismo) quanto dell’ipertiroidismo (in quest’ultimo caso si utilizzano alte dosi di i. che bloccano sia la sintesi sia la dismissione di ormoni iodati). Eccessi terapeutici di sali di i. possono provocare lo iodismo. L’isotopo radioattivo è impiegato, in diagnostica, per lo studio funzionale della tiroide (prova di captazione dell’isotopo radioattivo), in terapia nell’ipertiroidismo e nel cancro della tiroide.